PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

lunedì 21 marzo 2011

21 MARZO: RASSEGNA STAMPA


No alla guerra e no a Gheddaffi. La posizione di SEL

domenica 20 marzo 2011 19:43 - di redazione - Categorie: Vetrina
Il  Coordinamento Nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’, riunitosi oggi a Roma con la relazione di Nichi Vendola e la discussione successiva, ha approvato il seguente documento sulla vicenda libica:
La guerra contro la Libia è la risposta più sbagliata e pericolosa alla domanda di democrazia che si è affermata in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi mesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco per consentire l’avvio di un negoziato tra le parti che abbia come interesse superiore quello della protezione delle popolazioni civili, con l’obiettivo di mantenere l’integrita’ e l’autonomia di quel Paese sotto un nuovo governo democratico. Chiediamo che si apra subito un corridoio umanitario per consentire ai profughi di salvarsidalla guerra e l’immediata predisposizione degli strumenti piu’ adeguati per garantire ad essi un’accoglienza su tutto il territorio europeo
A meno di ventiquattro ore dall’avvio dei bombardamenti da parte della Coalizione dei volenterosi appare evidente che lo scenario più  probabile è quello di una vera e propria escalation militare, che potrebbe portare ad esiti che vanno ben oltre la stessa risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ivi compresa l’invasione militare terrestre delle forze della coalizione.
Il presidente Sarkozy ha ribadito, fin dall’avvio dei bombardamenti francesi, che l’obiettivo da perseguire è quello di “andare fino in fondo”, prefigurando uno scenario di guerra che è ben distante dalle iniziali dichiarazioni di protezione delle parti che avevano partecipato alla ribellione contro il regime totalitario del colonnello Gheddafi. Per questo, fin da subito, come Sinistra Ecologia Libertà, avevamo espresso la netta contrarieta’ per la parte della risoluzione 1973 che consentiva l’uso dell’offensiva militare ad una coalizione di cui, oggi, l’Italia fa pienamente parte. Questa risoluzione è tardiva, a fronte di una situazione sul campo libico che necessitava un celere intervento politico e diplomatico a favore degli insorti quando questi ultimi avevano il pieno controllo di una parte importante del Paese e prima che Gheddafi potesse riorganizzare le sue forze e procedere alla riconquista delle zone liberate dal suo regime. Le settimane che sono trascorse hanno evidenziato la debolezza dell’intervento politico della comunità internazionale, che non è riuscita neppure ad imporre le sanzioni economiche e commerciali che avrebbero davvero indebolito il regime di Gheddafi, dal congelamento dei conti e delle partecipazioni azionarie legate al rais fino all’indispensabile e totale embargo del commercio delle armi.
Siamo convinti che il principio della non interferenza negli affari dei singoli stati sia un delitto contro un principio più grande ed importante, quello del rispetto dei diritti umani. Siamo altresì convinti che ogni qual volta la parola “umanitario” si sia accostata alla guerra si siano prodotte violazioni e violenze ancora più gravi. La realpolitik seleziona i diritti umani a seconda degli obiettivi strategici. Accade così che in Yemen si spari sulla folla che protesta, provocando decine di vittime, che in Bahrein ci sia l’intervento repressivo dell’Arabia Saudita, per non parlare di quanto accade da anni in Somalia o, più recentemente, in Costa d’Avorio, senza che vi sia una reazione degna da parte della comunità internazionale a garanzia del principio, evidentemente per essa NON universale, della tutela dei diritti umani.
Consideriamo il colonnello Gheddafi uno dei peggiori dittatori del pianeta. Senza esitazioni, mentre gran parte dei paesi occidentali lo riveriva, ne abbiamo denunciato le nefandezze. Mentre il presidente del Consiglio Berlusconi si affannava nel baciamano al tiranno, grato per i suoi servigi economici ed ancor di piu’ per la ferocia con la quale la Libia controllava il flusso dei migranti dall’Africa, noi eravamo dalla parte di chi chiedeva la revoca del trattato con la Libia e l’immediata messa in opera di misure che proteggessero le vite dei migranti detenuti nel deserto libico.
Siamo stati fin dall’inizio e senza esitazioni dalla parte delle popolazioniche, sollevandosi, hanno rovesciato i regimi autocratici della Tunisia e dell’Egitto, cosi’ come abbiamo sostenuto e sosterremo le mobilitazioni per la liberta’ e la democrazia in Marocco, Algeria, Yemen, Bahrein e Albania. Lo abbiamo fatto con convinzione, sicuri che il complice silenzio di Paesi oggi in prima fila nella guerra, come la Francia e l’Italia, fosse motivato da opportunismo balbettante oltre che dalla reale incomprensione di cio’ che in quei Paesi stesse accadendo, a partire dalla scomparsa dell’orizzonte fondamentalista nella narrazione di quelle società. E’ evidente, infatti, che gli unici soggetti che avessero rapporti con quelle realta’ fossero le forze della societa’ civile internazionale, nelle quali pienamente ci riconosciamo, e non certo le diplomazie a lungo complici dei regimi.
Per noi il no alla guerra e l’inimicizia e l’avversione nei confronti di Gheddafi hanno ugual rilievo. Dobbiamo uscire dal vicolo cieco tra inerzia e guerra per generalizzare il tema dei diritti umani e della democrazia.
Per questo chiediamo che il nostro Paese non partecipi, in ottemperanza all’articolo 11 della Costituzione e anche in ragione del passato colonialista dell’Italia, alla guerra promossa dalla cosiddetta Coalizione dei volenterosi e che, al contrario, l’Italia si faccia promotrice di una iniziativa politica per determinare il cessate il fuoco e l’apertura del tavolo negoziale, oltre  a richiedere l’applicazione delle parti della risoluzione 1973 che consentirebbero di promuovere un’ intervento positivo per il cambio del regime e la protezione dei civili. Per ottenere questo risultato è fondamentale il coinvolgimento dell’Unione Africana e della stessa Lega Araba, che stanno prendendo pesantemente le distanze dall’intervento militare. Gli stessi Paesi che si sono astenuti sulla risoluzione 1973, a partire dalla Cina passando per la Germania, il Brasile e la Russia, stanno indicando nell’intervento militare una forzatura della stessa risoluzione. Insistiamo nel credere che sia il tempo del cessate il fuoco per consentire a forze  di interposizione sotto chiaro mandato dell’Onu, di Paesi che non abbiano partecipato all’attacco di queste ore e che non abbiano interessi economici diretti nell’area, di garantire la transizione alla democrazia e la protezione dei civili.
Siamo molto preoccupati per ciò che l’intervento militare può voler dire per le stesse domande di democrazia espresse in quell’area, pregiudicando la direzione progressista delle rivoluzioni arabe: dal silenzio dei governi occidentali alla guerra come unico strumento di relazione internazionale, siamo di fronte al peggior volto dell’occidente.
Riteniamo che ci debba essere un ruolo completamente diverso dell’Europa. L’iniziativa francese e l’inerzia tedesca rappresentano l’evidente assenza di una politica comune. Le pericolose dichiarazioni di irresponsabilità dei governi europei, in cui l’Italia tristemente primeggia, nei confronti dei profughi ne evidenzia la regressione culturale e civile. Essere una superpotenza affacciata su un mare in ebollizione comporta tutt’altre responsabilita’. Si adotti, quindi, una vera politica euro-mediterranea, che impedisca alla guerra di essere la “continuazione dell’inesistenza della politica”. Si affronti l’emergenza profughi sospendendo il Frontex e determinando una nuova politica di accoglienza ed integrazione di uomini e donne i cui diritti umani non possono essere difesi con le bombe nei Paesi di provenienza, per poi essere calpestati appena mettano piede sul suolo europeo. Non si dimentichi mai che la piu’ grande violazione dei diritti umani Gheddafi l’ha messa in opera proprio sui migranti, su mandato delle potenze europee, e che di queste violazioni in primo luogo dovrà rispondere al Tribunale penale internazionale. Una politica euromediterranea che sappia tutelare davvero i diritti e la sicurezza delle popolazioni, a partire dal riconoscimento dei diritti e della sicurezza reciproca di Israele e Palestina.
Siamo convinti che questo sia il momento di coinvolgere l’opinione pubblica in una generale mobilitazione per i diritti umani, la democrazia e la pace. Proprio per questo chiediamo di non militarizzare innanzitutto i pensieri, di non abbandonare mai lo spirito critico e la cognizione delle conseguenze che gli atti di queste ore possono determinare. La costruzione della pace è l’unica alternativa e non possiamo scoraggiarci dicendo che il suo raggiungimento sia pieno di ostacoli. Costruire la pace significa dire la verità, emanciparsi da ogni logica di campo, essere contro i dittatori senza esitazioni e stare sempre dalla parte delle popolazioni che subiscono le violenze delle guerre.
Sinistra Ecologia Libertà



