PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

giovedì 9 giugno 2011

9 GIUGNO: RASSEGNA STAMPA

Se Non Ora Quando a Siena, parla il sindaco

Inrassegna stampa su 8 giugno 2011 a 12:38
Da Il Corriere di Siena, martedì 07.06.2011, riportiamo questo stralcio di articolo.
“L’associazione di donne (ma non solo, al suo interno ci sono anche tanti uomini scesi in piazza a febbraio) “Se non ora quando?” nata quattro mesi fa e già scesa in piazza per “difendere i diritti delle donne” terrà a Siena la sua prima riunione annuale. Succederà a luglio, nei giorni 9 e 10, e la scelta della località dove tenere l’assise è ricaduta su Siena.
- Sono molto contento di questa decisione – ha commentato il sindaco Franco Ceccuzzi -, anzi posso addirittura dire di essere onorato. L’iniziativa nasce da un movimento spontaneo, che ha visto scendere in piazza il 13 febbraio scorso migliaia di donne italiane. L’evento vedrà riuniti nella nostra città i comitati nati in quell’occasione e aperti a tutte le donne, nel rispetto dell’appartenenza politica, culturale, di formazione e di credo. Sarà l’occasione per riflettere sul ruolo della donna oggi in Italia, sulla situazione lavorativa e sulla costruzione di pari opportunità -
Per l’occasione saranno utilizzati gli spazi del Santa Maria dela Scala e del Tartarugone in Piazza del Mercato.

A Siena la prima assemblea nazionale di “Se non ora quando”
La giunta ha infine deliberato la concessione degli spazi del Santa Maria della Scala e del Tartarugone per l’organizzazione della prima assemblea nazionale dei comitati di donne “Se non ora quando” che si terrà il 9 e il 10 luglio a Siena. "Siamo orgogliosi di ospitare a Siena un’iniziativa così importante che nasce da un movimento spontaneo, che ha visto scendere in piazza il 13 febbraio scorso migliaia di donne italiane. L’evento vedrà riuniti nella nostra città i comitati nati in quell’occasione e aperti a tutte le donne, nel rispetto dell'appartenenza politica, culturale, di formazione e di credo. Sarà l’occasione per riflettere sul ruolo della donna oggi in Italia, sulla situazione lavorativa e sulla costruzione di pari opportunità".
 
da Sienafree.it
 

Perché Daniela Contin è già consigliera di parità prima della scadenza del bando?

L'interrogativo posto dal comitato provinciale "Se non ora quando?" dopo la pubblicazione della notizia su un settimanale locale

Daniela Contin
Gentile direttore,
abbiamo appreso dal settimanale "Saluzzo Oggi" del 24 maggio scorso che la coordinatrice del PdL saluzzese Daniela Contin diventerà consigliera di parità in sostituzione dell’Avvocato Anna Mantini, che ha rassegnato le dimissioni dal ruolo in quanto entrata nella Giunta Provinciale come Assessore alle Pari Opportunità. La notizia non può che destare grande stupore, in quanto il bando di concorso indetto dalla Provincia in data 11 maggio ha come termine di presentazione delle domande il 10 giugno prossimo: come può essere già stata designata la signora Contin, se i termini non sono ancora scaduti?
Invitiamo quindi a presentare domanda tutte coloro che hanno i titoli per partecipare al bando (come da art. 13, comma 1 del decreto legislativo 198/2006 che qui riportiamo: "Le consigliere e i consiglieri di parità devono possedere requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e pari opportunità nonche' di mercato del lavoro, comprovati da idonea documentazione").
Ci auguriamo pertanto che la nomina possa avvenire nella più completa trasparenza, tenendo conto delle capacità e dei titoli, in una rosa di più candidati.
Comitato provinciale “Se non ora quando”, Cuneo

