PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

sabato 21 maggio 2011

21 MAGGIO: RASSEGNA STAMPA


 


Lidia Menapace. Se non ora, quando?

20 Maggio 2011
 
Se non ora, quando? Adesso!”: mi sembra molto strano che nei variegati e un po' superficiali commenti che seguono lo tsunami delle amministrative, non si sia mai nemmeno nominato quell'avvertimento così significativo, che è stato ed è il movimento nato il 23 febbraio (e continua): eppure mostrava già alcuni dei caratteri del citato sommovimento. Il fenomeno è ancora da leggere e analizzare adeguatamente: ma non si potrà partire nelle riflessioni, ripetendo la solita e insopportabile e ingiusta parzialità per la quale ciò che appartiene alla cultura patriarcale tiene la scena e qualsiasi altro soggetto (persino quello maggioritario delle donne) viene subito marginalizzato e cancellato. Altri segnali si erano accumulati e non li abbiamo colti, dallo sciopero della Fiom alle “trattative” Fiat, ecc. ecc.
Ma tra gli avvertimenti pochi hanno avuto la limpidezza e la determinazione della grande manifestazione su tutte le piazze, promossa appunto da “Se non ora, quando?”. Tra l'altro essa mostra una insofferenza, un disgusto, una rabbia diffusa su temi che ancora sono presenti e irrisolti nei luoghi del potere e agitano la società: non approvazione del testamento biologico, delle unioni di fatto, della legge contro l'omofobia: nella cultura femminista data dal 13 febbraio un forte e diffuso accento laico, una insofferenza verso la sottomissione della politica in Italia al Vaticano, e l'adeguamento della Cei (non tutta). Nonché lo scandalo per lo sconcio patto tra Chiesa e morale sessuale berlusconiana. La contraddizione non è chiusa, ma naturalmente le violenze verbali di Bossi tengono i titoli dei giornali, mentre l'annunciato voto contrario della ministra Carfagna sulla legge contro l'omofobia, manomessa dalla maggioranza non viene quasi citato. Nemmeno da noi. Avrei voluto dare un contributo di analisi ai grandi eventi che stanno maturando e che almeno per noi della Federazione della Sinistra smentiscono uno dei dogmi correnti e cioè che senza presenza in TV (per noi addirittura una inespugnabile censura) non si sopravvive: invece possiamo farcela.

Non ho finora detto nulla su tutto ciò, perché mi mancano i dati elementari di informazione: quante sono le elettrici, quanti gli elettori; quante le candidate e quanti i candidati; e quante le elette e quanti gli eletti, quante le astensioniste, quanti gli astensionisti. Certo, rispetto a un patriarcato becero, violento e prepotente posso anche adattarmi a un patriarcato soft, magari addirittura gentile, ma non posso dichiararmi soddisfatta. Dato che noi donne siamo più numerose degli uomini, vorrei sapere se l'astensionismo sia più diffuso tra le donne, e perché. Vorrei che il patriarcato se ne occupasse almeno per il proprio interesse e nel contempo si degnasse di fornire dati sui comportamenti delle elettrici, non dimenticando che conquistare il voto delle elettrici è un compito generale.
Né che il predominio politico maschile, non contenuto da norme, si chiama sopraffazione di genere e se persone che si definiscono di Sinistra o addirittura comunisti non avvertano la contraddizione cocente, anche di etica politica, in cui si trovano.

Chiedo almeno che -dopo i ballottaggi- si pretenda formalmente che i dati vengano forniti disaggregati per appartenenza di genere, cosa che un tempo si faceva: perché non più?