Crisi Libica, l’opposizione: governo spaccato con la Lega che pensa a interessi elettorali
Il secondo giorno di conflitto restituisce un esecutivo totalmente spaccato. Con il premier assediato dalla Lega. Bersani: ora il governo venga in parlamento a riferire con una voce univoca. La guerra anche nelle parole del cardinal Bagnasco



Il presidente della Repubblica non ha dubbi: “L’Italia non è in guerra, ma partecipa a un’operazione dell’Onu”. Le parole di Napolitano arrivano a bombardamenti in corso e dopo che il governo ha annunciato azioni dei nostri caccia sul teatro del conflitto. Siamo al secondo giorno di guerra, eppure la politica italiana ancora non trova la quadra sulla crisi libica e sulle sue ragioni. E mentre Umberto Bossi bacchetta la decisione di Berlusconi di concedere le basi alla coalizione dei volenterosi e il presidente della commissione Esteri della Camera, il leghista Stefano Stefani invita il governo a riferire in parlamento, il ministro della Difesa Ignazio La Russa da Milano sottolinea che “l’operazione Odissea non ha come obiettivo Gheddafi ma proteggere i civili”. Mentre sulla posizione del leader del Carroccio, La Russa tira dritto: “I dubbi di Bossi non hanno impedito nessuna votazione”. La critica al senatùr però è solo apparente. Perché subito dopo il ministro precisa : “I dubbi di oggi non hanno niente a che vedere con dubbi di altri tempi in altre maggioranze in cui c’era bisogno, per avere la maggioranza, che l’opposizione andasse in soccorso”. Chiaro il riferimento alla guerra in Kosovo (1997) quando il governo D’Alema ebbe bisogno del sostegno del centrodestra (allora all’opposizione) per approvare i bombardamenti su Belgrado.

Netta la posizione del ministro degli Esteri 
Franco Frattini. “L’Italia – ha detto –  è pienamente coinvolta coni partner della comunità internazionale nella missione in Libia e non può essere seconda a nessuno nell’impegno per far rispettare i diritti umani”. Quindi l’indiretta stoccata alla Lega: “Non potevamo rimanere indifferenti e non avremmo potuto non intervenire”.

