PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

lunedì 7 marzo 2011

8 MARZO RIMETTIAMO AL MONDO L'ITALIA



di Elena Doni, Il Messaggero, 6 marzo 2011
Non solo mimose, ma fiocchi rosa. E la voglia FESTA DELLA DONNA. Parlano femministe e intellettuali. I ritardi storici di tornare in piazza, dopo il successo del 13 febbraio del Paese, la parità, le “quote”. E uno slogan per tutte: Rimettiamo a1 mondo l’Italia.
UNA cosa riuscirà sicuramente alle donne che l’8 marzo torneranno nelle piazze o nelle strade di tutta Italia: uscire dallo sconforto e dal silenzio, tornare a sentirsi protagoniste, a credere che cambiare e ancora possibile. Come nel primo femminismo degli anni settanta, quando ci presero così sul serio che un corteo di ragazze in zoccoli e gonnelloni a fiori faceva tanta paura al potere che a Roma fu schierato un drappello di poliziotti in tenuta antisommossa davanti alla sede della Democrazia Cristiana. Ora come allora le donne non aderiscono a un pensiero unico, non ci sono leader né proclami: ma questa volta c’è un grande desiderio di stare insieme per chiedere mi cambiamento: uno degli slogan che sentiremo molto ripetere martedì è “Rimettiamo al mondo l’Italia”.
Non esiste per ora un coordinamento che dia conto preciso di quello che avverrà nelle altre città d’Italia. Si sa però che Roma sarà attraversata da cortei diversi, che ci saranno riunioni a piazza Bocca della Verità, a piazza Vittorio, a Trastevere e in diversi luoghi di periferia. Non mancheranno le tradizionali mimose ma ci saranno anche molti fiocchi rosa: è questo il simbolo scelto da “Se non ora quando?”, il gruppo che I’ll 13 febbraio ha portato un milione di donne in 120 piazze italiane e 32 straniere, da Londra a Tokio. Francesca Izzo, parlando a nome di quel gruppo nato solo due anni fa, dice: “Noi abbiamo aperto una feritoia, è arrivata un’ondata travolgente. Il successo è venuto dall’essere inclusive, dal parlare a mondi diversi, nel cercare una riflessione critica su quello che è accaduto negli ultimi vent’anni”.
Le parole più spesso pronunciate quella domenica sono state “rispetto, dignità”. Il successo di questo embrassons-nous è stato sancito dalla presenza sul palco di piazza del Popolo da nomi illustri e disparati: da Susanna Camusso a Giulia Bongiorno, dalla femminista Alessandra Boschetti a Suor Eugenia Bonetti. Il ferro va battuto finché è caldo, dicono in molte. “Il gran numero di donne scese in piazza a febbraio testimonia che le donne non ce la fanno più”, dice Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat che ha curato le più ampie indagini mai fatte sulle donne italiane. “Da tempo le donne affrontano da sole, con strategie individuali, fronti diversi: formazione, lavoro, lavoro di cura.
Una grande fatica, senza adeguato supporto né delle istituzioni, né degli uomini. E negli ultimi anni sono stati fatti anche passi indietro, con la crisi le donne hanno perso lavoro più degli uomini; e le giovani, pur investendo di più nella formazione, entrano più tardi dei loro coetanei nel mondo del lavoro e rimangono precarie più a lungo. A titolo personale mi sento di dire che se le donne non entreranno in numero adeguatonei luoghi decisionali la situazione non cambierà. Le donne dovrebbero invaderei centri di potere: un obiettivo che dovremmo darci tutte, trasversalmente rispetto agli schieramenti politici”. Non a caso uno degli slogan che sentiremo 1’8 marzo sarà “Basta alla falsa parità”: la parità, si dice, dovrebbe cominciare in casa e per legge. L’autrice del bel libro Care ragazze e senatrice dei Pd, Vittoria Franco, nel 2008 aveva proposto una normativa per rendere obbligatorio il congedo paterno alla nascita di un figlio, come avviene negli altri paesi europei (legge da noi affondata dal Senato), commenta placida: “Ora che è diventata una direttiva europea, l’Italia dovrà adeguarsi: altrimenti avremo sanzioni,,. Il divario tra l’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea in materia di civili consuetudini è evidenziato dalla rarissima presenza di donne nei luoghi che contano.
Tiziana Bartolini, direttrice di una testata storica, Noi Donne, vede una contraddizione impressionante tra la preparazione delle donne e i ritardi storici di un Paese che continua a basarsi su una burocrazia ottocentesca ed uno scarso uso dei mezzi elettronici. Le donne di oggi, osserva, hanno studiato; si sono messeallaprovanelle aziende, nelle amministrazioni e nel sindacato: oggi possono essere artefici di un cambiamento. Poi si corregge: “Le donne italiane oggi hanno il dovere di apportare un mutamento profondo”. Una femminista della prima ora;,:Edda Billi, 78 anni,;. odi presidente dell’Associazione Inteinaz onàledélFemnu i smo, e entusiasta dal “sommovimentó” di queste settimane e soprattutto della volontà di collaborazione e concordia che si è manifestata allariunio’ne di venerdì alla Casa delle Donne, dove erano presenti molte giovanissime,”Oral’aria è cambiata: siamo uscite dal silenzio”. Sicuramente l’8 marzo ci saranno cortei che prenderanno strade diverse, chi avrà il fiocco rosa e chi sceglierà il rametto di mimosaMa il risveglio delle donne non potrà non tenere conto di un’indicazione del 13 febbraio: il superamento degli schieramenti politici. L’obbligo della presenza di un 30% di quote rosa nei consigli d’amministrazione è stato approvato in commissione deliberante alla Camera con voto bi-partisan. Ora è oggetto di trattativa al Senato.

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