PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

venerdì 10 giugno 2011

Se Non Ora Quando Parma

Se Non Ora Quando Parma, incontro con la giornalista Maria Luisa Busi

Inappuntamenti su 10 giugno 2011 a 10:41

Se Non Ora Quando a Vercelli, proiezione di “Libere” il 14 giugno e dibattito

Inappuntamenti su 10 giugno 2011 a 10:45

Martedì 14 giugno 2011, alle ore 21, presso la Sala Convegni della Camera del Lavoro di Vercelli, via Stara 2, si terrà, su iniziativa del Comitato Spontaneo Donne Vercelli, la proiezione del video dello spettacolo teatrale “Libere” scritto da Cristina Comencini per la regia di Francesca Comencini. L’atto unico è già stato messo in scena al Teatro Parenti di Milano il 3 ottobre 2010 e al Teatro Sannazzaro di Napoli lo scorso 28 aprile, mentre il video viene proiettato nelle principali città italiane dove si sono costituiti comitati di donne aderenti all’iniziativa “Se non ora quando?”.
A Vercelli sarà presentato dalla giornalista Milena Boccadoro, esponente della Associazione “Di Nuovo” di Torino. Lo scopo di tale serata è il coinvolgimento della cittadinanza sui temi della condizione femminile nella società odierna. La proiezione sarà preceduta dalla presentazione del blog “Mille donne per la conoscenza” (http://1000perlaconoscenza.wordpress.com/) a cura di Daria Dibitonto, assegnista di ricerca in filosofia presso l’Ateneo vercellese. Seguirà un dibattito aperto al pubblico con interventi da parte delle rappresentanti del Comitato Spontaneo Donne Vercelli.
Il convegno fa seguito alla manifestazione del 13 febbraio in piazza Cavour, che si è tenuta in concomitanza alla mobilitazione nazionale di “Se non ora quando”, in cui sono stati “stesi” i pensieri di donne e uomini che esprimevano disagio nei confronti di modelli culturali allarmanti e, contemporaneamente, urgente desiderio di rinnovamento, ripreso nella successiva iniziativa dell’8 marzo, in cui le donne del Comitato di Vercelli hanno simbolicamente infiocchettato di rosa la città, ad esprimere l’auspicio che tale desiderio di rinnovamento sia presente nelle coscienze di ognuno di noi.

Lettera di Se Non Ora Quando Napoli al nuovo sindaco Luigi De Magistris

Inse non ora quando su 10 giugno 2011 a 10:37

Lettera aperta al Sindaco di Napoli
La donne di Napoli aderenti ad associazioni, partiti, sindacati e movimenti, che hanno organizzato la manifestazione del 13 febbraio Se non ora quando, l’8 marzo in piazza e hanno accompagnato con entusiasmo la tua campagna elettorale, si sono rincontrate e hanno condiviso l’iniziativa politica delle donne di Milano, sostenitrici del sindaco Pisapia, ispirata all’individuazione di criteri da seguire per la scelta della componente di genere della giunta comunale, nella convinzione che la democrazia paritaria non si fonda solo sull’equivalenza numerica, ma sulla presenza di uno sguardo differente per il governo della città.
La donne di Napoli auspicano pertanto che la scelta tenga conto della storia e dei percorsi che in questi anni hanno fatto per acquisire e consolidare diritti e spazi di libertà e di cittadinanza. In un momento in cui la città può e deve seriamente voltare pagina inaugurando un nuovo modo di fare politica, intendono richiamare la tua attenzione sulla presenza di donne che, oltre a vantare esperienza politica e competenza amministrativa, siano rappresentanti autorevoli del movimento delle donne e portatici di quel prezioso sguardo sulla città imprescindibile per l’esperienza di governo che sta per cominciare e alla quale hanno contribuito con passione e fiducia.
Nella convinzione che saprai raccogliere il valore simbolico e reale di una scelta di genere, attendono un tuo riscontro.
Inoltre, le donne interessate sono invitate a partecipare al prossimo incontro che si terra’ giovedì 16 giugno alle ore 17 presso Intramoenia in Piazza Bellini.