La posizione della Lega nord sta nelle parole del ministro Roberto Calderoli per il quale “è possibile che l’Italia partecipi alla missione contro Gheddafi, ma a due condizioni ben precise: la prima è l’impegno di tutte le nazioni che partecipano di prendere una quota parte dei profughi in proporzione a quella che è la loro popolazione residente. La seconda è che il blocco navale sia utilizzato per impedire esodi di massa verso il nostro Paese e in particolare Lampedusa e la Sicilia”. Più urlata, come al solito, la posizione di 
Mario Borghezio per il quale “l’entusiasmo di tutti i tricolorutisuperpacifisti per la guerra in Libia è la cartina di tornasole dell’impudenza, dell’ipocrisia e della malafede che il tricolore ha malamente coperto in questi giorni”. E ancora: “Che tristezza vedere il Capo dello Stato ricevere a Torino un meritato premio per la pace il giorno stesso in cui ci siamo infilati nel buco nero di una guerra da cui non abbiamo niente, ma proprio niente, da guadagnare”.

Ma se i ministri del Pdl oggi fanno sfoggio di unità d’intento, solo ieri, le parole di La Russa (“non siamo affIttacamere”) riferite alla concessione delle basi stridevano e non poco con la scelta del premier di concedere i siti senza intervenire direttamente nel conflitto. Un atteggiamento, compreso quella della Lega, che oggi è stato rilevato dallo stesso segretario del Pd 
Pierluigi Bersani. “In questa fase  - ha detto – sarebbe meglio che i diversi ministri stessero zitti e il governo parlasse con voce univoca e venisse nelle commissioni competenti a definire meglio il nostro profilo in questa vicenda”.  Anche “perché – ha aggiunto – in questo momento ci vuole grande fermezza e grande condivisione della maggioranza e anche nel dialogo con l’opposizione”.

Perfettamente in linea con la scelta presa ieri durante il vertice di Parigi, è l’Italia dei valori. “Il nostro paese non può assistere inerme al massacro di civili a poche centinaia di chilometri dalle sue coste”. Queste le parole del capogruppo Idv alla Camera 
Massimo Donadi. “Il legame col popolo libico – ha proseguito – , che chiede libertà è forte”. Quindi un riferimento al governo “spaccato anche in questa situazione con la posizione della Lega, incapace di guardare al di là del proprio naso e di piccoli interessi elettorali”. Donadi, poi, ha fatto un passo indietro. “Dobbiamo ricordare – ha detto – che sei mesi fa Berlusconi baciava le mani al dittatore libico e fino a due giorni fa c’era chi sperava che Gheddafi riuscisse a tornare in sella, a danno del suo popolo”

Canta fuori dal coro (dell’opposizione) 
Nichi Vendola. Il governatore della Puglia infatti, se da un lato esprime “preoccupazione per la situazione”, dall’altro chiede “che siano attivate tutte le iniziative a tutela dei nostri connazionali in Libia, garantendo un corridoio umanitario che garantisca la sicurezza delle popolazioni civili”. Quindi l’appello: “Il governo Berlusconi sia responsabile”.

Il conflitto libico è stato tema oggi dell’omelia del cardinal 
Angelo Bagnasco. ” Senza giustizia e pace nel mondo la vita è grama. La vita dei singoli, dei popoli, delle nazioni”, queste le parole dell’arcivescovo di Genova che ha proseguito: “Preghiamo per i fratelli che soffrono, non sono pochi. Pensiamo alle sofferenze della guerra, dell’illibertà, dei diritti umani violati, e degli egoismi umani”.





L’efficienza del Colonnello e il silenzio italiano






L’onda delle rivolte ha raggiunto la Libia. E a pochi giorni dalla manifestazione della collera il 17 febbraio scorso la repressione sanguinosa di Gheddafi ha già prodotto centinaia di morti e migliaia di feriti. C’era da aspettarsi una reazione violenta del Colonnello, il più longevo leader arabo e anche uno dei più spietati. Oggi la sua mattanza indigna la comunità internazionale e imbarazza l’Italia e la sua classe dirigente. Anche perché la Libia da sempre è un paese importante per l’Italia. E oggi, al di là dei legami storici, è un partner importante.

Recentemente i rapporti tra i due paesi sono stati segnati dalla firma del 
Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione siglato a Bengasi il 30 agosto 2008. Il Colonnello e il Cavaliere hanno voluto chiudere un vecchio contenzioso coloniale con tanto di risarcimento in forma di investimenti pari a 5 miliardi di euro in 20 anni per la realizzazione di progetti infrastrutturali. Una operazione “risarcitoria” ma anche una forma di aiuto allo sviluppo vincolato ad appalti per le imprese italiane.

Al di là degli aspetti economici, la collaborazione prevede anche la realizzazione di un sistema di
controllo delle frontiere terrestri libiche al fine di combattere il terrorismo, la criminalità organizzata, il traffico di stupefacenti e l’immigrazione clandestina. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la collaborazione tra i due paesi è stato “qualificante”. L’Italia ha delegato alla Libia le funzioni di controllo e contrasto dei flussi migratori. E dunque l’Italia ha iniziato una politica di respingimenti indiscriminati verso la Libia, senza neppure preoccuparsi degli eventuali richiedenti asilo o delle convenzioni internazionali sul diritto di asilo e sui diritti umani.

