PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

mercoledì 23 marzo 2011

ARTICOLO DI TONINO PERNA SULLA SITUAZIONE MEDIORIENTALE





"Travolti da eventi politici (mondo arabo) e naturali (terremoto in Giappone) imprevedibili e sconvolgenti rischiamo di perdere ogni lucidità e capacità di comprensione.
Il terremoto dell’8.9 scala Richter ha prodotto in Giappone un disastro epocale che solo gli sprovveduti, che non conoscono la storia delle catastrofi nel mondo contemporaneo, hanno pensato si trattasse di un terremoto come altri che si sono registrati nell’ultimo decennio. Basti pensare allo tsunami che nel dicembre del 2004 ha provocato la morte di 300 mila persone nel sud-est asiatico e lasciato senza casa milioni di persone. Anche in quel caso le prime notizie parlavano di qualche centinaio di morti e di qualche migliaio di dispersi.
Ogni volta, di fronte ad una catastrofe, le autorità locali tendono all’inizio a minimizzare. Questa volta a maggiore ragione, perché sono state coinvolte alcune centrali nucleari. E questo fa la differenza rispetto a tutti gli altri terremoti precedenti e segna un salto di qualità: non ci sono centrali nucleari sicure. Si può osservare: basta metterle in siti non sismici né esposti a possibili maremoti. Ma quali sono? La mappa delle zone sismiche si allarga ogni anno e viene aggiornata di continuo, cresce come lemacchie d’inchiostro su fogli bianchi. La tragedia giapponese mette in discussione una via d’uscita dalla crisi energetica sostenuta anche da grandi scienziati ambientalisti come James Hansen (a cui dobbiamo la prima denuncia circostanziata del riscaldamento del pianeta dovuto alla crescita di CO2) e J. Loveloock il creatore della teoria di Gaia , il pianeta che vive.

La lotta per le «risorse energetiche» scarse sarà al centro di conflitti e guerre nei prossimi anni. Anche quando sta succedendo in questo momento, la guerra di una vasta coalizione contro il regime di Gheddafi è stata letta, con un po’ di superficialità, in questa direzione. Ma, facciamo un passo indietro.
Il vento di tramontana che dalla Tunisia ha portato prima in Egitto e poi in Libia ed in altri paesi arabi un inaspettato risveglio è stato ed è un movimento spontaneo. Quanto sta succedendo nel mondo arabo ci riporta, per analogia , al 1848, quando in Europa contemporaneamente scoppiarono una serie di rivolte contro le monarchie assolute ed autoritarie. Se si va a rileggere il testo di Marx «Lotte di classe in Francia» si scopre che allora – come oggi nel mondo arabo - c’era un mix di richieste di libertà «borghesi» insieme ad una spinta verso migliori condizioni di vita.
In breve, il mondo arabo è attraversato da una febbre di cambiamento che non sappiamo dove porterà, ma non possiamo accettare la posizione di chi in questi cambiamenti vede solo pericoli per il mondo occidentale: fondamentalismo islamico, emigrazione di massa, ecc. Anche nel dopo ’48 –nel XIX secolo- la reazione si prese la rivincita in molti paesi e città europee – a partire da Roma dove venne repressa nel sangue la nascente Repubblica – non per questo il vento del cambiamento, foriero di nuove libertà e diritti sociali, si fermò.

Quello che è successo e sta accadendo nel mondo arabo, a partire dal nord Africa ci manda dei messaggi precisi:
i regimi autoritari che erano i principali alleati del mondo occidentale degli interessi delle multinazionali, di Israele, sono crollati, ed altri si apprestano a crollare;
Bel Alì, Mubarak e Gheddafi erano i migliori alleati degli interessi occidentali, i leader «moderati», così venivano definiti, in quanto schierati contro i paesi arabi «radicali» (come l’Iran) ed il crescente fondamentalismo islamico antioccidentale;
Israele trema. Ha perso i suoi alleati storici e non sarà circondata più da stati-cuscinetto, ma da potenze ostili.
La Libia, come si è scritto, è un caso a sé. In Egitto e Tunisia c’era una parvenza di democrazia parlamentare, con elezioni truccate e molte restrizioni per i partiti di sinistra ed islamici. In Libia tutto il potere era nella mani della famiglia Gheddafi: per più di quaranta anni non c’è stata una Costituzione, un potere giudiziario con un minimo di autonomia, un ben che minimo spazio per media indipendenti dal potere. Anche il ruolo dell’esercito è stato molto limitato, marginale: Gheddafi preferiva le sue milizie ed i suoi mercenari. Infine, si scrive, la Libia è un paese ancora tribale, o almeno un paese dove la struttura tribale determina il potere politico.
Non si scrive che: in Libia esiste il più alto tasso di istruzione del nord Africa, con decine di migliaia di giovani che parcheggiano all’Università, che sanno che il loro destino è – come quello dei nostri giovani meridionali, di tunisini, egiziani, ecc. – la disoccupazione. Giovani che si sono ribellati, sotto la spinta dell’onda tunisina ed egiziana, ad un potere dispotico che ha mantenuto il popolo in una condizione di «assistenza pelosa», che ha congelato la cultura , l’arte, la voglia di fare della società. Il padre-padrone è rimasto sorpreso: come possono i figli ribellarsi al padre che li cura e li protegge? Non sono più figli, ma «ratti e scarafaggi» che vanno schiacciati.
E’ partita così la repressione, con una violenza sconosciuta agli altri regimi dell’area, prima a Tripoli e poi nelle altre città che erano state liberate dagli insorti. Che cosa vogliono questi rivoltosi, che tipo di società, di modello sociale e politico? Non lo sappiamo, forse non lo sanno neanche loro, ma hanno un obiettivo chiaro: cacciare il padre-padrone. E’ un odio potente, da una parte e dall’altra, come sa chi ricorda il film «Padre padrone» ambientato nel mondo arcaico pastorale della Sardegna. Gheddafi non è il classico dittatore che quando vede la mala parata se ne scappa con il tesoro, come hanno fatto Ben Alì e Mubarak, ma anche Marcos, Batista, Somoza e tanti altri. No, lui è il padre-padrone della Libia , anzi, come ha dichiarato: la famiglia Gheddafi è la Libia.
L’occidente ha assistito imbelle di fronte al precipitare della situazione. Anche il movimento per la pace è stato silente, come ha ricordato Pierluigi Sullo in un suo intervento su il manifesto, di fronte ad un massacro di civili o rivoltosi male armati che combattevano contro i «mercenari» del padre-padrone che non si fida dei suoi figli. Fino a che la Lega Araba non ha fatto il suo pressing perché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu prendesse una posizione ed intervenisse per porre fine al massacro. Infatti, senza intervento esterno Gheddafi avrebbe riconquistato con la forza le città della Cirenaica e fatto un massacro a Bengasi, città di oltre 800.000 abitanti.
Questi i fatti. Senza intervento esterno saremmo stati complici di una strage di grandi proporzioni. Ma quale intervento? E chi deve intervenire? In primo momento, Lega Araba ed Unione Africana richiedono al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la «no fly zone» per impedire che l’aviazione di Gheddafi continui a seminare morte. Ci sono molte resistenze esplicite (Russia e Cina) e nascoste (Israele) che per diverse ragioni non vogliono l’intervento. Poi, di fronte al sicuro massacro di Bengasi , sotto la spinta di una opinione pubblica mondiale che condanna Gheddafi, il Consiglio di Sicurezza decide per la «no fly zone».

Un ruolo decisivo lo gioca la Francia di Sarkozy , un leader in calo di consensi che cerca di rifarsi sul piano della politica internazionale, ma anche un uomo con cadaveri nell’armadio: Gheddafi gli ha finanziato la campagna elettorale, e se non viene eliminato gli può distruggere la carriera politica per sempre. Sono, infatti, gli amici occidentali di Gheddafi quelli che più temono la sua sopravvivenza: potrebbe rivelare fatti inquietanti per tante istituzioni prestigiose (compresa la London School of Economics ) ed affari non proprio trasparenti di tanti uomini politici e manager di grandi imprese.
Ed ecco il casino: Sarkozy ha un problema personale da risolvere e un problema politico (la grandeur della Francia che risorge). Obama, tirato per la giacca in questa guerra, vorrebbe uscirne al più presto, ma non può lasciare la leadership a Francia ed Inghilterra, perché – glielo spiegano le 7 oil sisters – avrebbero un diritto di prelievo sul petrolio libico.
E l’Italia ? il paese che aveva più interessi nel territorio libico, primo partner commerciale della Libia, sua antica colonia, che fa? Prima guarda con apprensione, con il Berlusca che dichiara «non voglio disturbare Gheddafi», spera che ce la faccia e si possano mantenere saldi gli interessi comuni. Poi si allinea alle posizioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e si fa prendere la mano: non concede solo l’uso delle basi, invia propri aerei a combattere. Naturalmente, il presidente ex-amante di Gheddafi precisa : «I nostri aerei non sparano». Vero. Bombardano, che è un’altra cosa. Gongola La Russa, l’Armagheddon , che non sta nella pelle: finalmente può fare la sua guerra , seppure limitata, come aveva sognato fin da bambino.
Morale della favola.
Era giusto intervenire per salvare il popolo libico. La «no fly zone», se applicata nel giusto modo, poteva essere una soluzione tampone, visto il ritardo con cui si è intervenuti e l’inerzia della diplomazia internazionale (anche se con Gheddafi non so quanto avrebbe potuto ottenere!). Ma, come spesso accade, all’interno di un moto spontaneo e di una giusta istanza entrano forze che hanno altri obiettivi. La Libia sta diventando un terreno privilegiato per la spartizione della sua risorsa preziosa, il suo oro nero. Ma non si è organizzata- come nel caso dell’Irak – questa guerra per il petrolio. Non diciamo sciocchezze: con Gheddafi diverse multinazionali facevano tranquillamente affari e lui non aveva alcuna intenzione – come Chavez ed altri – di nazionalizzare il petrolio e togliere le imprese straniere dalla fase estrattiva. In più, per quanto riguarda l’Italia, Gheddafi stava bene anche alla Lega: bloccava i flussi di immigrazione e rispediva nel deserto migliaia di africani a morire (l’abbiamo dimenticato?) . Un eroe per Calderoli, Maroni e c.
Che fare ?
Chiedere che si rispetti la «no fly zone» e non si autorizzino altre missioni di guerra, come fa la Lega araba, ma anche altri paesi occidentali e non. Aspettare che il popolo libico si liberi del suo dittatore ? Certo, non possiamo farlo noi. Non siamo per la pena di morte internazionale. Nel frattempo sostenere le forze sociali e democratiche che si stanno organizzando in tutto il nord Africa. Moltiplicare gli scambi culturali, sociali e politici con tutte -dicasi tutte- le componenti sociali della rivolta popolare che ha travolto i regimi del nord-Africa. L’onda tunisina non si è esaurita. Adesso tocca al Barheim , Yemen ed altri paesi arabi affrontare l’onda del cambiamento. Questi governi autoritari non potranno sparare ed uccidere liberamente , come avrebbero fatto se Gheddafi non fosse stato fermato. In questo senso il sangue versato dal popolo libico per i suoi diritti civili e sociali è un contributo alla causa della libertà e della giustizia in tutto il Mediterraneo. E questo vale anche per Israele. L’ONU , dopo questo intervento, non potrà più usare due pesi e due o tre misure. Finora , i palestinesi sono stati a guardare , ma ci potete scommettere : presto presenteranno il conto ad Israele . E lo stesso avverrà in Algeria per porre fine ad un governo supercorrotto che , in nome della guerra ai fondamentalisti islamici, sta soffocando un grande popolo. Grandi turbolenze ci attendono. Manteniamo la lucidità per cogliere i segni del tempo che cambia.