Lidia Menapace






BERLUSCONI NEI TG -VIDEO.
"NON VOTATE ESTREMISTI".
L'OPPOSIZIONE INSORGE

Sabato 21 Maggio 2011 - 08:43                   
Silvio Berlusconi al Tg1
MILANO - Qualcuno lo dava pronto a defilarsi dalla campagna elettorale, e invece inonda 5 telegiornali nazionali, due reti locali e una radio, scatenando le critiche delle opposizioni. C'era chi giurava che fosse pronto ad abbassare i toni, e al contrario attacca a testa bassa i candidati avversari a suo dire ostaggi della «sinistra più estrema e violenta» che sventolando «bandiere rosse con falce e martello» vuole dare le città in mano a islamici e zingari. Insomma, l'unica cosa che cambia nella campagna elettorale di Silvio Berlusconi per i ballottaggi è che non ci sono riferimenti (almeno per ora) ai suoi processi, nè tantomeno attacchi ai pm milanesi o alla Consulta. Il premier, preferisce concentrarsi sui problemi delle città, ma soprattutto sui rischi di una vittoria della «sinistra radicale». Per il resto è un Silvio Berlusconi 'uguale a se stessò quello che fra le 18:30 e le 21 'occupa' i tg di mezza Italia per cercare di sovvertire i risultati di Milano e Napoli. Il capoluogo lombardo resta al centro dei suoi pensieri.

Evidentemente i sondaggi gli fanno intravvedere quella chance che aveva preteso prima di metterci nuovamente la faccia, pur sapendo che la partita resta tutta in salita. Del resto lo dice lui stesso: «Penso che a Milano ci sia la possibilità di una vittoria». Anche perchè «tanti milanesi come me sono rimasti turbati dalle bandiere rosse con falce e martello» che sventolavano per festeggiare la vittoria di Giuliano Pisapia. Il presidente del Consiglio non lesina stilettate al candidato del centrosinistra. È fiancheggiato dalla «sinistra più estrema, radicale e violenta» e dal «partito delle manette». Uno che, aggiunge agitando uno spauracchio tipicamente leghista, trasformerà Milano in una città «islamica», una «zingaropoli», una «Stalingrado d'Italia» in mano ai «centri sociali». Ecco perchè, promette, resterò «in campo ogni giorno, come cittadino di Milano e leader del Pdl», pur se - mette le mani avanti - «compatibilmente» con gli impegni di governo, a cominciare dal G8 in Francia della prossima settimana. Riconosce che a Milano c'è stato forse un difetto di comunicazione; ammette che non si aspettava questo risultato determinato dal «maggior astensionismo dei moderati», ma - in uno dei pochi passaggi in cui cita Moratti - assicura che «Letizia è determinata». Napoli è l'altra sua grande preoccupazione. E anche quì non mancano affondi al candidato avversario: lo definisce un «vecchio giustizialista», senza nessuna esperienza gestionale e ostaggio dei centri sociali.

La sua lettura dei dati elettorali è consolatoria: il Pdl resta il primo partito d'Italia, mentre il Pd perde 5 punti percentuali e il Terzo Polo conferma la sua «irrilevanza», con Fli che non «esiste» e l'Udc che ottiene risultati «decenti» solo dove alleata con il centrodestra. Altrettanto rassicurante il messaggio in chiave nazionale, sulla tenuta dell'esecutivo: «L'alleanza Pdl-Lega è l'unica in grado di esprimere governo stabile e credibile. A sinistra predominano gli estremisti e dunque non c'è nessuna possibilità che esista una maggioranza alternativa alla nostra». Insomma, aggiunge, «'non possiamo certo immaginare che un grande Paese occidentale come l'Italia si faccia governare dai Vendola, dai Grillo, dai Di Pietro». Quanto al governo, dice, andrà avanti a fare le riforme. Ne cita due: quella del fisco e quella della giustizia (suo unico riferimento al tema). Non dice nulla, invece, sulla riforma dell'architettura costituzionale, argomento che era al centro dei suoi comizi fino a venerdì scorso. Infine, a scanso di equivoci, rassicura: anche in caso di doppia sconfitta non ci saranno «conseguenze» per l'Esecutivo.

