PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

giovedì 10 marzo 2011

10 MARZO: RASSEGNA STAMPA



Trani, flash mob del comitato “se non ora quando di Trani”
La Presentazione ufficiale del gruppo davanti all'ingresso della Villa Comunale in occasione della festa della donna.



Il comitato “se non ora quando di Trani” in occasione della presentazione ufficiale del gruppo, ha organizzato martedì 8 marzo 2011, Festa della Donna, un flash mob davanti all'ingresso della Villa Comunale di Trani.
Il comitato di Trani ribadisce l'esigenza di un cambiamento culturale di questo paese a partire dalla denuncia di un precariato che è diventato ormai la più grande piaga sociale per le nuove generazioni.

Un lavoro precario che ha paralizzato la vita di tutti costringendoci all'immobilismo, all'impossibilità di progettare un fututo e pensare al nostro domani.
Una condizione precaria in cui donne e uomini si sentono schiavi delle decisioni prese da chi ci governa e non più donne e uomini liberi.
Il comitato "se non ora quando di Trani" sente un forte bisogno di gridare BASTA a un quadro sociale, civile ed economico nazionale in cui ognuno di noi non si riconosce più e sceglie di non rientrare politicamente in nessuno degli schieramenti per una rinascita della politica a partire dalla voce del popolo, da noi giovani, dalle nuove generazioni






Imperia: sabato corteo del comitato 'Se non ora quando'





Sono attese almeno 500 persone per il corteo sulla salvaguardia della scuola pubblica e sui diritti costituzionali

Sabato alle ore 16 è stata indetta una manifestazione del comitato "Se non ora quando". Si tratta di un corteo che prenderà il via da piazza Bianchi ad Imperia procedendo poi per via Bonfante, piazza Dante, via Belgrano e quindi piazza De Amicis. Qui, i manifestanti, si parla di almeno 500 presenze, interverranno con dibattiti, letture e tanta musica. Tutto questo per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti costituzionali e per promuovere la salvaguardia della scuola pubblica.
 Stefano Michero






Giustizia. Se non ora, quando?
Tutto procede come da copione in vista dell’annunciata “riforma della giustizia epocale” non ancora definita “in tutti i suoi aspetti” la cui bozza dovrebbe essere illustrata da Alfano, last minute, al presidente della Repubblica.

E’ stato confermato il vertice del Pdl della vigilia a cui parteciperà, ovviamente anche il più diretto interessato al mega pacchetto comprensivo del ddl costituzionale che vuole riscrivere il titolo IV della Costituzione, di un maxiemendamento sulle intercettazioni, per azzerarle, e del processo breve riformulato per
 dimezzare da subito i processi in corso a Milano.

E per comprenderne appieno tutta la portata epocale basta scorrere le prime pagine delle testate di famiglia, più scatenate del solito contro i nemici della madre di tutte le riforme: 
Il Giornale ha da giorni titoli cubitali contro “la rivolta” delle toghe “capeggiate” da quel pericoloso eversore di Armando Spataro, un magistrato impegnato da oltre trent’anni sul fronte dell’antiterrorismo, della mafia, della ‘ndrangheta al nord, del Sismi di Nicolò Pollari che ha rapito Abu Omar per sottrarlo alla giustizia italiana e consegnarlo ai suoi torturatori.

L’escalation della violenta propaganda antimagistrati della stampa berlusconiana si intensifica di ora in ora con metodi non nuovi ma che sono, se possibile, ancora più ostentati che nel passato e sbattono in prima pagina la presunta corrispondenza “cospirativa delle toghe rosse”. Alla vigilia del giorno della riforma “epocale” 
Sallusti spara a tutta pagina “Le email segrete dei magistrati: ‘Sistemiamo lo zietto Silvio e i suoi fan’ ”, sottotitolo da allarme rosso: “Tira aria di golpe, le toghe si scambiano messaggi minacciosi”. Libero, invece lancia quella che alla rassegna stampa del TG 5 viene definita “una notizia inquietante”, mettendola implicitamente in relazione alla necessità di tenere al guinzaglio i pm e titola con caratteri più che cubitali “Non si fermano più.” E poi nel sottotitolo, quasi si trattasse di un delitto di lesa maestà “P4, vogliono colpire Letta.. attaccare il cuore del potere berlusconiano”.

