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martedì 17 maggio 2011

17 MAGGIO: RASSEGNA STAMPA

Donne e migranti, con la crisi più discriminazioni sul lavoro



Dal quotidiano L’Unità del 16 maggio 2011 un articolo di Giuseppe Vesto
Donne e migranti sono i più discriminati nel lavoro: in tutto ilmondo guadagnano meno e godono di minori tutele. Una situazione che rischia di peggiorare, secondo il terzo rapporto globale sulla discriminazione redatto dall’Ilo, l’International Labour Organization delle Nazioni Unite. In «Uguaglianza nel lavoro: una sfida continua», l’agenzia sostiene che la crisi economica e finanziaria mondiale,«come previsto, si è tradotta in una grave crisi dell’occupazione ». E insieme alla «crisi sociale globale », nonostante «i passi in avanti della legislazione» ha portato «ad un aumento dei rischi di discriminazione contro determinate categorie di persone» tra cui le donne e i lavoratori migranti. Quanto alle prime, si sottolinea come guadagnino dal dieci al trenta per cento in meno rispetto agli uomini. Le donne continuano a subire discriminazioni in termini di tipologia di impiego a cui possono accedere, condizioni di lavoro e opportunità di accesso a posizioni di responsabilità. In media, una lavoratrice guadagna tra il settanta e il novanta per cento di quanto guadagna un uomo, anche se impiegato nello stesso lavoro: «Nonostante i progressi raggiunti in termini di istruzione – è scritto a questo proposito nello studio – il divario salariale esiste ancora e le donne continuano ad essere maggiormente impiegate in lavori mal retribuiti». L’Ilo sottolinea che, «se da un lato sono state introdotte progressivamente misure sulla flessibilità degli orari di lavoro come esempio di politiche a favore delle famiglie, dall’altro la discriminazione legata alla gravidanza e alla maternità rimane ancora un problema diffuso». Dati recenti, peraltro, mostrano che 829 milioni di donne nel mondo vivono in povertà, mentre la cifra equivalente per gli uomini è di 522 milioni. Anche i lavoratori migranti, si legge, «sono spesso discriminati nell’accesso all’impiego e nel lavoro e in molti Paesi sono esclusi dai sistemi di protezione sociale». Difficoltà che hanno in larga parte i «650 milioni di persone con disabilità, com’è dimostrato dal basso tasso di occupazione di queste persone». Secondo Juan Somavia, direttore generale dell’Ilo, sono «periodi di difficoltà economica»come quelli che viviamo a costituire «terreno fertile per la discriminazione nel lavoro e, più in generale, nelle società». Oggi «il rischio è che gli importanti risultati ottenuti nel corso dei decenni vengano compromessi». 

DONNE -"CON VOCE DI DONNA. LEADERSHIP E RAPPRESENTANZA": ALL'UNI PAVIA CON S. CAMUSSO- CALABRO'(DIR. CENTRO STUDI DI GENERE):"ELEZIONE CAMUSSO: SEGNALE IMPORTANTE"


(2011-05-16)
    "Con voce di donna: leadership e rappresentanza": è questo il titolo della Lectio magistralis tenuta dal segretario generale della CGIL, Susanna Camusso, all'Università di Pavia, nell'ambito dei festeggiamento per i 650 anni dell'Università.

  Susanna Camusso: "la prima donna alla guida della CGIL, uno dei più importanti sindacati europei, in un momento di crisi economica e di gravi  difficoltà nel mondo del lavoro, un momento cruciale per la  ridefinizione delle relazioni industriali"- ha spiegato Anna Rita Calabrò, Direttore del Centro interdipartimentale "Studi di Genere"  introducendo la lezione promossa dal Centro da lei diretto: "comincia la sua attività sindacale nel 1975, nel 1980 entra nella segreteria FIOM di Milano, nel 1986 in quella regionale della Lombardia, nel 1993 nella segreteria nazionale.  Nel luglio 2001 diventa segretario generale della CGIL  Lombardia.  Eletta in segreteria confederale nel 2008, il 3 novembre 2010,  con più del 79% dei voti, ne diviene Segretario generale"

    "L’elezione di una donna, in una organizzazione  che – salvo rarissime accezioni - ha visto nei posti apicali sempre e solo uomini – e questo nonostante il contributo fondamentale che storicamente le donne hanno dato alle lotte per i diritti dei lavoratori - prosegue Calabrò - è particolarmente significativa in un paese che è sempre stato restio a riconoscere la professionalità delle donne. Questa scelta costituisce un segnale doppiamente importante in un momento in cui  si assiste, da parte di chi governa, a linguaggi,  comportamenti e giudizi gravemente lesivi della dignità femminile".

