PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

martedì 15 marzo 2011

NASCE MISS ITALIA SPORT


Nasce Miss Italia Sport. In piena condivisione pubblichiamo la dichiarazione di Luisa Rizzitelli, responsabile sezione nazionale Politiche e Promozione dello Sport IdV



“Un asservimento di valori, persone, tempo e spazi dello sport italiano nel nome di un non valore dello Sport, ossia la bellezza. Trovo incomprensibile l’iniziativa Miss Italia Sport che vuole offrire (in pieno anacronismo con i movimenti delle donne) un’immagine dello sport femminile ancillare alla bellezza. Una stortura vecchia di 50 anni, lontana dalle donne e le sportive di oggi e che propone un modello che nulla ha a che fare con il talento, la dedizione e il senso vero di se’ e dei propri limiti che fanno dell’atleta un’atleta, a tutti il livelli.
Non sono contraria che lo sport sfrutti una platea televisiva come Miss Italia, ma sono assolutamente allibita che sia Miss Italia a utilizzare lo sport. C’erano mille modi per promuovere lo sport femminile in questa vetrina: il più sbagliato era mettere a disposizione il logo del CONI, i suoi campioni, il suo Presidente, le Federazioni sportive (chiamate,  e mi sembra davvero assurdo, a cercare addirittura partecipanti e a co-organizzare fasi provinciali, regionali e la prefinale!) per rimpinguare la schiera di Miss del concorso. Perché non si è proposto di fare esibizioni di atlete durante lo spettacolo televisivo? Perché la signora Mirigliani non devolve parte degli sms che arriveranno per votare le miss a favore delle associazioni sportive che boccheggiano? Perché non ricordiamo che nello sport non interessa quanto sei bella, ma quanto sei brava?. L’immagine che passerà delle atlete sarà per moltissime sportive “vere” un concetto frustrante per quello che è il loro impegno vero di donne e di atlete.
Spero che le atlete e le associazioni sportive che le rappresentano non sentiranno affatto di dover prendere parte a questa iniziativa che non rende alcuna giustizia (anzi) al loro impegno e al loro talento, utilizzato per mero scopo commerciale della bellezza, valutata secondo i più standardizzati parametri del marketing. Parametri che vanno forse bene come mero accessorio e non certo come ragione per far muovere risorse e impegno del mondo sportivo e delle sue istituzioni.”