Si potrebbe obiettare che in fondo non c’è molto di nuovo sul fronte berlusconiano e che quando si tratta della giustizia e cioè di vita o di morte per il presidente del Consiglio e dunque per il Governo la
 propaganda domestica fa come sempre la sua parte con metodi e stile consolidato. Però è il contesto che deve allarmare, e aggiungerei, mobilitare.
Il Corriere registra “le aperture” da finiani e Udc, Il Foglio titola “Giustizia e schiarite”, Il Riformistache nelle rassegne stampa viene definito giornale della sinistra apre, anche lui a titoli cubitali con “La riforma della giustizia senza leggi ad personam. Perché no?” E allora dato che da troppo tempo dai partiti sedicenti di sinistra non si dice un no chiaro e tondo a quella che, come ha detto molto puntualmente Armando Spataro, è una (epocale) controriforma della giustizia a cui va data una risposta altrettanto epocale, bisogna che ancora una volta siano i cittadini e gli elettori che in primo luogo si riconoscono nella Costituzione, a farlo.

Sia che tutto l’armamentario della grande riforma costituzionale serva solo a sollevare un polverone sulle urgentissime leggi personali da portare a casa nell’immediato, sia che costituisca il coronamento “del sogno” berlusconiano e venga per ora presentato senza i pendant delle intercettazioni e del processo breve, va contrastato da subito con ogni mezzo civile e democratico.

La prima e importante occasione è quella della 
manifestazione a difesa della Costituzione di sabato prossimo, in cui il tema della giustizia deve essere una priorità assoluta, per il semplice motivo che le “innovazioni” della cosiddetta riforma scardinano il principio cardine della obbligatorietà dell’azione penale, scorporano i PM dall’ordine giudiziario riducendoli a funzionari di polizia, snaturano l’organo di autogoverno, umiliano i magistrati con il risultato di penalizzare i cittadini.

Salviamo quel che resta della giustizia penale e della civiltà giuridica del nostro paese: se non ora, quando?






Reggio: "Se non ora quando", iniziative per la festa delle donne



Martedì 08 Marzo 2011 14:24

Il 13 febbraio di quest'anno si è costituito a Reggio Calabria, come in tutta Italia, il Comitato spontaneo “Se non ora quando?” che ha intrapreso un percorso di condivisione e di lotta politica attraverso il coinvolgimento di donne e uomini sui temi della dignità della donna e dei diritti.
Per l'8 marzo, il comitato ha organizzato una giornata di mobilitazione che si svilupperà in due momenti:
alle ore 16,00 a piazza Camagna, dove si diffonderanno le idee guida lanciate dal gruppo nazionale per fare dell’8 marzo una giornata di confronto, e si inviteranno tutti i cittadini a partecipare all'iniziativa delle ore 17,30 presso l'Università per Stranieri “Dante Alighieri”.
Qui ci incontreremo per scambiare esperienze, formulare proposte, e ragioneremo sulla presentazione di un documento politico da presentare alle istituzioni come piattaforma di rivendicazione al femminile.


Il Comitato spontaneo “Se non ora quando? - Reggio Calabria”