Napoli, 9 giugno 2011 Le donne di Se non ora quando di Napoli

Il 13 febbraio visto dal canale Arte; SNOQ a Repubblica TV; Lungo articolo del New Yorker sul “basta bunga bunga” delle donne italiani

Inmultimedia su 10 giugno 2011 a 10:31 Cristina Comencini e Serena Sapegno parlano   in questo video del movimento SNOQ e dell’incontro  nazionale il 9 e il 10 luglio a Siena.

Così invece il canale Arte ha parlato del 13 febbraio e del movimento delle donne in Italia.
Per tutte noi, un saluto al futuro
Postiamo anche il link di un lungo articolo che il New Yorker -  settimanale dalle grandissime tirature su scala mondiale – ha dedicato al “basta” che gran parte delle donne italiane rivolge al tristemente noto “bunga bunga”.
http://www.newyorker.com/reporting/2011/06/06/110606fa_fact_levy

10 GIUGNO: RASSEGNA STAMPA

Figli lasciati in ospedale crescono le madri segrete

Inrassegna stampa su 10 giugno 2011 a 06:54
di Maria Novella de Luca, Repubblica
Si chiamano “madri segrete”. Arrivano dalle pieghe di un´Italia profonda, emarginata, sommersa, dove vecchie e nuove povertà si fondono. Sono clandestine, immigrate, senza patria, ma anche italiane, giovanissime, a volte poco più che bambine. Donne, ragazze, adolescenti cresciute in fretta, sole, spaventate, violate.Ogni anno di più: partoriscono ma poi il loro bambino non lo riconoscono e lo lasciano in ospedale, affidato alle mani sicure di medici e infermiere. Sono la spia di un´emergenza infanzia nascosta e drammatica: sono infatti oltre 400 l´anno i piccoli che non vengono riconosciuti alla nascita, un tempo si chiamavano “nati indesiderati”, ma il loro numero cresce, nel 2010 soltanto a Roma i casi sono stati 60, il 20% in più dell´anno prima, bambini destinati a veloci adozioni nazionali, soprattutto però se sani e senza difetti, altrimenti la strada si fa più difficile, per i minori con handicap spesso l´unico futuro è l´istituto. Le mamme hanno 3 mesi di tempo per ripensarci, poi basta, per loro quel figlio sarà missing, scomparso, accolto ormai dentro le vite degli altri. Nessuno può né deve chiedere loro nulla, la legge è chiara, sono “parti anonimi”, il bambino resta, la madre biologica scompare.
Firmano e se ne vanno le madri segrete, ombre nei reparti di maternità, dove tutto il resto è invece attesa, gioia. Se ne vanno, curve su se stesse, sole come sono arrivate, con il corpo ancora sconvolto da quella nascita e da quella perdita. Mascia, Alina, Alice, Heiriti, Caterina, Magdalena, Ylenia, Deborah, Sabrina: alcune chiedono di vedere il bambino, altre no, è troppo dura, se lo tieni in braccio poi forse non ti staccherai più… Dietro quella decisione estrema ci sono uomini violenti, religioni intolleranti, famiglie che si vergognano di figlie incinte per sbaglio, prostituzione, clandestinità, la paura di essere espulse, violenze sessuali, non avere né terra né patria e nessuna informazione sull´aborto legale. «Un mese fa ho ricevuto una lettera in una busta chiusa. Era indirizzata ad un neonato ancora senza nome e senza identità. L´aveva lasciata sua madre quella busta, dopo averlo partorito e affidato all´ospedale. Adesso la busta la custodiremo noi, sigillata nel fascicolo di quel bambino che presto sarà dato in adozione… «. Racconta così Melita Cavallo, presidente del Tribunale per i minori di Roma, un recentissimo caso di parto anonimo, e le sue parole evocano un´Italia arcaica e disperata, un mondo che si pensava scomparso di figli abbandonati, di maternità non volute, di bambine-ragazze sconvolte da gravidanze premature, e di neonati “ignoti” consegnati allo Stato come un tempo venivano affidati alle ruote degli esposti.
