PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

sabato 26 marzo 2011

26 MARZO: RASSEGNA STAMPA


Suore "da marciapiede" nella tricea
della lotta contro il traffico di esseri umani

Il racconto di suor Eugenia, dell'Usmi, sul suo lavoro e quello di altre religiose nella lotta contro lo sfruttamento delle "schiave del sesso". Molti la ricorderanno a piazza del Popolo quando intervenne con un discorso dal palco della manifestazione "Se non ora quando" del 13 febbraio scorso

di LUCA ATTANASIO
Suore "da marciapiede" nella tricea della lotta contro il traffico di esseri umani
ROMA - Molti ricorderanno Eugenia Bonetti, la suora che il 13 febbraio scorso, nel corso dell'imponente manifestazione delle donne ("Se non ora quando"), salì sul palco di Piazza del Popolo, offrendo un contributo prezioso al dibattito sulla dignità femminile che veniva sollevato dalle donne di tutta Italia. Il suo intervento colpì molti, finendo per essere uno dei più cliccati su internet prima e dopo la manifestazione. In quelle due cartelle, lette con tanta emozione, c'erano parole innanzitutto di una donna, e poi di una consacrata, di un'italiana.
Le schiave del sesso. Ma vi si ascoltò anche l'eco di un urlo proveniente dai marciapiedi di Torino, Roma, Milano, Castel Volturno, dalle povere case di Valona, di Bangkok, di Benin City, la città nigeriana col più alto tasso di "esportazione" di ragazzine verso il mercato del sesso europeo e dove lei e le sue consorelle di altre congregazioni operano per riscattare migliaia di piccole schiave e schiavi. Un impegno che può essere considerato il manifesto delle donne religiose, appartenenti a ordini di tutto il mondo, che nel 2000 decisero di dare un senso speciale all'anno giubilare mettendosi insieme.
La rete protettiva delle suore. Costituirono una rete che, nel giro di poco più di dieci anni, ha raggiunto risultati incredibili. Ha costretto governi a legiferare, conferenze episcopali a intraprendere nuove linee pastorali, ha promosso iniziative locali e mondiali e, soprattutto, si è spesa quotidianamente nell'accoglienza di migliaia di donne, ragazze, bambine "spezzate". "L'impegno dell'USMI 1 (Unione Superiore Maggiori Italia) contro la tratta di esseri umani - spiega Suor Eugenia - comincia nel 1990, quando tra molte religiose si diffuse la coscienza di un fenomeno in costante aumento. Nel 1996 organizzammo un convegno cui invitammo moltissime donne parlamentari italiane. Il risultato fu la proposta dell'Articolo 18, in cui si riconosce la riduzione in schiavitù e si offre alle vittime un percorso di recupero sociale e legale". 

Per strada con le prostitute.
 Per gestire la rete fu creato l'ufficio "tratta" all'interno dell'USMI e Suor Eugenia, prima missionaria in Africa e poi in servizio per strada con prostitute a Torino, fu richiamata a Roma a presiederlo. La rete fu prima italiana, poi europea e infine mondiale. Nel 2008 fu istituito "Talità Kum" ("Fanciulla, alzati"), il network che collega più di 4.000 suore in ogni angolo del mondo e che interviene in modo capillare a contrastare il fenomeno della tratta.
Un business di 32 miliardi. Ogni anno, secondo l'OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), ci sono almeno 3 milioni di esseri  "reclutatati o costretti a spostamenti attraverso l'inganno o la coercizione allo scopo di sfruttarne il corpo o parti di esso". Tra questi vi sono persone forzate a lavori non retribuiti, nuovi schiavi, esseri umani sottoposti a prelievo di organi e, in netta maggioranza, obbligati alla prostituzione. La tratta di esseri umani fattura ogni anno intorno ai 32 miliardi di dollari, con un profitto per vittima di circa 68.000 dollari. È  il terzo mercato più rimunerativo dopo quello di armi e droga. Otto persone trafficate su 10 sono minori, in un'età compresa tra i 14 e i 17 anni. Nel caso della prostituzione, si scende fino a 12, 11.  In Italia le prostitute sono 60.000, all'80% straniere.
Senza scampo dalle violenze. "È la moderna strage degli innocenti - dice Suor Eugenia -  piccoli esseri indifesi gettati nella bocca del drago. Se scampano alle violenze di ogni tipo che subiscono giornalmente, soccombono psicologicamente agli stenti di una vita infernale. Quando riusciamo a convincere una di loro a venire in una delle nostre case, nel più totale anonimato, inizia la fase della loro vita più difficile. C'è la vergogna, l'umiliazione, il senso di colpa, il fallimento di non riuscire a mandare soldi a casa. E noi proviamo a rimettere insieme i pezzi di un'esistenza sfregiata, buttata via".

Tradite anche dalle mamme.
 Prosegue poi suor Eugenia. "Le nostre ragazze senza cultura, valori, senza un progetto per la propria vita, adolescenti che senza esitazione si infilano nei letti di politici o ricchi che potrebbero essere loro bisnonni, sono solo l'altra faccia della medaglia - conclude la suora -. In che sperano? Cosa sarà di loro tra 10, 20 anni? Chi gli spiegherà che la loro vita è già un fallimento, senza persone vere su cui poter contare, uno straccio di amica, tradite anche dalle loro mamme che le spingono senza scrupoli a fare cose penose".

Lezioni di civiltà dalle suere.
 Semplici donne a servizio di altre donne, queste suore impartiscono lezioni di civiltà e suggeriscono percorsi di riabilitazione non solo alle loro ragazze. Incontro al Leviathan a mani nude, passano la vita per strada ad abbracciare giovani nigeriane, sono nelle case di accoglienza, a scuola, a mettere in atto programmi di recupero, nelle sedi istituzionali a chiedere leggi. Pregano e, per fortuna dell'Italia, le trovi a volte a Piazza del Popolo.