8 Marzo, tornano in piazza le donne di «Se non ora quando?»: «Cambiamo questo paese»

Manifestazione in piazza della Repubblica a Perugia

Scritto il 08/3/11 • Categoria: Attualità
8 Marzo, tornano in piazza le donne di «Se non ora quando?»: «Cambiamo questo paese»Le donne di «Se non ora quando?» sono tornate in piazza. E lo hanno fatto sfidando il gelo di una giornata di fine inverno, a Perugia come in tante altre città dell’Umbria e d’Italia, per chiedere ad alta voce un Paese migliore per tutti. Per continuare il viaggio di impegno e passione tutta al femminile finalizzato a “rimettere al mondo” un Paese oltraggiato e offeso, percorso cominciato quasi un mese fa, il 13 febbraio, in occasione della grande manifestazione nazionale in difesa della dignità delle donne a cui hanno voluto partecipare oltre un milione di persone.
Tante in piazza Martedì pomeriggio in Piazza della Repubblica donne, giovani, mamme e nonne, studentesse e precarie, lavoratrici hanno voluto testimoniare il loro impegno per giorni migliori colorando di rosa un angolo di città, declamando poesie, sgranando i numeri di una parità ancora incompiuta, recitando cronache di ingiustizie quotidiane, ma anche di successi in rosa. Le parole di Anna Frank, di Umberto Veronesi, di Jorge Luis Borges, di giornalisti e scrittori e di tante donne d’Italia e del mondo hanno scandito un momento di allegria e di testimonianza dedicato alle donne che hanno lottato per la conquista dei diritti universali, alle donne che lo stanno facendo nel mondo, alle donne che ogni giorno lavorano e si impegnano per regalare ai loro figli un futuro migliore, alle donne per cui l’8 marzo non può essere un giorno di feste.
Solidali con i popoli del Nordafrica «Nell’anno in cui si celebra il 150esimo dell’Unità d’Italia – scrive il Comitato Se non  ora quando – abbiamo voluto dare ancora più valore all’8 marzo, giornata nata più di un secolo fa per onorare le lavoratrici di tutto il mondo, diventata nel tempo festa delle donne e oggi occasione di rinascita per il nostro Paese. Vogliamo un’Italia capace di stare nel mondo, in modo aperto e solidale con tutti i popoli, soprattutto con quelli che lottano per la libertà come ora quelli del Nord Africa. Vogliamo che l’8 marzo sia, come il 13 febbraio, il giorno di tutte».
Dignità e vita E ancora: «In Italia è diffusa una precarietà che non è solo di lavoro ma di vita. Coinvolge un numero crescente di donne e uomini. Per tutti è un’ipoteca pesante sul futuro, ma la precarietà che pesa sulle giovani donne condiziona l’intera comunità nazionale e le sue prospettive. In Italia avere figli, una famiglia, è da tempo diventato un lusso. Noi vogliamo che per tutte e tutti esista la libertà di scegliere se e quando diventare genitori. Con il 13 febbraio – continua il Comitato – abbiamo detto che la libertà, la dignità e la vita delle donne sono il presente e il futuro del paese». E quindi «Se non ora quando? Adesso».






L'Italia non è un Paese per le donne, nè per le lesbiche
Arcigay: "La battaglia delle donne è la medesima nostra".






Le altre notizie pubblicate oggi
(non più in homepage)
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09/03/2011
h.12.50

ParmaGaily, la finestra sul mondo gay, lesbo, trans e bisex di Parma.

Nella giornata simbolo delle conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, Arcigay non può non soffermarsi sulle rivendicazioni ancora urgenti e centrali, che il mondo femminile solleva con decisione quotidiana.
L’adesione dell’Associazione alla mobilitazione nazionale “se non ora quando?” dello scorso 13 marzo, che ha visto milioni di donne e di uomini consapevoli nelle piazze di un Paese, che appare sempre più povero sul piano dell’economia e della civiltà, comporta un impegno concreto e perdurante.
L’Italia non è un Paese per donne, né per studenti, né per lavoratori, né per insegnanti, né per omosessuali e transessuali e il nostro impegno politico rivendica un cambiamento definitivo verso la civilizzazione, la laicità, la democrazia e il rispetto di tutte e di tutti.
E tra i problemi urgenti che meritano soluzione, Arcigay pone quello della salute delle donne, un traguardo ancora tutto da conquistare che passa per una revisione della legislazione arretrata in merito di procreazione assistita, una ferma condanna dei tentativi di attacco, a cui ancora oggi assistiamo, a conquiste importanti in tema di libertà e autodeterminazione del corpo quali la legge 194 e la mancanza di un'attenzione reale da parte delle istituzioni al tema dell'educazione alla salute sessuale.
Le donne lesbiche italiane poi, vivono in un Paese che non le vuole madri, mogli, compagne, talvolta neppure figlie, un paese in cui il fenomeno della violenza sulle donne è ben lontano dal dirsi superato e che, troppo spesso, resta nascosto dietro un muro di silenzio e di indifferenza.
Che l’8 marzo sia un ennesimo giorno di consapevolezza, di unione, un momento per raccogliere nuove forze, necessarie per realizzare il cambiamento culturale, politico e sociale, mai stato tanto urgente e necessario. La battaglia delle donne per la costruzione di una reale uguaglianza, in questo senso, è la medesima battaglia della comunità lgbt.
                                                                                                 Arcigay




