PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

venerdì 15 aprile 2011

Gaza: Restiamo Umani (intervista a Vittorio Arrigoni)




comincio a vergognarmi di essere umana...siamo peggio degli animali feroci che si sbranano tra loro per la supremazia...e l'uomo si vanta di avere un cervello!!! peccato che il più delle volte non venga usato...a presto Vittorio

15 APRILE: RASSEGNA STAMPA

«Se non ora quando». Sì, ma come?
di Perla Maria Gubernale e Gioia Gubernale | 14/04/2011 |

Al Festival del Giornalismo di Perugia si è parlato del ruolo delle donne nella società attuale tra media, politica, attualità e mondo del lavoro, con uno sguardo alle cause del precariato e alle possibili strategie per sconfiggerlo. Ospiti dell'incontro Susanna Camusso, Maria Laura Rodotà e Concita De Gregorio

Nell'era del Bunga Bunga e dell'arrivismo in cambio del corpo, qual è la visione che la società moderna ha della donna? E, in un mondo del lavoro sempre più dominato dall'incertezza del precariato, che ruolo giocano i modelli proposti dalla televisione e dagli altri media nel formare la coscienza delle più giovani? Se n'è discusso al Festival del Giornalismo di Perugia, nel corso del dibattito "Donne, media e potere", a cui hanno partecipato le giornaliste Concita De Gregorio e Maria Laura Rodotà, insieme a Susanna Camusso, segretario generale CGIL, e Irene Tinagli, ricercatrice universitaria all'estero.
«Non sarà il solito dibattito sul corpo delle donne», esordisce la Rodotà. E rivolge subito una domanda alle relatrici presenti, prendendo spunto dalla sala gremita di giovani donne che vogliono lavorare nei media ma «che hanno zero potere». «Ripensando al 13 febbraio, se non ora quando? Ma anche come?». La prima a rispondere è Susanna Camusso, che premette quanto sia difficile dare consigli alle giovani ragazze precarie perché «vengono recepiti come racconti da un'altra generazione: noi abbiamo fatto i nostri lavori precari, ma non era un problema perché sapevamo che non lo avremmo fatto per sempre. Oggi, soprattutto le donne, invece, si trovano in una trappola da cui non si può uscire e tutti i progetti sono frantumati dall'idea che il precariato non è una situazione che si risolverà». E continua: «Non servono i consigli, ma bisogna ragionare su come fare. Bisogna uscire dalla solitudine che accompagna non solo le donne, ma tutti i giovani precari e disoccupati. Da noi, più hai studiato e più sei precario: i giovani sono costretti a nascondere i titoli di studio per cercare di ottenere un lavoro. L'Italia è un paese che non scommette più sul futuro».
Secondo la Camusso, la crisi in cui versano i più giovani dipende dalla mancanza di un senso di appartenenza a una comunità: «La società di oggi impone il concetto che da soli si fa meglio e che chi hai vicino è il tuo nemico. Per uscire da questa debolezza è necessario rompere la percezione che la causa della precarietà sia una colpa individuale, quando in realtà si tratta di una condizione collettiva». Sui fatti di attualità e sulle donne che vogliono lavorare nel mondo dello spettacolo, la segretaria CGIL aggiunge: «Si è creata un'immagine che getta ombre su chi vuole intraprendere questa carriera, come se si trattasse solo di scambi di favori. L'Italia è piena di gente che vuole lavorare e il comportamento di qualche "signore potente" non può cancellare una collettività piena di competenza e professionalità».