Obama: "Evitata una catastrofe"






"La nostra missione è un successo. Il ruolo Usa è limitato"


FOTO LAPRESSE

La missione in Libia "sta avendo successo. Abbiamo evitato una catastrofe umanitaria". Lo ha detto il presidente americano Barack Obama nel discorso settimanale alla nazione, sottolineando che "gli americani devono essere orgogliosi delle vite salvate". "Il ruolo delle forze americane è limitato'' ha aggiunto Obama il quale ha anche precisato: "Con gli alleati si è deciso di far passare la responsabilità della missione alla Nato".
13.28 - Bombe Alleati su MisurataAerei della coalizione hanno bombardato posizioni delle forze di Gheddafi nelle vicinanze di Misurata. Lo ha detto un portavoce degli insorti, che ha anche affermato: "Sappiamo che è stato colpito un deposito di munizioni situato nella base aerea a sud della città". Misurata, tuttora in mano agli insorti, prima dei raid Nato era sotto l'assedio delle forze fedeli al regime di Muammar Gheddafi. 

12.50 - Violentata dalle truppe di Gheddafi 
Una donna in lacrime, disperata, si è presentata all'hotel dei giornalisti a Tripoli chiedendo aiuto. E' riuscita ad entrare nella hall dell'albergo altamente sorvegliato, ha mostrato i lividi, le cicatrici, ma soprattutto ha raccontato la violenza cui è stata sottoposta dagli uomini fedeli al raìs.  La donna, Eman al-Obaidi, ha raccontato la sua storia. Ha detto di essere stata arrestata al checkpoint di Tripoli perché è di Bengasi, la città da cui è partita la rivolta. ''Mi hanno urlato contro di tutto, mi hanno filmata. Ero sola. C'era del whiskey. Ero legata. Mi hanno urinato addosso. Hanno violato il mio onore'', ha raccontato mostrando le ferite sulla braccia e il viso tumefatto.
 
12.37 - Rastrellamenti casa per casa ad al-Zawira e Zuara
Le forze leali a Muammar Gheddafi, che hanno da poco ripreso il controllo di Zuara, nell'ovest della Libia, stanno portando via ribelli e simpatizzanti dalle loro case e lo stesso sta succedendo ad al-Zawiya. "Hanno liste di manifestanti, filmati e così via, e li stanno cercando, stiamo tutti a casa e aspettiamo che finisca" ha raccontato un cittadino. L'uomo ha raccontato che un suo amico che aveva aiutato a organizzare i posti di blocco quando la città era controllata dai ribelli è stato portato via ieri. "Sono arrivati in quattro o cinque macchine con quattro persone a bordo di ciascuna, tutti armati fino ai denti, con i kalashnikov - ha raccontato - hanno circondato la casa e l'hanno portato via". 
12.15 - Misurata cinta d'assedio 
Le forze del colonnello libico Muammar Gheddafi continuano ad attaccare Misurata, controllata dai ribelli. Nell'ultima settimana di scontri il bilancio dei morti è salito a  115.
11.48 - Le truppe di Gheddafi riprendono Zuara
Le forze leali al colonnello Muammar Gheddafi hanno ripreso il pieno controllo di Zuara, nell'ovest della Libia. Un residente ha raccontato che gli agenti di sicurezza hanno portato con sé liste di simpatizzanti dei ribelli e li stanno portando via dalle loro case.
 10.57 - Gli insorti verso BregaDopo aver ripreso il controllo di Ajdabiya, gli insorti libici puntano ora verso Marsa el Brega, importante porto petrolifero più a Ovest. Parte delle forze di Gheddafi sono però ancora alle porte di Ajdabiya, proprio ad Ovest, proprio sulla strada per Brega, dove potrebbero essere appostati cecchini e pattuglie governative. 
10.26 - Ajdabiya in festa
Spari in aria e suoni di clacson delle auto sono le manifestazioni di giubilo che si registrano nella città di Ajdabiya, riconquistata dai ribelli. Una città in festa, che nelle piazze celebra la libertà dal regime. A contribuire alla riconquista di Ajdabiya è stato l'intervento della coalizione internazionale, che per la settima notte consecutiva ha condotto raid contro le truppe del colonnello nella zona. 

08.52 - Ajdabiya in mano ai ribelli
La città di Ajdabiya è caduta in mano ai ribelli, che da diverse ore tentavano di strapparla al controllo delle truppe fedeli a Gheddafi.
07.42 - "Gli Usa vogliono armare l'opposizione"
Gli Stati Uniti e i suoi alleati stanno pensando di armare l'opposizione libica. Lo rivela il Washington Post, secondo cui il presidente Barack Obama riterrebbe che la risoluzione Onu abbia abbastanza "flessibilità" da permettere questo tipo di assistenza. Il giornale americano cita come fonte l'ex ambasciatore in Libia, Gene Cretz, spiegando che comunque nessuna decisione è ancora stata presa. 

01.25 - Raid alleati su Zliten
La coalizione internazionale ha effettuato raid aerei sulla città di Zliten, 160 km a est di Tripoli. Lo ha riferito la tv di Stato libica.

00.14 - Obama: "Non uccideremo Gheddafi"
Il presidente Barack Obama ha ribadito che gli Usa non intendono uccidere Gheddafi. "Vogliamo un cambio di regime ma senza eliminare" il Colonnello, ha detto il presidente.

00.10 - Governo libico: "114 morti per raid"
I raid aerei della coalizione guidata dagli Usa hanno ucciso da domenica a mercoledì scorso 114 persone. Questo il bilancio ufficiale secondo il governo del colonnello Gheddafi.

00.01 - Ribelli entrano ad Ajdabiya

I ribelli libici del Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi stanno tentando di strappare alle truppe di Muammar Gheddafi la città di Ajdabiya. Lo riferisce la rete qatariota al Jazeera secondo cui i ribelli stanno penetrando da est.