Domenica vado a votare

6 giugno 2011 - Tonio Dell'Olio
Perché è democrazia. Quella vera. Quella che lo dice la parola stessa. Il popolo è sovrano e il popolo decide. Perché la democrazia è un bene comune e non può essere privatizzato. Si può imbottigliare con etichette colorate ma resta sempre democrazia. Anche leggermente frizzante quando scende nelle strade e grida “se non ora quando?”. Ci sono le etichette dei partiti e le mille marche della partecipazione. Ma guai a mettere i rubinetti della democrazia in mano a chi ci deve guadagnare. Guai a dare l’esclusiva delle condutture della democrazia a una holding. Sarebbe furto di sovranità. La democrazia deve scorrere libera per tutti ed essere sì controllata, ma dai cittadini. Per questo vado a votare. Perché ho sete.

E' stata dignità la parola chiave del moto di coscienza che lo scorso febbraio portò migliaia di donne in piazza. Dignità, per ricordare che il lavoro non può essere riconsegnato al potere di chi trasforma l’autorità in autoritarismo, per permettere a ciascuno di esprimersi e di costruire liberamente la propria personalità. Dignità delle donne, ma non solo: dignità d’ogni persona, che dal pensiero delle donne ha ricevuto un respiro che permette di guardare al mondo con una profondità prima assente; dignità degli uomini, minata e calpestata allo stesso modo, dignità dei giovani, degli studenti, dei lavoratori onesti, di chi le cose che ha se l'è sudate, dei bambini. Dignità dei cittadini.E se le cronache spensero i riflettori non appena “scaduta” la manifestazione, ora più che mai “se non ora quando?) è necessario ricordare che il silenzio dei media, non significa cambiamento di rotta.  Finchè il modello di riferimento, educativo prima che morale non sarà stravolto alla radice, non cesseremo di osservare emuli di una Ruby od una Santanchè. Neanche dopo Berlusconi.

Pdl, Dc, Uomo Qualunque? La destra rifà il contenitore

Cara Europa, pare che i vecchi democristiani, imbarcatisi coi socialisti e con frantumi liberali repubblicani e radicali nella barca di Forza Italia, dopo che nel 1993 le loro barcone e barchette storiche erano andate a fondo per corruzione, si siano stancati di questa specie di bordello galleggiante aperto a tutti ed escluso a molti che è diventato il Pdl, e tornino all’antico: cioè rifare la Dc, come chiedono lo sbadato Scajola, il piccolo Rotondi, il grosso Formigoni, ciascuno con un sogno egemonico per sé. Ora si sono inventati anche il segretario nazionale, sia pure nominato dal monarca, e la scelta è caduta su un giovane ma antico dc, appunto Alfano; e si discute di elezioni primarie, che sono l’invenzione e il vanto del centrosinistra, meglio ancora di Prodi, Parisi e infine del Pd, che però non le ha perfezionate. Cosa uscirà, secondo voi, da questo guazzabuglio?