A parlare di donne e lavoro è anche Irene Tinagli, ricercatrice in ambito economico che lavora da anni all'estero. «In America potevo permettermi il lusso di dimenticare di essere una donna. Nessuno me lo faceva notare e non ero penalizzata. In Italia, invece, si discute ancora del ruolo della donna: è strano ma terribilmente necessario». La ricercatrice denuncia anche la scarsa presenza di donne che prendono parte a conferenze e dibattiti nel nostro paese: «È inquietante che le donne siano chiamate in causa solo quando si parla di donne. All'estero questo non succede». Secondo la Tinagli, la causa sarebbero ostacoli politici, ma anche una questione di mentalità: le italiane vedono nelle altre donne un nemico e questo va contro l'emancipazione. In più entra in gioco un fattore culturale: per paura del potere che hanno o che potrebbero avere, sono abituate a non chiedere e far leva sul vittimismo e nell'autoghettizzazione, sottolineando anche l'importanza di coinvolgere gli uomini nel dibattito, perché «hanno un ruolo fondamentale. Non è una questone femminile ma sociale».
Sul'l'alto tasso di precariato tra le donne che lavorano nell'informazione, Concita De Gregorio dice: «Negli ultimi trent'anni e soprattutto negli ultimi quindici si è verificata una vera e propria involuzione. Quando io ho cominciato questo lavoro, non mi ero mai posta il problema di essere una donna, poi però è cambiata la percezione e l'autopercezione nel genere femminile, anche a causa dell'immagine che ci viene data dai media. Inoltre, la crisi economica e la mancanza di lavoro portano le ragazze a inseguire modelli secondo cui, concedendo favori, si può diventare subito ricchi e famosi». E aggiunge: «La precarietà è un problema enorme, e lo è stato anche in passato. Oggi però è uno stato d'animo. Sono convinta che le persone che sono in grado di offrire proposte professionali e di qualità, alla fine, trovano casa. La politica e l'economia contano molto, ma in parte dipende da noi». Il direttore de L'Unità crede che la crisi in cui versa il Paese non sia una catastrofe naturale, bensì il risultato di una politica che non vuole guardare al futuro: «La cultura è considerata una zavorra, la precarietà è esistenziale. L'Italia vive una stagione di governo in cui il consenso è fondato sull'ignoranza, sulla paura e sull'individualismo».
In chiusura, Concita De Gregorio invita gli italiani a riprendere le redini del Paese e i giovani in particolare a restare e «fare la rivoluzione». Dello stesso avviso anche Susanna Camusso, che chiude il dibattito sottolineando come, nonostante l'Italia stia vivendo una stagione difficile a causa della crisi e delle scelte dell'attuale Governo, «il nostro Paese è molto meglio di quello che vediamo in tv. Dobbiamo prendere in mano il nostro destino. Possiamo cambiare, dobbiamo solo decidere di farlo. L'italia non è solo Bunga Bunga».