Libia/ Gb: Gheddafi potrebbe vendicarsi con attentati

Ministro Giustizia Clarke: esiste rischio di divisione Paese

Libia/ Gb: Gheddafi potrebbe vendicarsi con attentati
Roma, 26 mar. (TMNews) - Il governo del leader libico Muammar Gheddafi potrebbe organizzare un attentato in stile Lockerbie per vendicarsi del ruolo della Gran Bretagna nella coalizione internazionale impegnata in Libia per l'applicazione della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: lo ha affermato il ministro della Giustizia britannico, Kenneth Clarke, intervistato dal quotidiano The Guardian.

"Abbiano un particolare interesse nel Maghreb, e questo è Lockerbie: i cittadini britannici hanno motivo di ricordare la maledizione di Gheddafi", spiega Clarke, pur sottolineando che la risoluzione non contempla un cambiamento di regime in Libia e che ogni ipotesi di occupazione sarebbe una pazzia; tuttavia, il governo britannico considera la posizione di Gheddafi un problema di sicurezza, alla luce dell'attentato che nel 1989 provocò 270 vittime.

Clarke ha ammesso l'esistenza del rischio di una divisione della Libia: "Non c'è mai stato troppo amore fra Tripoli e Bengasi, non credo che nessuno sul terreno sia sicuro di come andrà a finire la situazione", dubbi che non riguardano solo i libici ma anche l'Amministrazione Obama, alcuni dei cui responsabili "non erano interessati alle sollevazioni arabe e ne hanno avuto abbastanza di avventure militari".



TRIPOLI / 26-03-2011

GUERRA IN LIBIA / Esercito Gheddafi attacca ospedale Misurata. Colpito bunker rais. Ultime notizie guerra Libia

Proseguono le operazioni militari in Libia "Odissea all'alba", forze congiunte di Stai Uniti, Francia, Gran Bretagna, Canada e Italia. Obama fa sapere che Lega Araba e Egitto faranno parte della coalizione. Continuano i raid dell'Italia, chiuso aeroporto civile di Trapani Birgi




Guerra in Libia, ultime notizie 24 marzo 2011 - 
Tripoli è in queste ore sotto attacco aereo della coalizione e tra gli obiettivi il bunker di Gheddafi. Le truppe del leader libico hanno bombardato l'ospedale di Misurata e, secondo testimoni, i cecchini sono appostati per sparare contro le persone che entravano o uscivano dall'ospedale.

Guerra in libia, annientate le difese aeree di Gheddafi, ultime notizie Londra - 
"Le forze aeree libiche non esistono più", ha riferito alla Bbc, l'Air Vice Marshal della Raf Greg Bagwell a Gioia del Colle, base militare aerea dei caccia britannici. "Il loro sistema di difesa integrata e le reti di comando e controllo sono gravemente degradati che possiamo operare con relativa impunita", ha continuato Bagwell. Sempre secondo l'Air Vice Marshal, i Tornado e Typhoon della Gran Bretagna tengono costantemente sotto controllo le truppe terrestri libiche al fine di intervenire ogni qualvolta si presenti una minaccia per la popolazione civile. 

Guerra in Libia, Gheddafi rilancia la sfida all'Occidente, ultime notizie Tripoli, 23 marzo 2011 - 
Muammar Gheddafi torna a parlare al popolo libico e ribadisce la sua ferma posizione a non cedere sotto le azioni militari della coalizione. "Alla fine vinceremo noi. Queste bombe mi fanno ridere"- ha detto Gheddafi durante il discorso trasmesso dalla televisione libica, aggiungendo inoltre che la Libia è "pronta alla battaglia, breve o lunga che sia" e che la "miglior difesa antiaerea è il popolo e Gheddafi". 

Guerra in Libia, si susseguono operazioni Italia contro difesa aerea di Gheddafi, ultime notizie Tripoli 22 marzo 2011 - 
Il coordinamento della missione "Odissea all'alba" passerà nelle mani della Nato. "Anticipiamo che questa transizione avrà luogo in giorni e non in settimane - ha reso noto Obama - Mi aspetto che nei prossimi giorni avremo più informazioni, e il Pentagono fornirà ogni dettaglio della questione agli americani e alla stampa". Il presidente degli Stati Uniti ha anche confermato che Lega Araba ed Egitto entrano a  far parte della coalizione contro Gheddafi. Dall'aeroporto di Trapani Birgi intanto si susseguono i decolli degli aerei militari, le cui missioni restano top secret. La Gran Bretagna non esclude a un intervento di terra in Libia.

Guerra in Libia, si susseguono operazioni Italia contro difesa aerea di Gheddafi, ultime notizie Tripoli - 
Sono continuati i bombardamenti nella notte in Libia da parte della coalizione. Gli obiettivi delle missioni restano in primo luogo la contraerea libica di Tripoli e Sirte e il bunker dove si trova asserragliato Muammar Gheddafi. I sostenitori di Gheddafi continuano a manifestare l'appoggio al loro leader a Tripoli e alcuni di loro si sono offerti di fare da scudo umano per impedire alla coalizione di colpire gli obiettivi. I Tornado Ecr dell'Aeronautica militare italiana hanno concluso "positivamente" le missioni di "accecamento" dei radar libici. Ricordiamo che la missione italiana si chiama Sead Sead, che significa "soppressione dei sistemi di difesa aerea".
Guerra in Libia, nuovi attacchi aerei e comando operazioni franco-britanniche, ultime notizie Libia - 
Gli Usa rendono noto che sarà un team costituito da Francia e Gran Bretagna a comandare le operazioni della missione in Libia Odissea all'alba. E anche oggi continuano gli attacchi contro la Libia di Gheddafi. I primi raid aerei della giornata sono stati condotti dai francesi. Prende così il via la seconda fase delle operazioni programmate, ossia colpire le forze di rifornimento delle truppe di Muammar Gheddafi. Quest'ultimo, come promesso, sta utilizzando la popolazione civile come scudo umano contro gli attacchi e la Gran Bretagna fa sapere di aver evitato una delle missioni in programma al fine di non colpire i civili. Il Regno Unito ha comunque attaccato lanciando missili Tomahawk da un sommergibile appartenente alla classe Trafalgar.

