PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

lunedì 11 aprile 2011

10 APRILE: RASSEGNA STAMPA

O la politica riparte
da qui o non riparte

di Peppino Caldarola

Sappiate che l’Italia sta cambiando. Due grandi manifestazioni stanno segnando il tempo della politica e sul rovello del tempo fanno ruotare la loro protesta per scandire la fretta di uscire da una situazione di angoscia, di incertezza e di degrado.


Nella foto: un momento della manifestazione

Sappiate che l’Italia sta cambiando. Due grandi manifestazioni stanno segnando il tempo della politica e sul rovello del tempo fanno ruotare la loro protesta per scandire la fretta di uscire da una situazione di angoscia, di incertezza e di degrado.
Fateci caso, il 13 febbraio le decine di migliaia di donne convocate da una iniziativa fuori dai partiti avevano gridato: “Se non ora, quando?”. Ieri le migliaia di precari che a Roma e in tutta Italia, convocati via internet, si sono radunati per dar vita a grandi cortei hanno urlato: “Il nostro tempo è adesso”. Partiamo da qui, dal tempo che è scaduto nei torbidi messaggi di una politica prigioniera di una leadership prepotente che si fa vittima per guadagnare il consenso di un’Italia spaventata e che viceversa trascorre inesorabile nella solitudine di milioni di uomini e donne, per lo più ragazzi, che non hanno un lavoro, che l’hanno per poco, che sono privi di tutela, che sono senza avvenire. Alla fine dell’Ottocento quando l’emigrazione di massa svuotava il Mezzogiorno, dopo aver depauperato il Veneto e il Friuli, un anonimo toscano compose un canto popolare che diceva: “Italia bella mostrati gentile, i figli tuoi non li abbandonare…”. C’era un’implorazione in quei versi che non riuscirebbe a contenere la rabbia di oggi eppure conviene partire ancora da qui per capire il secondo elemento, oltre al tempo, che rende straordinaria la protesta che ha invaso le città di un caldo sabato d’inizio estate.
Non siamo di fronte alle rivendicazioni di un movimento che esprime la voglia di settori della società di assidersi al tavolo comune. C’è di più, c’è l’irrompere delle vera grande questione italiana su cui si gioca non solo l’avvenire di molte generazioni ma anche il futuro del paese intero. Quello spreco di generazioni che aveva colpito anche il governatore della Banca d’Italia è più che un’ingiustizia, è la dichiarazione di fallimento di una classe dirigente che rischia di trascinare nel gorgo finale una intera nazione. Di questo stiamo parlando quando sentiamo che la politica non può tardare a dare risposte a milioni di giovani, un vero mare umano nel Sud, che non si riconoscono più nella narrazione boccaccesca e oltraggiosa delle avventure del signore della destra e dei suoi chierici che invocano paure e compiacimento da un popolo di destra che ridiventa plebe impaurita e guardona.
Le donne e i precari con loro grido di battaglia sul tempo presente rompono una cappa che stava mortificando l’intera società italiana e scuotono dalle fondamenta, più di mille articoli e saggi politici, le certezze di una lunga stagione di ubriacatura liberista in cui l’esaltazione dell’individuo non ha prodotto nuovi diritti ma ha sconfitto l’idea della coesione, non ha promosso la meritocrazia ma ha creato scalate sociali effimere e vanitose, non ha prodotto nuova democrazia ma l’ha svuotata in una degenerazione della rappresentanza in cui il “trasformismo” è tornato a regnare nei viottoli della politica. Ecco perché la risposta a questi movimenti non la possono dare i giuristi e gli economisti. Non sono loro gli interlocutori di questa nuova ribellione che fa centro sul grande tema della dignità della persona e di una società più giusta. Voglio dire che questa protesta rimette al centro una grande questione politica non solo la correzione di meccanismi legislativi. Stiamo parlando dell’avvenire di un paese che sta vedendo prosciugarsi il suo capitale umano e si sta avviando, finora senza contrasto, verso una stagione di marginalità sulla grande arena dell’economia internazionale mentre la sua società si sfilaccia ed emergono prepotenti, a Nord e anche al Sud, le tentazioni separatiste persino nell’anno anniversario del centocinquantesimo.
Questo paese ha bisogno di uno shock emotivo per rinascere e come è accaduto nella sua storia questo big bang lo possono dare solo grandi movimenti politici, il risveglio sindacale, la disponibilità alla sfide della sua classe dirigente produttiva e una politica che sia in grado di raccogliere tutte queste spinte per preparare la “rupture”. Perché di questo c’è bisogno. E’ fallita l’idea di una destra normale. La caratteristica italiana è che nella sua storia recente la Nazione, dopo la sconfitta del fascismo, è riuscita ad incontrare il popolarismo cattolico e le diversa anime della sinistra ma non è riuscita a trovare sintonia con la destra quando questa ha occupato tutto il campo moderato. La crisi di oggi interpella il mondo cattolico che si è troppo acquattato, per grave responsabilità delle gerarchie, in una convivenza con la secolarizzazione più spietata e disinvolta e parla a un mondo di sinistra che deve trovare la via maestra di un riformismo che sganciandosi dalle icone del passato non si faccia catturare dalle sirene liberiste, sopravvissute solo in Italia, tardiva dimora di utopie darwiniane che la cultura anglo-americana sta seppellendo.
Ecco perché quella di ieri non è stata una manifestazione come un’altra, non hanno rubato la scena e una sequenza nei tg quelli che hanno nulla. Ieri come il 13 febbraio si è interrotta un’emozione di destra. “Se non ora, quando” e “il nostro tempo è adesso” sono il segnale di una nuova emozione collettiva che cerca spazio e promuove nuovi protagonisti opponendo alla cittadinanza passiva del berlusconismo la nuova cittadinanza degli italiani che vogliono scrivere la nuova storia. (p.c.)