  "Tanto  più che - aggiunge Calabrò- Susanna Camusso  è  una delle protagoniste del femminismo militante italiano.  Ricordo solo due manifestazioni di cui è stata tra le organizzatrici.  Quella promossa all’inizio del 2006 da “Usciamo dal silenzio”, un’associazione alla cui nascita lei stessa ha contribuito. In un momento in cui si decretava la fine della pratica politica femminista, UDS ha portato a sfilare a Milano più di duecentomila donne a difesa della legge 194 sul diritto d’aborto. La seconda manifestazione, il 13  febbraio di quest’anno, ha visto nelle piazze italiane la partecipazione di più di un milione di donne  con la parola d’ordine “se non ora, quando” alludendo all’esigenza  e alla volontà di reagire  con forza all’ erosione delle libertà femminili (penso ad esempio alle limitazioni poste alla procreazione assistita) e alla violenza materiale e simbolica di cui il corpo femminile continua ad essere oggetto".

  "Cito questi due eventi anche per sottolineare come la presenza di Susanna Camusso manifesta un nuovo rapporto tra le donne del movimento, basato, molto più che in passato, sul riconoscimento delle diverse professionalità e competenze e sulla messa in uso delle risorse che ciascuna di loro (giurista, giornalista, sindacalista, politica…) può offrire".

  "Ma il percorso delle pari opportunità - ha proseguito la studiosa- è ancora lungo: il mercato del lavoro è caratterizzato dalla segregazione occupazionale di genere. Segregazione orizzontale (la separazione tra professioni o settore di attività maschili e femminili) e verticale, in relazione allo scarso accesso delle donne alle posizioni dirigenziali nelle organizzazioni. Si parla infatti di “tetto di vetro” per indicare la barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere ai posti di maggiore responsabilità. Nella classifica costruita sull’ indice di parità di genere, su 175 paesi, l'Italia si piazza al 72simo posto dopo Grecia, Slovenia, Cipro e Repubblica Dominicana con 64 punti su 100. Due posizioni in meno rispetto al 2008 e un punteggio molto al di sotto della media europea, che è di 72. E l’Istituto Europeo per la Parità di Genere ha recentemente compilato un elenco di 100 disuguaglianze che dimostra come, nonostante le conquiste fatte, la discriminazione di genere rimanga , nei paesi dell’Unione, un problema".

  "Ne elenco solo alcune: nel 2009, il tasso di occupazione delle donne nell'UE è stato di 13,3 punti percentuali in meno rispetto a quello degli uomini (in Italia 24,1%)Nel 2008 nell'UE, le donne in media sono state pagate il 17,5% in meno degli uomini (sotto questo aspetto i dati italiani sono più confortanti)Solo il 19% dei professori di prima fascia nelle università pubbliche sono donne (in Italia siamo al 18%)Solo il 13% degli istituti di istruzione superiore sono dirette da donne e solo il 9% delle università sono guidate da una donna. Le donne rappresentano solo il 35% dei membri del Parlamento europeo e il 33% della Commissione europea. Nel 2010 le donne rappresentavano in media il 24% dei membri dei parlamenti nazionali nell'Unione europea (in Italia il 21%). Nel 2010 nelle imprese, solo il 3% dei presidenti e il 12% dei membri del consiglio di amministrazione erano donne. I governatori di tutte le banche centrali in Europa sono uomini e gli organi decisionali chiave comprendono l’83% di uomini e solo il 17% di donne. Le donne lavorano più tempo degli uomini tra professione e lavoro di cura, le donne hanno contratti part-time e contratti atipici più degli uomini. In Italia la spesa per le politiche sociali e familiari rappresenta l’1,3% del PIL, meno della metà della media europea, un terzo della Francia".