Guerra in Libia: Odissea all'alba, primo raid aereo Italia, ultime notizie lunedì 21 marzo 2011 -
 E' entrata nel vivo delle operazioni "Odissea all'alba" anche l'Italia. Ieri sera, alle ore 20.00, quattro Tornado Ecr del 50esimo stormo di Piacenza, sei caccia e due Tornado Ids per il rifornimento durante il volo, hanno puntato su Bengasi con l'obiettivo di attaccare le postazioni radar in Libia. La prima missione italiana si è conclusa con successo alle 22 e 10 della sera stessa. I quattro Tornado, con il compito di colpire le difese aeree libiche, hanno l'esclusiva sulla missione "Sead" poiché, come spiega Vincenzo Camporini - ex capo di Stato Maggiore della Difesa - si tratta dei mezzi più indicati "per la neutralizzazione delle difese antiaeree nemiche. Né la Francia né la Gran Bretagna hanno sistemi d'arma comparabili". Ma, sebbene abbia ricevuto notevoli danni, la contraerea di Gheddafi è ancora operativa. Ma oltre al ruolo di attacco elettronico, L'Italia svolge un prezioso compito di monitoraggio per mezzo degli Eurofighters e degli F-16 con il compito di contrastare eventuali attacchi aerei contro le forze della coalizione. Intanto lo scalo aeroportuale di Trapani Birgi e' stato chiuso questa mattina al traffico aereo civile, che si trova a ridosso dell'aeroporto militare.

Guerra in Libia: Odissea all'alba, Francia e Stati Uniti tornano a bombardare Libia, ultime  news 20 marzo 2011 -
 La Francia è tornata a bombardare la Libia e la portaerei nucleare francese è salpata da Tolone. Gli statunitensi annunciano il successo dei raid aerei e l'abbattimento della contraerei libica. Obama si ritiene soddisfatto, ma avverte che questa è soltanto "la prima fase" delle operazioni Odissea all'Alba. Questa mattina il papa Benedetto XVI ha espresso tutta la sua preoccupazione per il popolo libico e la situazione dei migranti sulle coste italiane. A Lampedusa la situazione si riscalda e la popolazione dell'isola si ribella.

Finita la fase preparatoria, nella base militare di Trapani Birgi sono arrivati da Piacenza i Tornado Ecr, velivoli da guerra in grado di distruggere le difese missilistiche e i radar. Nella base di Trapani sono inoltre presenti i Tornado Ids di Ghedi (Brescia) e i caccia intercettori Eurofighter di stanza a Grosseto. L'Italia è dunque pronta a ogni evenienza e, dopo i raid aerei di Usa e Francia iniziati sabato, lo stato di allerta è al massimo. Ma dalla base italiana il colonnello Fabrizio Genova fa sapere che "Siamo addestrati a intervenire in qualunque momento. Noi siamo pronti 365 giorni all'anno ma naturalmente dopo gli ultimi avvenimenti dobbiamo essere subito in grado di garantire la sicurezza".

Intanto Muammar Gheddafi rilascia dichiarazioni sinistre e minacciose alla televisione: "Siamo pronti ad una guerra gloriosa di lunga durata contro l'occidente". Messaggi enfatici e bellicosi, finora solo parole, che hanno lo scopo di intimorire sia gli avversari occidentali, che la popolazione libica stessa. "Avete visto cosa e' accaduto in Somalia, gli americani nulla hanno potuto in quel paese in Afghanistan e in Iraq - ha continuato il colonnello - Avete visto Osama Bin Laden e' un uomo debole eppure ha sconfitto l'occidente, per questo anche noi li sconfiggeremo. Loro non hanno imparato dalla lezione della Somalia. Combatteremo una guerra di lunga durata e non potrete andare avanti in Libia".

Continua a essere nelle mani di gente armata la nave rimorchiatore italiana sequestrata nel porto di Tripoli dalle 17 di sabato. L'imbarcazione, ha a bordo 11 persone di equipaggio - 8 italiani, due indiani e un ucraino e si trovava nel porto per sbarcare del personale libico dell'Eni. Sempre sul fronte Libia apprendiamo che i ribelli stanno raggiungendo nuovamente il centro di Ajdabiyah, perduto la settimana scorsa e punto strategico importante.

Il primo obiettivo delle operazioni in corso è mettere fuori uso l'antiaerea libica, per ottenere il controllo dello spazio aereo del Paese. 




Ajdabiya torna nelle mani dei ribelli
Obama: "La missione è un successo"

Sulla Nato sontro Italia-Francia

Dopo giorni di difficoltà diplomatiche e di incertezze sul terreno, nell'ottavo giorno di guerra l'operazione militare in Libia ha fatto registrare la prima "riconquista" a favore dei ribelli: gli insorti hanno ripreso il controllo della località di Adjabiya, nell'Est del Paese, che era stata conquistata dalle forze del leader libico Muammar Gheddafi la settimana scorsa. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nel suo discorso radiofonico del sabato, ne ha approfittato per ribadire la sua giustificazione dell'intervento: la missione in Libia è "chiara, mirata e sulla via del successo" ha dichiarato il presidente, secondo il quale le operazioni hanno evitato il "bagno di sangue" minacciato da Gheddafi. "Una catastrofe umanitaria è stata evitata e le vite di innumerevoli persone innocenti sono state salvate perché siamo intervenuti rapidamente", ha detto Obama: "Agire è nel nostro interesse nazionale e ogni americano può essere fiero delle vite salvate in Libia".