8 marzo, madri e figlie in piazza:
«Ci siamo svegliate»

































Madri e figlie insieme in piazza all'Esquilino di Luciana Cimino
E’ una questione anche di madri e di figlie questo 8 marzo 2011. Di madri che non incitano le figlie a vendersi ad anziani e potenti signori per poche migliaia di euro e di figlie che non hanno l’orizzonte talmente limitato da non desiderare per sé nient’altro che la benevolenza a gettone di un vecchio malato di sesso. Di madri che hanno lottato per i diritti basilari prima (l’aborto, la maternità retribuita) e per il lavoro poi, e di figlie che ora scendono i piazza perché la precarietà impedisce di avere figli e strozza carriera e vita. A piazza Vittorio, a Roma, alla manifestazione per la festa della donna indetta dal comitato “Se non ora quando?” dopo l’immenso successo dalla manifestazione del 13 febbraio, c’è Elisabetta, 51 anni, con sua figlia Camilla, 15.
«Io le mie scelte di vita, le mie lotte, le ho fatte - dice la madre – ma loro? Chi gli spiega che la politica non è solo Berlusconi, che ad andare avanti non sono solo le escort?». «Non le prendo come esempio – la rassicura la figlia – per questo oggi sono in piazza, io non mi sento 

In mezzo alla folla c’è anche Alessandra, studentessa universitaria, con sua madre Giulia: «Nel nostro paese le donne meritano di più e ottengono di meno – ragionano all’unisono – e la maternità è un lusso che le precarie non si possono permettere; queste sono le donne reali. Non ci aspettiamo una rivoluzione da questo nuovo movimento femminile ma una maggiore consapevolezza sì».

Sul palco attrici come Valeria Golino, e cantanti come Carmen Consoli, introdotti da Emilio Solfrizzi hanno voluto prestare faccia e voce alla mobilitazione. E tra le cittadine e i cittadini che assistono è unanime la richiesta che il grande risultato della mobilitazione del 13 febbraio non vada disperso. In tanti pensano sia stato l’inizio di qualcosa. «Mi è sembrato di rinascere – dice Carla, pensionata di 66 anni – Che parta dalle donne il nuovo corso del nostro paese, altre strade non ne vedo». «Se sono qui è perché ci spero – dice Tiziana, 50 anni impiegata – ma d’ora in poi sarò sempre in piazza, per la Costituzione, per la scuola pubblica e per lo sciopero generale».

Anche per Paola Minaccioni, attrice comica e parte di “Parla con me”, le donne hanno dato l’avvio: «Ci siamo svegliate prima ma credo che l’8 marzo debba far riflettere pure gli uomini, soprattutto quelli di potere, perché non sono solo state offese le italiane ma anche la dignità degli italiani, questi movimenti sono necessari per risvegliare le coscienze». E un uomo risponde.

E’ Solfrizzi, «grato al 13 febbraio» perché gli ha dato «una sveglia: ero inerte di fronte a delle cose che prima mi avrebbero indignato, sono sul palco oggi non per solidarietà ma per me stesso, anche i maschi devono rivendicare con eguale forza le stesse istanze, anche noi vorremmo un paese diverso dove non vieni preso in giro se sei onesto: è una battaglia di civiltà».

Carmen Consoli si sofferma sul «degrado culturale imbarazzante»: «Stiamo assistendo a un modello di gallismo “futti futti ca u signuri perduna a tutti” ma l’indignazione è un buon segnale. I soldi vengono sottratti alla cultura per entrare nei letti di certe stanze dorate, mi spaventa l’avvilimento delle coscienze, il governo ha fatto uno sfacelo». «Siamo state spente, oggi non più – aggiunge Tiziana Ferrario – volto storico del Tg1, ingiustamente, come ha sentenziato il giudice, rimossa da Minzolini – la maggior parte delle donne studia e non cerca scorciatoie, di quelle bisogna parlare». E di questo parlano le ricercatrici e le studentesse invitate sul palco.