PROTESTA DELLE OPPOSIZIONI
Le opposizioni insorgono contro l'invasione dei Tg, Rai e Mediaset, da parte di Berlusconi. Il premier compare sui tre telegiornali serali del Biscione, nonchè su Tg1, Tg2. Si fa intervistare da RadioRai e da due tv lombarde. Il livello dello scontro politico ha così una improvvisa, e forse inaspettata, impennata con il Cavaliere che sostiene di essere «turbato» dalla vista delle bandiere rosse a Milano e definisce «violente» le sinistre che potrebbero governare il capoluogo lombardo. La reazione è altrettanto vigorosa. Tutte le opposizioni, da Fli al Pd, contestano «l'estremismo» di Pdl e Lega. Pierluigi Bersani parla di «una situazione da Bielorussia» e sfida il premier ad un confronto televisivo, anche martedì prossimo a Ballarò. L'invasione« dei media da parte del Cavaliere scatena la reazione rabbiosa delle opposizioni che annunciano un presidio, già da domani, davanti all'Autorità per le comunicazioni chiedendo che essa intervenga preventivamente e non dopo, come è successo nelle scorse settimane. L'annuncio della raffica di interviste da parte del premier su tutti i Tg serali, ha fatto dunque scattare la protesta delle opposizioni contro il »Berlusconi a reti unificate«, secondo l'espressione coniata da Carlo Rognoni (Pd) e ribadita da altri esponenti democrats come David Sassoli, Anna Finocchiaro e dal senatore Idv Pancho Pardi, che parla di »golpe mediatico« e invita l'Authority per le comunicazioni ad intervenire subito con »un'opera di moral suasion sui direttori«. Un intervento »immediato« dell'Agcom lo chiede anche Antonio Di Pietro, affinchè l'Autorità imponga ai Tg »un rapido riequilibrio delle presenze Tv« nei prossimi giorni. Concetti sottolineati anche da Roberto Zaccaria, che guida il gruppo di ascolto costituito da tutte le opposizioni presenti in parlamento (Pd, Udc, FLi, Api e Idv).

Già un precedente esposto all'Agcom il 10 maggio scorso aveva portato l'Autorità a rilevare uno squilibrio dei Tg a favore del centrodestra. »Non è accettabile - ha tuonato Pierluigi Bersani - che l'Autorità garante delle comunicazioni abbia annunciato che si riunisce mercoledì. A babbo morto«. Ed è per questo che ci sarà sin da domani un presidio dinanzi alla Sede dell'Agcom. Il segretario del Pd si è particolarmente indignato per l'invasione mediatica di Berlusconi. »È una cosa inaccettabile - ha detto - le testate non si mettono a disposizione di una telefonata del presidente del Consiglio, non siamo in Bielorussia, noi non ci stiamo e rompiamo questo giocattolo«. Come, se l'Agcom non interviene preventivamente? Lo spiega lo stesso Bersani: »All'invasione televisiva di Berlusconi non daremo copertura in nessun modo, anche se qualche testata ci sta chiedendo di mettere la foglia di fico della par condicio«. Insomma niente interviste riparatorie sotto tono. Ed ecco che arriva la sfida: »Se Berlusconi vuole andare in tv, a Ballarò o dove vuole lui - ha affermato Bersani - andiamo lui ed io: va benissimo. Sennò al mio posto vanno De Magistris, Pisapia, gli altri candidati, perchè stiamo parlando di Comuni«. A difendere il premier ci pensa Alessio Butti, componente della commissione di vigilanza Rai. »Bersani, Finocchiaro e compagni vorrebbero imbavagliare il presidente del Consiglio. Secondo costoro il contraddittorio deve valere quando parla Silvio Berlusconi in qualità di presidente del Consiglio e non vale più quando a parlare sono i giornalisti inginocchiati al centrosinistra che sistematicamente attaccano la maggioranza«, a partire da Michele Santoro.

"SINISTRA PARTITO DELLE MANETTE" «Forse non siamo riusciti a spiegare bene ai milanesi che la coalizione della sinistra va dai centri sociali al partito delle manette, dai radicali ai cattocomunisti. Una coalizione che si dissolverà al primo incaglio, al primo problema e non sarà mai in grado di governare Milano». Lo dice Silvio Berlusconi ai microfoni del Tg2.

"SI PUÒ DARE PAESE A GRILLO E VENDOLA?"  «Non possiamo certo immaginare che un grande Paese occidentale come l'Italia si faccia governare dai Vendola, dai Grillo, dai Di Pietro». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in un'intervista al Tg2.