Nel frattempo, in Europa continuano le discussioni e i confronti sulla gestione politica della crisi e sulle possibili vie d'uscita diplomatiche: l'Italia "sarà certamente nel gruppo di contatto per la Libia" e martedì presenterà "un piano diplomatico alternativo a quello anglo-francese", ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un'intervista al Quotidiano Nazionale. "È evidente che bisogna portare a termine con successo l`iniziativa internazionale. Noi abbiamo fortemente voluto che la Nato assumesse il comando e che la responsabilità politica fosse data a un gruppo di contatto. L'Italia ne farà parte e per questo io sarò a Londra martedì", ha proseguito il Ministro. Al vertice si annuncia uno scontro aperto con Nicolas Sarkozy, che ieri ha parlato di una "proposta politica franco-britannica: "Ha detto che ha delle idee. Siccome le abbiamo anche noi, a Londra presenteremo un nostro piano di azione. Ne parleremo assieme e assieme troveremo una quadra, mi auguro", ha detto Frattini.

Secondo un portavoce della guerriglia libica a Bengasi, roccaforte dei ribelli nella parte orientale del Paese, le forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi sono attualmente "sulla difensiva", incalzate dai ribelli che le hanno ricacciate dalla città strategica di Ajbadiya. "Ajdabiya è al 100 per 100 sotto il controllo delle nostre forze e diamo la caccia alle forze di Gheddafi sulla strada di Brega, 75 chilometri" più a ovest, ha dichiarato ai giornalisti il portavoce Shamsiddin Abdulmolah. Per consolidare la situzione dei ribelli, ha rivelato il Washington Post, la coalizione internazionale impegnata in Libia sta valutando l'ipotesi di fornire armi ai ribelli.

L'Amministrazione Obama ritiene secondo il quotidiano che i termini della risoluzione - che autorizza ogni iniziativa atta a proteggere la popolazione civile, salvo un intervento terrestre - siano sufficientemente "flessibili" da permettere una simile assistenza, secondo quanto riporta il quotidiano che cita fonti statunitensi ed europee. La Francia si sarebbe espressa a favore di armare ed addestrare i ribelli, ma al momento solo l'Egitto fornirebbe effettivamente delle armi leggere (fucili d'assalto e relative munizioni) alle milizie anti-governative. A ribadire i limiti dell'operazione, d'altronde, è stata oggi la Russia: un intervento terrestre in Libia equivarrebbe a un'occupazione, ha dichiarato l'Ambasciatore russo presso la Nato, Dmitri Rogozin.

LIBIA: DONNA DENUNCIA ABUSI MILIZIE GHEDDAFI, AGENTI L'ALLONTANANO

(AGI) - Tripoli, 26 mar. - Una donna libica che ha denunciato di essere stata arrestata per due giorni e violentata dalle milizie di Gheddafi ha scatenato una rissa nell'albergo dei giornalisti Tripolitra rappresentanti della stampa e agenti di sicurezza .
La donna, entrata in lacrime nell'Hotel Rixos, ha raccontato l'accaduto ai giornalisti. Originaria di Bengasi, Eman Al Hobeidi, cosi' ha detto di chiamarsi, sarebbe stata presa da soldati a un check point fuori dalla capitale, tenuta per due giorni in arresto con mani e piedi legati, subendo abusi. "Sono stata legata e toccata in varie parti del corpo dai soldati" ha dichiarato la donna piangendo nei pochi istanti in cui ha potuto parlare con i giornalisti.
Il racconto ha scatenato una rissa nell'albergo quando sono intervenuti i responsabili della sicurezza e il personale dell'albergo che hanno tentato di bloccare la donna e di allontanare la stampa.
  Un giornalista e' stato colpito al volto, mentre una cameriera ha brandito un coltello verso la donna urlandole "traditrice".
  La donna e' stata poi allontanata in giardino dagli uomini della sicurezza ed e' stata introdotta a forza in una berlina bianca. Un uomo ha riferito che la stavano portando in ospedale per le cure del caso, ma lei, prima che venisse chiusa la portiera della macchina ha urlato "mi portano in prigione".

Ultimissime - Libia - Gheddafi e la politica estera europea

La politica europea cerca nuovi equilibri e la Francia si è schierata apertamente con la Gran Bretagna di Camerun, il conservatore.
L'Italia pare isolata, ma almeno ha ottenuto che il comando delle operazioni passassero dalla irruenta Francia alla Nato, con un diverso tipo di approccio bellico e politico alla questione.
Non è in gioco la caduta di Gheddafi, ma il dopo dittatore libico.
In pratica si vuole imporre scelte diverse per il controllo della regione e ancora una volta l'Europa post coloniale si dimostra colonialista, per il controllo delle materie prime e dei commerci internazionali, per i contratti nella regione.
Si vede proprio che questa vecchia Europa sia fuori dalla storia e che i dittatori feroci siano solo, ancora una volta, delle creature nostre, non dico solo europee, ma figli delle nostre contraddizioni.



Pubblicato da Arduino.Rossi 


Le "gheddafine" in corteo
per dire no alla guerra in Libia
 

L'agenzia che aveva reclutato le ragazze per le lezioni sul Corano del leader di Tripoli annuncia che un gruppo di ex hostess parteciperà alla manifestazione contro la privatizzazione dell'acqua. Sul sito anche alcune vignette a difesa del raìs

di SARA GRATTOGGI
Hostessweb, l'agenzia che reclutò le ragazze per le lezioni sul Corano del raìs libico a Roma, si schiera contro l'intervento in Libia e annuncia che sabato scenderà in piazza per dire "no al colonialismo e ai finti interventi umanitari che nascondono interessi economici".