Ma come è possibile che nell´Italia dei bambini amati e voluti, delle dramma delle culle vuote, del boom delle adozioni internazionali ci siano ancora sacche di povertà così assolute? E perché queste donne non vengono aiutate prima? La verità è che in Italia c´è una emergenza infanzia sommersa e taciuta. Non solo minori abbandonati, ma anche malnutriti, senza vestiti, senza latte, senza pannolini, senza medicine, come denunciano ormai da anni le associazioni di aiuto per le neo-mamme come «Salvabebè», la Caritas, i Movimenti per la Vita, la Comunità di Sant´Egidio, tra i pochi ad occuparsi della sopravvivenza delle donne in gravidanza, e poi dei primi mesi di vita dei loro neonati. Sono due milioni i bambini poveri nel nostro paese, dice l´Istat, a rischio di fame e malattie, e di questi 700mila hanno tra 0 e 3 anni. Un´emergenza tale che nel giro 15 anni le antiche ruote degli esposti, “rinate” a metà degli anni Novanta sotto forma di modernissime culle termiche collegate ai sensori dei Pronto Soccorso, sono triplicate accanto ai grandi poli ospedalieri e ai centri maternità.
IL DIRITTO ALL´ANONIMATO
Da secoli è possibile per le donne partorire e mantenere nascosta la propria identità. Erano 40mila ogni anno i neonati che nell´Italia di fine Ottocento venivano fatti scivolare nella notte dentro la ruota degli esposti da madri povere e disgraziate, ma anche da donne ricche rimaste incinte fuori dal matrimonio. Migliaia e migliaia di senza famiglia affollavano l´Annunziata di Napoli, l´Istituto degli Innocenti di Firenze, il Santo Spirito di Roma. Oggi sono poche centinaia. Ma il diritto all´anonimato, ribadito nel 1975 proprio con la riforma del diritto di famiglia, è stato rafforzato ancora dal Dpr 396 del 2000, che protegge “l´eventuale volontà della madre di non essere nominata” e sancisce il divieto di fare ricerche sulla paternità.
Il 70% delle madri segrete è composta da donne immigrate («quante badanti messe incinte dai datori di lavoro e poi cacciate», racconta Grazia Passeri, presidente di Salvabebè), il 30% da ragazze italiane, giovanissime, spesso cresciute in aree degradate, marginali, dove una gravidanza precoce (e senza marito) è tutt´oggi una ferita all´onore del clan. Molte, l´82%, restano incinte per la prima volta, al Nord come al Sud, ma la maggioranza di parti anonimi (48,7%) avviene nel Centro Nord, laddove gli ospedali sono grandi, la legge è un po´ più conosciuta, ed è più facile nascondersi tra la folla. «Avere una stima ufficiale dei parti segreti non è facile proprio per la tutela dell´anonimato. L´unica traccia sono le schede di dimissione ospedaliera – spiega Enrico Moretti, dell´Istituto degli Innocenti di Firenze – dove si registra che in quel giorno e a quell´ora c´è stato un parto e che la madre non ha riconosciuto il figlio. Ma non sempre le regioni comunicano i dati, non esiste un´anagrafe degli abbandoni, possiamo dire però con approssimazione che i casi sono circa 350/400 l´anno, in gran parte figli di donne straniere. Questi bambini entrano a far parte delle liste dell´adozione nazionale e in pochi mesi trovano una nuova famiglia: sono infatti 1200 ogni anno i minori dichiarati in stato di abbandono, ma le coppie in attesa sono oltre 7000…”