CESARE DI CARLO, ROMA




Caro Di Carlo, non lo so, posto che io, a differenza di molti e importanti colleghi, non sono veggente né mago. Preferisco dirle una cosa piuttosto ovvia, che appartiene alla storia politica, ma viene sempre ignorata nelle opinioni dei veggenti e dei maghi. Tutti i governi cadono, e anche i regimi longevi (liberalismo, fascismo, democristianismo, berlusconismo) arrivano alla fine e vivono – coi governi che riescono esprimere – la transizione verso altri regimi. Alcuni ribattezzano o rifondano o trasmutano i vecchi partiti. Tutto questo è fisiologia e non c’è da stupirsene, tanto meno da indignarsene.
Il problema è un altro: come gestire la transizione. Qui, solitamente, casca l’asino. Cascò l’asino liberale, rinunciando allo stato d’assedio per viltà non della corona che ne assunse la responsabilità politica e storica, ma dei partiti (liberali, popolari, socialisti, nazionalisti, comunisti, repubblicani, radicali) che in odio alla corona o per malinteso interesse conservatore rinunciarono il 28 ottobre a 24 ore di fuoco che avrebbero fatto piazza pulita delle squadre fasciste. Cascò l’asino fascista, perché il colpo di stato regio del 25 luglio non aprì la strada a un governo di fascisti presentabili, come avevano sperato Grandi, Ciano, Bottai, ma al governo militare, buono a gestire lo stato d’assedio ma non a trattare né coi nostri ex alleati tedeschi né con quelle carognette dei nostri futuri alleati angloamericani e col loro dogma della resa incondizionata.
Cascò l’asino democristiano-socialista nel 1993, che invece di spazzare le vecchie classi dirigenti prevenendo i giudici e varando una draconiana legge elettorale inglese o tedesca, cincischiò con neocentrismi esausti, mentre Berlusconi prometteva il paradiso perduto (!) del liberismo esentasse ed esente da regole, obblighi e partiti. Ora è con le ginocchia a terra l’asino berlusconiano, che fino all’ultimo ha ragliato per ostacolare la svolta popolare, non certo per un riposizionamento politico e morale della destra. Che avrebbe dovuto essere parallelo a quello del centrosinistra, cresciuto sotto la spinta pilotata dal popolo: battaglie di fine 2010 degli studenti e dei professori, mobilitazione di un milione di donne nel febbraio 2011 (“Se non ora quando”), lotte di precari e dell’informazione, folle di Milano, Napoli, Novara, Trieste che scavalcano le stesse battaglie tradizionali di Torino e Bologna. Come vede, nulla di nuovo e di illecito se le forze cadute e quelle nascenti tentano di costruire nuovi contenitori per sé stesse e per quella parte di elettorato che conserva le sue posizioni, anche se non va più a votare.
Sa qual è il pericolo? Che il berlusconismo morente cerchi di prolungare la sua agonia scassinando la cassaforte, che travolgerebbe l’Italia nel cerchio infernale di Grecia, Portogallo, Irlanda... Se ciò accadesse, la transizione sarebbe o potrebbe essere traumatica. E questo conterebbe assai più che non sapere come si chiamerà il nuovo contenitore e quale sarà la sua cultura: quella papista predicata ai contadini croati, quella marchionnesca del padrone caritatevole e non più dialogante, quella della zona sociale grigia, che in attesa di un nuovo miracolo terrebbe il paese in naftalina. In ogni caso, sull’evoluzione del nuovo centrodestra senza Berlusconi non sarà ininfluente l’assestamento del Pd come partito maggioritario o guida dell’alternativa.
Guida anch’essa da riassestare, come confermano le recenti vittorie, a volte non meno problematiche delle sconfitte.

REFERENDUM CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA
Culture & ambiente(08/06/2011) - Anche le donne del Comitato “Se non ora quando?” di Messina appoggiano il referendum contro la privatizzazione dell’acqua e chiamano a raccolta tutti coloro che hanno partecipato alla manifestazione del 13 marzo scorso in una piazza Cairoli gremita di gente.

“Abbiamo detto basta alla mercificazione del ruolo della donna, ridotta a poco più di una velina e privata di dignità, identità e ruolo -dichiara il Comitato. E la grandissima affluenza alla protesta del 13 febbraio scorso, con migliaia di donne, uomini e bambini che ci hanno sostenuto nella nostra iniziativa, ci ha fatto capire che la strada da percorrere è quella del coinvolgimento di tutta la società civile, al di là delle appartenenze politiche. Adesso scendiamo in campo per un’altra battaglia altrettanto sacrosanta: quella contro la privatizzazione dell’acqua. Che è un bene primario indispensabile e non può diventare fonte di guadagno. Per questo, invitiamo tutti coloro che sono scesi in piazza con noi il 13 febbraio a votare e far votare Sì al referendum del 12 e 13 giugno”.