Sul suo sito, hostessweb. it, il comunicato stampa è accompagnato da due vignette che rappresentano il presidente americano Obama guidato dal sogno del petrolio che si accinge a intervenire con un mitra sulla Libia e, ancora, gli Stati Uniti e l'Europa che, sottoforma di avvoltoi, guardano lo stato africano dilaniato dalle fiamme.

"Nonostante dal regime libico ci fossero tutte le disponibilità diplomatiche al dialogo, la Libia è stata barbaramente attaccata  - i legge nel comunicato dell'azienda - In più circostanze è stato richiesto che una delegazione dell'Onu facesse un'ispezione per verificare cosa realmente stesse accadendo ma la coalizione internazionale non era interessata a gestire la crisi "diplomaticamente"".

L'agenzia ha dato appuntamento alle sue hostess per sabato pomeriggio alle 14 in piazza della Repubblica, dove è previsto il concentramento della manifestazione contro la privatizzazione dell'acqua, manifestazione che nelle ultime ore ha preso anche una valenza pacifista.
"Scenderemo in piazza insieme agli studenti libici - comunica l'agenzia - contro la prepotenza della Francia che vuole il petrolio, ma non i profughi, e contro la concessione delle basi militari ad uso non umanitario".
"Abbiamo vissuto la Libia in un progetto di integrazione culturale tra i due popoli, progetto più serio ed affidabile dell'accordo di amicizia siglato tra Berlusconi e Gheddafi  -  aggiunge l'azienda - L'Italia, come nel recente passato, ancora una volta, tradisce una precedente alleanza e un popolo con cui aveva un accordo per danni provocati dalla guerra". 

Sempre sul sito sono presenti alcune fotografie della trasferta di alcune ragazze, ospiti in Libia del colonnello.  

Libia: Pentagono, forze terra Gheddafi rimangono seria minaccia

Washington, 25 mar. - (Adnkronos) - Le forze del colonnello Gheddafi rimangono una "seria minaccia" di terra. Lo ha spiegato il vice ammiraglio William Gortney nel corso di una conferenza stampa al Pentagono. Gortney ha poi confermato che aerei del Qatar hanno preso parte alle operazioni per l'imposizione della no-fly zone al fianco di jet francesi. Confermato anche che gli Usa trasferiranno il comando delle operazioni di protezione della popolazione civile in Libia.


Libia: al-Arabyia, Gheddafi promuove soldati e ufficiali

Tripoli, 25 mar. - (Adnkronos/Aki) - Il leader libico Muammar Gheddafi ha promosso tutti i soldati e gli ufficiali dell'esercito. Lo riferisce la tv araba al-Arabiya. Una misura che appare presa per incentivare l'azione delle forze armate contro gli insorti che, dopo l'intervento della coalizione, si sono trovati in una posizione di vantaggio rispetto alle truppe del colonnello.