La Libia a sua volta respinge nel deserto migliaia di candidati all’immigrazione senza alcun riguardo dei diritti umani. Negli ultimi 3 anni si è consumato un vero e proprio 
genocidio di poveriprovenienti dall’Africa subsahariana e non solo. Chiunque venga ripreso nel mare viene respinto verso la Libia. E si sa che le autorità libiche senza remore li “accompagnano” e li lasciano nel bel mezzo del deserto senza cibo né acqua. Infatti, secondo le stime degli esperti, il Sahara ha sorpassato il Mediterraneo nella graduatoria del numero di “martiri della speranza”. E la Libia è pagata dall’Italia anche per questo “egregio servizio”.

E oggi mentre le piazze arabe si ribellano per chiedere libertà e dignità l’Italia si imbarazza perché non può chiedere al suo più efficace collaboratore di rispettare i diritti umani dopo averlo premiato per compiere un vero e proprio sacrilegio della dignità delle persone. E ora che il Colonnello usa gli stessi metodi contro i manifestanti libici, 
l’Italia non può che tacere. Anche perché ci si deve preoccupare di chi può continuare a fermare l’eventuale invasione di immigrati arabi. Insomma vale la politica dello struzzo e per questo delicato lavoro serve un esperto affidabile, appunto il Colonnello. Allora, meglio non disturbarlo.




LIBIA/ 2. Folli: la guerra che piace al Pd mette a tacere Berlusconi

INT.
lunedì 21 marzo 2011
LIBIA/ 2. Folli: la guerra che piace al Pd mette a tacere BerlusconiSilvio Berlusconi (Imagoeconomica)







«Non siamo entrati in guerra, siamo impegnati in un'azione autorizzata dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Con queste parole il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha commentato ieri l’intervento militare in Libia per mettere fine alla “repressione forsennata e violenta” subita dagli oppositori di Gheddafi. «Quella del Capo dello Stato è senza dubbio una posizione chiara - dice Stefano Folli aIlSussidiario.net - che può favorire un maggiore sentimento di unità nazionale mentre si combatte una guerra alle porte di casa nostra. Un discorso da capo dell’esecutivo in un momento in cui, stranamente, il Presidente del Consiglio parla pochissimo. A colpire però non è soltanto il riserbo di Berlusconi, ma anche i distinguo della Lega Nord, che possono avere conseguenze
moltopiùpesantirispettoallerecentipolemichesul150°dell’Unitàd’Italia».
Quali sono secondo lei le ragioni del silenzio del premier?

A mio avviso il Presidente del Consiglio ha la preoccupazione di non esporsi troppo su un tema come quello della guerra che, al di là di quali saranno gli sviluppi, avrà certamente delle ricadute di impopolarità. Certo, non capita tutti i giorni di dover impegnare i propri bombardieri ed è piuttosto singolare che in queste occasioni i ministri si sbilancino più del Capo del Governo. Penso però che le cause non vadano ricercate tanto nello scenario internazionale quanto nel quadro interno, visto che la Lega rema contro.
E come si spiega la posizione assunta da Umberto Bossi?

Vedremo fino a che punto vorrà spingersi il leader della Lega. Di certo questa linea può avere conseguenze molto più gravi rispetto ai distinguo sull’
Inno di Mameliperché, se non ci saranno cambi di rotta, lo sbocco politico è il ritiro del Carroccio dal Governo. Non credo comunque a questa ipotesi. Nelle ultime parole di Calderoli si poteva notare come l’accento venisse posto su un problema diverso, ma sentitissimo dalla base, come quello del maggiore impegno richiesto all’Europa per fronteggiare i flussi migratori.
Secondo Pier Ferdinando Casini, Francia e Inghilterra ci hanno soffiato l’influenza nel Mediterraneo. È d’accordo?

Avevamo una rendita di posizione in Libia che oggi paghiamo. Di conseguenza il futuro sarà certamente meno roseo del recente passato. Detto questo, non si può ridurre tutto a slogan politico. La linea che abbiamo tenuto per anni sulla Libia è stata sempre la stessa, sia col centrosinistra che col centrodestra. Si può contestare, ma è la stessa che ci ha garantito quell’influenza che oggi temiamo di perdere.
Il Governo avrebbe dovuto evitare di farsi prendere in contropiede dalla Francia?

Era impensabile che, dopo aver intrattenuto con Gheddafi rapporti così stretti, potessimo essere noi ad avere un ruolo di prima linea in questo attacco. È la tesi alquanto singolare che, ad esempio, sostiene Italo Bocchino. Semmai l’errore dell’Italia è stato quello di non stabilire relazioni con gruppi estranei al "clan Gheddafi". Proprio in forza della nostra presenza in Libia avremmo potuto sviluppare rapporti diversi e accorgerci delle prime avvisaglie di insurrezione. Ora è tardi per accorgersi che gli insorti sventolano soltanto tricolori francesi…
Le parole di Napolitano hanno saputo compattare praticamente tutte le forze politiche, ad esclusione della Lega Nord. Anche la sinistra, che in altre occasioni aveva sposato la causa pacifista, questa volta si è allineata… 

Il pacifismo della sinistra sembra seguire troppo spesso circostanze e convenienze. Questa operazione, infatti, riproduce in piccolo quella che Bush portò avanti in Iraq. Non penso che la presenza di Obama alla Casa Bianca sia una ragione sufficiente per cambiare idea. Servirebbe un po’ più di coerenza.
Ma come cambiano a questo punto le priorità del quadro politico italiano dopo i fatti di Libia e Giappone?