Questi ed altri scienziati ambientalisti credevano in buona fede che l’energia nucleare potesse sostituire i combustibili fossili e portarci ad un’uscita morbida, per sostituzione, dall’uso dei combustibili fossili che stanno modificando il clima sul nostro pianeta. Non è così. La strada del «risparmio energetico» e del mutamento nel nostro modello di vita e di consumo è una strada obbligata. Se non sceglieremo autonomamente, per una presa di coscienza, di cambiare questo modello di società, ne saremo costretti dalla futura, irreversibile ascesa dei prezzi di tutti i combustibili fossili."


Tonino Perna
Economista e sociologo, è professore ordinario presso il Dipartimento di Economia, statistica, matematica e sociologia dell’Università degli Studi di Messina.
Ha scritto diversi saggi sulla dipendenza e il sottosviluppo fra cui “Mercanti imprenditori consumatori” (Angeli, 1984), “Lo sviluppo insostenibile” (Liguori, 1994), “Fair Trade” (Bollati Boringhieri, 1998). “Destra e Sinistra nell’Europa del XXI° secolo” (Altreconomia, Milano , 2006), “Dell’usura” (Rubettino, 2009).
È stato direttore del C.R.I.C. - Centro Regionale d’Intervento per la Cooperazione, una ONG attiva in particolare in Bosnia Erzegovina, Albania, Medio Oriente, Eritrea, America Latina. È stato inoltre presidente del Parco Nazionale dell'Aspromonte. Quella esperienza lo ha portato a pubblicare "Aspromonte. I parchi nazionali nello sviluppo locale" (Bollati Boringhieri, 2002).
Infine, è stato il primo presidente del Comitato Etico-scientifico della Banca Popolare Etica di Padova.

23 MARZO: RASSEGNA STAMPA


Libia, Gheddafi:Occidente finirà nella "spazzatura della storia"

mercoledì 23 marzo 2011 09:26
 





TRIPOLI (Reuters) - Le potenze occidentali che stanno attaccando la Libia finiranno nella spazzatura della storia. A dirlo è Muammar Gheddafi, mentre i suoi soldati stanno respingendo i ribelli malgrado quattro notti di raid aerei.
Mentre le potenze occidentali costringono a terra gli aerei da guerra del Rais e tengono lontano le sue forze da Bengasi, i ribelli disorganizzati e male attrezzati non sono riusciti a capitalizzare il vantaggio sul terreno e restano immobilizzati.
I rivoltosi non sono stati in grado di snidare le forze di Gheddafi dallo svincolo chiave di Ajdabiyah nella zona orientale, mentre i carri armati del governo stanno assediando Misurata, ultima grossa città in mano ai ribelli.
Almeno due esplosioni si sono udite a Tripoli stamani prima dell'alba, secondo quanto riferito da testimoni Reuters.
"Non ci arrenderemo", ha detto Gheddafi ai suoi sostenitori che formano uno scudo umano per proteggerlo nel suo quartier generale nella capitale.
"Li sconfiggeremo con ogni mezzo...Siamo pronti a combattere, alla fine saremo vittoriosi", ha aggiunto in un discorso in diretta al tv, la sua prima apparizione pubblica da quando sono iniziati i raid.
"Questo assalto ... è di un gruppo di fascisti che finirà nella spazzatura della storia", ha detto il rais nel suo discorso, seguito da fuochi di artificio tra la folla festante.
Il governo libico ha negato che il suo esercito stia conducendo operazioni offensive, aggiungendo che i soldati si stanno solo difendendo quando vengono attaccati, ma ribelli e residenti hanno riferito che i carri armati di Gheddafi hanno colpito a Misurata, uccidendo 40 persone solo lunedì scorso, e attaccando Zintan, cittadina al confine con la Tunisia.

L'assedio di Misurata, che dura da settimane, sta diventando sempre più disperato, con l'acqua tagliata da giorni e il cibo che sta finendo.
"La situazione negli ospedali locali è disastrosa", ha detto un medico in un comunicato. "I medici e gli operatori sanitari sono esausti, oltre la capacità fisica umana e alcuni non possono raggiungere l'ospedale a causa di cecchini e carri armati"
ACCORDO SU RUOLO NATO
Gli aerei occidentali hanno effettuato oltre 300 uscite sulla Libia e oltre 162 missili cruise Tomahawk sono stati sparati nella missione su mandato Onu per proteggere i civili libici dalle truppe governative.
Gli analisti sostengono che la no-fly zone sulla Libia possa costare alla coalizione fino a 1 miliardo di dollari se le operazioni dureranno oltre un paio di mesi.
Il presidente Usa Barack Obama ha parlato con il presidente francese Nicolas Sarkozy e il primo ministro britannico David Cameron ieri e si sono detti d'accordo sul fatto che la Nato dovrebbe giocare un ruolo chiave nella gestione della no-fly zone.
La Francia è contro un comando Nato della missione per il timore di alienare il supporto arabo, mentre per la Turchia i raid aerei hanno già superato quanto autorizzato dalla risoluzione Onu.


Libia, ok Usa a ruolo chiave Nato, ma restano interrogativi

mercoledì 23 marzo 2011 08:40
 





WASHINGTON/BRUXELLES (Reuters) - Le nazioni occidentali impegnate nella campagna militare in Libia hanno raggiunto un accordo ieri sera per avere la Nato in un ruolo chiave nelle operazioni, anche se manca ancora l'appoggio di tutti i membri dell'alleanza, divisi sulla leadership della missione.
Il presidente Usa Barack Obama, che spera di cedere il comando delle operazioni libiche entro pochi giorni, si è detto d'accordo con il primo ministro britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy sul fatto che la Nato giochi un ruolo di comando, ha riferito la Casa Bianca.
Ma non tutti gli alleati sono d'accordo su una leadership politica della Nato per la missione, che sarebbe difficile da accettare per la Turchia e indebolisce lo sforzo arabo nel proteggere i libici dalle forze di Muammar Gheddafi.
La Francia ha chiesto un "organismo politico di guida" che includa i paesi arabi, affinché si prendano carico delle operazioni di no-fly zone.
Obama, sotto pressione interna per limitare il coinvolgimento Usa, ha detto di "non avere assolutamente dubbi" che sarà presto raggiunto un accordo e che il costo delle operazioni sarà gestito malgrado una spinta a tagli di budget da parte dei Repubblicani all'opposizione.
A Bruxelles, la Nato ieri ha assicurato un embargo alla Libia per le armi e ha completato i piani per mettere in atto una no-fly zone su mandato dell'Onu se necessario.
Ma obiezioni francesi e turche hanno nuovamente impedito il raggiungimento di un qualsiasi accordo per mettere le operazioni sotto il comando Nato.
La spinta diplomatica di Obama, in telefonate a Cameron, Sarkozy e altri leader, ha sottolineato la sua ansia di mettere un volto non-Usa alla campagna contro le forze di Gheddafi, anche se l'esercito americano potrebbe restare il pilastro dell'operazione.
Un alto funzionario Usa ha detto che gli alleati stanno lavorando per convincere sia alleati Nato che non Nato e ha esplicitato la speranza che altri paesi arabi, compresi Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti, possano presto annunciare un loro contributo.
Il ministro degli Esteri francese Alain Juppé ha detto che presto ci sarà una riunione dei ministri degli Esteri dei paesi che stanno prendendo parte all'operazione per creare una chiara struttura politica.
La Francia, che ha lanciato i primi raid sulla Libia, è contro un comando Nato e sostiene che l'alleanza non ha una buona reputazione nel mondo arabo. Per la Turchia invece i raid aerei sono già andati oltre rispetto a quanto previsto dalla risoluzione Onu.
Altri stati Nato, in primis l'Italia, sostengono invece che il comando Nato sia una necessità non negoziabile.
Ieri le forze di Gheddafi hanno attaccato due città, uccidendo decine di persone.
Un diplomatico del Consiglio di sicurezza dell'Onu, parlando sotto anonimato, ha detto che la Turchia e gli Emirati arabi uniti stanno valutando una partecipazione alle operazioni pattugliando il porto di Bengasi per assicurare che resti aperto per le operazioni umanitarie


Libia: Nato, nuova riunione per decidere su comando

ultimo aggiornamento: 23 marzo, ore 10:14

Bruxelles, 23 mar. (Adnkronos) - E' in corso nel quartier generale dell'Alleanza Atlantica una nuova riunione degli ambasciatori dei 28 paesi della Nato per decidere il comando delle operazioni militari contro la Libia. E' quanto si apprende da fonti dell'Alleanza Atlantica, secondo le quali nel pomeriggio ci potrebbe essere l'annuncio di un'intesa. L'incontro, l'ennesimo dopo l'approvazione venerdi' scorso della risoluzione 1973 dell'Onu, avviene all'indomani dell'accordo tra Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna per affidare alla Nato il comando delle operazioni.  



Libia/ Obama:Gheddafi potrebbe rimanere a potere nonostante raid

Presidente Usa: ma continueremo a fare pressioni perchè lasci

Libia/ Obama:Gheddafi potrebbe rimanere a potere nonostante raid
Washington, 23 mar. (TMNews) - Il Presidente americano Barack Obama ha dichiarato che il leader libico Muammar Gheddafi potrebbe rimanere al potere nonostante l'intervento della coalizione internazionale, ricordando però che Washington ha anche altre carte da giocare oltre l'opzione militare.

Il colonnello "potrebbe provare a temporeggiare, anche di fronte a una zona di interdizione di volo", ha detto Obama alla Cnn, ma "noi non abbiamo a disposizione solo mezzi militari per ottenere che Gheddafi lasci la guida del Paese. Abbiamo approvato forti sanzioni internazionali. Abbiamo congelato i suoi beni. Continueremo ad utilizzare tutti i mezzi di pressione su di lui".