Gino Strada non è la Madonna

Che Gino Strada fosse contrario alla guerra in Libia, era prevedibile. Ed è, checché se ne dica, certamente giusto quanto sacrosanto. Nel dibattito dialettico su quanto opportuna sia questa guerra, che vede come al solito la contrapposizione tra intervento e neutralità, si rivela di fondamentale importanza la posizione intransigente del pacifismo instancabile e inveterato. Tuttavia, al di là della retorica fine a se stessa, è forse il caso, come ha scritto anche Concita De Gregorio, di rispolverare quella pratica un po’ consunta dalla tarma della trascuratezza che èl’esercizio del dubbio. Non dovrebbe essere, anche in un periodo di guerra che si prospetta abbastanza lungo, un sacrilegio farlo. Anzi, appare più che altro un lusso di cui spesso si preferisce non adornarsi. Ma proviamo ad insinuarlo ugualmente.
Di notizie ne girano parecchie, alcune vere, altre un po’ meno, altre ancora che sono balle catastrofiche. Partiamo quindi dai fatti, ricavabili da quei canali informativi che normalmente consideriamo affidabili e che non si vede perché stavolta non debbano esserlo. Gheddafi è certamente un tiranno sanguinario, e chiunque tenti solamente a sminuire la sua figura, cercando di farlo apparire meno delinquente di quanto sia, è a sua volta un delinquente. Noi europei, e in primis italiani, lo sapevamo da un pezzo, non ce ne siamo certamente accorti ieri. Tuttavia, nell’ipocrisia imperante che fa da cornice alla politica internazionale, ci siamo rapportati a lui considerandolo come interlocutore e capo di stato degno di legittimazione, a patto che garantisse i nostri interessi economici. Ed è stato certamente unimperdonabile errore. Ma il fatto che oggi sia in atto una strage, non può passare come un fatto secondario. Chi prova a bollare come aspetto di secondo piano questa realtà è di fatto un perdente. Nel vero senso della parola.
Alcuni, meglio conosciuti come sciocchi, vanno affermando che non sia vero che le truppe di Gheddafi stiano trucidando civili inermi e ribelli, ovvero quegli insorti la cui dimestichezza con le armi fa quasi imbarazzo. E tutto quanto leggono dai giornali lo imputano all’evidente propaganda del regime imperialista mirante a giustificare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’intervento militare in Libia. Di queste persone va certamente apprezzata la fantasia con la quale foraggiano la loro presa di posizione pur di non intaccare la loro inveterata convinzione che la guerra sia sbagliata. Che, per inciso, è una convinzione lecita quanto veritiera. Ma da qui a utilizzarla come schermo pur di non vedere quel che sta accadendo si fa un passo che conduce dritto dritto nel ripugnante funambolismo intellettuale. Basta leggere la corrispondenza dal fronte di Vincenzo Nigro su Repubblica o altre ugualmente valide per rendersi conto che quanto di più disumano possa essere messo in atto dall’uomo sta attualmente avvenendo in Libia. Teste senza scalpi, corpi mutilati dai bombardamenti a tappeto, cecchini sui tetti che sparano a casaccio colpendo, indistintamente, ribelli e civili, medici e pazienti, donne e bambini. Se c’è una linea sottile che separa una guerra da un selvaggio massacro, in Libia è stata certamente varcata.
Questa è, in spiccioli, la strategia militare di Gheddafi. Ammazzare chiunque gli si opponga. Bombardare il suo popolo. Fare una strage. E l’idea che non l’avrebbe fatto se non ci fosse stato l’intervento provocatorio degli Alleati non può e non deve convincere nessuno. Sarebbe stato più facile, anzi, e più rapido per lui perpetrare la sua carneficina. Perché, lo abbiamo detto, è da sempre un dittatore sanguinario, un fottuto criminale.
La verità è che non si doveva arrivare a tutto questo. Ma è pur vero che, volenti o nolenti, ci siamo arrivati. Anzi, abbiamo favorito che le cose prendessero una tale piega. E allora si dirà che è sbagliato l’approccio, che bisognava intervenire prima e con altri mezzi, che è stato fatto di tutto pur di non evitare l’uso della forza. Anche questo, purtroppo, è vero. Tuttavia impegolarsi nella retorica dello ieri, del ci-si-doveva-pensare-prima, non fa di noi delle anime belle. Perché continuare incessantemente a parlare dell’occasione perduta, senza concederci il lusso di ascoltare altri punti di vista, vuol dire privilegiare le parole e dimenticarsi della realtà. Che le parole servano per il futuro è quanto di più giusto si possa dire. Ma è altresì giusto riconoscere la drammaticità dello stato di cose attuale. Che la gente muore. E qualcosa bisogna pur fare. Perché non facendo assolutamente nulla, a babbo morto, non avremmo ricevuto alcuna eredità di cui andare fieri, né in termini di spiccioli e depravati interessi energetici, né soprattutto in quelli di dignità umana. Dignità che, agli occhi della Libia e di tutto il mondo, abbiamo già perduto. Ma un sostegno a favore degli insorti, sebbene non possa restituircela in toto, forse, e ripeto forse, consentirebbe in parte di sdebitarci. Certamente non ci riabiliterà agli occhi dei libici, ma forse i posteri un misero merito nel mare infinito dei demeriti che affollano il nostro trascorso pure ce lo riconosceranno.
Per quanto sia sacrosanto affermare che la guerra non è mai giusta, nessuno può dispensare sentenze sull’inevitabilità o meno – oggi, s’intende – dell’intervento. Perché dire che una guerra è giusta o che è inevitabile non è, a conti fatti, la stessa cosa. L’inevitabilità non sopperisce certamente alla mancanza di giustizia, non rende una guerra più giusta di un’altra, soprattutto perché, in questo caso, si è lavorato acchè la guerra divenisse l’unica strada possibile per fare qualcosa. Ma oggi nemmeno Gino Strada può affermare, senza concedersi il beneficio del dubbio (ma certamente se lo sarà concesso), che per salvaguardare le vite dei civili e dei ribelli libici l’intervento fosse senza ombra di dubbio da evitare. Può certamente dire quello che si poteva fare prima, e quello che si dovrà fare poi. Ma quel che si deve fare oggi, con assoluta certezza, no, non lo può dire. Ha certamente ragione Strada quando afferma l’assoluta necessità di sedersi al tavolo delle trattative con Gheddafi prima che si intervenisse militarmente. Ma confidare nella disponibilità di Gheddafi affinché rendesse questa strada davvero praticabile, è per alcuni un’idea condivisibile, per altri un po’ meno. Questo dubbio è certamente legittimo. Ed è anche il centro della questione. Si dirà, non si è nemmeno provato a praticarla. È vero, e sarà una macchia indelebile per la reputazione dell’Onu. Ma è pur vero che non c’erano assicurazioni che i massacri non fossero continuati mentre si tentava una riconciliazione. Non dimentichiamoci che, prima che la Francia intervenisse, Gheddafi era alle porte di Bengasi. Ed era un massacro annunciato.
Non che Strada sbagli a dire quel che dice, intendiamoci. Anzi, nessuno più di lui ha la facoltà e il diritto di dirlo, con tutte le ragioni e i meriti del caso. E non è assolutamente la sua persona, Dio me ne guardi, che si vuole contestare, e a cui va immenso e meritato rispetto. È un bene che in Italia ci siano persone come lui, che non possono essere altro che un lustro e un vanto per la nostra nazione. Fatti i doverosi convenevoli, l’intento è, semmai, insinuare un dubbio in tutte quelle persone che condividono senza passare al setaccio del proprio giudizio tutte le sue idee. Perché prima di uno Strada, prima di, per dire, un Berlinguer, prima di qualsiasi altra persona degna della più alta stima che siamo in grado di riservare a essere umano, ciò che non va mai perduta è la propria capacità di giudizio, per non accodarsi come pecore all’opinion leader di turno. Fanno un po’ di tristezza quei guru latori di un sano e radicale pacifismo che ripetono le ragioni e le idee del fondatore di Emergency in maniera confusa e a mo’ d’accozzaglia, dimostrando che, sebbene diano l'impressione di averle intese, non le hanno realmente comprese. Poi si può essere d’accordo comunque con quanto dice Strada (anche chi scrive – su gran parte delle sue opinioni – è d’accordo). A patto che ogni idea venga sempre e comunque sottoposta al vaglio della nostra ragione. Perché, checché se ne dica, nemmeno Gino Strada è la Madonna. 