DONNE E RISORGIMENTO



Per il 150° dell’Unità d’Italia e per far sì che le celebrazioni non siano vuote e formali, bisogna dar seguito, come bene sottolinea il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a riflessioni storiografiche capaci di far rivivere il senso della storia italiana, tenendo conto delle persone in carne e ossa, del loro vissuto, soprattutto quando, come nel caso della partecipazione femminile, è rimasto come silente. La storia degli uomini e delle donne, spesso, è (stata) rinchiusa all’interno di eventi dominanti, presi come tratto oggettivo di tutta un’epoca. In realtà, l’approccio storico non è mai oggettivo di per sé, ma ovviamente esprime uno sguardo e indica una prospettiva. Il criterio per prendere atto dell’intervento delle donne è provocatoriamente proprio quello della soggettività, nel senso di s-coprirne la portata specifica, perché, come nel caso del Risorgimento italiano, è impossibile non registrarne la presenza, così fitta e anche socialmente trasversale: dalle intellettuali alle popolane, dalle borghesi alle operaie, dalle aristocratiche alle contadine. Ma in che modo? Appiattita sullo sfondo o archiviata come eccezione? Evidenzia la studiosa Gianna Pomata che la storia delle donne è, da una parte, una storia di confine e non solo in quanto spesso emarginata dalla storiografia ufficiale, ma, soprattutto, perché, così posizionata, permette paradossalmente una maggiore e profonda visibilità e, dall’altra parte, risulta essere una storia carsica che trova forme proprie, tutte da s-covare, senza farne mai, però, in modo riduttivo, una semplice storia particolare, ridotta magari a marginalità o chiusa e incorniciata in ritagli e medaglioni e, di fatto, contrapposta alla cosiddetta storia generale. Non si tratta, però, di rivendicarne la semplice registrazione come un’aggiunta, ma di coglierne la specificità, proprio per questo suo carattere carsico e di confine, offre la possibilità di mostrare ciò che è sottaciuto e di entrare così in ogni piano storico: da quello sociale a quello economico, al piano politico. Ora, questa lettura della storia è stata resa possibile nella contemporaneità, anche grazie ai Women’s studies, quale uno degli esiti più fecondi del Movimento delle Donne del 900. Nel senso che, quando un tale soggetto politico entra nella storia, si apre un mondo e, rendendo possibile la visibilità del corpo femminile, apre scenari e nuove geografie, rinnovando le stesse modalità della ricerca storica, attraverso, per esempio, l’uso di altre e/o nuove fonti, dai diari alle lettere, al vestiario. Da tale risorgenza soggettiva, scrive la storica Anna Rossi-Doria, si può delineare con chiarezza, in senso politico, la parabola di un lungo risorgimento delle donne: dal settembre 1791 al giugno 1946. E’ una datazione ben precisa che segna di sé la stessa modernità occidentale, espressa con la nozione privato/pubblico: dalla Dichiarazione del Diritti della Donna e della Cittadina di Olympe de Gouges al voto delle donne italiane. Il Risorgimento segna in Italia così quel passaggio e quel nodo politico, formativo dell’habitus nazionale, di cui poi la Resistenza al Nazifascismo esprimerà una nuova risorgenza costitutiva in tutti i sensi. Per questo le azioni, gli atti, le prese di posizione assumono un grande valore simbolico proprio sulla linea della modernità costituente. Dai cahiers de doleances ai salotti, ai circoli femminili e ai Comitati pro voto: una storia fitta che dilaga come una piena imprevista. L’invisibilità ufficiale è proprio nel non riconoscimento, delineando tutt’al più stereotipi (dalle filantrope alle artiste) che fanno scomparire, di fatto, nei documenti scritti, l’agire femminile. Il percorso emancipazionista (prima di sfociare nel processo di liberazione del secondo 900) passa attraverso le carbonare (dette “le giardiniere”), le mazziniane, le garibaldine attraverso azioni individuali, spesso quest’ultime accanto alle imprese degli eroi, ma anche attraverso azioni collettive, più proprie e autonome (dai comitati ai battaglioni femminili, alle scuole di mutuo soccorso). Una divisione dei ruoli, spesso riperpetuata come naturale, che mostra, però, la condizione storica della donna: dal diritto di famiglia patriarcale, ribadito dal Codice napoleonico (bisognerà in Italia aspettare il 1975 per il nuovo diritto di famiglia) a una certa mistica della femminilità, essenzialmente di servizio, come poi Mussolini riprenderà con le sue famose tre “M”: Moglie Madre Massaia. In realtà, la rottura si compie e da quel crinale le donne non solo emergono e si mostrano nella modernità, ma la segnano con la propria coscienza di sé, avviandone il cammino e lanciando così un testimone che arriva fino ai giorni nostri rispetto proprio alla dignità della donna in quanto persona. Da qui si può, allora, (ri)avviare la narrazione storica con nomi e cognomi.

Patrizia Caporossi
Filosofa e Storica delle Donne
Docente al Liceo “Rinaldini”


da" Corriere Adriatico"





DeB - DONNE E BASTA E Flash Mob - ROMA, 8 marzo 2011.mpg

15 MARZO: RASSEGNA STAMPA


Se non ora, quando?