PRECARI IN PIAZZA A ROMA:
"LARGO AI GIOVANI"
FOTO/VIDEO



ROMA - La testa del corteo dei precari che da oggi stanno manifestando nelle strade di Roma è arrivata al Colosseo, tra le note di "Nun te reggae piu" di Rino Gaetano e "E va e va!" cantata da Alberto Sordi.
Il loro percorso sta ancora attraversando la Capitale, con trampolieri in abiti da anziani che lanciano caramelle e fette di pane alla folla. Così i precari vedono la classe politica del nostro paese.
L' «Onorevole quaqquaraqua» e «Senatore bla bla bla» si affacciano dal carro che guida la Street parade, accolti dagli applausi ma anche dai fischi dei precari
Intanto lo spiazzo sotto l'Arco di Costantino, dove è stato allestito il palco per gli interventi, è stato rinominato con un cartello: "Largo ai giovani".

«Mi sembra una manifestazione importante», ha commentato la presidente del Partito Democratico, Rosy Bindi, «perchè in questi anni i lavoratori precari hanno scontato anche il fatto di non essere organizzati e rappresentanti da nessuna sigla sindacale. Un partito come il mio deve mettere al centro le loro esigenze - ha aggiunto - è un passo avanti importante perchè oggi qui c'è la parte migliore del Paese».

C'è anche, però, chi vuole rovinare la sfilata. Un gruppo di ragazzi dal volto coperto, all'apparenza black block, ha fatto irruzione nel corteo all'altezza di Santa Maria Maggiore, lanciando vernice azzurra e verde contro le vetrine della banca dell'Unicredit. É stato possibile allontanare il gruppo dal corteo tra le proteste dei manifestanti.