Il Comitato "Se non ora, quando?" torna a chiedere più posti per le donne in Fondazione CRC

Altro appello al sindaco di Cuneo affinché tenga presente la questione in fase di nomine

Un momento della manifestazione di qualche mese fa per la dignità della donna
Egregio signor Sindaco,
nell'imminenza della seconda fase delle nomine del Consiglio Generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, il Comitato Provinciale “Se non ora quando?” torna a richiamare la necessità di tenere nel debito conto il bilanciamento tra i sessi nella designazione dei due nuovi consiglieri.
Riteniamo che sia importante - come peraltro hanno recentemente sottolineato sia il direttore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha messo in luce il fatto che la bassa presenza femminile a ogni livello costuisce uno spreco di risorse, sia il politologo Marco Revelli, che ha sostenuto in una recente intervista che la rinascita della cosiddetta società civile è stata letteralmente "trainata" dalle donne e dalla loro manifestazione del 13 febbraio scorso - una più forte rappresentanza femminile negli organismi decisionali, e segnatamente nella Fondazione. Siamo convinte, infatti, che il maggiore equilibrio imposto dalle attuali leggi, spesso disatteso, possa essere di beneficio per tutti, donne e uomini.
Se non ora, quando?
Comitato provinciale del cuneese


Anche in Svizzera le donne scendono in piazza. Per chiedere la parità salariale
Il "se non ora quando" in versione elvetica andrà in scena il 14 giugno. "I posti di lavoro malpagati e le cattive condizioni di lavoro sono molto più frequenti tra le donne che tra gli uomini. In barba alle leggi"
LUGANO (Svizzera) – Le donne in movimento chiedono la parità salariale. È fissata per il 14 giugno la grande manifestazione delle lavoratrici svizzere, che scenderanno in piazza in tutta la Confederazione per chiedere la parità di trattamento nel mondo del lavoro. Spinte da una rinnovata coscienza di genere, al grido di “Se non ora quando”, da questa parte del confine le donne si erano già mobilitate lo scorso 13 febbraio, quando dalle piazze italiane è stato gridato un secco “no” al modello di relazione tra donne e uomini, un modello lesivo della dignità delle donne ostentato anche da alte cariche dello Stato.

I presupposti della protesta svizzera del 14 giugno sono differenti, ma non per questo meno rilevanti. Qui non è la dignità nella rappresentazione dell’immagine femminile o dell’idea della donna a essere in discussione. Forse c’è qualcosa di ancora più profondo e radicato. La Svizzera, ad esempio, è l’ultimo tra gli stati occidentali ad aver riconosciuto il suffragio universale femminile (nel 1971), qui il principio dell’uguaglianza salariale è sancito solo dal 1981. Ma le differenze rimangono, anche dove formalmente esistono leggi, rispetto e dignità. Così martedì prossimo le donne svizzere saranno in piazza e chiederanno a viva voce che la parità tra i due sessi diventi finalmente una realtà concreta. “Nell’arco degli ultimi anni abbiamo ottenuto alcuni miglioramenti – spiegano Roberta Bonato e Francesca Scalise, sindacaliste e organizzatrici della manifestazione in Canton Ticino -, ma resta ancora tanto da fare”.

Al grido di “finiamola con la finta parità!” spiegano che il problema della diseguaglianza tra uomini e donne è più che mai attuale: “Sono trascorsi 30 anni dall’iscrizione dell’articolo sulla parità nella Costituzione federale, 20 dallo sciopero delle donne e 15 dall’entrata in vigore della Legge sulla parità dei sessi, ma 280 mila donne continuano a guadagnare meno di 4000 franchi al mese (circa 3250 euro, ndr) pur lavorando a tempo pieno – entra nel dettaglio Roberta Bonato -. I posti di lavoro malpagati e le cattive condizioni di lavoro sono molto più frequenti tra le donne che tra gli uomini. In barba alle leggi, in Svizzera le donne guadagnano in media il 20% in meno degli uomini. È uno scandalo! Unia si batte contro queste disparità e rivendica un aumento dei salari femminili, la realizzazione della parità salariale e un miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne”.