La politica estera diventa certamente la priorità del Governo Berlusconi, chiamato a verificare in breve tempo che la “ferita” con l’alleato Umberto  Bossi si rimargini. La riapertura dei processi rimette la giustizia al secondo posto tra i fattori di turbamento. La moratoria sul nucleare e le ultime notizie dal Giappone sembrano invece ridurre l’importanza della discussione sull’energia nucleare.
La maggioranza deve poi chiudere al più preso la partita del “rimpasto”. Il nervosismo delle varie componenti ci mostra la debolezza di una maggioranza che sulla carta ha i numeri, ma che in realtà sono legati al rispetto di alcune condizioni. In questo quadro il rischio di andare sotto in Aula è dietro l’angolo.
La “questione nucleare” cambierà però secondo lei il destino dei referendum di giugno?  
I riflessi del disastro giapponese sull’opinione pubblica fanno lievitare le possibilità che il referendum ha di raggiungere il quorum. In quel caso vincerebbe molto probabilmente la tesi anti-nuclearista, favorendo la vittoria anche del referendum sul legittimo impedimento. Quella che sembra una vittoria insperata potrebbe però trasformarsi in un problema in più per la sinistra.
Cosa intende dire?

Una vittoria di questo tipo al referendum renderebbe impossibile al Partito Democratico il ridimensionamento di Di Pietro e Vendola. Gli equilibri di forza sarebbero certamente alterati in questo senso con il rischio concreto di consegnare Casini al centrodestra.
(Carlo Melato)


Guerra in Libia: Bossi dice NO e ruba un fiume di voti al PDL


Umberto Bossi, leader storico della Lega Nord, nonostante i problemi di salute, conferma di essere il politico italiano piu' bravo a percepire gli umori popolari ed a sfruttarli elettoralmente.
Con il loro atteggiamento a dir poco ondivago, Berlusconi, La Russa, Frattini, lo stato maggiore del PDL ci hanno regalato, nell'arco di pochi mesi: i baciamano a Gheddafi, il panegirico del Trattato d'Amicizia italo-libico, le sceneggiate delle lezioni di religione del dittatore a centinaia di belle ragazze italiane; poi, dinanzi alle rivolte anti-Gheddafi ed alle prime repressioni del regime, posizioni di ambiguità che hanno irritato un po' tutti; quindi, constatata la reazione di condanna di gran parte del mondo, un radicale voltafaccia, con la decisione giuridicamente inconsistente di considerare lettera morta il Trattato d'Amicizia con la Libia ed il tradimento degli impegni presi. Infine, in un paio di giorni, il governo è passato dall'indisponibilità a partecipare all'intervento militare alla volontà di mettere a disposizione non solo le basi militari ma anche propri aerei e propri soldati.
In questo pasticcio di contraddizioni, l'Italia sembra una vecchia utilitaria guidata da un autista bendato, con una politica estera non improntata né ai valori né all'interesse nazionale. Se prevalessero i ribelli, rischieremo di essere esclusi dalle concessioni petrolifere a causa della compromissione con il regime Gheddafi. Se prevalesse Gheddafi, sarebbe lui a cacciarci considerandoci nulla piu' che vili traditori.
Secondo i sondaggi, la stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla nostra partecipazione militare. La Lega non aveva bisogno di sondaggi per saperlo ed è già pronta ad incassare il suo dividendo della guerra, muovendosi come se non facesse parte di questo governo e non fosse complice anch'essa di tutti i suoi errori del passato e del presente.
La campagna d'Africa
di Barack Obama


LUCIA ANNUNZIATA

Non bisogna farsi ingannare dalle immagini che dallo schermo ci raccontano in questo momento l’intervento in Libia. A differenza di quel che appare, questa è una guerra tutta americana e ha come obiettivo non il Medio Oriente ma l’Africa. Il riferimento per capirla non è il Kosovo né l’Iraq, ma la crisi del Canale di Suez del 1956. Quella data ha un valore fortemente simbolico nella politica estera degli Stati Uniti. Usciti dalla Seconda Guerra Mondiale alla ricerca, come tutte le grandi potenze di allora, di un radicamento nel mondo del petrolio, fino alla crisi egiziana gli Usa rimangono in una posizione marginale in Medio Oriente.

La nazionalizzazione del Canale di Suez vede infatti scendere in campo accanto ad Israele (che si muove formalmente ma non sostanzialmente in maniera indipendente) le due potenze che per più di un secolo avevano condiviso la gestione mediorientale, cioè Francia e Inghilterra. Gli Usa giocano una mano in quella crisi - la cui causa scatenante è proprio il rifiuto americano di concedere un megaprestito a Nasser per la costruzione della diga di Assuan - tentando di calmare Israele, e mettendo in allerta la Sesta Flotta nel Meditterraneo, ma ne rimangono fuori. Il senso di questa «terzietà» Americana venne colto da una battuta che è stata ripetuta poi molte volte in altri teatri di guerra confusi: all’Ammiraglio Burke che ordinava al suo vice «Cat» Brown «Situazione tesa. Preparatevi a ostilità imminenti», Brown rispose: «Pronti a imminenti ostilità. Ma da parte di chi?»

Com’è noto, il tentativo di sottrarre al controllo egiziano il Canale fu un fallimento, grazie soprattutto alle minacce della Russia, e formalmente il conflitto terminò con la prima missione Onu di peace keeping, cioè con la formazione e l’impiego di truppe delle Nazioni Unite in funzione di cuscinetto. In sostanza però la crisi segnava la fine dell’influenza delle ex potenze imperiali e la nascita di un nuovo equilibrio in Medio Oriente in cui la Russia avrebbe avuto un ruolo indiretto sempre maggiore, e gli Stati Uniti avrebbero avuto campo libero.