Tra di loro anche molti giornalisti: «Noi raccontiamo l'Italia ogni giorno. La sera torniamo a casa con pochi soldi in tasca ma con un cuore pieno. Noi siamo le storie di precariato che leggete ogni giorno eppure nessuno parla di noi». A dirlo è stata Marta Rossi, del coordinamento giornalisti precari di Roma, durante il suo intervento dal palco.
«Noi siamo quello cocciuti - ha aggiunto - quelli che sono andati avanti nonostante la frase "senza raccomandazione non si va avanti", che più volte ci è stata ripetuta. Abbiamo sbattuto la faccia contro questa realtà che non premia il merito: in Italia sono 24 mila i giornalisti collaboratori con contratti atipici. Per questo ricordate una cosa: quello che leggerete domani sui giornali sono stati i giornalisti precari a scriverlo».

Poi ci sono loro, alcuni decine di giovani che si sono presentati al corteo contro il precariato, travestiti da anziani. Sono i vincitori di concorso pubblico che non sono stati assunti dalla pubblica amministrazione: i posti di lavoro che dovrebbero spettare loro sono al Miur, Inail, Inps, Istituto per il commercio estero e ministeri della Difesa e dell'Interno: «Quando saremo assunti saremo dei vecchi».

Tendopoli, come quella allestita in piazza dell'Esquilino come forma di protesta contro l'assenza di politiche di sostegno e welfare nei confronti dei giovani.
Un'installazione-flash mob dal titolo "Chi non ha casa in-tenda", con tando di mutande e calzini appesi, a simboleggiare le condizioni di tanti giovani italiani che non hanno soldi per pagarsi l'affitto a causa del precariato e della mancanza di lavoro: «Per i giovani non c'è nessuna politica di welfare in base al reddito - ha detto un ragazzo dagli altoparlanti del tir che guida il corteo - Il governo non si occupa del problema dell'abitare. In tutti i paesi europei esistono politiche di sostegno per i giovani ma in Italia non c'è nulla ed i giovani devono pagare affitti smisurati per poter vivere in una casa.
Durante il flash mob non sono mancati cartelli di critiche verso l'amministrazione capitolina quali «Roma capitale... anche per case sfitte: 245 mila», «Affitti in nero: Roma 50%» e «Ex caserme ad uso abitativo, Alemanno preferisce alberghi e centri commerciali»

E ancora, giovani vestiti con camici bianchi e maschere che coprivano loro tutto il volto. «Non sparate alla ricerca», questo lo striscione portato da una ventina di precari dell'Ispra, che hanno spiegato: «Abbiamo queste maschere - ha spiegato una ragazza - perchè siamo tutti nella stessa barca, tutti precari. Ogni anno ci fanno contratti a termine e si va avanti così. Un nostro collega, 40 anni e con tre figli, dopo 12 anni di precariato non poteva essere più rinnovato ed è stato licenziato. Così non si può andare avanti, la situazione è rimasta invariata ormai da anni».


NEL PRIMO POMERIGGIO  Dai precari della scuola a quelli di Alitalia e della Rai, dai vincitori di concorso pubblico mai assunti ai giornalisti, fino ai ricercatori e agli studenti. Sono centinaia i giovani scesi in piazza a Roma per partecipare alla manifestazione contro il precariato. Tra i cartelli esibiti, i titoli più incisivi sono: «Diritti, welfare universale, reddito, maternità e pensioni», «Giornalista a cottimo», «LavoreRai? lavoratori atipici», «Reddito e saperi contro la crisi» e «Non fateci ridiventare cervelli in fuga». La partenza del corteo era prevista per le 15 ma è ritardata in attesa che termini l'affluenza in piazza della Repubblica.

E dalla richiesta al premier Silvio Berlusconi di ''farsi da parte'': ''Ci ha umiliati e trascinati in un baratro di poverta' e disoccupazione'', dicono, non avendo fronteggiato la crisi. Con loro in piazza ci sara' la Cgil, ma anche il comitato 'Se non ora quando' (protagonista delle manifestazioni da un milione di persone del 13 febbraio scorso per rivendicare la dignita' delle donne) ed il fronte dell'opposizione: Pd, Idv, Verdi, Pdci-Federazione della sinistra hanno dato la propria adesione all'iniziativa, nata dal passaparola tra la 'generazione precaria', come si definisce, e dal tam tam sulla rete.