(fonte Afp)


GUERRA LIBIA - Gheddafi libera 3 giornalisti

gheddafi


TRIPOLI - La notizia è confermata da un giornalista diFrance Presse, i due colleghi della stessa agenzia francese e un fotografo della Getty Images, arrestati il 19 marzo dalle milizie lealiste, sono stati rilasciati nella notte a Tripoli.
Il regime aveva già annunciato la liberazione dei tre reporter alcune ore prima attraverso le dichiarazioni di un portavoce del governo libico che ha voluto anche sottolibeare come la decisione sia stata presa direttamente da Gheddafi.

Libia: Gheddafi riappare in tv; il rais cerca un'uscita?

berlusconi-gheddafi_0.jpgI bombardamenti in Libia sono continuati anche questa notte. A Tripoli sono state udite esplosioni e sparatorie sul calar della notte.
Poco dopo, il Leader libico è apparso in televisione, mentre era nella sua sua residenza di Bab el-Aziziyah, colpita domenica da un missile.
Muammar Gheddafi ha detto il suo Paese è pronto per la battaglia, che sia lunga o breve. "Alla fine saremo vittoriosi"..."Non ci arrenderemo”, ha detto Gheddafi, assicurando che le masse sono più forti delle difese antiaeree.
Il leader libico ha assicurato di voler restare a Tripoli, anche se ieri il segretario di Stato Usa Hillary Clinton aveva detto in televisione che lo stesso leader libico stava cercando una strategia di uscita.
Persone vicine a lui, ha detto la Clinton, ci hanno raccontato che Gheddafi ha chiesto a vari esponenti politici in Africa, Medio Oriente, Europa, Nord America: 'Che facciamo? Come possiamo uscire da questa situazione? Cosa succederà dopo? ' .
Secondo i bene informati italiani, anche Silvio Berlusconi vorrebbe mediare per il Rais.
Non senza sollevare polemiche, il Cavaliere, l'altra sera, durante la cena a sostegno del candidato sindaco a Torino dell'esponente del Pdl Michele Coppola, pare abbia detto: "Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente".









Gheddafi fugge dalla Libia, in esilio tra le braccia di altri dittatori





23/3/2011
ROMA - Gheddafi fugge dalla Libia, in esilio tra le braccia di altri dittatori. La segeratria di Stato americana, Illary Clinton, ha lasciato intendere che il Colonnello cerca casa fuori dalla Libia e che nelle ultime ore è in rapporto con alcuni capi di Stato per chiedere la disponibilità a ospitarlo.
Alcune notizie precedenti.
"Ghe pensi mi", anche per la Guerra in Libia siamo nelle mani di Berlusconi. ROMA - Tutti se lo aspettavano ed è arrivato il "Ghe pensi mi". Berlusconi vuole convincere Gheddafi a farla finita. Se la vedrà lui. Forse ci riuscirà anche. Di seguito altra storia già scritta da noi qualche giorno fa.
Prima, "non disturbiamo Gheddafi"; ora, "non ci dobbiamo preoccupare". Odissea. ROMA - Prima: "non disturbiamo Gheddafi". Ora: "non ci dobbiamo preoccupare". A breve: "ho deciso con Obama e Sarkozy come condurre l'azione militare e l'ora per intervenire". Ieri, oggi e domani di un presidente del Consiglio. Il nostro. Quello dell'Italia. Silvio Berlusconi.
Mentre accade quanto segue. Inferno in Libia, armi in mano a un milione di persone. Già centinaia di morti. ROMA - Inferno in Libia: Gheddafi distribuisce armi a un milione di persone e li invita a combattere contro i traditori e i terroristi occidentali. Dall'inizio di Odissea all'Alba già oltre 100 morti. Gheddafi: scatenerò l'inferno contro i criminali d'Occidente, Italia traditrice. ROMA - Gheddafi: scatenerò l'inferno contro l'Occidente, Italia traditrice. Ci uniremo come un solo popolo. Francia, Usa e Gran Bretagna non la passeranno liscia, sono nostri nemici. Siete dei barbari. Italiani nelle mani di Gheddafi, barca con 8 connazionali sequestrata a Tripoli. ROMA - Italiani nelle mani di Gheddafi, barcone sequestrato a Tripoli con 8 italiani. Guerra civile in Libia, Gheddafi apre i depositi di armi. Si contano 27 morti. ROMA - Guerra civile nelle strade libiche, Gheddaffi ha fatto sapere alla gente che vuole difendere la Libia che i depositi di rifornimento armi sono tutti aperti. Per adesso ci sarebbero già 27 morti dopo l'inizio di Odissea all'Alba. Gheddafi minaccia attacchi all'Italia, a rischio obiettivi civili e militari. ROMA - Gheddafi minaccia attacchi a obiettivi civili e militari nel Mediterraneo. Italia a rischio. Il Pentagono dice di aver colpito già oltre 20 obiettivi strategici.

Libia/ Daily Star: Gheddafi in bunker nel deserto con 40 amazzoni
Roma, 23 mar. (TMNews) - Il leader libico Muammar Gheddafi si nasconde in un bunker segreto nel deserto, circondato da 40 amazzoni. Lo rivela oggi il tabloid britannico Daily Star, citando fonti dell'intelligence militare.
Oltre alle amazzoni, pronte a morire per salvare la vita al colonnello, Gheddafi sarebbe protetto anche da mercenari, pagati con l'oro della sua riserva personale. Le fonti non escludono che il leader libico possa lasciare il Paese e cercare rifugio nello Zimbabwe di Robert Mugabe, a causa dell'intervento militare della coalizione internazionale.
Ieri sera, Gheddafi è apparso nella sua residenza-bunker di Bab el-Aziziya, a Tripoli, e ha dichiarato che il regime "vincerà questa battaglia", lanciata "da un gruppo di fascisti che finirà nella spazzatura della storia".






Dalla TV inglese BBC giunge la notizia che il leader libico Muammar Gheddafi è apparso in un sito di Tripoli recentemente bombardato ed ha detto ai suoi seguaci: "alla fine noi saremo vittoriosi".
Ha inolte affermato che "tutti gli eserciti islamici" devono unirsi a lui.
Intanto le sue forze sono impegnate in violenti scontri contro i ribelli.
Il leader libico ha pronunciato un discorso di circa tre minuti ripreso dalla TV di Stato ed ha affermato che la difesa aerea più potente in Libia è rappresentata dallo stesso popolo libico che è in suo favore.
Si tratta, sempre secondo quanto ha detto Gheddafi, di "una guerra avviata dai paesi crociati contro l'Islam" ed ha proseguito dicendo "viva l'Islam in tutto il mondo, tutte le armate islamiche devono prendere parte alla battaglia... alla fine noi saremo vittoriosi".
A Misurata, l'ultima città in mano ai ribelli nella Libia Occidentale, si combatte ancora e si tratta di uno dei più sanguinosi campi di battaglia.
Un medico ha riferito all'agenzia Associated Press che il numero dei morti è troppo alto per poter essere gestito dall'ospedale in cui lavora.
Per quanto riguarda invece le forze alleate, i Volenterosi, si registra uno stop che la Turchia ha reso noto a causa dello stravolgimento delle decisioni prese al palazzo di vetro dell'ONU da parte degli alleati che hanno iniziato i bombardamenti in Libia.
Per questo la Turchia ha fatto sapere che non può accettare che la NATO prenda in consegna l'applicazione della no-fly zone.



Dopo l'annuncio arrivato dalla Turchia la Francia ha proposto la costituzione di un nuovo comitato direttivo politico, al di fuori della NATO, che prenda in consegna e si renda responsabile della supervisione delle operazioni militari e dell'applicazione della no-fly zone in Libia.
Il Ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, ha dichiarato che il nuovo organismo dovrebbe riunire tutti i ministri degli esteri degli stati partecipanti includendo Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d'America e la Lega Araba.
Inoltre il Ministro degli Esteri francese ha aggiunto che non tutti i paesi partecipanti fanno parte della NATO e quindi "questa non è una operazione della NATO" anche se la coalizione avrebbe utilizzato la NATO per la pianificazione degli interventi.
Laurence Lee, corrispondente di al Jazeera a Bruxelles, ha dichiarato che la proposta francese potrebbe essere un tentativo della Francia di aggirare tutti gli altri stati partecipanti per "stare davanti nel gioco" ed "essere più sensibili nei confronti di un territorio più o meno inesplorato".

Pare, comunque, secondo il corrispondente dell'emittente in lingua araba, che la proposta possa avere delle possibilità concrete di essere accettata viste le difficoltà di trovare un accordo sulle strade da seguire anche in merito al coinvolgimento della NATO.
Written by Andrea Renzi modificated by Manager_Igor Scarabel



Missili e bombe - Gheddafi - Libia e la guerra economica



Gheddafi parla alla folla, ai suoi sostenitori che sono armati e per un eventuale intervento di terra diventa un grave problema: intanto continuano i bombardamenti e i governativi avanzano ancora contro i ribelli.
Il comando delle operazioni è passato alla Nato, togliendolo di fatto alla Francia: la guerra sta prendendo così una caratteristica più ….accettabile, ma pure la questione economica prende piede.
L'Italia offre le sue basi in cambio di garanzie per i contratti delle nostre ditte, stipulati con Gheddafi: questa decisione spiega molte cose e la guerra in Libia sta diventando una questione sempre più economica, anzi lo è sempre stata.
Pubblicato da Arduino.Rossi a 08:13

Libia ultime notizie - Gheddafi: "Europa e America nazisti"



Mentre continuano i bombardamenti da parte della coalizione che sembra aver trovato un accordo sulla gestione delle operazioni lasciando il comando agli Stati Uniti, torna a parlare Gheddafi, e lo fa direttamente dalle rovine del suo palazzo diroccato di Tripoli.

Libia ultime notizie - Gheddafi: "Europa e America nazisti"
Una mossa strategica non casuale proprio per mostrare lo stato di assedio in cui si trova e passare per vittima. Gheddafi ha parlato e il video del suo discorso è stato trasmesso dalla Cnn. Il Rais ha detto che "americani ed europei sono i nuovi nazisti". "Ma io sono qui, io sono qui e alla fine vinceremo". Il discorso è stato fatto davanti ad alcuni centinaia di suoi sostenitori. Il Colonnello ha proseguito: "Niente mi fa paura, nessun tiranno mi può spaventare". "Non ci arrenderemo, non ci arrenderemo", "non abbiamo paura dei vostri missili, queste bombe mi fanno ridere. Siamo pronti alla battaglia, lunga o breve che sia. Questa è una coalizione di fascisti che finirà nell'immondizia della storia". "Sono inaffondabile. Sono nel mio diritto".

Libia, la Nato: all'Italia le operazioni marittime

I 28 si riuniscono ancora. Parigi vuole il comando. Gheddafi torna in tv: "Stiamo subendo un'aggressione ingiusta". La Germania si chiama fuori.