Il comitato lancia una serie di proposte concrete per le «donne reali»: congedo di maternità obbligatorio e indennità di maternità; congedo obbligatorio di paternità; norme che impediscano il licenziamento preventivo e le dimissioni in bianco. «L’8 marzo era finito, la manifestazione del 13 febbraio lo ha rimesso in moto – commenta Cristina Comencini sottolineando che la manifestazione si chiama “Rimettiamo al mondo l’Italia” – quest’anno è dedicato alle giovani precarie». Conclude Fabrizia Giuliani, docente universitaria e tra le fondatrici dell’associazione “Di nuovo”: «Il 13 abbiamo portato una forza incredibile che ha interpretato i sentimenti del paese, oggi, 8 marzo, non siamo qui per rivendicare ma perché sappiamo che possiamo cambiare l’Italia, renderla migliore. Tenere le donne ai margini l’ha solo resa più debole e misera. Per questo lanciamo la costruzione di Stati Generali delle Donne da tenersi prossimamente».



8 marzo 2011

Tutto è lecito per abbattere Berlusconi, anche l’8 marzo?”

Attenzione: apre in una nuova finestra. 
Scritto da Redazione Mercoledì 09 Marzo 2011 16:54
Le reazioni delle donne del comprensorio impegnate in politica dopo la manifestazione dell'8 Marzo a Roma.
La Delegata e Presidente del Club della Libertà Civitavecchia Simona Galizia:
"La scena di ieri, di quel corteo guidato dalla Bindi non mi è piaciuta. Il silenzio assordante sui temi veri dell'8 marzo è stato penoso. Non una parola sulle questioni del lavoro, della famiglia , nulla dei temi che avevano tanto annunciato alla manifestazione "Se non ora quando?" Non un accenno alle tante battaglie di libertà che molte donne nei paesi come il Maghreb stanno portando avanti in silenzio e a rischio della propria vita. Ieri, come oggi, si deve ammettere che la dignità delle donne è ben altra cosa e non si può confondere  con le manifestazioni contro il Presidente del Consiglio!".
La vice presidente del Club della Libertà nonché Consigliera Emanuela Mari:
"La condizione della donna oggi è il risultato della mancata alleanza tra tutte le donne in generale ma è allo stesso tempo la volontà da parte del mondo maschile di tenerci fuori da tutto. La donna è coraggiosa, è piena di voglia di libertà e di giustizia e la storia ci insegna che le poche donne che nella vita hanno ricoperto ruoli importanti hanno saputo fare bene e a volte meglio. In Italia tutto si riduce a livelli troppo bassi".
La Presidente della terza circoscrizione Annarita La Rosa:
"E' nella vita quotidiana, tra le mura domestiche e sul posto di lavoro che le donne sanno dimostrare ciò che sono e ciò che valgono, cioè un pezzo fondamentale e insostituibile della società. Ed è l'impegno, la serietà di ciascuna di noi, giorno per giorno, che fa la forza di noi donne. Non abbiamo bisogno di essere rinchiuse nel recinto demagogico di una categoria che si vuole dipingere ancora quasi come una riserva."
La consigliera della terza Circoscrizione Sabrina Mozzoni:
"Ed  i "maschietti"? Restano nella loro condizione di inerzia totale. La responsabilità che può avere Berlusconi è la stessa che ogni uomo sente nella propria coscienza. Non vogliamo in alcun modo passare per femministe depresse ma vogliamo che il nostro sfogo e il nostro voler partecipare a questo tema sentito sia fatto senza metterci un cappello politico.."
La consigliera del Comune di Allumiere  Roberta Morbidelli:
"In un giorno come questo, ci saremmo aspettati una mobilitazione non a senso unico, non solo contro Berlusconi ma ad esempio in  difesa dei diritti delle donne che sono scese in piazza per la libertà. Quelle donne che al Cairo in piazza Tahirir ieri sono state cacciate in quanto donne. L'8 marzo è anche e soprattutto questo. "Sul piano politico poi, la trovata del Pd e degli altri movimenti politici a cosa hanno portato? - questa la provocazione delle donne del PDL- tutta l'opposizione, quella di sinistra e quella terzopolista, da mesi è avvitata sulla demolizione scientifica di Berlusconi, sul piano personale e politico. Forse questo serve alle minoranze come ai nuovi gruppi politici, per sentirsi vivi....per convincersi di esistere. Anche se così non è! Sicuramente ciò non c'entra con il rispetto che tutto il mondo maschile deve avere nei confronti delle donne. E allora su cosa si mobilitano le donne? Solo sugli slogan, sulla demagogia? Speriamo di no! Sarebbe un altro errore aggiunto ad altri che la sinistra da diciassette anni a questa parte contribuisce a fare. Noi siamo dalla parte delle donne, senza se e senza ma! Sappiamo che per difendere i nostri reali diritti dobbiamo essere tutte unite. Siamo tutte uguali? Sia chi difende l'operato di questo governo sia chi non lo condivide?