Al fianco dei giovani la Cei: ''Il precariato lavorativo sia solo una fase transitoria'', ammonisce il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, per aprire le porte ad un lavoro ''a tempo indeterminato'' e ''dare anche la possibilita' di un futuro, di un progetto di vita''. Loro, i precari, chiedono un Paese diverso che ''permetta a tutti - scandiscono nell'appello - di studiare, di lavorare, di inventare'' e che, quindi, ''investa sulla ricerca e sulle giovani generazioni, invece di relegarle ai margini del sistema produttivo, mortificandone le competenze e cancellando ogni possibilita' di realizzazione personale''. Sara' una grande giornata di mobilitazione, sostengono gli stessi promotori dell'iniziativa, che riunisce le piu' disparate realta' tra associazioni, reti sociali, sconosciuti e personaggi famosi (Ascanio Celestini, Dario Vergassola, Dario Fo, Margherita Hack, Sabina Guzzanti, Subsonica sono solo alcuni dei nomi che figurano tra le adesioni raccolte): ci sono gli operatori dello spettacolo, chi lavora nei call center, gli archeologi, i giornalisti precari ed anche i giovani imprenditori.

Sono ''oltre 2 milione i Neet in Italia, ovvero i giovani che non studiano non lavorano e non si formano; sfiora il 30% la disoccupazione giovanile'', sottolinea Salvo Barrano, archeologo free lance tra i 14 promotori della manifestazione. Tra loro anche Ilaria Lani, responsabile Politiche giovanili della Cgil: ''Siamo in una condizione di stabile precarieta''' che coinvolge gia' ''due generazioni di lavoratori segnati da contratti a termine, senza diritti e con retribuzioni da fame. Domani saremo in piazza per porre all'attenzione dell'agenda pubblica il tema dei giovani. Servono risposte adesso''. Tante le iniziative organizzate nelle principali citta': da Napoli a Torino, da Milano a Bologna sino a Palermo, passando per Roma e arrivando anche a Washington e Bruxelles. Nella capitale e' in programma una 'Street parade' che confluira' al Colosseo, cui partecipera' anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che gia' con un videomessaggio e' scesa in campo con i giovani e contro la politica del tempo scaduto.
Manifestazione dei precari a Roma

