Angelo Angeli
Nonostante l'intesa raggiunta ieri tra Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna per affidare alla Nato "l'ombrello" delle operazioni in Libia, sono ancora tanti i nodi da scogliere.
Per quersto di riuniscono ancora i 28 ambasciatori della Nato a Bruxelles: per decidere il comando delle operazioni militari. E' quanto si apprende da fonti dell'Alleanza Atlantica, secondo le quali nel pomeriggio ci potrebbe essere l'annuncio di un'intesa.
La Francia, anche oggi, non molla.
La Nato avrà "un ruolo tecnico nelle operazioni in Libia": ha detto il ministro degli esteri Juppè. Chiarendo che però non eserciterà il "pilotaggio politico".
Tradotto: continuiamo a comandare noi.

L'Italia comanderà la componente marittima

Intanto sembra delinearsi il ruolo dell'Italia.
La nostra pensisola avrà un ruolo di primo piano nella missione della Nato per il rispetto dell'embargo delle armi, con il comando della componente marittima. A riferirlo è il colonnello Massimo Panizzi, portavoce del presidente del comitato militare della Nato, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola.


Gheddafi ieri sera torna in tv

Muhammar Gheddafi, nonostante le voci che continuano a circolare su un esilio all'estero - alimentate ieri da Hilary Clinton, segretario di Stato Usa - non ha nessuna intenzione di passare la mano. Ieri sera, a Tripoli, ha tenuto un comizio dalla sua tenda davanti a migliaia di persone che applaudivano:
"Stamo subendo un'aggressione ingiusta": ha detto il leader libico. "Ridiamo dei loro missili, perché noi siamo l'avanguardia di un movimento anti-colonialista. I popoli del mondo sono con noi. Siamo aggrediti da un pugno di fascisti", ha insistito più volte il rais, nascondendo ai suoi sostenitori l'isolamento internazionale in cui si trova il suo regime.
Anzi Gheddafi ha cercato di dare l'impressione opposta e di presentare se stesso e i libici come vittima di un'aggressione: "Vinceremo, io resto qui, resto qui, resto qui", ha concluso. 

Le notizie di ieri: la Nato coordinerà l'intervento, ma la Germania è out

Sarà la Nato a coordinare l'intervento in Libia. E sulla decisione hanno pesato le scelte del presidente degli Stati Uniti, Obama, che non intende esporre il suo paese a un'avventura troppo onerosa, in termini di uomini e di mezzi.
L'esperienza dell'Irak pesa ancora.
La decisione arriva dopo un'intesa con Erdogan, presidente della Turchia, il paese che aveva le maggiori riserve su un intervento dell'Alleanza atlantica in un paese musulmano.
Obama e il premier turco hanno concordato che i "contributi nazionali" per l'attuazione della risoluzione Onu "sono resi possibili dalle capacità di controllo e dal comando unico e multinazionale della Nato".
Obama chiarisce che l'intervento avverrà d'intesa con l'Inghilyterra e con la Francia, che ha detto no polemiche artificiali. Ma le tensioni tra francesi e italiani restano tutte.
La Francia che aveva puntato su un ruolo da protagonista in Libia, deve quindi prendere atto dello stop Usa.Significativa in serata la defezione della Germania.
I tedeschi hanno annunciato che non parteciperanno, con la Nato, alle missioni nel Mediterraneo.


Rasmussen: "Embargo Nato delle armi"

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha confermato che l'organizzazione ha ''deciso di lanciare un'operazione per imporre l'embargo sulle armi contro la Libia''.
Il comando delle navi e degli aerei dell'Alleanza atlantica nel Mediterraneo centrale è affidato all'ammiraglio Stavridis.
Rasmussen ha chiarito che la Nato ha anche ''completato i piani per imporre una no-fly zone per portare il nostro contributo, se necessario al vasto sforzo internazionale per proteggere il popolo libico dalla violenza del regime di Gheddafi''.


Quarto giorno di guerra, tra le incertezze diplomatiche

Quarto giorno di guerra, in Libia. E l'Italia, dopo lo scontro diplomatico di ieri con la Francia, continua a chiedere l'intervento della Nato.
Questa mattina sul tema intreviene anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Durante un incontro informale con una delegazione bi-partisan della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, guidata da Nancy Pelosi, il capo dello Stato ha ribadito l'esigenza imprescindibile sostenuta dall'Italia, in piena sintonia con Stati Uniti, Regno Unito ed altri alleati, di un comando unificato, osservando che la Nato "rappresenta la soluzione di gran lunga più appropriata". 
Napolitano è anche tornato a legittimare l'intervento militare in corso, ricordando che si fonda sulle prescrizioni del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite volte a garantire risposte anche militari ad ogni violazione o minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.
Il problema, però, è proprio nella catena di comando della Nato. Un vertice dovrebbe concludersi in giornata con una decisione. Che al momento non c'è.

La Francia: "No a polemiche artificiali sulla Nato"

La Francia, intanto, prova a ridimensionare la questione.
"Non creiamo polemiche artificiali sul ruolo della Nato in Libia": ha detto nel corso di una conferenza stampa a Parigi la portavoce del ministero degli Esteri francese, Christine Fages.
La Francia, ha ribadito, non esclude "un contributo" dell'Alleanza atlantica.
Una posizione evidentemente diversa da quella dell'Italia, Gran Bretagna e altri alleati. Che invece di "non escludere" l'intervento dell'Alleanza atlantica, lo chiedono a gran voce. 

Oggi al Senato e domani alla Camera dibattito e voto sulla missione

Per quanto riguarda il dibattito interno sulla missione, oggi ci sarà il dibattito al Senato e domani mattina in Aula alla Camera sull'intervento in Libia. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo.
Le opposizioni hanno chiesto che sia il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a riferire.


Gheddafi al contrattacco

Dopo la notte di bombe alleate Gheddafi è passato al contrattacco. Questa mattina le forze armate del rais hanno attaccato i ribelli a Zintan, cittadina che si trova a circa 120 chilometri a sud est della capitale. La notizia è stata data da Al Jazeera, mentre la Bbc riferisce di altri attacchi da terra a Misurata. La città è in ginocchio, senza energia elettrica e acqua da una settimana, mentre i feriti affollano l'ospedale cittadino. I colpi di questa mattina hanno fatto molte vittime tra i civili, testimoni raccointano di almeno 40 morti sotto i colpi dell'artiglieria tra i quali quattro bambini.  

Precipitato aereo Usa

Secondoi il Daily Thelegraph  un caccia statunitense è precipitato dai cieli libici, il pilota è riuscito a mettersi in salvo. Secondo le prime notizie l'aereo si è schiantato a causa di un'avaria. Non sembra coinvolta la contraerea libica. 

La Turchia: "Il comando passi alla Nato"

Proisegue intanto la discussione sul futuro dell'intervento militare. Alle polemiche di questi giorni si è aggiunta la Turchia. Il presidente Erdogan si  unito al coro di quanti chiedono che le redini della situazione passino alla Nato, e ha chiesto espressamente chiesto espressamente che gli attacchi vengano coordinati dall'Alleanza e non da un solo stato. 

L'offensiva occidentale

Questa notte gli aeri della coalizione hanno colpito la capitale, Zintan, Misurata, Sirte, Sabha. La tv libica ha parlato di vittime tra i civili, e testimoni raccontano  di bombardamenti decisamente più pesanti rispetto a quelli dei primi tre giorni, che hanno spaventato la popolazione. Ma la coalizione ha confermato che gli obiettivi sono stati e resteranno porti e aeroporti, non insediamenti civili. 
Ieri è stata colpita anche la residenza di Gheddafi a Tripoli, ma il rais è salvo. 

Nodo Nato: tra Francia e Italia è scontro

Ma a tre giorni dal via libera della missione "Odissea all'alba", la coalizione sembra già in crisi. Poco chiari sembrano gli obiettivi ( mentre i caccia britannici bombardavano il quartier generale di Gheddafi gli Usa dichiaravano che il colonnello "non era l'obiettivo"), e gli stati membri della coalizione .
Mentre la Norvegia si sfila dalle operazioni militari, evidentemente poco convinta dalle opacità della missione, tra Francia e Italia è scontro aperto.
Il nodo è l'intervento della Nato, richiesto a gran voce dal governo italiano e che poco convince invece Parigi. A far scoppiare la scintilla sono state le parole del ministro degli Esteri Frattini, che senza l'intervento dell'Alleanza atlantica ha minacciato di riprendere il controllo delle basi italiane. "Se la Nato non assumerà a breve il coordinamento delle operazioni militari in Libia - ha dichiarato - se ci fosse una moltiplicazione dei comandi, dovremo studiare un modo perché l'Italia assuma la responsabilità del controllo delle proprie basi".

La replica francese 

"La Francia applica pienamente e unicamente la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite, che corrisponde anche alla visione della diplomazia italiana": ha replicato piccato il generale francese Philippe Ponthies, portavoce del ministero francese della Difesa.

La Gran Bretagna appoggia l'Italia 

Intanto anche la Gran Bretagna, che avrebbe dovuto prendere il comando delle operazioni assieme alla Francia si è defilata appoggiando le richieste dell'Italia: "Con il tempo vogliamo che il comando e il controllo dell'operazione passi alla Nato", ha detto il primo ministro David Cameron. Anche il Belgio è favorevole a questa opzione, mentre la Germania continua a sostenere la contrarietà a tutta l'operazione.


Berlusconi: "Addolorato per Gheddafi"

In serata è intervenuto anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "Il comando dell'operazione deve tornare alla Nato": ha detto il premier. Aggiungendo sul nostro intervento: "I nostri aerei non hanno sparato e non spareranno". In serata il premier è tornato sull'argomento e durante una cena a sostegno del candidato Pdl a sindaco di Torino ha dichiarato: "Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente".


Obama: "Via Gheddafi"

Anche gli Usa non sembrano avere le idee chiarissime in questo momento. "Muammar Gheddafi deve lasciare il potere": ha ribadito Barack Obama nel corso di una conferenza stampa tenuta a Santiago del Cile, dove il presidente degli Stati Uniti è in visita ufficiale. Ma gli americano hanno sempre sostenuto che non vogliono appoggiare tout court la ribellione anti rais, e che non vogliono rovesciare il regime. 

La Nato decide domani

La Nato dovrà quindi chiarire più di un punto. Ma per ora, dall'Alleanza Atlantica non arriva nessuna notizia. La decisione attesa per oggi sull'accordo tra i 28 alleati e sulle modalità e i ruoli della missione militare internazionale in Libia, non arriva. "Le discussioni di oggi non sono concluse e proseguiranno domani": ha riferito ieri una fonte dell'Alleanza. Lo scoglio più grande sarebbe proprio la contrarietà francese a cedere la catena di comando della missione.