"RIFIUTI RISOLTI IN 58 GIORNI" «Noi avevamo risolto il problema dei rifiuti in 58 giorni ma dal Comune non è stato fatto nulla. La sinistra dovrebbe chiedere scusa ai napoletani ed invece ha la sfrontatezza di chiedere ancora il voto e candida un magistrato d'assalto e giustizialista». Così il premier Silvio Berlusconi attacca la giunta napoletana uscente, sostenendo al Tg2 la candidatura di Gianni Lettieri.

"MILANO COME ZINGAROPOLI" Io sono convinto che quei milanesi che si sono astenuti dal voto al primo turno, visti i risultati, non vorranno consegnare al secondo turno la loro Milano all'estrema sinistra facendola diventare una metropoli disordinata, caotica e insicura. Milano non può diventare alla vigilia dell'Expo 2015 una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom, una città che aumenta le tasse». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, al Tg5, in vista dei ballottaggi a Milano tra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti. «Io non credo che - ha sostenuto il premier - che i milanesi vogliano rivedere le vie e le piazze di Milano come abbiamo visto questa settimana riempite di bandiere rosse con la falce e il martello».(

"CON LA SINISTRA CITTÀ ISLAMICA" Silvio Berlusconi, in un'intervista al Tg5, si dice certo che «i milanesi che si sono astenuti» al primo turno, «visto il risultato, non vorranno consegnare Milano alla sinistra» che la farà diventare «una metropoli disordinata, caotica e insicura». «Una città islamica -incalza il Cavaliere-, una zingaropoli piena di campi rom» ed inoltre «ci sarà un aumento delle tasse» e poi «sono certo che i milanesi non vogliono rivedere le piazze della città piena di bandiere rosse con la falce e martello».

BERSANI: "POVERINO..." «Oh poverino, com' è sensibile...». Il segretario del Pd risponde con questa battuta a chi gli chiede un commento sul fatto che Berlusconi si è detto turbato dalle bandiere rosse che sono sfilate lunedì a Milano. «Ce n'è di rosse - ha aggiunto Bersani - di bianche, di blu e di tutte le razze...».

PISAPIA: "LE BANDIERE ERANO MILANISTE" «Anch'io come milanese sono turbato per un Presidente del Consiglio che confonde i colori delle bandiere. Quelle che può aver visto saranno state bandiere rossonere di tifosi milanisti che gioivano giustamente per la vittoria dello scudetto»: così il candidato sindaco del centrosinistra, Giuliano Pisapia, ha commentato le dichiarazioni di Silvio Berlusconi che si è detto turbato dalle bandiere rosse dei centri sociali che ha visto sventolare a Milano. «Si tranquillizzi Berlusconi - ha continuato -, l'unico vero estremismo emerso in questa campagna elettorale è stato quello di alcuni candidati del Pdl tra i quali quelli che hanno paragonato i magistrati ai brigatisti».

LEGA: ZINGAROPOLI CON PISAPIA "Zingaropoli con Pisapia". Le parole di Umberto Bossi di ieri, che aveva dato al candidato del centrosinistra del "matto" perché vuole "campi nomadi e moschee islamiche" a Milano, si sono tradotte in un manifesto che sarà affisso da stasera dalla Lega Nord.  Continua dunque la battaglia della Lega e del Pdl contro Pisapia, a poco più di una settimana dal ballottaggio che lo vedrà sfidare Letizia Moratti.
«Con Pisapia più tasse per i commercianti», si legge invece nella lettura, del Pdl, del passaggio del programma del centrosinistra su un gettito che privilegi prelievi sul consumo della città a quelli sui redditi. E ancora: «Con Pisapia più lavoro agli immigrati e meno ai milanesi» per spiegare la parte del programma che chiede l' abolizione dei divieti alla partecipazione degli stranieri ai concorsi pubblici; oppure «Con Pisapia meno sicurezza per tutti» deducibile dalla proposta del centrosinistra di togliere ai vigili i compiti di tutela dell'ordine pubblico.
Accanto a questa campagna contro il programma di Pisapia, dal canto suo, il Pdl ha già messo a punto una serie di volantini diversi quartiere per quartiere che spiegheranno il lavoro fatto in questi cinque anni dalla Giunta Moratti nelle zone. La distribuzione del materiale sarà così capillare da raggiungere non solo i mercati ma anche caseggiati e condomini e sarà il primo passo di una mobilitazione propagandistica che a breve rianimerà anche le attività nei gazebo.