I MEDICI RACCONTANO
E la conferma di un fenomeno in crescita arriva proprio dai medici. Il Policlinico Casilino è una grande area ospedaliera che si affaccia verso le nuove aree satellite della città, tra la periferia inurbata e quella più estrema. Proprio qui, al Policlinico Casilino, nel 2006 fu installata una delle “culle protette” contro l´abbandono e l´infanticidio dei neonati. «I casi di figli non riconosciuti aumentano di anno in anno – conferma Piermichele Paolillo, direttore del reparto di Neonatologia – e il record è proprio nella nostra struttura, 60 bambini “ignoti” nel 2010 contro i 40-45 degli anni passati. Sono soprattutto figli di immigrate, in questo momento abbiamo due gemelline, nate premature ma in buona salute. Purtroppo i piccoli lasciati in ospedale, e quindi al sicuro, sono soltanto la punta dell´iceberg di una tragedia più vasta: sono decine i bambini partoriti in segreto e abbandonati chissà dove, di cui non sapremo mai nulla… «. «A Napoli in questo momento abbiamo due bambini, uno è sano, l´altro ha dei problemi – aggiunge Roberto Paludetto, primario del reparto di Neonatologia al Policlinico Federico II – ma i numeri sono in rialzo. E nei nostri ospedali le mamme anonime non sono immigrate ma italiane e giovanissime». Appunto. Chi sono, dove vivono queste donne così disperate da abbandonare il loro bambino in ospedale quando va bene, in un cassonetto o tra i canneti di un fiume quando va male? Non hanno famiglia, amici, compagni?
STORIE DI MAMME SEGRETE
Marina Secchi fa l´assistente sociale tra i centri di volontariato che raccolgono il bacino depresso delle aree romane di Tor Bella Monaca, Torre Angela, Lunghezza. Zone ad alto tasso di dispersione scolastica, delinquenza giovanile, campi nomadi, slum metropolitani, e sempre di più gravidanze adolescenziali. Ha i capelli bianchi e lo sguardo sereno: ascoltarla è come affacciarsi su un mondo di vite a perdere, tra le ultime delle ultime. « Ricordo Magdalena, moldava: il figlio della sua badante l´aveva messa incinta e poi abbandonata. Lei aveva un marito e altri figli a Chisinau, non sapeva che fare… Ricordo Mina, aveva 16 anni, tossicodipendente e ammalata di Aids: la sua bambina è nata in crisi di astinenza e sieropositiva, ma in pochi mesi si è negativizzata ed è stata subito adottata. Credo purtroppo – dice Marina Secchi – che Mina sia morta. Ricordo Alice, 17 anni, abitava a Tor Bella Monaca, noi dei servizi la conoscevamo bene: aveva superato i termini per l´aborto, ma forse con quel figlio avrebbe trovato radici… E poi Zaira, colf egiziana: non so come avesse fatto a nascondere la gravidanza ai suoi datori di lavoro, che forse l´avrebbero anche aiutata: ha avuto un bambino prematuro e cerebroleso. Non ha voluto vederlo…Ma Davide, così l´avevamo chiamato noi, è stato miracolosamente adottato, dopo essere rimasto per otto mesi in ospedale. In più di vent´anni di lavoro ho incontrato almeno una ventina di donne che hanno fatto questa scelta e la metà erano minorenni. La legge è chiara: bisogna rispettare la decisione, ma anche far sapere loro che potrebbero andare in casa famiglia, e che soprattutto possono ripensarci… ».