Mi dispiace per il Nostro, ma questa volta voglio parlare delle Donne.
11 Marzo 201nel numero
 Non in termini storici perché tutti ne hanno scritto, non in termini filosofici o naturalistici, ma in quanto Donna, nelle diverse sfaccettature del suo Essere da me comprensibili. La donna è l’eccellenza del genere femminile che in tutta la natura creata è principio generatore ed ordinatore di vita.
Per l’uomo, poi, è il naturale sostegno ed il più significativo punto di forza della sua esistenza, sia che lo capisca sia che non sia capace di comprenderlo. Nei secoli è stata sfruttata, venduta come cosa, sottoposta alla più avvilente schiavitù eppure ha sempre svolto quello che lei riteneva il suo compito precipuo: dare e mantenere la vita.
Fu detto che erano incapaci di esprimere il loro voto o di amministrare una struttura ed invece abbiamo visto che sono il perno della famiglia e, quando lavorano anche fuori casa, hanno la capacità di farsi valere ed apprezzare. Come non notare, per esempio, che i governi od i ministeri o le aziende privare retti da donne sono i più organizzati e produttivi di servizi? Uno sguardo all’Europa ce ne dà conferma.
Fu detto che erano inferiori negli sport ed invece abbiamo visto che portano nel loro paniere ambiti riconoscimenti. Fu detto che erano il sesso debole ed invece hanno superato la prova di idoneità nei servizi militari ed in guerra oltre che in quelli sanitari e civili. 
Immagine riferita a: Se non ora, quando?mimosaIn buona sostanza, per calcolo o forse per paura, si è voluto semplicemente lasciarle nell’ignoranza e sminuirle per meglio gestirle, ma hanno superato anche questi scogli e negli studi costituiscono punte di eccellenza al pari (ed in taluni casi forse più) degli uomini.
Cosa sa fare, infatti, un uomo che la Donna non riesce a compiere almeno nello stesso modo? La Natura l’ha dotata di apparente fragilità fisica, rispetto all’uomo, ma quanti sforzi riesce a compiere una donna che l’uomo non si sogna, quanti dolori fisici essa riesce a sopportare e superare, suscettibili di abbattere qualsiasi uomo? E come riesce ad essere nella stessa giornata madre, moglie, amica e consigliera, donna che lavora o in carriera?
Certamente nessun uomo ha voluto regalarle il riconoscimento di cui essa gode, se lo è meritato, sudato, conquistato col sudore e col sangue. Sul lavoro, specie quello privato meno tutelato dalle leggi, specie in questi periodi, viene discriminata, sottopagata e, se rimane incinta, anche licenziata.
Noi uomini amiamo discutere, confrontarci all’infinito, spesso in dispersive contese, ma quando è il momento della crisi solo se scende in campo la donna c’è una speranza di superarla. Per questo, considerazioni storiche a parte, quando la Donna scende in campo qualcosa comincia a muoversi.
Per questo, da quando il 13 febbraio del 2010 le Donne sono scese in piazza a manifestare – al di là della mistificazione che ne ha dato il Potere – può cominciarsi a sperare in un domani migliore per i giovani. Ridurle a semplice strumento di piacere, come ancora nell’oscurità dell’alcova qualcuno fa, è veramente azione indegna e meriterebbe un giusto castigo se si fosse un po’ più coraggiosi e civili.
Le è stata dedicata una pianta, la cosiddetta mimosa, caratterizzata da una splendida e profumata fioritura con fiori gialli e delicati. Si tratta in realtà dell’Acacia dealbata, sempreverde, vigorosa e gentile, che non appassisce mai e si rinnova sempre, assunta a simbolo di purezza e di immortalità. L’8 marzo cade il centenario della Festa Internazionale della Donna, ma in realtà la sua festa dovrebbe essere sempre.




di sq


Assemblea delle donne della Lombardia
Le donne hanno i numeri… Se non ora, quando?
Vogliamo approfondire e rendere più ampio il confronto con tutte le donne - che siano singole o si riconoscano in organizzazioni, associazioni, partiti, sindacati o gruppi - che in piazza della Scala il 29 gennaio e ancor di più in Piazza Castello il 13 febbraio, hanno espresso la volontà di esserci in prima persona.
Con chi, magari scendendo per la prima volta in piazza, ha voluto difendere la dignità di tutte; con chi ha chiesto di andare avanti, di non fermarci, di non lasciare che quel grido: “Se non ora quando?” resti senza risposte.
Ora si deve andare avanti e riempire di contenuti la protesta delle piazze. Dobbiamo chiedere al governo e alla politica, tutta, impegni precisi sui temi delle donne. In Italia le donne lavorano, studiano, hanno un ruolo centrale nella famiglia ma ancora non godono della naturale rappresentanza nei luoghi dove si decide.
Per questi motivi vi invitiamo a discutere insieme una piattaforma comune su: lavoro, sanità, welfare, maternità & paternità, equa rappresentanza 50e50, violenza