  "Ma le difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia non sono l’unico né il principale fattore di ostacolo alla carriera femminile. Numerose ricerche concordano nel sottolineare una serie di ostacoli di carattere culturale. Una ricerca condotta da ASDO e dalla Commissione Europea Occupazione e Affari Sociali nel elenca ben 23. Ne cito solo alcuni a sostegno della convinzione che non basta l’introduzione di quote riservate alle donne ma che occorre un profondo cambiamento di prospettiva tale da contrastare tale resistenza. Esistenza di pregiudizi e stereotipi sessisti, tipizzazione per genere degli incarichi; Esistenza di comportamenti maschili segreganti (gergo sessista, aperta espressione di sfiducia e ostilità verso le donne…) ; Esclusioni dalle dinamiche di potere  formali ed informali e dall’accesso alle informazioni; Scarsi riconoscimento e valorizzazione delle competenze delle donne; Scarso riconoscimento delle cariche e dei ruoli ricoperti dalle donne ; Scarsa credibilità delle donne presso il personale subalterno".

  "Per contro altrettante ricerche sottolineano il ruolo primario che le donne svolgono nei luoghi della cittadinanza attiva (ricordo l’importanza dei centri antiviolenza)  e questo dato dovrebbe farci riflettere, ad esempio, circa la capacità delle istituzioni e dei  luoghi della rappresentanza politica di accogliere le istanze femminili, riconoscere  l’importanza della presenza delle donne valorizzando la differenza di genere, ascoltarne la parola.Ma nonostante i dati sconfortanti in termini di pari opportunità appare evidente che per un numero crescente di donne, dal dopoguerra in avanti, si sono aperte occasioni prima impensabili in termini di istruzione, benessere, presenza nel mondo del lavoro e nei luoghi pubblici. Ambiti ovviamente non separati rispetto a quelli della cura. Ma va aggiunto, a questo punto, il dato delle migrazioni internazionali: in particolare le implicazioni a cui alludono termini ormai entrati nel nostro linguaggio come “femminilizzazione delle migrazioni ,  “globalizzazione della cura” (in Italia si usa un brutto termine “badante” per indicare queste donne: indispensabili nelle nostre famiglie, fondamentali per l’economia dei loro paesi, costrette a loro volta ad affidare ad altre badanti la cura della propria famiglia)."

  "La presenza di donne immigrate alle quali viene affidata una parte crescente dei complessivi compiti della cura è un elemento che segna tutti i paesi “ricchi”: sono infermiere negli ospedali, fanno le pulizie negli uffici, nei centri commerciali, nelle Universitò… nelle case svolgono i lavori domestici. Gli affidiamo i nostri bambini, gli anziani, i malati. Questa realtà ha modificato sia il funzionamento del sistema di welfare, sia la prospettiva culturale della cura  e costituisce un elemento che obbliga a riconsiderare – nella misura in cui implica pratiche di sfruttamento e discriminazione-  il percorso segnato dalle pari opportunità". 

  "Ovviamente - ha concluso Calabrò- non si possono colpevolizzare quelle donne che affrontano le proprie carriere lavorative potendo contare sulla delega ad altre donne delle responsabilità di cura, ma è d’obbligo riflettere sulle nuove forme di disuguaglianza che tale meccanismo comporta. E allora, e qui concludo…. Con voce di donna: come dare voce alle donne immigrate, quelle che lottano contro la precarietà, quelle vittime di tratta, le lavoratrici madri, le giovani che sono il futuro…? E Susanna Camusso, la sua voce di donna farà la differenza all’interno del sindacato? E in generale: le donne, in quanto donne, fanno la differenza?