Soldi per cambiare l’età di Ruby
Chi li ha mandati?


Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza  
maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi




Una donna a disposizione? No. Questa volta no. Questa volta potere, denaro, forza non sono serviti a niente. Una signora quarantenne, funzionario pubblico di una sperduta cittadina del Marocco, ha scelto di fare il suo dovere, di non barattare la sua dignità con quella che per lei era una montagna di denaro. Dietro garanzia dell’anonimato Fatima (il nome è di fantasia) ha accettato di raccontare al Fatto Quotidiano quello che è successo. Un mese fa due italiani, accompagnati da un interprete marocchino, sono venuti qui, a Fkih Ben Salah, ai piedi delle montagne dell’Atlante. Si sono presentati in municipio e le hanno chiesto di cambiare i dati anagrafici di una certa Karima El Marough. Già, proprio lei, Ruby, la ragazza che ancora minorenne avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con Silvio Berlusconi. Quella coppia di stranieri aveva in mente un piano preciso. E per questo hanno chiesto a Fatima, dirigente dell’amministrazione comunale, di diventare loro complice. Eccolo, il piano: si sostituisce un documento con un altro, si fa scomparire per qualche tempo un pubblico registro e il gioco è fatto. Ruby, che è nata a Fkih il primo novembre del 1992, di colpo sarebbe invecchiata di un paio d’anni. Quanto basta per farne almeno una diciottenne all’epoca della sua frequentazione con il premier. Problema risolto, quindi, perché pagare una prostituta maggiorenne non è reato.




