domenica 13 marzo 2011




La voce delle donne siciliane a Bisacquino

BY 
REDAZIONE
 – 14 MARZO 2011POSTED IN: NOTIZIE PALERMO ULTIM'ORA


di Rosa Faragi
Facciamo l’ipotesi che il partito al potere voglia istituire una larvata dittatura. Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali e comincia allora a trascurarle a screditarle ad impoverirle. Comincia a favorire le scuole private, ma non tutte, alcune e..consiglia i ragazzi di andare in quelle in cui gli esami sono più facili, si studia di meno e si riesce meglio. L’operazione si fa in tre modi. Primo: rovinare le scuole di stato, lasciare che vadano in malora, impoverire i loro bilanci, ignorare i loro bisogni; Secondo: attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private, non controllarne la serietà; terzo: dare alle scuole private denaro pubblico e questa è la fase più pericolosa; tuttavia, v’è un pericolo ancora più grande, il pericolo del disfacimento morale, del senso di sfiducia, di cinismo che si va diffondendo, il tramonto delle idee semplici della vecchia scuola! La serietà, la precisione, l’onestà, la puntualità, l’idea cioè che la scuola sia formativa di caratteri onesti e leali! Si va invece diffondendo l’idea che tutto questo , oggi, non vada più bene, che oggi, invece, quello che conta siano gli appoggi , i privilegi, le raccomandazioni, le scorciatoie disoneste”. In sostanza , quello che oggi spaventa, come ebbe a scrivere circa 60 anni fa Pietro Calamandrei sono: i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni, che una volta erano “fascisti, poi a parole antifascisti, poi sono tornati sotto svariati nomi fascisti nella sostanza, nel senso di profittatori di regime”. Ma c’è un altro pericolo più grave: quello di lasciarsi vincere dallo scoramento… e questo non dobbiamo permetterlo. Oggi , noi donne, siamo qui per questo…per intraprendere un percorso di rottura… per cercare di abbattere comportamenti rigidi e storture che ostacolano la capacità di operare unite.Tante donne prima di noi si son battute e hanno consegnato all’intera società un patrimonio di diritti che noi donne, oggi vediamo in pericolo e che abbiamo il dovere più che mai, di difendere. Tocca a noi che abbiamo scelto di impegnarci alla costruzione di una società libera da ricatti, soprusi, violenze di ogni genere, assumere il testimone, per continuare a lottare per acquisire altri diritti che guardino all’intera società,non solo all’universo femminile, come la pienezza della cittadinanza e lo sviluppo della democrazia.
Assumiamo come vitale priorità la formazione delle nuove generazioni, la libertà dell’insegnamento , la valorizzazione della cultura e dell’arte messe in pericolo. Si richiede oggi alle donne un atto di generosità e di coraggio. “Se non ora quando” è lo slogan di questi giorni, per fermare la degradante e complessa situazione italiana. La festa per i 150 anni dell’Unità d’ Italia deve servire per ridare slancio ai valori autentici del nostro popolo italiano, valori, anche laicamente intesi: affetti, famiglia, figli, lavoro onesto, merito, dignità, e in quelli fondanti della uguaglianza e della democrazia. In Italia è stata fatta terra bruciata, da troppi anni, del significativo e straordinario apporto della parte più sana del paese che è quella rappresentata dalle donne, donne, che a parte qualche eccezione,non siedono mai nei tavoli dove si effettuano scelte decisive. I costi sociali li stiamo già pagando. Donne bisacquinesi, corleonesi ,prizzesi.. se non ora quando, che siamo offesi quotidianamente nella dignità di persone. Sorvegliamo affinché i mass media, asserviti al mercato, non offendano ulteriormente le nostre ragazze,”ragazze che si son stese sui libri e non nei letti dei potenti” per citare altro slogan che scorre su internet.. Son venuta fin qui per condividere con voi queste cose. Allora…se non Ora ,QUANDO? Grazie. 
Rosa Faragi