  "Le donne - ha concluso Susanna Camusso - hanno contribuito alle più importanti conquiste degli ultimi anni, come le 8 ore di lavoro». Fanno dunque la differenza. Quanto alla leadership, ha spiegato il segretario generale CGIL: «confondiamo spesso leadership con comando. E c'è differenza tra leadership femminile e maschile. Anche se nei confronti delle donne si hanno più aspettative. È accaduto anche a me. Prima della mia elezione c'era chi sosteneva che mi sarei comportata in un certo modo, ora mi critica perché non lo faccio. E io non ho deciso nulla». (16/05/2011-ITL/ITNET)

Elezioni/ Il Pd canta vittoria mentre scricchiola l'asse Pdl-Lega

Presto verifica in maggioranza. Lega avverte: "prima ballottaggi"

Elezioni/ Il Pd canta vittoria mentre scricchiola l'asse Pdl-Lega
Roma, 17 mag. (TMNews) - "Noi abbiamo vinto e loro hanno perso". E' tutto in questa frase del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, il senso delle elezioni amministrative di questo week end. Le letture dei dati elettorali definitivi sono molteplici, primo fra tutti quello dell'astensione, oltre il 30%, ma i numeri parlano chiaro: nelle quattro città simbolo, dove la campagna elettorale è stata più aspra, è finita con due sindaci al Pd (Piero Fassino a Torino e Virginio Merola a Bologna) e due ballottaggi (Gianni Lettieri contro Luigi De Magistris a Napoli e Giuliano Pisapia contro Letizia Moratti a Milano). E' però il voto della Madonnina che lascia il segno più profondo: il candidato di Sel, Giuliano Pisapia, ha battuto Letizia Moratti di oltre 6 punti percentuali e questo risultato, "inatteso" secondo il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, fa scricchiolare lalleanza di governo Pdl-Lega.

E' infatti nel gioco dei rinfacci che si sostanzia l'apparente rottura nella coalizione che regge il governo nazionale. Umberto Bossi, chiuso fino a tarda serata in via Bellerio con i suoi, ha fatto trapelare molta "irritazione" e "rabbia", oltre che "imbarazzo" per il risultato della Moratti, bollando il sindaco uscente come "candidato sbagliato". Berlusconi, dal canto suo, sarebbe invece "infuriato" e, con i suoi, avrebbe sparato a palle incatenate sugli alleati, arrivando a sostenere, ma si tratta di indiscrezioni, che "è colpa della Lega" se la partita milanese è andata diversamente dalle previsioni. Resa dei conti comunque rimandata a dopo il ballottaggio, almeno per il Carroccio: Roberto Castelli e Roberto Calderoli hanno parlato ieri sera e annunciato che il voto di Milano è significativo. "Ma non tutto è perduto". "Di sicuro", hanno detto, "non possiamo lasciare Milano agli estremisti di sinistra". Eppure, più d'uno, in maggioranza, stamattina si è svegliato con un chiodo fisso: presto, prestissimo, sarà necessaria una verifica della tenuta della coalizione, che se prima del voto non spaventava nessuno, oggi diventa sempre più un'incognita.

Sull'altro fronte, c'è l'esultanza del Pd, che piazza due sindaci su quattro nelle città simbolo: Torino e Bologna, infatti, vanno rispettivamente a Piero Fassino e Virginio Merola, abbastanza perchè Pierluigi Bersani dica "noi abbiamo vinto e loro hanno perso" e perchè Nichi Vendola, leader di Sel sostenga che "il vento sta cambiando". In casa Pd c'è quindi chi giudica superato il momento delle divisioni delle primarie, quando a Milano Pisapia sbaragliò il candidato 'ufficiale' democratico Tito Boeri e a Napoli il centrosinistra non arrivò a proporre un candidato unitario. Se Bologna è stato un risultato "scontato", un po' per tutti, è il 'derby della munnezza' tra De Magistris e Boeri a fornire un dato in più: il trionfo del dipietrista, infatti, è chiaramente frutto di un voto di protesta, che va oltre la politica pura espressa dai democratici e che viene dalla 'pancia' della città.

Il voto all'ex magistrato a Napoli fa il paio con gli 'exploit' degli outsider del movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, che hanno piazzato i loro candidati quasi ovunque attorno al 5%, con addirittura un 9,5% a Bologna, dato che fa dire a molti che in Italia "spira un vento di protesta" e di "ostilità alla vecchia politica". Infine, il Terzo Polo che, 'nomen omen', si piazza terzo quasi ovunque. Due i commenti dai leader Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini: "saremo dirimenti" in molte città e "c'è stato solo uno che ha voluto trasformare queste elezioni in un referendum poliutico. E' stato Silvio Berlusconi e ha perso".

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