Stando ai dati diffusi dal sindacato Unia, in Svizzera ogni donna dovrebbe guadagnare in media 14 mila franchi in più l’anno (11400 euro, ndr) per raggiungere la parità con gli uomini: “In termini assoluti una donna in Ticino deve lavorare 15 mesi per ottenere lo stesso stipendio annuo di un uomo, una disparità che si appesantisce maggiormente nelle fasce salariali più basse – continua la sindacalista -. Negli ultimi 40 anni il divario tra i salari femminili e maschili non si è praticamente ridotto, con lo stesso ritmo ci vorrà ancora un secolo prima di riuscire ad affermare la parità salariale”. Il volantino che pubblicizza l’evento del 14 giugno invita tutte le lavoratrici a partecipare vestendosi di rosa, lilla o fucsia. Si sono date appuntamento in piazza Dante, nel centro di Lugano, soffieranno nei fischietti, stenderanno in piazza i panni sporchi della discriminazione, allestiranno bancarelle informative e nel corso del pomeriggio daranno vita a momenti di dibattito, con musica e interventi a sostegno della lotta per la parità.

Oltre che per la parità dei salari e i salari minimi, si manifesterà anche per chiedere asili nido e strutture di accoglienza, per avere migliori possibilità di conciliare famiglia e lavoro e per un’organizzazione del lavoro che permetta agli uomini di occuparsi della famiglia. Nell’elenco delle rivendicazioni non mancano anche argomenti che esulano dall’ambito ristretto del mondo del lavoro, come la lotta senza esitazione contro ogni forma di violenza e di molestie sessuali e la soppressione di ogni forma di sessismo, anche a livello di linguaggio, fino al rispetto delle donne e del loro corpo nei media e nella pubblicità. Le donne svizzere chiedono anche una maggiore rappresentazione delle donne nelle istituzioni politiche, anche se giova ricordarlo, su questo piano in Svizzera siamo avanti anni luce: il presidente della Confederazione è una donna, Micheline Calmy-Rey (e non è una show girl).

Internauti, internati, interisti: alle urne!

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Votare al Referendum di giugno 2011.Gentilissimo sig. Pereira,
un vento caldo si è levato dalle coste del Nord-Africa e di tutto il Medio Oriente e arriva fino alle coste settentrionali del Mediterraneo. Non crede?
E’ un vento che non porta sabbia, ma indignazione, nuova consapevolezza e richiesta di partecipazione.
Su queste rive riempie le piazze di Grecia (che qualche problema specifico ce l’ha) e di Spagna.
In Italia aveva mobilitato, ancora l’inverno scorso, centinaia di migliaia di donne al grido, indignato, di: “Se non ora, quando?
Poi, almeno qui, il vento sembrava essersi posato. Invece no (come è strana la meteorologia politica!): un refolo, via via crescente, ha riempito le urne alle elezioni amministrative spostando migliaia di schede da destra a sinistra.
Ma che succede?