Gelmini: nuovo insulto alla Scuola

LUNEDÌ 14 MARZO 2011 12:25



di Andrea Paparella
Mariastella Gelmini non cede di un passo. Il ministro dell'Istruzione, più volte contestata, in primis da studenti e insegnati precari, è intervenuta ieri nella trasmissione Rai "Che tempo che fa". Gelmini, incalzata dalle domande di Fabio Fazio, ha difeso a spada tratta le proprie scelte, respingendo le critiche dei detrattori.
Il ministro, innanzitutto, liquida la manifestazione di questo fine settimana, in difesa di scuola pubblica e Costituzione, come un episodio pretestuoso, nato dalla strumentalizzazione delle recenti dichiarazioni di Silvio Berlusconi, pronunciate lo scorso 26 febbraio: «Ogni individuo deve avere la libertà di educare i propri figli non nella scuola di Stato - aveva detto il premier - dove gli insegnanti cercano di inculcare ai ragazzi principi diversi da quelli che le famiglie vorrebbero dare loro».
Gelmini non perde occasione per difendere Berlusconi: «Il premier voleva rivendicare la libertà di scelta delle famiglie. Ha chiarito più volte il senso di quelle parole. Mi è sembrato pretestuoso - osserva - pensare a una manifestazione per dividere il Paese su un tema così importante. Manifestare è legittimo, ma questo governo non ha mai attaccato la scuola pubblica. Ragionare separando scuola pubblica e privata, come se ci fossero due opposte tifoserie, è sbagliato. Molti di coloro che sono scesi in piazza per la scuola pubblica, mandano i figli nella scuola privata. Trovo che sia incongruente: significa che queste persone non hanno poi grande fiducia nell'istruzione pubblica. Bisogna avere il coraggio di cambiare e di dare nuove regole».
Dopo le sprezzanti parole riferite al milione di persone scese in piazza per "Se non ora, quando?", quando Gelmini aveva definito i manifestanti «poche donne radical chic», ecco dunque un altro affondo contro chi ha voluto scendere in piazza in difesa della Scuola: chi ha manifestato sarebbe dunque gente «incoerente», che manda i figli alla scuola privata. Un chiaro riferimento al fatto che quei manifestanti hanno semplicemente protestato contro il governo Berlusconi, non avendo certo alcun interesse per l'istruzione pubblica, visto che non ne usufruiscono. Gelmini liquida in modo spiccio, per la seconda volta, degli eventi che hanno coinvolto centinaia di migliaia di italiani, cittadini per i quali un ministro della Repubblica dovrebbe avere e dimostrare maggiore considerazione. Il suo comportamento appare, in questo senso, davvero poco comprensibile e di certo non accettabile.
Fazio, meno diplomatico del solito, pone alcune domande scomode, ma assolutamente legittime. Il ministro prosegue il suo attacco: «Si parla solo di tagli alla Scuola, ma in realtà si tratta di tagli agli sprechi. Come per l'Università, in cui esistono tanti corsi di laurea inutili. La spesa per l'Istruzione, negli ultimi dieci anni, è aumentata del 10%. Il problema - sottolinea il ministro - è come le risorse vengono investite: finora è stato fatto male. Il nostro approccio è qualitativo, non quantitativo. Gli insegnati sono pagati pochissimo perché sono troppi. Noi abbiamo una quantità di insegnati superiore al fabbisogno effettivo della scuola. Sono tutti proletarizzati, la scuola è stata vista come un ammortizzatore sociale. Dobbiamo abbandonare la cultura del '68, del 6 e del 18 politico, del suo falso egualitarismo». La interrompe, per un attimo, il conduttore: «È sempre colpa del '68...», che vede subito la replica dell'ospite: «Assolutamente sì».
Gelmini, fino a questo punto sorridente, si fa più seria, in particolare sulla successiva domanda di Fazio: «L'egualità è la base della scuola, come lo era del '68, non crede che tagliare otto miliardi di euro in tre anni tolga la possibilità che questo avvenga?». Il riferimento è anche agli insegnati di sostegno, che i tagli hanno falcidiato. Il ministro, da par suo, tira dritto: «Bisogna tagliare gli sprechi e la spesa improduttiva del passato. Non si può investire come se si avesse la bacchetta magica. Gli insegnanti di sostegno - conclude - mancano perché sono distribuiti male. In alcune regioni vengono riconosciute disabilità che non esistono. E qualcun'altro resta senza perché questi hanno fatto i furbi».
L'intervista di ieri ha confermato quanto già si sapeva. Gelmini pare non avere alcuna intenzione di aprire un reale confronto. I ragionamenti sono, a ben vedere, di una semplicità disarmante: non ci sono soldi e gli insegnanti sono troppi, quindi tagliamo. Gli stessi termini usati non lasciano spazio a fraintendimenti: si parla di «fabbisogno» e di «uso della scuola come ammortizzatore sociale», come se gli insegnati fossero una classe che per troppo tempo ha vissuto sulle spalle dello Stato. Senza contare, ancora, gli sprezzanti commenti su un periodo controverso, ma certamente importante per questo Paese, come il '68. Lo stesso modo semplicistico di esprimersi già utilizzato, come detto, per le «poche radical chic» che in realtà erano più di un milione di persone, di tutte le età.
Prima di discutere delle riforme, prima di parlare di politica, prima di svilire gli insegnati o i manifestanti, sarebbe davvero necessario avere più rispetto.