Come si vede, si possono contare molti punti di contatto fra quella vicenda e quella di oggi. Ma la somiglianza maggiore è nella cesura fra due periodi di influenza. L’attacco europeo contro Gheddafi oggi somiglia molto al colpo di coda finale di Inghilterra e Francia allora nel tentativo di recuperare una svanita autorevolezza. L’attacco che l’Europa muove oggi a un alleato di trentanni è comunque la certificazione di uno schema politico andato a male. Su questo fallimento gli Stati Uniti si sono mossi per entrare in quello che finora era rimasto l’ultimo spazio riservato alla influenza quasi esclusiva dell’Europa, il Mediterraneo.

La genesi di questo intervento, cioè il modo in cui è stato immaginato e poi messo in atto, è indicativa. Nonostante si usi molto - e con buona ragione - il Kosovo come punto di riferimento per indicare la «filosofia» che ha spinto Obama a muoversi sulla Libia, l’«intervento umanitario» è oggi solo una parte delle valutazioni che hanno mosso Washington. Non c’è dubbio che, come confermano le cronache, un ruolo decisivo nella decisione è stato giocato da un gruppo di diplomatici quali la Rice, la stessa Clinton (e forse oggi ci sarebbe anche Richard Holbrook se non fosse mancato poche settimane fa) formatisi all’ombra di un paio di crisi andate male negli Anni Novanta, una seconda generazione di Clintoniani nella cui memoria brucia ancora soprattutto il Ruanda, la pulizia etnica cui la comunità occidentale assistette senza sollevare un dito. Ma l’intervento umanitario non avrebbe potuto essere invocato se non si fossero determinate nuove condizioni: e queste nuove condizioni sono quelle fornite dalla entrata in scena in chiave democratica delle masse arabe. In altre parole, per poter difendere un popolo dal massacro era necessario che ci fosse un popolo oltre che un dittatore, e le rivoluzioni del gelsomino hanno offerto insieme al materializzarsi del popolo anche lo scardinarsi del vecchio schema del quietismo dittatoriale in cui gli Usa e noi ci siamo rifugiati per decenni come assicurazione contro il radicalismo islamico. Dicono ancora le cronache (sapientemente manovrate dalla amministrazione) che va ricordato l’attivismo con cui Hillary ha seguito il Nord Africa nella settimana immediatamente precedente alla scelta dell’Onu: un viaggio al Cairo dove, in risposta al rifiuto dell’attuale governo di farle incontrare i giovani attivisti della rivolta, il Segretario ha deciso di fare una «passeggiata» in piazza Tahrir, e a Tunisi da dove ha lanciato il primo ammonimento alla Libia.

L’America insomma ha deciso di intervenire in sprezzo a un vecchio schema politico e cavalcandone uno nuovo, cogliendo una opportunità che la vecchia Europa, proprio a causa della sua ex influenza, ha lasciata marcire quell’attimo di troppo. I francesi, così pronti oggi con i loro aerei, sono gli stessi che a gennaio hanno perso la Tunisia ancora prima di accorgersene, non richiamando a casa un ministro in vacanza a spese di Ben Ali proprio mentre la rivolta spazzava il Paese.

Hillary ed Obama hanno così pavimentato la strada verso una zona dove gli Usa da decenni non erano riusciti ad entrare: nel Mediterraneo, e nel Nord Africa in particolare. E dietro la frontiera del Nord Africa si stende l’Africa intera, come ben sappiamo proprio dal ruolo che negli ultimi anni ha avuto Gheddafi, e come sapevano ancor prima dei generali italiani, inglesi e tedeschi, i generali dell’Antica Roma. Lo sbarco sulle coste libiche è a tutti gli effetti l’apertura della porta sull’Africa. Quell’Africa diventata negli ultimi anni per gli Usa meta di conquista in una feroce competizione con l’altra grande potenza in espansione nel continente nero, la Cina. Una pervasiva presenza, quella cinese, che si è per altro materializzata davanti ai nostri occhi proprio quando all’inizio delle tensioni contro Gheddafi la Cina ha evacuato decine di migliaia di suoi concittadini al lavoro in Libia.

Anche questo è in fondo un obiettivo della seconda generazione di clintoniani: la prima campagna d’Africa Americana fu iniziata e fu persa proprio dal primo Clinton, Bill, con la sua sfortunata operazione «Restore Hope» in Somalia. Chissà se ora un secondo Clinton, Hillary, non voglia vedere vendicato anche quel fallimento.




La Lega chiede il dibattito
Le opposizioni: "Irresponsabili"

Il Carroccio vuole un confronto parlamentare sulla partecipazione italiana e lancia l'anatema sul pericolo degli immigrati. Napolitano invita alla calma e conferma la legittimità dell'operato Onu. Bersani, D'Alema, Rutelli e Buttiglione: "Noi responsabili, ma il governo prenda atto di non avere maggioranza in politica estera". Gasparri: "Taccia chi frequentava - riferendosi al presidente del Copasir - i fondamentalisti islamici

ROMA - La Lega chiede un dibattito parlamentare sulla partecipazione italiana alla coalizione di volonterosi che sta imponendo a Gheddafi la risoluzione dell'Onu. Il governo, per bocca del ministro Frattini, parla di "grande accordo nazionale e internazionale", evitando di entrare in polemica con gli alleati del Carroccio. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nega che l'Italia sia entrata in guerra e si appella allo statuto delle Nazioni Unite che consente l'intervento "anche militare" se ci sono violazioni dei diritti umani e della sicurezza delle popolazioni. Il leader del Pd, Bersani e con lui tutte le forze dell'opposizione chiedono "coerenza e responsabilità" al governo, pur appoggiando l'intervento armato.