La Camusso difende i precari degli altri ma dimentica i suoi

RomaSolidale con i precari, a patto che siano degli altri datori di lavoro, indifferente a quelli spuntati come funghi dentro il suo sindacato, magari licenziati dopo anni in nero. Severissima con chi discrimina le donne, ma tiene alla larga quelle che segnalano abusi e discriminazioni dentro la sua organizzazione. A giudicare i primi mesi di segreteria, Susanna Camusso sembra poco fedele al suo Dna femminista. Più in linea, semmai, con la tradizione politica italiana, secondo la quale i valori diventano relativi se la ragione di partito lo impone.
Sicuramente la sindacalista più potente del Paese ha un debole per le manifestazioni e lo ha mostrato fin dall’inizio. In prima fila nella piazza di «Se non ora quando». Presente e visibile al Palasharp per la kermesse di Libertà e giustizia con Roberto Saviano. Ieri il segretario generale della Cgil ha partecipato alla manifestazione dei precari che lei stessa ha voluto. Era in testa al corteo di Roma e teneva lo striscione con lo slogan «Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta». Ventiquattr’ore prima, davanti alla sede di Corso d’Italia, manifestavano i licenziati dalla Cgil, un coordinamento che unisce gli ex dipendenti - per lo più donne - che hanno fatto causa al sindacato-datore.
Casi che si contano sulle dita di una mano, secondo una nota della segreteria uscita in polemica di un servizio del Tg1 sulla manifestazione contro il sindacato. Molti di più, secondo il comitato che li rappresenta. In tutto un trentina. Di alcuni di questi il Giornale si è occupato, da Simona Micieli, licenziata dopo anni di contratti in nero e promesse non mantenute, a Romina Licciardi, che ha denunciato una tentata violenza sessuale. Altri stanno venendo fuori, con denunce - segnalano gli ex dipendenti di Cgil - di lavoro irregolare, mobbing, molestie, rappresaglie.
Venerdì avevano chiesto un incontro con il sindacato, ma non ci sono riusciti. Ieri volevano parlare dal palco dove si sono succeduti giovani con storie simili alle loro, ma nemmeno questa possibilità - denunciava ieri Micieli - è stata concessa dal sindacato più piazzaiolo d’Europa. Per tutta risposta loro faranno un presidio permanente davanti alla sede centrale del sindacato.
Iniziativa che potrebbe cadere nel silenzio. Difficile mettere in discussone la più grande e influente organizzazione del Paese, come dimostra la sospensione di tre sindacalisti della Cgil trentina che avevano messo le storie dei licenziati dalla Cgil in un blog e il silenzio stampa (fatte rare eccezioni) che ha accompagnato la manifestazione di venerdì. «Vorrei vedere - si commentava dalle parti della Cisl - se fosse successo a noi. Paginate e servizi Tg come se piovesse».
Il sindacato-datore inflessibile non fa notizia e la contraddizione non fa paura a Camusso, che ieri ha accusato gli altri due segretari, Raffaele Bonanni della Cisl e Luigi Angeletti della Uil, perché non sfilavano con lei: «Il problema è proprio alla testa».
Bonanni: «Non eravamo invitati. Comunque sul precariato ci stiamo muovendo con altre associazioni per un’iniziativa che porti a una proposta seria». Replica soft, ma che nasconde la classica critica dei riformisti alla Cgil: i problemi non si risolvono in piazza, ma proponendo. E, aggiungerebbero i licenziati della Cgil, anche con un po’ di coerenza.

Crociata delle donne
contro il manifesto sexy

«Il Comune deve rimuovere quel sedere». Ma i politici possono stare tranquilli, non si tratta del loro. Bensì di quello che appare su un cartellone pubblicitario in viale Quattro Novembre: si vede una ragazza di spalle, con il sedere di fuori e le gonne alzate. Secondo il gruppo di Treviso «Se non ora quando» viola in modo inaccettabile la dignità della donna.
di Giorgio Barbieri
Crociata delle donne contro il manifesto sexy
L'immagine del cartellone è stata scattata al Central Park di New York e pubblicizza la nuova collezione di abbigliamento.

Ma le foto in bianco e nero appese a dei grandi cartelloni pubblicitari nelle varie città italiane stanno da qualche giorno suscitando molte polemiche, soprattutto sull'uso del corpo femminile.

E così accade anche a Treviso dove il manifesto ha suscitato l'indignazione di un gruppo di donne che si è rivolto a Ca' Sugana. «Il Comitato di Controllo dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria ha bloccato altrove l'affissione di manifesti della medesima ditta _ si legge in una nota del gruppo «Se non ora quando» _ coerentemente con l'indignazione e la saturazione che ci hanno portato in piazza il 13 febbraio scorso a difendere la¨"Dignità della donna" ci rivolgiamo al Comune di Treviso con una richiesta: l'immediata rimozione del manifesto pubblicitario collocato sulla facciata di un condominio in Viale 4 novembre (vicino Porta Carlo Alberto). Per l'ennesima volta, il corpo femminile viene utilizzato per un messaggio pubblicitario offensivo dell'immagine femminile».

Che succederà a Treviso? Il Comune farà rimuovere quell'immagine provocante. «Sappiamo che la gestione della pubblicità commerciale è stata demandata ad una ditta privata _ afferma il gruppo _ ma ci chiediamo: nessuno controlla? Può essere affissa qualsiasi cosa? Chi guarda e osserva pensa che ogni manifesto sia lecito?