Giallo sulla morte di Khamis Gheddafi 


Intanto è giallo sulla presunta morte di uno dei figli di Gheddafi, Khamis (nella foto), a capo delle forze che hanno assalito Misurata.
Khamis sarebbe deceduto ieri a Tripoli secondo quanto ha annunciato il sito dell'opposikzione libica al-Manara, morto per le ferite riportate nei giorni scorsi quando un pilota dell'aviazione libica passato con l'opposizione. Avrebbe aperto il fuoco contro di lui nei pressi della caserma di Bab al-Aziziya, nel centro di Tripoli.
La notizia è stata però smentita dal governo libico.


Disutrutta la residenza di Gheddafi

Un edificio amministrativo situato nel complesso di Bab el Aziziya a Tripoli, la residenza di Gheddafi, è stato totalmente distrutto, ieri sera, da un missile. L'edificio sorgeva ad appena una cinquantina di metri dalla tenda dove il colonnello è solito ricevere gli ospiti importanti.
Alcuni giornalisti stranieri sono stati portati sul posto e un portavoce del governo di Tripoli ha spiegato che l'edificio era adibito a funzioni amministrative.
A colpirlo, ha aggiunto, è stato un missile.


Odissey Dawn, scatta nella notte "Odissea all'alba"

Si chiama "Odissea all'alba" l'operazione già partita nella notte per distruggere la contraerea libica. Lo annuncia il Pentagono.
Alla missione partecipa una coalizione di cinque paesi: oltre agli Usa, coinvolti Gran Bretagna, Francia, Italia e Canada.
La coalizione, che è pronta a colpire le difese aeree libiche, in particolare quelle intorno a Tripoli e Misurata, ha circa 25 navi e sottomarini nel Mediterraneo e alcuni di essi sono molto vicini alle coste libiche.
La tv di Stato libica ha annunciato intanto che sono stati bombardati obiettivi civili.

Gheddafi torna in tv: "Reagiremo"

Gheddafi non resta a guardare. Il colonnello torna a parlare in tv e contro quella che definisce "un'aggressione coloniale" minaccia di attaccare "obiettivi civili e militari" nel Mediterraneo.
Il rais ha anche annunciato che "i depositi di armi sono stati aperti" per consentire al popolo di difendere la Libia.

Missili Tomahawak dai sottomarini

Dopo che nel pomeriggio hanno aperto il fuoco gli aerei francesi, secondo le ultime notizie missili Tomahawk sono partiti ora contro la Libia dai sottomarini americani e inglesi. Lo riferisce la Bbc citando fonti del Pentagano.


L’Italia smentisce: nessun aereo italiano in Libia

L'emittente "Al-Arabiya" ha riferito che aerei italiani hanno avviato una "missione di sorveglianza" sulla Libia, dopo l'inizio delle operazioni di ricognizione dei caccia francesi che ha portato al primo raid sul paese nordafricano. Ma fonti della Difesa italiana, interpellate dall'Adnkronos, non confermano quanto riferito dall'emittente.

La decisione presa nel vertice di Parigi

Il vertice di Parigi ha deciso: la Libia sarà attaccata militarmente.
L'annuncio arriva  da Sarkozy: abbiamo deciso - ha detto il presidente francese - di mettere in atto tutte le iniziative, anche militari, per far rispettare la risoluzione dell'Onu.
All'azione militare non parteciperà la Germania; mentre l'Italia - per ora - metterà a disposizione le basi militari.
I caccia francesi "Rafale" sono stati i primi a partire. Sono decollati dalla loro base di Saint-Dizier, nella Francia orientale.
Gli aerei militari americani saranno impiegati in un secondo momento; ma secondo il Washington Post navi Usa nel mediterraneo sono già pronte a bombardare la contraerea libica.

La Francia apre il fuoco: distrutti carri armati

L'aviazione francese apre il fuoco per la prima volta.
Abbiamo distrutto in Libia "alcuni carri armati e veicoli blindati": ha annunciato un funzionario del ministero della Difesa a Parigi.
Srcondo Al Jazeera, sono stati distrutti dalla Francia quattro carri armati appartenenti alle truppe del colonnello Muammar Gheddafi.
I raid aerei francesi contro la Libia sono iniziati alle 17,45 di oggi e sono concentrati su una zona compresa entro un raggio di 100-150 chilometri da Bengasi. Lo ha reso noto il ministero della Difesa francese, precisando che gli aerei francesi che prendono parte al raid sono una ventina.

Berlusconi: "Per ora mettiamo a disposizione le basi"

L'Italia - ha spiegato il premier Berlusconi - per ora ha fornito le basi militari alla coalizione. "Vedremo in seguito - ha spiegato - se partecipare ai raid".
Il presidente del Consiglio ha poi aggiunto che i missili libici non possono raggiungere l'Italia.
Al momento undici Tornado della Frecce rosse della forza aerea britannica sono atterrati nella base militare a Cipro. Gli aerei sono partiti dalla base del Lincolnshire e sono arrivati in quella di Akrotiri.

Aerei italiani pronti a Tripoli

Pronta a intervenira anche l'aeronautica militare italiana. A Trapani sono già arrivati i Tornado Ecr del 50° stormo di Piacenza specializzati nella guerra elettronica e i Tornado Eds cacciabombadieri del 6° stormo di Ghedi, più gli Eurofighetr del 4° stormo di Grosseto.
Sono presenti inoltre i velivoli da ricognizione Awacs e numerosi Tanker, i velivoli per il rifornimento in volo.
Sembra poi che le operazioni per la "no fly zone" saranno dirette dagli Usa a Napoli.

La Germania non partecipa

La Germania ha deciso invece di non partecipare all'azione militare, lo ha annunciato la cancelliera tedesca Angela Merkel.

Il vertice a Parigi: individuati 15 obiettivi

Le prima notizie dal vertice di Parigi - dove si sono riuniti i leader americani, europei ed arabi - davano ormai per certo l'attacco alla Libia. Previsto tra le 15 e le 16.
A bombardare per primi sembrano essere Gran Bretagna, Francia, Norvegia e Canada. In seconda battuta Usa e Paesi arabi.
L'azione militare potrebbe cominciare con un bombardamento di missili Cruise per neutralizzare le difese aeree libiche, bombardamenti ravvicinati delle piste di decollo. Ci sarebbero circa 15 obiettivi già individuati tra aerei ed elicotteri, centri di comando, installazioni radar e batterie di difesa anti aerea.
La forza aerea di Gheddafi conta su circa 400 velivoli, in prevalenza Mig di fabbricazione russa, ma solo 20 o 30 sono considerati operativi.
Presente all'Eliseo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; mentre nessun rappresentante dell'Unione africana figura nella lista dei partecipanti, come ci si apettava fino a oggi.
Gli Stati Uniti hanno sottolineato che Gheddafi sta violando una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che gli ha ordinato un cessate il fuoco immediato. Ieri sera infatti Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e paesi arabi hanno inviato a Gheddafi un ultimatum per cessare ''immediatamente'' tutti gli attacchi contro il suo popolo.

Minacce a Londra e Parigi: "Vi pentirete"

In una lettera indirizzata a Nicolas Sarkozy e a James Cameron, Gheddafi ha minacciato il presidente francese e il premier britannico, spiegando che le potenze occidentali non hanno diritto di intervenire in Libia e che "si pentiranno" della loro ingerenza.
Secondo quanto detto dal portavoce del governo libico, Mussa Ibrahim, la lettera, oltre che ai leader francese e britannico, è indirizzata anche al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon.
Nella missiva Gheddafi scrive che ogni azione militare contro la Libia sarebbe una "un'ingiustizia, una chiara aggressione".
"Ve ne pentirete se interverrete nei nostri affari interni": scrive inoltre il colonnello. "La Libia non è vostra...Questo è il nostro paese, non è il vostro paese". In un'altra lettera inviata a Barack Obama, il leader libico scrive: "Tutto il popolo libico è dalla mia parte, tutti sono pronti a morire per me, io qui sto combattendo contro Al Qaeda, cosa pensa di fare?".


Il politologo francese Olivier Roy sulla Libia: “Guerra civile o colpo di coda di un dittatore” - L’ANALISI


Se non fossimo intervenuti militarmente le truppe di Gheddafi sarebbero entrate a Bengasi e avrebbero fatto un massacro che gli arabi avrebbero rinfacciato a noi occidentali“, osserva il politologo - ed editorialista di Le Monde - francese Olivier Roy.
Nei giorni giorni scorsi lo studioso aveva sostenuto una tesi secondo la quale i giovani arabi scesi in piazza appartengono a una generazione post-islamista: si sono lasciati alle spalle le vecchie ideologie per passare a slogan concreti che esprimono il rifiuto delle dittature corrotte e la richiesta di diritti. Questo non vuol dire che i manifestanti siano laici, ma che non vedono nell’Islam la soluzione per un mondo migliore. E quindi i Fratelli musulmani non saranno in grado di prendere le redini dell’Egitto, anche se potranno avere un ruolo alleandosi ai conservatori legati al regime precedente”.
Secondo Roy, ad aver fatto il suo tempo è anche il panarabismo, a cui è subentrato “uno spazio di rappresentazione mediatica dove domina il mimetismo: gli arabi si guardano l’un l’altro, come in uno specchio: la cacciata del tunisino Ben Ali ha affascinato altri arabi e ha scatenato ulteriori rivolte”.
Nel caso della Libia, “Gheddafi ha litigato con quasi tutti i dirigenti mediorientali, che non vedono l’ora che se ne vada. Anche se, di fronte all’attacco militare, la Lega araba è in imbarazzo per due motivi: non può legittimare un’operazione che ricorda l’intervento americano in Iraq del 2003, e non vuole che l’opposizione prenda il potere con le armi, con una sollevazione popolare che potrebbe essere presa d’esempio”.
L’imbarazzo è condiviso dall’Unione Africana: “Diversi Paesi sono stati finanziati da Gheddafi, e ora temono la vittoria dell’opposizione libica che potrebbe ispirare le regioni africane in subbuglio”.
L’esito libico è incerto e Roy individua due scenari. Se Gheddafi resiste più del previsto, ci ritroveremo “come in Iraq negli anni Ottanta, con la prospettiva di una partizione del Paese”. Sarebbe invece auspicabile che “l’opposizione fosse sufficientemente organizzata e forte per marciare su Tripoli e prendere il potere. Per ora non è certo se l’opposizione sarà in grado di uscire dal suo feudo in Cirenaica, non è chiaro il sostegno di cui Gheddafi gode ancora nella regione di Tripoli, e non sappiamo nemmeno se è in corso una guerra civile o se questo è il colpo di coda di un dittatore“.
Il politologo francese comprende le incertezze dell’Italia, che assolve buttandola sul ridere: “Sdoganare il colonnello è stato un errore, ma il premier Berlusconi non è il solo leader europeo ad avere baciato la mano a Gheddafi!”.
L’Italia ha tutto l’interesse a una soluzione rapida, per motivi legati non solo all’approvvigionamento energetico ma anche alla sicurezza e all’immigrazione: “Gheddafi non ha simpatizzanti né legami con i gruppi terroristici transnazionali, il solo pericolo è che paghi qualcuno per far scoppiare una bomba”.
Per quanto riguarda l’immigrazione, “a voler venire in Europa sono gli abitanti dell’Africa nera, ormail’ondata migratoria maghrebina si è esaurita e coloro che arrivano a Lampedusa sono solo in transito”.
Farian Sabahi, docente presso l’Università di Torino e giornalista specializzata, scrive per il Sole24ore, Io Donna e Vanity Fair. Collabora con alcune radio locali e straniere