Però ci vuole delicatezza, e non sempre avviene, spiega ancora Marina Secchi. «Ho visto donne trattate male dalle infermiere, dalle altre gestanti, ma soprattutto lasciate nella stessa stanza con le partorienti “normali”. Pensate che crudeltà far entrare in contatto madri con destini così diversi». Storie attuali eppure drammaticamente arcaiche. Come quella di I. che forse si chiama Irina, messa incinta dal suo protettore. «Aveva promesso di sposarmi, per questo non ho abortito e ho lasciato che la gravidanza avanzasse. Quando ormai era troppo tardi – Irina parla con il viso schermato in un filmato raccolto dall´assistente sociale – ho capito che voleva solo il bambino, per farne qualcosa di brutto…Un´amica mi ha aiutata a scappare, sono stata in una casa del Comune fino al parto. Ma la bambina l´ho lasciata lì, in ospedale. So soltanto che era bionda e con gli occhi blu. Ma tutti i neonati hanno gli occhi blu, vero?».
«In realtà – spiega la ginecologa Alessandra Kustermann, primario alla clinica Mangiagalli di Milano – non è facile entrare in contatto con le donne che fanno questa scelta: spesso arrivano tardi rispetto ai tempi dell´aborto, o durante i mesi della gestazione si accorgono di non potercela fare. Oppure, ed è frequente, i piccoli hanno malformazioni gravi, danni cerebrali. Ho però conosciuto una ragazza rimasta incinta dopo una violenza sessuale – racconta Alessandra Kustermann – molto cattolica e lucida che decise consapevolmente di far nascere e poi dare in adozione suo figlio, pur potendolo mantenere. Era una ragazza forte ed equilibrata, ma ricordo il suo dolore. L´abbandono è sempre vissuto come una violenza, come un´ingiustizia, credo che molte portino dentro di sé per tutta la vita il fantasma di quel figlio». «Conosco la disperazione di queste donne e ne ho viste alcune tornare indietro a cercare il figlio che avevano lasciato – aggiunge Melita Cavallo – ma quasi sempre sono ripensamenti tardivi. C´è stato un caso però in cui di fronte all´autentico dolore di una madre, abbiamo mutato un´adozione legittimante in un´adozione speciale, in modo che pur saltuariamente quella donna potesse ogni tanto rivedere il suo bambino».
Una legge imperfetta
Maria Grazia Passeri nel 1992 ha fondato l´associazione “Salvabebè, salvamamme”, organizzazione di puro volontariato che sostiene le donne durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino. Latte, pannolini, vestiti, assistenza medica, legale, psicologica. «Oggi nei nostri centri forniamo corredi e aiuti alimentari per cinquemila mamme e ottomila neonati, il 20% sono italiani, ma l´emergenza cresce e i fondi sono sempre più scarsi. La legge sul parto anonimo è una buona legge ma non basta. Perché permette di partorire in ospedale e di non riconoscere il figlio, ma in realtà non tutela davvero l´anonimato». Proprio a cominciare dall´ospedale, dove la segretezza, dice la presidente di “Salvamamme”, non è affatto garantita. «Queste donne sono perseguitate, in fuga. Chi le nasconde? Chi le aiuta quando il momento di partorire si avvicina e l´unica soluzione a cui pensano è quella di abbandonare il neonato in un cassonetto? La risposta è semplice. Bisogna tappezzare proprio i cassonetti di tutta Italia con le istruzioni sul parto anonimo, con gli indirizzi delle “ruote” e con quelli dei consultori. Sono donne povere, straniere, colf, badanti: sono isolate, senza informazioni. Però almeno una volta al giorno questo è certo – conclude Maria Grazia Passeri – andranno a buttare la spazzatura, e vedranno quel volantino in più lingue, scoprendo così di avere ancora una via d´uscita: tenere con sé il bambino, farlo adottare da altri, chiedere aiuto. In ogni caso scelte di vita». 