Politologi esperti si sono chiesti per mesi cosa abbia acceso la scintilla che dalla Tunisia ha incendiato tanta parte del mondo.
Si fa presto a dire: internet. Sì, concordo: l’informazione altrimenti censurata; l’organizzazione; i collegamenti; la possibilità di confrontarsi con altri modelli politici e culturali.
Ma, caro sig. Pereira, questa spiegazione non basta. A costo di sollevare la reazione degli indigeni attualmente indignati, bisogna ammettere che in tema di accesso all’informazione qui in Italia erano messi ben diversamente dalla Libia (o Egitto, o Tunisia, ecc.). In posizione ancor più fortunata erano, probabilmente, Grecia e Spagna.
Internet, inteso come pura fruizione passiva di informazioni prodotte altrove, non è sufficiente.
Ci vogliono i blog, i social network, i siti interattivi, le mail.
Sono queste le nuove sezioni politiche, le cellule sindacali, i circoli parrocchiali, i CRAL, ARCI, ACLI, ecc.
Furono, questi, decenni addietro, luoghi di indottrinamento, ma anche di discussione e di confronto.
Luoghi dove il “sentimento” diventava dapprima pensiero e poi linguaggio e quindi dialettica. E alla logica del linguaggio sottostava: una logica che impone la conoscenza dei termini che indicano le cose e i concetti, delle categorie, l’uso del sillogismo, il rispetto del principio di non contraddizione, l’uso di frasi –e quindi pensieri- subordinati, ecc.)
Erano i luoghi ove chiunque “imparava” e “usava” Aristotele. Diventava Aristotele (cioè filosofo).
Poi venne la televisione: Sammarcanda e i suoi epigoni.
La piazza, la sezione, il circolo, si fecero virtuali.
I cittadini divennero pubblico. Anzi, il più delle volte, tifosi. La “pancia” prevalse sul cervello e sul cuore. Il “sentimento”, l’emozione, senza più interlocutori, non si fece più linguaggio e, quindi, nemmeno azione. Uniche possibilità: arrabbiarsi, parteggiare, gioire, intristirsi.
Mai partecipare, esprimersi, contribuire.
Sensazione prevalente: impotenza e paralisi. Per almeno due decenni. Per i “vincitori” e per i vinti.
E nell’impotenza e nell’assenza di relazione moriva il pensiero.
Humus ideale per le scorribande di imbonitori di ogni risma.
E ora? Mi chiederà lei, egregio sig. Pereira.
Ora, da un po’ di tempo, alcuni, ancora troppo pochi ma già un discreto numero, spinti dal bisogno di esprimersi hanno cominciato a scriversi. Non solo l’un l’altro, ma per una cerchia più o meno vasta di interlocutori con cui devono/vogliono confrontarsi. Ed ecco ricomparire il linguaggio. E con esso il pensiero.
Il pubblico, pubblica. E diventa protagonista, anche dell’elaborazione politica.
Come nello sviluppo individuale è solo l’interazione con l’altro che permette la costruzione della coscienza di sé, la consapevolezza collettiva si sviluppa solo se si esce dall’isolamento ipnotico cullato dal massaggio televisivo.
Il vento del pensiero -e del pensiero critico (che è, in realtà, l’unica vera forma di pensiero)- si è finalmente alzato a partire dalle grotte sotterranee dei vari siti internet (tra i quali annoveriamo, con onore, Radio Pereira) dove nasce la nuova elaborazione diffusa della “teoria” politica.
Il vento si è levato, trasformiamolo in tornado. Riportiamo al centro i soggetti e il pensiero collettivo. Rottamiamo gli ipnotizzatori da baraccone.
IL 12 E 13 GIUGNO PRECIPITIAMOCI AL REFERENDUM: VOTIAMO 4 SI’.
Con la consueta devozione e rinnovato entusiasmo,
suo
NormanBates
P.S.: Inter/net permette di inter/loquire e di inter/agire.
Inter: prefisso di composti con il significato della preposizione “tra”, che indica una posizione intermedia tra due cose o due limiti di spazio o di tempo (intertempo, interurbana), un rapporto di collegamento (interetnico) o un rapporto di reciprocità (intercomunicante).
Inter, ecco la magica parola.
(So, per inciso, che un suo caro amico è interista, ma questo è un altro discorso).