C-day: in difesa della nostra carta d'identità

Si scende in piazza. In migliaia in piazza del Popolo a Roma in difesa della Costituzione
C-day: in difesa della nostra carta d'identità
Roma, 12 mar 2011 - Cento città in tutta Italia, da Trieste a Palermo, da Voghera a Nuoro, con presidi anche all'estero, da Amsterdam a Madrid, da Londra a Praga: questa è la portata della mobilitazione ''A difesa della Costituzione, se non ora quando?'', che vede a Roma l'evento clou con un corteo da piazza della Repubblica a piazza del Popolo dove sul palco saliranno artisti, costituzionalisti, attori e musicisti. Il tutto a difesa della Carta costituzionale: ''Vogliamo scattare una foto che non sia la foto di famiglia della sinistra italiana ma di uno schieramento inedito, trasversale". Ma a fianco della tutela della Costituzione, ci sarà anche il popolo della scuola, docenti, sindacati ma soprattutto gli studenti, che sfileranno dalla Sapienza per la difesa dell'istruzione pubblica, il tutto in ''continuità con il 13 febbraio''.

IL CORTEO ROMANO

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Un corteo che è partito pacifico da piazza della Repubblica, sfilando tra le vie della capitale, tra le note di “bella ciao” e l'inno nazionale. Un tricolore lungo 200 metri, in cui ognuno dei manifestanti si riconosce e che vuole difendere. Una piazza ghermita di gente ed un palco su cui campeggia la scritta “LA COSTITUZIONE è VIVA”.
E' per questo che oggi in molti, non solo a Roma, ma in molte altre piazze d'Italia, si sono riuniti: per
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difenderla da chi vuole corromperla, cambiarla per sé. Le parole sono forti, “avrete capito che la riforma della giustizia è una controriforma” ha detto il Procuratore aggiunto di Palermo, la posta in gioco è alta, l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Sulle note di “Va pensiero” le bandiere tricolori passano di mano i mano lungo tutta la piazza, un brivido la percorre.
Vengono ricordati miti antchi, Antigone la cui ribellione non segue solo principi morali ma una legge superiore a quella del re Creonte, il tiranno, come afferma Monica Guerrritore.
Vengono letti gli articoli della carta e ogni volta nasce spontaneo un applauso dalla folla.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento” (art. 33), e ancora, “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” (art.3), e ancora e ancora...ricordando i nostri diritti, i principi di libertà e dignità alla base dello Stato Italiano.
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Alcuni hanno adottato articoli della Carta, quasi sentendoli orfani in questi ultimi giorni, alcuni si sono travestiti da fantocci di Berlusconi e Bossi, quasi fosse ancora ancora carnevale, ma l'atmosfera è serena e la folla canta e si emoziona sulle note di Vecchioni, sventolando ancora il tricolore.
di Sara Cavallo
Roma il corteo è partito da P.zza della Repubblica alle ore 14 e seguirà questo percorso:
Via Emanuele Orlando • Via Largo di S. Susanna • Via Barberini
Piazza Barberini • Via Sistina • Piazza della Trinità dei Monti
Viale della Trinità dei Monti • Via Gabriele D’Annunzio
Piazza del Popolo
Sul palco della manifestazione A difesa della Costituzione a Roma, saliranno artisti, costituzionalisti, attori e musicisti. Da Ottavia Piccolo a Monica Guerritore, da Ascanio Celestini alla grande orchestra che intonerà, insieme ad un coro di centinaia di persone, il Dies Irae di Mozart ed il Va pensiero di Verdi dal Nabucco. Poi Roberto Vecchioni, un genitore della scuola di Adro, rappresentanze del popolo libico, il presidente della Federazionale Nazionale della Stampa Roberto Natale, il Costituzionalista Alessandro Pace, il mondo della scuola, Francesco BacciniDaniele Silvestri e tanti altri ancora, compresa un’orchestra del tutto straordinaria composta da elementi provenienti da tutto il mondo. Aprirà il corteo un gigantesco tricolore di 200 metri quadrati ed uno striscione che dira' che la ''Costituzione e' viva''. A condurre il palco Santo della Volpe insieme ad altre giornaliste e giornalisti.