'Quarant’anni per riavvicinare Gheddafi in un giorno hanno spazzato via tutto'

Monsignor Martinelli, vicario apostolico veronese, parla dalla «sua» Tripoli. Il vescovo: bombe di notte, non dormiamo. La richiesta di una colletta

Il vescovo Giovanni Innocenzo Martinelli
Il vescovo Giovanni Innocenzo Martinelli
VERONA — «Verona, la mia bella Verona… Come va a Verona?». Ti spiazza già così. A chiederti - lui - come va. Lui che è sotto le bombe di Tripoli e che si preoccupa di come va nella sua paciosa terra d'origine. Risponde al telefono senza tanti preamboli, quello che potrebbe farti passare da centralino, segretario e via andando. Il vescovo di Tripoli, Giovanni Innocenzo Martinelli.
Monsignor Martinelli, lasci stare come va qui. Ci dica come sta lei... «Non dormiamo. Niente da fare neanche stanotte (ieri per chi legge, ndr). E poi di giorno sei così… Ti senti come se fossi un po' ubriaco». E' quando gli ricordi il motivo di quell'insonnia, che l'«ubriacatura» gli passa di colpo e lui torna ad essere quello che è. Il vicario apostolico della capitale libica. Il francescano veronese che di porgere l'altra guancia sull'altare della politica non ne ha nessuna intenzione.
Di lei in Italia ormai si parla come del vescovo che combatte la guerra. E’ così? «'Ste bombe... Le sganciano di notte. E sono inutili. Una cosa assolutamente irragionevole... Non serve a niente. Specialmente in Libia, specialmente con questo Rais. Specialmente da parte dell'Italia. C'è stata una lenta preparazione, si era arrivati a un rapporto che non dico bello, ma se non altro d'amicizia».
Lei è a Tripoli da quarant’anni. Ha tessuto questo rapporto. Com’è la situazione adesso? «L'Italia in questo rapporto era in prima linea e di punto in bianco cosa fa? Spazza via tutto». No, l'altra guancia Giovanni Innocenzo Martinelli non la porge. Proprio per niente.
Cosa si doveva fare secondo lei? «Si vorranno anche proteggere gli insorti, non dico di no, ma a me sembrava più logico provare con la via del dialogo. L'Italia si doveva proporre come mediatore tra Gheddafi e chi protestava».
Lei è accusato di essere "filo Gheddafi", come risponde a queste accuse? «Prima con lui ci firmi i patti d'amicizia e poi cosa fai? Bombardi. Ma cosa vuoi fare? Vuoi eliminare quello con cui hai firmato? Mi dici che lo fai perché lui spara sui civili… Sarà anche vero, ma la soluzione della guerra è assurda… ».
Ha detto che non vuole lasciare Tripoli. Ma adesso ha paura? «Assolutamente no. I libici ci vogliono bene, ci rispettano. In questi giorni portano loro il pane alle suore, per evitare che escano e che corrano pericoli».
Lei come passa la giornata? «La chiesa si svuota ogni giorno di più. Quasi tutti i cristiani sono andati via. Prima ogni giorno avevamo le messe in italiano, in francese, in coreano e in altre lingue. Adesso ne celebro una al giorno».
Gli italiani sono andati via, a partire dai diplomatici. Si sente abbandonato?«Stamattina ho sentito l'ambasciatore brasiliano. E' un bravo cristiano…». Un sassolino tolto dalla scarpa vescovile e buttato là. E non è l'unico.
Cosa si deve fare per la Libia? « Qui ormai l'unica cosa da fare è donare la pace. E' sostenere la speranza».
In molti vorrebbero che lei tornasse a casa, a Verona... «No... Io non ci torno, non ha senso. La mia casa è qui. Cioè, ci torno volentieri, ogni tanto. Ma il Signore mi ha affidato questa famiglia, la Libia. E io questa famiglia non la lascio».
Allora cosa vorrebbe che si facesse da qui per lei e per la Libia? «Voi, da Verona e dal Veneto potete fare una bella colletta per i poveri che ho in chiesa. Non che non ci sia da sfamarli, per carità, ma non hanno i soldi per pagare l’affitto, i vestiti. Voi fate una bella colletta e poi la date a me». E, ovviamente, la consegna potrà avvenire in un luogo solo. A Tripoli.

Angiola Petronio23 marzo 2011



La Libia sbarca in Parlamento

La Camera dei deputati (Adnkronos)
La Camera dei deputati (Adnkronos)

ultimo aggiornamento: 22 marzo, ore 21:04
Roma, 22 mar. (Adnkronos/Ign) - Dadomani il dibattito in Senato e giovedì tocca alla Camera. Berlusconi ''dispiaciuto'' per Gheddafi. Bersani: "Governo confuso svilisce l'Italia". Casini : "Noi siamo dalla parte delle vittime, non del carnefice"

Libia: Gheddafi, 'missili della coalizione mi fanno ridere'
Il leader libico ha esortato i suoi sostenitori
Tripoli - Gheddafi è tornato a parlare in pubblico, dalla sua residenza di Bab el Azizya a Tripoli, promettendo ai suoi sostenitori la vittoria finale e dichiarando: "le bombe della coalizione mi fanno ridere". Una dichiarazione, quella del leader libico ai sostenitori, che sfida l'occidente e le forze di coalizione. Gheddafi ha poi sollecitato gli "eserciti islamici" a schierarsi al suo fianco per far fronte a quella che ha definito "una crociata scatenata contro l'Islam".
Nel suo intervento. il colonnello ha dichiarato: "Niente mi fa paura, nessun tiranno mi può spaventare", sostenendo che gli attacchi sono compiuti da "una manica di nazisti che finiranno nella spazzatura della storia", aggiungendo che la "miglior difesa antiaerea è il popolo e Gheddafi è in mezzo al popolo".

Nella giornata di ieri, il presidente degli Stati Uniti 
Barack Obama ha dichiarato che nei prossimi giorni arriverà una decisione chiara sul comando delle operazioni in libia. La situazione pare essersi sbloccata dopo che il presidente francese Sarkozy, in una comunicazione con Obama, gli ha detto che è una buona soluzione mettere le strutture della Nato al servizio di un comando internazionale per le operazioni in Libia.

Mentre per quanto riguarda il ruolo dell'Italia, nelle giornate di oggi e domani i ministri degli Esteri Franco Frattini e della Difesa Ignazio La Russa, riferiranno sulla missione e chiederanno il voto delle camere.
23/3/2011

Libia: la Francia cede, anche la Nato contro Gheddafi
Scritto da Simone Nastasi   
Martedì 22 Marzo 2011 23:00
Anche la Francia è favorevole ad un ruolo della Nato nell'operazione “Odissea all'alba” iniziata la scorsa settimana dalle forze occidentali contro il regime di Gheddafi. Lo avrebbe dichiarato nella serata di martedì Bernard Valero, il portavoce del ministro degli Esteri francese all'agenzia Ansa. La decisione del governo francese è maturata dopo l'incontro che il premier Nicolas Sarkozì ha avuto con il presidente americano Barak Obama. Il ruolo dell'organizzazione sorta nel 1949 sarà di “sostegno alle operazioni che le forze della coalizione stanno conducendo in Libia”. Ma l'ingresso della Nato nell'operazione avrà anche il fine secondo di togliere peso all'azione della Francia aumentando di fatto il peso degli Stati Uniti. L'Italia ha voluto da subito che la missione venisse gestita in seno all'organizzazione militare atlantica.
Le operazioni militari erano cominciate nella giornata di venerdì pochi giorni dopo l'approvazione della Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza in cui veniva chiesta l'immediata cessazione dell'ostilità e autorizzato l'embargo di armi alla Libia. Il documento approvato nel Palazzo di Vetro, con l'astensione di Cina, Russia e Germania, aveva inoltre autorizzato l'istituzione della no-fly zone sopra i cieli libici con l'obiettivo di togliere a Gheddafi la possibilità di bombardare dall'alto i ribelli.
Dopo l'inizio dei bombardamenti alla capitale libica, l'Eliseo aveva preso il controllo delle operazioni militari insieme al governo inglese, con il sostegno della Casa Bianca. Obama però a differenza dei suoi colleghi Sarkozì e Cameron non ha mai voluto schierarsi ufficialmente in prima fila nelle operazioni militari. L'atteggiamento di Washington è stato per questo criticato da più parti, giudicato troppo attendista e poco idoneo al ruolo di quella che ancora è considerata la prima tra le potenze occidentali.
L'Italia di Silvio Berlusconi ha avuto anch'essa un atteggiamento ambiguo. A differenza di Sarkozì, il presidente italiano ha negli anni stretto una vera e propria amicizia con il leader libico aldilà dei ruoli istituzionali. Nella giornata di lunedì Berlusconi ha detto di essere “ addolorato” per Gheddafi al quale nel 2009 aveva riservato un'accoglienza trionfale da molti giudicata eccessiva e non corrisposta dalla controparte. Era stato firmato il Trattato di Amicizia con cui l'Italia si impegnava a costruire in territorio libico infrastrutture per un costo totale di 5 miliardi di dollari americani. Il prezzo da pagare per i peccati coloniali. Gheddafi di contro avrebbe dovuto impegnarsi a controllare i flussi migratori clandestini in partenza verso le coste italiane.
Ma Tripoli è per l'Italia soprattutto il primo partner commerciale: il fabbisogno energetico della Penisola è soddisfatto al 10% grazie all'importazione di gas e petrolio libici. Inoltre alcuni fondi del Rais possiedono importanti partecipazioni in società italiane tra le quali Eni e Finmeccanica. E' chiaro da questo punto di vista quanto per l'Italia sia difficile dichiararsi nemica del primo tra i suoi partner in affari. Con l'inizio delle ostilità sono inevitabilmente saltati tutti gli accordi. Se il Trattato di Amicizia è finito da subito nel cestino “ per il venir meno della controparte” disse Frattini, è diverso il discorso delle partecipazioni libiche nelle società italiane. “Verranno ritirate” ha detto al Corriere della Sera uno dei figli del Rais, Saif al Islam. Di più, dall'entourage del Colonnello hanno fatto sapere che l'Italia “ ha tradito” Tripoli ed è per questo ormai considerata “ nemica” della Libia.
La situazione non è semplice. Gheddafi se non da un lato è da considerare un dittatore sanguinario, da un altro era riuscito nel corso degli anni, per ragioni di real politik o semplicemente per affari, a mantenere almeno rapporti di buon vicinato con la sponda europea del Mediterraneo. La Libia è un crocevia importante di traffici migratori verso il Vecchio Continente e la presenza del Rais ha avuto il buon effetto di controllare le coste. Da questo punto di vista, senza Gheddafi, le forze occidentali Francia e Italia in testa. sanno quello che perdono non quello che troveranno in futuro.
Dittatori come Gheddafi ma anche Mubarak o prima ancora Saddam hanno saputo “ stabilizzare” un'area difficile come quella mediorientale. “Esportare la democrazia” e l'idea che di essa in Occidente non è impresa semplice e l'Iraq del dopo Saddam ne è la prova provata.
L'Afghanistan è un vulcano in attività permanente sempre pronto ad eruttare fuoco, fiamme e morti.
A differenza della guerra in Iraq i ruoli di comando nella coalizione che ha dato il via alle operazioni in Libia, sembrano essersi invertiti. La Francia che allora si oppose alla destituzione di Saddam Hussein ha mostrato da subito l'intenzione di defenestrare il Rais libico. E'stato Sarkozì primo tra gli altri a dichiarare guerra. Perchè di questo si tratta, senza se e senza ma. E sopratutto senza inutili ipocrisie. Con la speranza che la missione dal nome omerico non si riveli l'alba di un'altra Odissea senza fine.
 Raid della coalizione su Misurata
"Colpite le forze di terra di Gheddafi"
La Francia: alla Nato un ruolo tecnico