Le donne sperano nei maschi
delle nuove generazioni

08 giugno 2011
  | B.Ris.
La manifestazione "Se non ora, quando?" organizzata dalle donne a Genova il 13 febbraio
Genova - Sembrava una missione impossibile, si è rivelata una preziosa esperienza che quest’anno è stata riproposta e ampliata.
Il progetto portato avanti dalla professoressa Lucia Cecchi del Liceo Scientifico “A.Pacinotti” della Spezia ha coinvolto una classe del suo istituto che attraverso la raccolta di materiale video, e partendo dal documentario di Lorella Zanardo “Il corpo delle donne”, ha preso coscienza di quanto la pubblicità sia lesiva per il corpo della donna. L’anilisi, così, è stata fatta a cura di ragazzi e ragazze di 15, 16 anni, quegli stessi che troppo frettolosamente vengono catalogati come generazione di superficiali che subisce passivamente i messaggi della televisione.
«Temevo come gli studenti, soprattutto i maschi, avrebbero reagito alla visione del documentario. Invece sono stati contenti e il risultato è stato gratificante. Tutti si sono resi conto che molte pubblicità superano i limiti e sono lesive nei confronti della donna. Quest’anno ho riproposto e ampliato il tema lavorando su un video con cui ho voluto unire l’aspetto della pubblicità con la storia. Il titolo è “La manipolazione delle donne dal Ratto delle Sabine a Belen” per dimostrare come già nel passato la violenza sulle donne venisse già sfruttata a livello politico. Sfruttamento che ha lradici nella società patriarcale».
«Sono contentissima perché storie così mi rinfrancano su quanto sia giusto lavorare su questi temi». Lorella Zanardo è l’autrice del documentario “Il corpo delle donne” da cui la scuola spezzina è partita. Anche lei ospite della trasmissione della radio del Secolo: «Il mio documentario nasce dalla mia esperienza all’estero e in tutto il resto d’Europa la rappresentazione della donna nei media non è come in Italia dove c’è quasi un modello unico che rappresenta le donne, in particolare quelle giovani, come ornamento, donne oggetto. Da lì la voglia di fare un documentario che raccontasse di questa umiliazione e di quanto questa rappresentazione può fragilizzare le bambine e le ragazze nella crescita.Non ci aspettavamo un successo così grande: in due anni 4 milioni di persone l’hanno visto sul nostro sito. Quando ci sono storie come quelle della scuola della Spezia, vuol dire che le cose cominciano a funzionare cioé che i ragazzi cominciano a riprendersi in mano i loro corpi e le loro vite. Dalle eseperienze che sto facendo con le scuole ho notato che i giovani maschi italiani sono più europei dei miei coetanei. Mi viene in mente un ragazzino che durante un incontro mi disse “ad ogni donna, rappresentata in televisione, corrisponde un maschio che ha in mente una sola cosa tutto il giorno, mentre io ci penso a quella cosa ma non tutto il giorno e mi sono stancato di essere rappresentato così”».
Contro gli stereotipi della donna, del resto, il 13 febbraio scorso in tutta Italia erano scesi in piazza centinaia di migliaia di donne e di uomini, uniti sotto lo slogan “Se non ora quando”.
Laura Sicignano, promotrice del movimento genovese e direttrice del Teatro Cargo spiega cosa è successo all’indomani della manifestazione e lo stato attuale del movimento: «Quello che mi interessa di più è difendere la dignità della donna nella società contemporanea. Perché è come si fosse stato una specie di black out dagli anni 70 e le conquiste delle nostre mamme siano state dimenticate. Una protesta che a Genova si è trasformata in un movimento costruttivo. Tre in particolare i nostri impegni: il ripristino della legge 188 abrogata dal governo Berlusconi con cui si dà la possibilità ai datori di lavoro di far firmare in bianco le proprie dimissioni e quindi di fatto la possibilità di licenziare una donna incinta; la richiesta del congedo parentale obbligatorio e retribuito al 100% anche per i padri; l’applicazione delle quote di genere in ambito professionale e politico. A tal proposito Michela Tassisto, presidente della commissione pari opportunità del comune di Genova, sta lavorando affinché nelle aziende partecipate dal comune ci sia almeno il 50% della rappresentanza femminile».
Il 15 giugno alle 18 nella sala riunioni di Palazzo Ducale di Genova la prossima riunione del comitato genovese.


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