Favìa/Referendum: 'Se non ora quando? E' il momento di dire quattro volte Si'

immagine Ormai ci siamo. Se non ora quando? Domenica e lunedì sono alle porte e sento di dover lanciare un appello di tutto cuore ai cittadini per andare a votare domenica e lunedì e votare convintamente 4 volte SI. Questo è il momento di rimpossessarsi della propria capacità decisionale.
Il referendum che con fatica siamo riusciti a mettere in piedi, con l'impegno e le firme di tanti cittadini coscienziosi, servirà per tornare ad avere voce in capitolo sui propri diritti. L'acqua privata, le centrali nucleari e lo scudo per i membri del Governo sono assurdità che non ci riguardano. Riguardano privati senza scrupoli e appalti truccati per la mafia per fare soldi con le pericolosissime centrali nucleari.

Noi dell'Italia dei valori siamo contrari. E sono convinto che avremo dalla nostra parte tantissime persone. Mettere quei 4 SI sulle schede significa dare un futuro migliore ai nostri giovani e salvaguardare i nostri diritti primari: salute, giustizia, ambiente. Per questo andrò alle urne domenica e lunedì sicuro che ci saranno tantissime persone in fila con me perchè questi 4 quesiti non hanno colore politico ma riguardano tutti noi.

Invito quindi ad andare a votare a prescindere dalle proprie idee perchè il referendum è un preziosissimo strumento di democrazia al quale non si può e non si deve rinunciare.
da David Favia
coordinatore regionale IdV
Se Non Ora Quando? ed i 4 Referendum

di Filomena Varvo






 
Le donne del 'Comitato stabiese Se Non Ora Quando?', donne che credono nell'impegno attivo per la  tutela ed il miglioramento del vivere comune (tante anche impegnate in associazioni, partiti, sindacati e/o nel volontariato), sono presenti in questi giorni di campagna referendaria in vari punti d'incontro cittadini (dalle 18.30 nella Villa Comunale, centro cittadino e centro antico) per promuovere ed informare sul voto che ci vede tutti chiamati alle urne domenica e lunedì prossimi.
"I mezzi  di informazione radiotelevisiva non contribuiscono a divulgare il messaggio referendario -spiegano - ed i sondaggi son chiari:  il 30% degli italiani  non sa nulla dei referendum. Essendo in gioco  Acqua,  Energia e Giustizia, dobbiamo fare di tutto per difenderci con tutte le  forze a nostra disposizione. Occorre darsi da fare! Ora! Ognuno come

Emendamento al Decreto Sviluppo, mail bombing ai membri di Maggioranza della Commissione Bilancio

Inse non ora quando su 10 giugno 2011 a 10:59

Se ne condividi lo spunto e l’importanza per il lavoro delle donne, reinvia questa mail ai membri della maggioranza che fanno parte della Commissione Bilancio;
Onorevole deputato,
nei prossimi giorni la commissione Bilancio di cui lei fa parte discuterà l’emendamento 2.03 al decreto Sviluppo , che stanzia 100 milioni annui per il 2012, 2013,2014 per coprire crediti di imposta per le aziende che assumono donne. Questo emendamento nasce da un appello proposto da più di 80 associazioni e sottoscritto da più di 1000 persone. Non solo, i fondi (4 miliardi in 5 anni, 1136 nel triennio 2012-2014) provengono dai risparmi derivati dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, che venivano destinati da una legge approvata dal Governo (Art. 22-ter, commi 1 e 3, del decreto legge 78/2009, convertito dalla legge n. 102/2009, così come modificato dal decreto legge 78/2010 convertito dalla legge n. 122/2010)  per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all’esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici.
La invitiamo caldamente ad approvare questo emendamento visto che già i fondi del 2010 (120 milioni) e del 2011 (242 milioni) sono stati sottratti  per misure che nulla hanno a che vedere con tali finalità
Si parla sempre della vitale importanza di stimolare l’occupazione femminile e di dare supporto alla conciliazioone e sarebbe imperdonabile che neanche questi fondi ,risparmiati dalle pensioni delle donne, non fossere reinvestiti per le donne.
Il tema è molto sentito e ci impeganmo a dare massima visibilità in rete alle vostre votazioni in Commissione.
Cordiali saluti