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Roma sarà soltanto una delle piazze della protesta: a Milano, ad esempio, sono previsti Dario Fo e Franca Rame, Vincenzo Consolo e Nando Dalla Chiesa. Ma un po' ovunque sono previste letture della Costituzione, sventolio di bandiere tricolori, sit in e flash mob di studenti. La giornata e' stata organizzata dal Comitato a Difesa della Costituzione, che mette insieme oltre 100 sigle tra partiti, movimenti e associazioni. Tanti gli esponenti politici che hanno aderito all'iniziativa, da Pierluigi Bersani a Nichi Vedola, passando per parlamentari, non solo di sinistra, come Angela Napoli e Fabio Granata di Fli, Bruno Tabacci, Pino Pisicchio di ApI. Ma ad aderire anche chi in Parlamento non ha rappresentanti, come la Federazione della Sinistra. Adesioni anche dal mondo della scuola, in particolare da parte della Flc Cgil, della Rete degli Studenti e di associazioni come Professione Insegnante.
APPELLO DA C-DAY, STIAMO VICINI AGLI AQUILANI - "Abbiamo il dovere di stare vicino agli aquilani finché la città non sarà ricostruita". E' l'appello lanciato dal palco del C-Day, manifestazione in difesa della costituzione che si sta svolgendo da questo pomeriggio a Roma. In Piazza del Popolo è stato allestito un gazebo per raccogliere fondi per la ricostruzione del capoluogo dell'Abruzzo colpito dal terremoto nel 2009.
C-DAY: A PESCARA DISTRIBUITO LIBRETTO CON ARTICOLI COSTITUZIONE - Bandiere tricolori, palloncini, musica e circa duecento manifestanti, oggi pomeriggio, hanno riempito Piazza Sacro Cuore, a Pescara, in occasione della mobilitazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica. All'iniziativa, promossa a Pescara dalla Cgil e dall'Associazione nazionale partigiani (Anpi) hanno aderito studenti, cittadini, insegnati, forze politiche, sindacali e sociali. Ai manifestanti e' stato anche distribuito un libretto con alcuni articoli della Costituzione stampato dal patronato Inca -Cgil. "Siamo scesi in piazza perche' - ha spiegato Marco Fars, segretario regionale di Rifondazione- la nostra Costituzione e' a rischio sia da un punto di vista formale per i progetti di legge presentati dal governo Berlusconi sia da un punto di vista materiale con l'aggressione dei diritti del mondo del lavoro portata avanti da Marchionne". Nel corso della manifestazione hanno preso la parola i precari, i rappresentanti dell'Anpi e della Cgil scuola. Nicola Palombaro dell'Anpi ha letto il discorso di Piero Calamndrei a difesa della scuola nazionale del 1950. "Con la riforma - ha detto Palombaro- e' stata penalizzata la qualita' della scuola e si sono persi tanti posti di lavoro". "Siamo scesi in piazza - ha commentato Emilia Di Nicola, della Cgil scuola- per difendere la scuola pubblica intesa come scuola che educa alla liberta', al pensiero critico e al rispetto". I rappresentanti dell'Associazione Espressione Libre hanno esposto un manifesto con l'immagine del momento della firma della Costituzione e un altro con le foto dei costituenti.
QUESTURE, 43 MILA A MANIFESTAZIONI VARIE CITTA' - Sono state quarantatremila - secondo i dati delle questure - le persone che hanno partecipato oggi in varie città italiane alla mobilitazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica. La manifestazione principale è stata organizzata a Roma con un corteo che è partito da piazza della Repubblica per arrivare fino a Piazza del Popolo, con la partecipazione di circa venticinquemila persone, sempre secondo i dati della questura. A Bologna hanno partecipato in cinquemila alla manifestazione con corteo; una cifra analoga si è contata a Firenze; numeri minori si sono avuti a Padova (duemila persone), Vicenza (duemila persone) e Reggio Emilia (mille persone).