I pacifisti si dividono tra chi chiede un assoluto cessate il fuoco e la fine di qualsiasi ostilità e chi, pur aderendo a questa linea, ritiene indispensabile garantire la libertà e la vita degli oppositori al regime di Gheddafi. Il Papa, dal canto suo, si appella "a quanti hanno resposabilità politiche e militari perché abbiano a cuore, innanzitutto, l'incolumità dei cittadini".

Tace, invece, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lasciando le dichiarazioni sui problemi aperti nella maggioranza ai suoi ministri.
Napolitano. "Non siamo entrati in guerra, siamo impegnati in un'azione autorizzata dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite", ha detto il presidente della Repubblica. 

"Inutile ripetere cose che tutti dovrebbero sapere - ha proseguito il capo dello Stato - la carta delle Nazioni Unite prevede un capitolo, il settimo, il quale nell'interesse della pace ritiene che siano da autorizzare anche azioni volte con le forze armate a reprimere la violazione della pace".
Benedetto XVI. Parole molto accorate sulla crisi libica sono state pronunciate questa mattina da Benedetto XVI che, pur non entrando nelle valutazioni che hanno portato all'attacco aereo di ieri, si è rivolto "a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l'incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l'accesso ai soccorsi umanitari". "Alla popolazione - ha detto parlando dopo l'Angelus - desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull'intera regione nord africana".
Bersani. "La diplomazia berlusconiana fatta di personalismi ha sbilanciato largamente la nostra politica estera. Anche altri hanno avuto rapporti con Gheddafi, ma nessuno lo ha fatto come l'Italia, mettendosi in una situazione di subalternità", ha sottolineato il segretario del Pd. Secondo Bersani adesso "sarebbe meglio che i vari ministri stessero zitti e il governo parlasse con voce univoca, nelle commissioni parlamentari competenti, per definire meglio il nostro profilo in questa vicenda".
Buttiglione. "Noi appoggeremo il governo in questa fase come abbiamo sempre fatto nei casi di politica estera, di interventi umanitari e di interesse nazionale. Ma c'è da dire che un governo non può non avere la maggioranza in politica estera: se al voto mancheranno come si annuncia la Lega Nord e Iniziativa Responsabile, sarà legittimo prendere atto dell'assenza della maggioranza anche in questo campo e chiedere le dimissioni del Governo", ha spiegato il presidente dell'Udc, bollando come "paradossale" la posizione del Carroccio sull'intervento in Libia.

"E' propaganda paradossale quella della Lega - dice Buttiglione - che parla di milioni di profughi a causa dei bombardamenti in corso in Libia. E' chiaro che l'unico modo per prevenire ondate di profughi - conclude  - è quella di operare per ripristinare al più presto in Libia pace, democrazia, libertà e sviluppo, obiettivi che devono essere ben chiari a chi opera i raid internazionali".
La Lega. "La posizione della Lega è quella indicata da Roberto Calderoli in Consiglio dei ministri. Sulla vicenda libica chiediamo che si svolga una discussione in Parlamento". E' quanto si limita a sottolineare Stefano Stefani, presidente della commissione Esteri della Camera.
Fli. Italo Bocchino, vicepresidente del Fli, ha rimproverato al governo di essere sceso in campo tardi. "L'Italia doveva fare di più, doveva guidare la coalizione, non tentennare come hanno fatto La Russa e Frattini".  Adesso, ha aggiunto, "rischiamo di essere l'albergo a ore della coalizione internazionale".
Rutelli. "L'improvvisazione e la confusione in seno al governo e alla maggioranza proiettano guai per il nostro paese. Va ritrovata una coesione nazionale di fronte ai rischi che si possono aprire anche per il nostro paese". dice il segretario di Alleanza per l'Italia.
D'Alema. "La comunità internazionale è intervenuta per proteggere la popolazione civile, non per sconfiggere Gheddafi", ha detto il presidente del Copasir. D'Alema ha sottolineato la necessità che "accanto all'azione militare si lavori per un cessate il fuoco, per una transizione pacifica" anche perchè "se si rompe il consenso" ha detto riferendosi agli scricchiolii in seno alla Lega araba, "tutto diventa più difficile".

Massimo D'Alema ha stigmatizzato "l'inadeguatezza" e le "divisioni" del governo nell'affrontare la crisi libica. "Credo che in un momento così delicato la confusione e le polemiche non aiutino e non vorrei unirmi", ha detto, "ma è del tutto evidente che il governo è inadeguato, è diviso".
Gasparri. "D'Alema abbassi le penne - dice il presidente dei senatori del Pdl - Lo ricordiamo da ministro degli Esteri passeggiare in Libano con esponenti del peggiore fondamentalismo islamico. Non ha lezioni da dare. Il governo italiano ha ben difeso in questi anni l'interesse nazionale e, anche in questo frangente molto difficile, è protagonista sulla scena internazionale. D'Alema fu giudicato lui inadeguato quando la sua storia personale gli impedì di diventare ministro degli Esteri della Ue per volere delle sinistre europee, nonostante il generoso sostegno di Berlusconi".
La Russa. Il responsabile della Difesa, dal canto suo, nega tensioni con il Carroccio: "La Lega - spiega - non ha frapposto ostacoli all'attività di governo e Parlamento". Anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini rassicura: "Spiegheremo agli amici del Carroccio che le loro preoccupazioni troveranno una risposta", afferma convenendo sulla "ipotesi del ministro Calderoli di un blocco navale che serva anche da deterrente ai flussi migratori".
(20 marzo 2011)