BERSANI: "LEGA LENINISTA" 
La Lega Nord è «un partito leninista fatto di militanti, di capi e di un sole dell'avvenire come il Federalismo. Adesso gli hanno tolto il sole dell'avvenire». Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha spiegato così quella che secondo lui è la delusione dell'elettorato leghista dopo l'approvazione del Federalismo fiscale. Secondo Bersani, vedendo i risultati dei decreti attuativi, l'elettorato leghista è rimasto deluso dall'esito e con questo si spiegherebbe il calo di consensi che il Carroccio ha registrato in alcuni Comuni. «È come se a noi tanti anni fa - ha provato a spiegare - avessero detto ecco qua il socialismo e noi, delusi, avremmo pensato: ma è tutto qua? Insomma hanno tolto loro il sole dell'avvenire». 

Strauss-Kahn scarcerato ma non gradito


NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Per Dominique Strauss-Kahn la sequela di umiliazioni non sembra finire mai. L'ex direttore del Fondo monetario internazionale – che riceverà dal Fmi 250mila dollari di liquidazione – ha lasciato il carcere di Rikers Island ieri poco dopo le 16 americane ma l'ultima amara sorpresa gli è venuta dal Bristol, la residenza/albergo dove avrebbe cercato di recuperare un briciolo di respiro in attesa del suo processo: libertà vigilata in compagnia della figlia e della moglie in un appartamento nella prestigiosa costruzione dell'upper East Side, la zona residenziale di Manhattan al numero 210 della 65esima strada. Il Bristol però, che chiede affitti fino a 14mila dollari al mese, non lo vuole più: «Ci arrecherebbe troppe noie... troppa pubblicità... non è il personaggio che vogliamo nel nostro palazzo» ha detto un inquilino della residenza. È l'ultima beffa per l'ex direttore del Fondo Monetario Internazionale. Beffa non gradevole in quanto non avendo una destinazione è rimasto in prigione fino a quando gli avvocati non hanno trovato una soluzione: un appartamento vicino a Ground Zero che appartiene alla Stroz-Friedberg, la compagnia di guardie giurate che lo terrà sotto osservazione 24 ore su 24. Da una prigione all'altra, insomma. Con limiti precisi: potrà starci solo tre o quattro giorni. Poi, in mancanza di una soluzione, dovrà tornare in cella. In barba alla massima americana di sempre: «Fino alla colpevolezza, resterai innocente».
Il giudice della Corte suprema dello Stato di New York, Michael Obus, ha ordinato ieri nella serata italiana il rilascio di Strauss Kahn, dopo che i suoi legali hanno onorato tutte le altre condizioni richieste per la concessione degli arresti domiciliari. I legali dell'ex ministro francese hanno infatti pagato la cauzione di un milione di dollari prevista per la scarcerazione del loro cliente e fornito le garanzie richieste di un deposito di altri 5 milioni.
Strauss-Kahn ha dovuto consegnare tutti i documenti di viaggio (passaporto e lasciapassare Onu compresi) e fornire la prova che alloggerà in un appartamento di Manhattan e che l'appartamento è dotato dei requisiti richiesti, tra cui un sistema di gps, necessario per monitorarlo 24 ore su 24, attraverso il braccialetto elettronico. L'ex direttore è autorizzato a uscire e a circolare solo a Manhattan e solo per recarsi in tribunale, per visite mediche, per incontri con i suoi legali o per i riti religiosi settimanali. Prima di lasciare la residenza sorvegliata dovrà notificarlo con un anticipo di almeno sei ore.
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