Il sultano di Arcore
A questo, allora, serviva la missione in Marocco di quei due italiani. Serviva a truccare le carte, a cambiare i connotati della storia che da cinque mesi tiene in ostaggio Berlusconi e l’intero governo del nostro Paese. A prima vista poteva sembrare una truffa ben congegnata e neppure troppo costosa. Fkih, 90 mila abitanti, è una cittadina povera nel mezzo di una regione depressa, spopolata da un’emigrazione massiccia verso l’Italia, la Francia, la Spagna. Non c’è famiglia qui, che non abbia qualche parente in Europa. In Sicilia è sbarcato più di vent’anni fa anche il padre di Ruby, 
Mohammed El Marough, che vive a Letojanni, in provincia di Messina. E allora, devono aver ragionato i due misteriosi italiani, una mancia sostanziosa, qualche migliaio di euro, avrebbe messo in moto la burocrazia del posto. Si sbagliavano. Fatima non si è fatta corrompere. Si è rifiutata di metter mano ai documenti che riguardano quella sua concittadina colpita da improvvisa notorietà dall’altra parte del Mediterraneo. Fatima, a dire il vero, non sapeva neppure chi fosse questa Karima. Gliel’hanno spiegato qualche giorno dopo i suoi parenti che abitano in Italia. Le hanno raccontato di un presidente del Consiglio che riempie la casa di ragazze con cui trascorre allegre nottate. Le hanno detto del bunga bunga. E chissà che cosa aver pensato lei, donna musulmana, ad ascoltare le avventure erotiche di Silvio il sultano di Arcore. Di questo con noi ha preferito non parlare. Pudore, forse. Ma la storia dei due viaggiatori italiani in trasferta a Fkih, quella no, quella non poteva proprio tenersela per sè. A metà febbraio, tramite un parente, Fatima ha contattato il Fatto Quotidiano. Due settimane di verifiche. Poi il viaggio sul posto, in Marocco, per raccogliere la sua testimonianza e nuovi elementi utili a chiarire la vicenda. Ecco, allora, il racconto di Fatima agli inviati del Fatto Quotidiano. “La mattina del 7 febbraio mi hanno chiamata fuori dal mio ufficio”, dice. “Erano in tre. Due parlavano italiano”. Ne è sicura. Conosce il suono di quella lingua grazie ai suoi famigliari emigrati. Poi c’era un interprete, un marocchino, un tipo distinto. “Mi è sembrato di capire – ricorda Fatima – che anche lui venisse dall’Italia, forse da Milano”.
Operazione ritocco
Prima le hanno spiegato che volevano dare un’occhiata ai documenti d’anagrafe di questa tale Karima. Poi hanno fatto capire che la data di nascita annotata sul pubblico registro non è quella giusta. E allora potrebbe essere necessario correggere l’errore con un nuovo atto in cui inserire l’anno giusto, il 1990, al posto del 1992. Per capire fino in fondo questa strana storia bisogna sapere che nei centri minori del Marocco l’anagrafe non è informatizzata. I nuovi nati vengono registrati in libroni scritti a mano e compilati in ordine cronologico. Un sistema arcaico, certo. Paradossalmente, però, truccare i numeri in un computer può rivelarsi più semplice che falsificare uno di questi registri. Per fare un lavoro perfetto bisognerebbe riscrivere tutto il volume, omettendo la pagina che si vuole cambiare. Poi si fa lo stesso lavoro sul registro di due anni prima, ma qui invece di cancellare si aggiunge un foglio, quello della persona di cui si vuole spostare la data di nascita. Volendo c’è una scorciatoia. Con l’aiuto di un funzionario compiacente si può compilare un estratto di nascita falso e questo inizialmente sarà sufficiente a ingannare il pubblico. I libroni possono essere sistemati in seguito, con calma. Così, se qualcuno, magari dopo qualche mese, si spingerà fino in Marocco per confrontare la data dell’estratto con quella del registro, tutto coinciderà.

Ovviamente quei tizi venuti dall’Italia erano disposti a pagare per il disturbo. “Mi hanno offerto una somma importante”, rivela Fatima senza specificare la cifra. Certo, confessa, quei soldi le avrebbero fatto comodo. Ci ha pensato un po’, ingolosita. Che fare? Alla fine ha preferito lasciar perdere perché, ci spiega, non voleva “passare dei guai”. E poi ha pensato anche a Karima. “Se avessi accettato l’offerta – racconta – avrei potuto creare dei problemi anche a questa mia concittadina”. Problemi per Ruby? Non proprio. Di certo se quella data di nascita fosse stata davvero anticipata di due anni, buona parte dei guai di Berlusconi si sarebbero risolti d’incanto. Caduta l’accusa di prostituzione minorile, il premier avrebbe dovuto rispondere della sola concussione. Niente da fare.
L’incastro delle date
“Non posso accettare”, ha risposto Fatima ai suoi interlocutori, quasi scusandosi. Era il 7 febbraio, un lunedì. In Italia, a quell’epoca nessuno aveva sollevato pubblicamente la questione dell’età di Ruby. Giravano molti pettegolezzi, questo sì, a proposito di una ragazza dal fisico appariscente, che sembrava più vecchia della sua età. Solo voci, però. Fino a quando, giovedì 3 marzo, il Giornale annuncia: “Il premier cala l’asso: Ruby era maggiorenne”. È questo il titolo a tutta pagina di un articolo in cui si racconta che Berlusconi, in alcuni colloqui privati, avrebbe confidato di “avere la prova che Ruby è stata registrata all’anagrafe due anni dopo la sua nascita”. Nello stesso articolo si parla di indagini difensive che sarebbero sbarcate “dall’altra parte del Mediterraneo”. Indagini qui, a Fkih Ben Salah, la città natale di Ruby? Fatima non ne sa nulla. Si ricorda bene però di quei due italiani. Due italiani che volevano corromperla.
di Lorenzo Galeazzi, Vittorio Malagutti e Massimo Paradiso

da 
Il Fatto Quotidiano del 10 marzo 2011