Data: 14/04/2011
'Donne, democrazia e rappresentanza', i temi al centro della 2^ Assemblea Nazionale della categoria devono essere una vera e propria “battaglia di civiltà”.

Dare continuità al movimento nato il 13 febbraio 'Se non ora quando?' per rivendicare politiche attive e di inclusione che abbiano l'obiettivo di portare ad una reale parità tra uomo e donna in tutti gli ambiti della società
Ripartire dal lavoro per riconquistare dignità e diritti delle donne ponendole al centro dell'agenda politica.

E' l'imperativo emerso nella 2^ Assemblea Nazionale delle donne FLAI CGIL, la categoria del settore agro-alimentare, dal titolo 'Donne, democrazia e rappresentanza' che si è svolta il 12 aprile nel Teatro 10 di Cinecittà a Roma. Una grande iniziativa tutta al femminile che ha visto la testimonianza di donne e sindacaliste della categoria che ogni giorno si trovano a fare i conti con le difficoltà che la società di oggi impone loro: precarietà, conciliazione tra tempi di lavoro e di vita, discriminazione e disuguaglianza tra uomini e donne.

Una platea di circa 800 persone, lavoratrici, ma anche lavoratori, perchè come ha spiegato la Segretaria Generale della FLAI CGIL, Stefania Crogi “gli uomini della FLAI hanno ampiamente dimostrato di essere quel genere di uomini che vuole rompere il silenzio e lottare al fianco delle donne”.Scopo dell'Assemblea è stato anche quello di dare continuità al movimento 'Se non ora quando?' che il 13 febbraio ha portato nelle piazze di tutta Italia migliaia di donne unite nella rivendicazione di una società diversa in cui la donna non venga vista come oggetto, ma come individuo che con le proprie forze e capacità tenta di emergere da una situazione che oggi risulta “drammatica”.
“La concezione della donna nel nostro paese deve essere completamente ribaltata e la questione femminile deve essere rimessa con forza al centro dell'agenda politica”. E' quanto ha dichiarato Stefania Crogi, ribadendo come ciò sia una vera e propria “battaglia di civiltà” poiché ha spiegato “in Italia le donne vivono ancora in una condizione di profondo disagio e disuguaglianza, hanno una rappresentanza politica esigua e non all'altezza di un paese moderno, democratico ed europeo, non hanno – ha proseguito - facilmente accesso al mercato del lavoro e vengono sostanzialmente discriminate per la loro condizione di madri o perchè, loro malgrado, devono farsi carico della famiglia”.

Secondo Crogi è giunto il momento in cui “tutti facciano qualcosa per rovesciare questa situazione – ha detto - e per mettere in campo delle politiche attive e di inclusione che abbiano l'obiettivo di portare ad una reale parità tra uomo e donna in tutti gli ambiti della società”. Le donne nel settore agro-alimentare. In Italia le donne impiegate nel settore dell'agro-alimentare, secondo le stime FLAI CGIL, sono 650mila (36% del totale), delle quali circa 400mila occupate in agricoltura e 250mila nelle aziende di trasformazione dell'industria alimentare. In particolare è nel Mezzogiorno che le donne trovano più facilmente occupazione nel settore agricolo, la regione che risulta più 'rosa' è, infatti, la Puglia.

Mentre nell'industria la presenza femminile è maggiore al nord dove in Piemonte raggiunge le 117mila unità. Tuttavia, la FLAI denuncia due gravi discriminazioni nei confronti del genere femminile nel settore: la busta paga differenziata tra uomini e donne, soprattutto nel Mezzoggiorno, nonostante ciò non sia previsto dal Contratto nazionale e l'inquadramento errato delle lavoratrici, che percepiscono un salario inferiore rispetto alla qualifica. Donne e contrattazione.
Migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne è l'obiettivo delle norme inserite nei nuovi Contratti nazionali siglati dalle Organizzazioni sindacali e dalle imprese del settore agricolo, che devono basarsi su: la parità tra uomo e donna nei posti di lavoro; il superamento delle differenze di genere nell'attribuzione delle mansioni; l'eliminazione degli ostacoli che non consentono alle lavoratrici di sviluppare percorsi di crescita professionale; la tutela delle lavoratrici madri e la sconfitta delle molestie sessuali e del mobbing sul posto di lavoro. Lavoro, tempo e responsabilità: tre parole da riconiugare.
“Bisogna riscoprire le parole che sono necessarie, ma che con il tempo hanno perso valore: lavoro, tempo e responsabilità”, è quanto ha affermato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso nel corso dell'Assemblea Nazionale della FLAI. Per quanto riguarda il lavoro, secondo la leader della CGIL è necessario riscoprirne la “soggettività”, che oggi ha perso importanza; per il secondo termine, il tempo, ricordando la conquista delle 8 ore da parte delle donne italiane, Camusso ha spiegato che "è la cifra che ha sempre riguardato la vita delle donne”, con il loro bisogno di conciliare tempi di lavoro e di vita, ma ha avvertito “oggi deve essere anche il tempo dell'urgenza politica”.

Infine ha proseguito Camusso tempo e lavoro si coniugano in una terza parola che è 'responsabilità', “noi siamo in un momento in cui non basta capire che c'è una crisi che persiste – ha detto -, ma bisogna prendersi la responsabilità di dire che c'è bisogno di un cambiamento”. A questo proposito Camusso ha ribadito le ragioni dello Sciopero Generale proclamato dalla Confederazione per il 6 maggio, “la nostra è stata una scelta di responsabilità – ha ricordato la dirigente sindacale -.
Non si poteva aspettare che la 'nottata' passasse, perchè la 'nottata' da sola non passa”.
Una mobilitazione che, secondo Camusso, non dovrà coinvolgere solo gli iscritti alla CGIL, ma “tutti i lavoratori” perchè "insieme si può cambiare il Paese". Secondo la leader della CGIL, bisogna che in Italia cambi l'agenda politica, e “la prima questione da affrontare è il lavoro: bisogna difendere quello che c'è – ha concluso Camusso - e crearne di nuovo per chi non ce l'ha”.
Fonte: Cgil