I ribelli festeggiano i raid della Coalizione a Bengasi


All'Italia il comando navale
per l'embargo delle armi. Parigi
in pressing, martedì si riunisce
a Londra la «cabina di regia»

I raid aerei contro le forze di Gheddafi salgono di intensità e secondo il capo della raf britannica l'aviazione di Gheddafi è stata virtualmente neutralizzata. Le operazioni militari, dice a sua volta il ministro degli esteri francese Juppè, non dovrebbero durare a lungo, e da Roma il ministro degli esteri italiano Frattini spiega la posizione di Roma: non stiamo facendo una guerra, dice, ma impedendo una guerra.

Sul terreno, la coalizione alleata sembra intensificare le sue azioni contro le truppe del regime. L'aviazione militare libica «non esiste più in quanto forza operativa», ha detto il comandante delle forze della Raf generale Greg Bagwell. E oggi l'aviazione alleata ha attaccato le forze di Gheddafi a Misurata, Ajdabiya e Zenten. Si fa anche più concreta la possibilità di un'azione contro le truppe guidate dal figlio di Gheddafi Khamis. La sua 32esima Brigata è «una delle principali forze del colonnello Gheddafi» che «stiamo monitorando da vicino», ha detto al Telegraph l'Ammiraglio Samuel Locklear dalla nave Usa Mount Whitney. Gli aerei della coalizione colpiranno l'unità di Khamis, che conta circa 10.000 uomini, «nelle prossime ore e giorni», ha aggiunto.

Sul fronte diplomatico, si continua a cercare di definire un accordo. Il ministro degli Esteri francese Alain Jupp, oltre a dirsi convinto che le operazioni militari saranno brevi, ha ribadito che la Nato non avrà «il comando politico» della missione lanciata dalla coalizione internazionale in Libia, ma interverrà come «strumento di pianificazione e guida operativa» per garantire il rispetto della no-fly zone.

Ieri sera Parigi e Washington avevano annunciato di aver raggiunto un accordo sul comando della missione, presentandolo però in modo diverso. Per la Casa Bianca, Stati Uniti, Francia e Regno Unito avevano raggiunto un'intesa per affidare alla Nato un «ruolo chiave» nell'operazione. Espressione non ripresa invece dall'Eliseo, che aveva invece riferito di un colloquio telefonico tra Barack Obama e Nicolas Sarkozy, in cui i due leader «hanno raggiunto un accordo sulle modalità di utilizzo delle strutture di comando della Nato a sostegno della coalizione».

Oggi si è riunito il Consiglio Nord Atlantico per precisare meglio l'accordo di massima raggiunto da Obama e Sarkozy. Intanto, la Nato ha fatto sapere di avviare oggi il pattugliamento navale per garantire il rispetto dell'embargo sulle armi imposto dalla comunità internazionale alla Libia. Il comando di questa missione è stato affidato a un ammiraglio italiano.



"Medierò io con Gheddafi"
La tentazione di Berlusconi

Tornado italiani all'areoporto di Trapani Birgi




Prima il cessate il fuoco,
poi una trattativa a tutto
campo anche con il rais

AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Cessare il fuoco, pensare al dopo, anche dialogando con Gheddafi. Berlusconi vuole che al più presto le armi tacciano, che i cacciabombardieri rimangano sulle piste per tentare di aprire una fase di trattativa con i ribelli da un lato e con il Colonnello dall’altro. Dovrebbero essere poi le Nazioni Unite a verificare sul campo che la tregua sia effettiva, rispettata veramente da entrambe le parti. A quel punto potrebbe iniziare una trattativa di pacificazione, con un ruolo attivo dell'Unione africana nei confronti di Gheddafi per convincerlo a lasciare o a trovare un’intesa. Mentre l'Italia potrebbe svolgere il «suo ruolo naturale» di dialogo con la «nuova Libia» e il comitato degli insorti di Bengasi, città dove abbiamo da poco riaperto il consolato italiano. E una volta che politica e diplomazia avranno ripreso la parola, Berlusconi non esclude di ritornare a parlare direttamente con il Raiss. Disposto anche a recarsi a Tripoli.

Il premier batte su un tasto: «Dobbiamo smetterla di dare l'impressione di essere in guerra». Gli italiani a suo avviso sarebbero spaventati. Il nostro Paese sta facendo la sua parte accanto alla coalizione dei volenterosi per aiutare il popolo libico e non per cacciare, o peggio ancora, eliminare il Colonnello. Il Cavaliere ha commissionato un sondaggio dal quale risulta che il 75% dei cittadini è contrario all’azione militare. Confermandosi nella convinzione che sarebbe stato meglio non infilarsi in questa vicenda. Ma tant’è, ormai ci siamo dentro e bisogna gestirla, frenando le manie di grandezza della Francia, le mire egemoniche di Sarkozy nel mediterraneo e sul petrolio libico. «Al di là di tutto e del fatto che sono addolorato per Gheddafi - ha osservato - dobbiamo difendere i nostri interessi economici. Non possiamo consentire che l'Eni venga soppiantata da Total».

Ieri sera Berlusconi ha appreso che Sarkozy, dopo la telefonata di Obama, avrebbe aperto alla possibilità di un comando integrato con la Nato. Ma il premier è prudente: vuole capire se si tratta veramente di un cambio di rotta dell’Eliseo. E’ confortato tuttavia dalle posizioni della Russia, della Turchia e di quei Paesi che vogliono uno stop ai bombardamenti. Il premier guarda anche alla Germania neutralista. Frattini però gli ha fatto presente che la Merkel sta pagando un prezzo politico altissimo per la sua posizione neutralista. Il ministro degli Esteri gli ha consegnato un dossier su quello che scrivono i giornali tedeschi dal quale emerge un vero e proprio j'accuse nei confronti della Cancelliera. E questo a conferma del fatto che l’Italia doveva partecipare alla coalizione in maniera leale. Anche La Russa ha avuto modo di spiegare a Berlusconi che non potevamo restarne fuori anche se ora la Lega non fa altro che lucrare consensi su una rendita di posizione neutralista. Il ministro della Difesa è arrabbiato con quelli che dentro e fuori il Pdl lo accusano di avere schiacciato il governo su un’immagine da guerrafondai.

«La nostra era una strada obbligata. Di me hanno fatto la classica caricatura di Fiorello... “Bombardate!”, perché sono di destra. La verità è che l’unico moderato sono stato io. Ho chiamato Berlusconi alle 2 di notte per dirgli che ci avevano chiesto l’uso dei bombardieri e che io ho rifiutato. E infatti non abbiamo sparato nemmeno un colpo con i nostri Tornado che hanno solo l'obiettivo di "accecare" i radar libici». Quando La Russa si è lamentato che in molti nella maggioranza gli avevano attribuito l’immagine del Dottor Stranamore, e che lo stesso premier aveva lasciato correre questa voce, lo stesso premier gli ha ragione. E gli ha promesso che avrebbe fatto una dichiarazione per smentire queste voci. Ma il ministro della Difesa non ha voluto perché sarebbe apparso come una accusatio non petita, accusatio manifesta».

Berlusconi si presenterà al vertice europeo con una posizione forte contro Francia e Gran Bretagna, per spingere verso una soluzione diplomatica. Ma per farlo ha bisogno che tutto il Parlamento italiano sia dietro di lui, anche l’opposizione. Intanto però deve mettersi d’accordo con Bossi che preme per una risoluzione molto dura, soprattutto sul versante immigrazione, da presentare alle Camere. Fino a ieri sera non c’era un’intesa. In Parlamento intanto andranno La Russa e Frattini, il quale in questi giorni si è tenuto in costante contatto con il capo dello Stato. Berlusconi non sembra volerci mettere la faccia in questa fase di bombardamenti.



Conflitto - Gheddafi - Libia e Francia, Italia e ...Sarkozy e il Mediterraneo


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Il Mediterraneo non è un mare francese e l’ostinazione di Sarkosy contro Gheddafi prova che questa guerra ha pochi se non nessuno scopo umanitario.
L’Italia contesta alla Francia il suo accanimento contro le truppe di Gheddafi e ricorda che il comando militare deve passare alla Nato e non deve essere una questione francese.
Un sincero fine umanitario porterebbe a soccorrere in mare i profughi libici, ma questo fatto non si vede, anzi la Francia non muove un dito, non mobilita le sue navi e lascia la questione dei profughi in mare tutta in mani italiane: invece il soccorso francese si limita ai …. bombardamenti e questi sono duri e feroci.
Già diversi morti tra i civili rendono impopolare le operazioni belliche nel mondo arabo e già diverse manifestazioni ci sono mosse contro l’intervento occidentale.
Contro i bombardamenti abbiamo la Lega Araba e l’Unione Africana, oltre alla Russia e alla Cina.