A Milano in migliaia manifestano contro il Governo. "Così si stupra la Costituzione"

Milano - Largo Cairoli
Milano – Sabato 12 marzo in largo Cairoli a Milano ha preso corpo la protesta contro il Governo. In migliaia si sono radunati insieme al premio Nobel Dario Fo, per contestare il Premier, Silvio Berlusconi, in merito alla Riforma della Giustizia e a quella della Scuola. Presenti tra gli altri il Popolo viola, gli autoconvocati di Articolo 21, Libertà e giustizia  e Valigia blu, comitati di insegnanti e studenti, tutti uniti nella difesa della Carta a pochi giorni dall’anniversario dell’Unità d’Italia.
Dario Fo ha scaldato la piazza con attacchi diretti al Presidente del Consiglio, senza tralasciare nemmeno i fatti di cronaca più recenti, arrivando a schernire  il figlio del Sindaco Letizia Moratti per lo scandalo Bat-casa che l’ha travolto. (Nel video)
La piazza si anima, scandisce cori e grida in un’atmosfera di festa, complice il carnevale ambrosiano, miscelando dosi di ferma protesta e vivace indignazione con forme più leggere e scherzose di critica. Spuntano cartelli e maschere,  si ride sul palco e tra la folla.

Sul palco Salvatore Borsellino, con l’immancabile agenda rossa come quella del fratello Paolo, commuove e incita a una ferma resistenza nei confronti del Governo. Ai nostri microfoni commentando la Riforma della Giustizia, parla di “stupro” della Costituzione . Anche l’ex poliziotto e consulente informatico Gioacchino Genchi strappa applausi e infiamma la piazza, come del resto lo stesso Piero Ricca, esponente di Qui Milano Libera.
A margine della manifestazione fanno il loro ingresso accompagnati da carri colorati e maschere festose anche i ragazzi del Samedi Gras, il sabato grasso antirazzista e multietnico organizzato da Milano Movida e MilanoX.
Abbiamo raccolto le voci della piazza, le dichiarazioni di Salvatore Borsellino, Gioacchino Genchi e Piero Ricca.
Sergio Demonte