Le donne in corteo sotto la Regione
"Giù le mani dai consultori, no alla legge Tarzia"

La manifestazione dei comitati femminili. Contro la proposta di riforma, che prevede l'ingresso delle associazioni pro-life come il Movimento per la vita, raccolte 80mila firme: "Le consegneremo alla Polverini quando si deciderà a incontrarci"

Le donne in corteo sotto la Regione "Giù le mani dai consultori, no alla legge Tarzia" Un momento della manifestazione
"Olimpia vattene": così gridano le donne oggi in corteo riunite nei comitati e nelle assemblee permanenti giunte sotto la sede del consiglio regionale di via Cristoforo Colombo per consegnare le ottantamila firme contro la proposta di legge di riforma dei consultori presentata dal consigliere regionale Olimpia Tarzia.

Decine di scatole colorate a rappresentare simbolicamente la consegna delle firme raccolte in questi mesi. "Questa proposta di legge ha un carattere prevalentemente ideologico - ha detto Francesca Koch, dell'assemblea permanente di donne - prevede che nei consultori entrino le associazioni private pro-life, una delle quali il movimento per la vita fu anche presieduta dalla Tarzia e contrariamente ai principi della legge di istituzioni dei consultori del 1976 che garantisce alla donna l'ascolto e il sostegno ma che poi lascia libertà di decisione sull'interruzione di gravidanza, questa riforma prevede l'istutuzione di un comitato bioetico, assolutamente esterno al servizio con la funzione di convincere la donna a non abortire".

Diversi comitati associazioni presenti al corteo tra cui: "Se non ora quando?", "Ludi", "le donne di Cgil e Uil", "I partiti della sinistra". "Le ottantamila firma sono soltanto l'inizio - ha detto Marina d'Ortensio di Sel - non abbiamo alcuna intenzione di farci scippare i diritti delle donne con tante battaglie".

Alla fine dalla manifestazione un piccolo parapiglia: al momento dell'entrata di una delegazione di donne insieme ad alcuni consiglieri della sinistra uno di questi ultimi, Ivano Peduzzi, Fds, è stato bloccato dalla vigilanza ed è nata una discussione e le donne hanno iniziato a lanciare gli scatoloni simbolici, contenenti le firme contro la legge Tarzia, dentro al cortile della Regione.

Poco prima l'assessore regionale ai servizi sociali Aldo Forte aveva incontrato sulla piazza le manifestanti e ha detto: "Abbiamo effettuato molte audizioni sulla legge Tarzia - ha detto l'assessore - modifiche sono state già apportate e quindi nel caso di altre audizioni non ci sarà problema". Le donne hanno chietso all'assessore un incontro con il presidente Polverini. "Mi impegno tra una settimana a organizzare questo incontro" ha continuato Forte.
Ma le polemiche non sono mancate, quando l'assessore ha ricordato che il Lazio è una delle regioni col più alto tasso di aborti. Le donne hanno iniziato a gridare vergogna. "La Polverini non dà nessun segnale sulla nostra raccolta di firme contro la proposta di legge Tarzia - ha detto Giulia Rodano dell'Idv - purtroppo per ora la legge è inemendabile. Esautora i consultori pubblici e fa compiere un percorso doloroso e inutile alle donne in gravidanza".

Nei prossimi giorni l'assemblea delle donne invierà una lettera al prefetto Pecoraro per denunciare il mancato incontro con la Polverini e per chiedere ancora di parlare con lei. Saranno organizzate alcune manifestazioni sotto la prefettura, insieme a tutti i comitati dei movimenti per la casa, il lavoro e la sanità. "Porteremo le nostre firme direttamente alla Polverini ad ogni uscita pubblica a cui lei parteciperà" hanno concluso, rifiutandosi di consegnarle all'assessore Forte.
 
(14 aprile 2011)