Pubblicato da Arduino.Rossi a 19:32




Noi vogliamo un altro mondo possibile: se non ora quando?
Prima di tutto non è un fenomeno "naturale": tanto è vero che Ryane Eissler documentò che vi furono nell’Europa primitiva (Ureuropa) almeno mille anni senza guerre. Non è un evento casuale: tanto è vero che Marija Gimbutas documenta che una particolare forma di ordinamento sociale la evita.
Dunque deve essere un evento che ha cause culturali , storiche, politiche.
Ma a che cosa serve?
E’ forse un evento che risolve i conflitti? una delle tante giustitficazioni delle guerre è che tra popoli stirpi classi religioni si aprono conflitti, che si avvitano su se stessi, tanto che non si può fare altro che intervenire con le armi per eliminarli: ma le guerre eliminano i confliggenti uccidendoli , il conflitto rimane, tanto che dà luogo alla ricerca di rivincita.
Se lasciamo le domande ed esaminiamo le guerre nel loro concreto svolgersi possiamo osservare che gli antichi le consideravano il rispecchiamento di litigi conflitti gare ambizioni tra dei, che avevano sulla terra i loro sostenitori ecc. Su questa idea è fondata l’Iliade omerica. Più terrena l’idea di guerra dei Romani, cioè che spettasse a Roma il dominio del mondo e che gli dei stessi alla città avessero destinato questo compito, prima giustificazione religiosa di quello che chiamiamo imperialismo. Incluse le guerre sante e le crociate. In tutto questo lunghissimo periodo le guerre furono "limitate" da diritti di ospitalità e dalla definizione del territorio in cui si svolgevano Cioè chi aveva precedenti relazioni amicali documentate da ospitalità, se si incontrava sul campo di battaglia non si scontrava, ma scambiava doni, atteggiamento che vien lodato ancora per tutto il tempo dei poemi cavallereschi, come si vede nell’Orlando Furioso: "Oh gran bontà dei cavalieiri antiqui" che al calar del sole smettono ii duello amoroso e religioso che li opponeva e dormono vicini. Invece la popolazione civile era difesa dal fatto che il perimetro della guerra era il "campo" e lì si svolgevano le battaglie appunto "campali". Oppure i Campi di Marte dove avvenivano i duelli tra Orazi e Curiazi o la Disfida di Barletta.
Questi effetti e forme durano fino all’invenzione delle armi da fuoco, che producono le grandi fanterie e gli stati assoluti con adeguata struttura organizzativa ed economica, affidando la sorte delle guerre ai grandi stati dotati appunto di tecnologie e finanze (e/o colonie)
Un ulteriore passo è quando Mussolini inventa la "guerra totalitaria" che cioè si svolge su e contro l’intero territorio del "nemico": le città diventano obiettivi dei bombardamenti e nel giornalismo italiano viene inventato il termine "coventrizzare" (dal nome di un sobborgo di Londra, Coventry, raso al suolo da un bombardamento dell’Aeronautica ,"arma fascistissima"). Del resto gli Alleati non si tirarono indietro: le nostre città furono bombardate senza limiti e da allora in qualsiasi guerra, i civili muoiono più dei militari. La guerra diventa un fatto "totale". E di incommensurabile capacità distruttiva, con le armi atomiche . Veniamo a sapere ora che gli esperimenti atomici francesi nell’arcipelago di Mururoa di svariati decenni fa stanno ancora inquinando l’oceano non lontano dalle centrali giapponesi colpite da terremoto e tsunami. A questo punto la guerra viene definita nella cultura attuale con l’acronimo M.A.D. (mutual assurance of destruction, mutua garanzia di distruzione) , cioè follia.
Ma intanto che cosa è la guerra nel diritto? La definizione classica è molto "oggettiva": "conflitto interstatale armato", succesivamente si spiega che può essere "giusta" o "ingiusta", ma non vi sono fonti giuridiche in appoggio.
Vale molto, per la professionalità di chi l’ha inventata, la definizione di von Clausewitz: "la guerra è la politica continuata con altri mezzi". E poichè la politica è l’attività che regola il consorzio umano, se la guerra la continua. deve avere lo stesso livello di potere, cioè essere il Potere. E non tollerare limiti: infatti von Clausewitz dice dall’alto della sua prestigiosa cattedra di professore della Scuola di guerra della Prussia (da cui fu rimosso poi perchè troppo "moderato") che chi parla di guerra limitata o mente o non sa che cosa dice. La guerra non tollera limiti se non la sconfitta del nemico. E oggi in più la garanzia di reciproca distruzione o, con altra definizione, di sapere che le bombe atomiche, già stoccate negli arsenali, sono in grado di distruggere 11 volte il pianeta. Questa si chiama aporia, coè stop al pensiero.
Interessanti novità avvengono alla fine della seconda guerra mondiale, quando si costituisce l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU, che in seguito modifica il suo nome in Nazioni Unite (N.U.). Nella sua Carta, dopo un breve proemio in cui i reggitori dei popoli che la lanciano affermano di aver visto le distruzioni provocate appunto dalla guerra e di voler preservare le future generazioni dal rischio che si possa ripetere tutto ciò, dichiarano che "la guerra è un crimine". Questa deve essere ritenuta la vigente definizione internazionale di guerra.
Chi lo affermò non era nè un’associazione di benefattori, nè un collegio di filosofi, nè un gruppo di tenere fanciulle: si chiamavano Truman, Churchill, De Gaulle, Stalin, Mao, cinque uomini di ferro, che ne avevano viste e fatte di ogni colore. Infatti non si limitano a fare una nobile affermazione, ma ne deducono - da statisti quali erano- che se è un crimine per tenerla sotto controllo reprimerla evitarla ecc. occorre una polizia internazionale con proprio specifico addestramento, una magistratura, un codice. Invece di tutto ciò si avviò la "guerra fredda" e le relazioni internazionali si rimisero sui vecchi binari delle definizioni ipocrite e non limpide.
Se di fronte all’attuale crisi internazionale che ci ha fatto assistere in pochi anni al disastro del petrolio nel golfo del Messico, al terremoto e tsunami in Giappone con i pericoli delle centrali, alla scoperta che l’oceano vicino alle centrali è ancora inquinato dagli esperimenti francesi di Mururoa, ai venti che stanno spingendo la nube radioattiva verso l’Europa, sta arrivando in Islanda, sarà presto sulla Francia ecc. , alle rivoluzioni magrebine, alla crisi libica (senza contare Yemen Siria ecc. che si preparano), se dunque di fronte a tutto ciò non ci mettiamo a prerarare alla svelta una alternativa, ben presto non potremo più fermare la barbarie che la crisi produce. Non si può tacere, e lasciare il futuro nelle mani di governi corrotti, politici ignoranti e finanze che prosperano sulle sciagure e imprese che nascondono le condizioni degli impianti nucleari o dei pozzi sottomarini per non rimetterci nei profitti. Sarebbe da stupidi irresponsabili. E’ un lusso che non possiamo permetterci: tutti e tutte noi che non abbiamo potere, nè soldi, nè mezzi di comunicazione di massa, mettiamo dunque in gioco la nostra ragione, volontà, tenacia, generosità, come facemmo quando era necessario non cedere a Hitler e a Mussolini, sennò siamo corresponsabili della barbarie presente, anche se fossimo tutti e tutte il meglio della cultura arte e bellezza: tutto si offuscherebbe, appassirebbe, marcirebbe. La crisi capitalistico-patriarcale, strutturale globale produce barbarie: noi vogliamo un altro mondo possibile: "Se non ora, quando ?"
immagine: Colonna traiana da roma2000.it

Perina, la finiana doc esonerata dopo 11 anni da direzione Secolo

Da 6 anni alla Camera. E sui tetti e in piazza guardando a futuro

Perina, la finiana doc esonerata dopo 11 anni da direzione Secolo
Roma, 22 mar. (TMNews) - Flavia Perina lascia dopo undici anni la direzione del 'Secolo di Italia', 'esonerata' dal Pdl che ha deciso di cambiare la linea seguita finora dal quotidiano. E che ha fatto in questo decennio da avanguardia, ad ogni passo e svolta politica di Gianfranco Fini: dalla svolta di Fiuggi per archiviare l'Msi e dar vita ad Alleanza Nazionale alla breve stagione dell'elefantino europeo con Mario Segni, fino alla nascita di Futuro e Libertà e del 'nuovo futurismo' finiano. Passaggio traumatico, l'uscita prima dal Pdl e poi dal Governo Berlusconi, costato ora a Perina la guida del quotidiano, dopo qualche mese caratterizzato da un duro braccio di ferro sul futuro del giornale, storico quotidiano dell'Msi e di An.

Perina, 53 anni il prossimo 4 aprile, fin da ragazza ha partecipato attivamente alla vita e alla organizzazione dei movimenti giovanili della destra italiana, militando nel Fronte della Gioventù e provando anche l'esperienza del carcere - a 18 anni appena compiuti - arrestata insieme a diversi giovani di destra a seguito dell'uccisione di Walter Rossi, di Lotta Continua, come ricorda Wikipedia.

Passano pochi anni e Perina è fra le promotrici e le fondatrici del mensile 'Eowyn', prima pubblicazione di destra a difesa e promozione delle donne. Nel frattempo è entrata al 'Secolo d'Italia', giornale del suo partito dove scala da giornalista tutti i gradini: dal praticantato alla direzione, a cui Gianfranco Fini la chiama nel 2000. La 'direzione Perina' segna una svolta per il quotidiano di via della Scrofa, trasformandosi da voce ufficiale e burocratica di partito a foglio intellettuale di una destra 'aperta al futuro' che ospita avversari politici, rivede in chiave critica 'miti' della destra missina, si apre al confronto e alla contaminazione di altre culture. "Andare sempre oltre", l'insegnamento di Pinuccio Tatarella a Gianfranco Fini, è per Flavia Perina il leit motive del modo di fare giornalismo politico e di partito e, dal 2006, del suo agire da parlamentare alla Camera dove oggi siede per la seconda volta, rieletta nel 2008.

Un'azione politica e un 'movimentismo' che ne fa apriprista e punto di forza della scelta di Fini: prima 'voce contro' dentro il Pdl, poi elemento di rottura da Berlusconi e dal Pdl, con la nascita di Fli. E che, al contempo, la vede negli ultimi mesi, anche da parlamentare, "mai stare ferma". Così è sui tetti al fianco di ricercatori e studenti mentre il Parlamento vota la riforma Gelmini dell'Università. Ed è in piazza del Popolo, con Giulia Bongiorno, quando le donne italiane contestano il 'modello veline' e l'approccio berlusconiano all'universo femminile, membro del comitato promotore della manifestazione nazionale 'Se non ora quando'. Ancora in una piazza, non certo una piazza di destra, quando la deputata partecipa con le opposizioni al giorno del 'Costituzione day'.

Sarà quella l'ultima manifestazione a cui partecipa da direttore del 'Secolo'. Di certo, però, non da giornalista. Il 'futuro' a cui ha sempre guardato e che ora l'aspetta - pronosticano in diversi che la conoscono bene, amici o avversari politici - non è detto che sia in una testata già nota. Anzi, sembra che sia già pronta una nuova avventura editoriale, un nuovo giornale futurista diretto, con ogni probabilità, dalla 'direttora'.

Tor/Tom