Dalla Spagna del’36 alla Libia: l’Europa non cambia

Invadere uno stato che ha eliminato l’opposizione interna permette di controllarne le risorse più facilmente. Questo non è possibile se ci si limita ad aiutare una opposizione, che non accetterebbe di cederle agli ex amici del regime.
Quando nel 1936 Franco faceva scoppiare la guerra civile spagnola, tutta l'Europa era ancora soggetta alla fobia di una nuova guerra mondiale. Due anni dopo questa paura travestita da pacifismo produsse l'accordo di Monaco tra le maggiori potenze europee
Eppure, nonostante tutto i repubblicani spagnoli aiuti ne ricevettero. Da tutto il mondo i giovani si organizzarono da sé e partirono come volontari in aiuto della Spagna libera e riconosciuta dalla Società delle Nazioni. Oggi non avviene la stessa cosa per la Libia di Bengasi. Sono cambiate tante cose: innanzitutto il governo riconosciuto è quello dittatoriale, i ribelli sono democratici che cercano di rovesciare il governo legittimo, in tutta Europa non esistono governi favorevoli alla controparte dittatoriale, (lasciando perdere i vari accordi economici precedenti) quello di Gheddafi è un regime più marxista che fascista, (tenendo conto a grandi linee della matrice culturale) e poi non esistono più le condizioni culturali che mettono i giovani nelle condizioni di poter agire, per conto proprio, in aiuto dei libici in lotta. Non cambia però lo spirito di Monaco. Eppure in Afghanistan e in Iraq ci si è andati. Per poco ma ci si è andati. Si, perché per entrambi il casus belli era inconsistente. I talebani non erano tenuti a sapere dove si trovava Bin Laden, né erano obbligati ad estradarlo. L'Afghanistan era uno stato sovrano come la Libia di Gheddafi. Anche l'Iraq era uno stato sovrano, oggi sappiamo che le “prove” riguardanti la presenza di armi di distruzione di massa, erano pura invenzione. Ma allora come mai nessuno interviene in Libia? Sono tutti diventati pacifisti? La maggioranza dei governi che guidano le democrazie occidentali, quelle che esportano la democrazia, sono di centro destra, gli stessi che hanno approvato le missioni di pace, inoltre non si può nemmeno dire che in Libia c'è solo sabbia. In quella terra passano i gass dotti, chi oggi va a fare benzina se ne sarà accorto.
Perché non si interviene? Come si spiega questa improvvisa botta di prudenza verso un bersaglio così facile, che elenca tra i suoi nemici persino Bin Laden e la Lega Araba? La verità storicamente inconfutabile è che in guerra gli stati ci vanno per ragioni economiche. In questo senso la Libia non è affatto un bersaglio facile, perché non è più controllata da un intero regime, ma esiste una fazione libera che gli si sta ritorcendo conto: la libia di Bengasi ha ingaggiato guerra contro la Libia di Gheddafi. Non si tratta quindi di invadere uno stato sovrano, ma di aiutarlo. Forse, se i tempi fossero stati altri, i leader occidentali avrebbero potuto accordarsi coi ribelli, barattando quote di proprietà sui gass dotti in cambio di aiuti militari. Oggi questo non è più possibile perché significherebbe la fine politica di chi organizza una trattativa di questo tipo, che non può restare nascosta, tanto più che gli accordi internazionali vanno discussi in Parlamento. Già il presidente della Germania ha dovuto dimettersi per aver ammesso in una radio, che il suo paese in Afghanistan ci era andato per interessi economici. Inoltre sono molti i governi che hanno in passato sostenuto il regime, intrattenendo con esso rapporti più che imbarazzanti, (vedi Berlusconi) proporre accordi del genere sarebbe un suicidio politico.
Non preoccupatevi, l'occidente interverrà in Libia … dopo che Gheddafi avrà piallato i ribelli. Aiutare un popolo sovrano significherebbe non poter controllare le sue risorse. Invece l'invasione di un intero stato a regime dittatoriale – dopo che l'opinione pubblica è stata persuasa fin da prima della bontà di un intervento – permetterebbe di poter mettere mano sulle sue risorse economiche in tutta comodità.
«Ma come, prima vi lamentavate dell'inerzia dell'Europa e adesso che interveniamo protestate ancora?»
Ho paura che sentiremo presto discorsi di questo tipo.


Guerra in Libia, Finocchiaro: “Berlusconi indebolisce l’Italia”

Venerdì, 25 Marzo 2011.
finocchiaro attacca berlusconi su guerra in libia

Il presidente del 
senatori del Partito democraticoAnna Finocchiaro, ha dichiarato che il comportamento del presidente Silvio Berlusconi e la risoluzione di Popolo della libertà Lega Nord hanno solamente indebolito l’Italia. Il presidente dei senatori del Pd l’ha ribadito in due interviste rilasciate all’Unità e al Mattino. La risoluzione Pdl-Lega Nord secondo Anna Finocchiaro ha tenuto insieme la maggioranza ma ha indebolito l’Italia poiché era incompleta in quanto mancava l’adesione dell’Italia alla risoluzione Onu.


Guerra in Libia 2011, La Russa difende la posizione dell’Italia

GUERRA IN LIBIA LA RUSSA RUOLO ITALIA/ ROMA-  Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha parlato del ruolo dellItalia missione in corso in Libia, difendendo l’operato italiano: “L’Italia è stata decisiva nel chiedere una risoluzione all’ Onu prima di ogni intervento, ed è stata poi fondamentale nel chiedere che il comando della missione passasse nelle mani della Nato. Inoltre abbiamo ottenuto il comando della missione per quanto riguarda l’embargo navale”.
La Russa, che ha parlato a margine di una conferenza stampa a Milano, ha risposto così alle polemiche sollevate nelle ultime ore da Bersani, che aveva accusato il governo Berlusconi di “essere fuori dai giochi nelle decisioni, per colpa anche degli errori di Berlusconi”, e a Casini, che aveva parlato di un governo “ senza una linea precisa sulla vicenda libica”.