«Gheddafi piazza gli scudi umani»
Usa: comando andrà a franco-britannici

Gates: presto passaggio di consegne del controllo della missione a team costituito da Francia e Gran Bretagna

MILANO - Non si fermano gli attacchi contro la Libia della coalizione anti-Gheddafi. I primi a riprendere le operazione aeree sono stati oggi i francesi. E probabilmente poi gli altri membri della coalizione seguiranno.
TERZO GIORNO - L'operazione «Odissey Dawn» è giunta al terzo giorno e domenica ha visto esordire nei combattimenti anche i Tornado italiani che sono stati impegnati nel distruggere i sistemi radar libici. L'operazione sarebbe perfettamente riuscita. I nostri Tornado sono poi regolarmente ritornati alla base di Trapani da cui erano decollati. Secondo l'ammiraglio americano Mike Mullen, capo degli Stati maggiori riuniti Usa la prima ondata di attacchi ha permesso di stabilire la no-fly zone sulla Libia. Ora comincia la seconda fase quella che prevede l'attacco alle forze di rifornimento delle truppe del Colonnello Gheddafi.
Bombe sul bunker di GheddafiBombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi    Bombe sul bunker di Gheddafi
SCUDI UMANI - Ma il regime libico starebbe reagendo usando mezzi non convenzionali. Il Regno Unito ha detto che una delle proprie missioni di bombardamento sulla Libia è stata annullata domenica per evitare di fare vittime tra i civili. «Riteniamo che un numero indefinito di civili si siano spostati nell'area che intendevamo prendere come obiettivo», ha riferito il ministero della Difesa inglese. La televisione di Stato libica ha affermato che i sostenitori di Gheddafi si sono diretti verso gli aeroporti per fungere da scudi umani.
Una notizia quest'ultima confermata anche dagli insorti che sostengono che le forze fedeli a Gheddafi stiano portando civili a Misurata dalle città vicine proprio per usarli come scudi umani.
ATTACCHI - Oltre ai bombardamenti da parte dei caccia sono continuati anche gli attacchi dai mezzi non aerei. «Per la seconda volta, anche il Regno Unito ha lanciato dal Mediterraneo missili (da crociera) Tomahawk da un sommergibile di classe Trafalgar nel quadro di un piano coordinato della coalizione per applicare la risoluzione» del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ha spiegato il generale John Lorimer, in un comunicato del ministero della difesa britannico, ricordando il nuovo attacco da sottomarino effettuato dalle forze armate del Regno Unito.
Gli obiettivi centratiGli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati    Gli obiettivi centrati
CAMBIO DI COMANDO - Gli Stati Uniti hanno annunciato che passeranno «nei prossimi giorni» il comando dell'operazione; il presidente americano Barack Obama vuole infatti consegnare l'incarico di guidare l'intervento militare alla Nato o ai franco-britannici, per non gravare troppo sulle forze armate statunitensi, già impegnate in due conflitti. Il Segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, ha tuttavia sottolineato come sia più probabile che l'intervento venga affidato a un comando franco-britannico, a causa della «sensibilità» araba verso un altro intervento dell'Alleanza Atlantica nel mondo musulmano. «Continueremo a sostenere la coalizione, saremo partner della coalizione, avremo un ruolo nella coalizione, ma non avremo un ruolo di spicco», ha detto il ministro, citato dal quotidiano britannico «Times».


VITTIME - Intanto c'è un primo bilancio del conflitto sul campo tra le forze del Colonnello e gli insorti. Sono oltre 8.000 i ribelli rimasti uccisi dall'inizio della rivolta al regime libico Gheddafi. «I nostri morti e martiri sono più di 8.000», ha detto a Sky News il portavoce del Consiglio nazionale di transizione di Bengasi, Hafiz Ghoga, che ha anche criticato gli appunti mossi domenica dal Segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, ai bombardamenti lanciati dalla comunità internazionale in Libia.
Un portavoce del governo francese ha invece detto di non avere informazioni sul fatto che civili siano rimasti uccisi negli attacchi sulla Libia da parte della coalizione.
Khamis Gheddafi (al centro con divisa e mostrine rosse) (Archivio Corsera)
KHAMIS GHEDDAFI - Circolano in Libia voci circa la morte di Khamis Gheddafi, figlio del colonnello Muammar, che sarebbe deceduto ieri a Tripoli. Secondo quanto ha annunciato il sito dell'opposizione libica «Al-Manara», Khamis sarebbe morto per le ferite riportate nei giorni scorsi, quando un pilota dell'aviazione libica passato con l'opposizione avrebbe aperto il fuoco contro di lui nei pressi della caserma di Bab al-Aziziya, nel centro di Tripoli. La notizia non è stata ancora confermata, ma sta già facendo il giro dei media arabi. Khamis Gheddafi era a capo di una delle brigate del regime impegnate a combattere contro gli insorti. Sesto dei figli del colonnello, aveva il grado di capitano dell'esercito ed era responsabile del reclutamento e dell'addestramento dei soldati mercenari africani.
ONU - Sul fronte diplomatico prosegue intanto il giro delle capitali del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon. «Il forte impegno della Lega Araba» per proteggere i civili in Libia «ha reso possibile l'adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu» ha detto Ban Ki-Moon, al termine del suo incontro con il segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa.
Redazione online21 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

Libia/ Ban aggredito al Cairo;raid su bunker Rais la notte-punto

La Russa: no fly zone attuata forse già oggi



Dopo due giorni di bombardamento sulla Libia, l'avanzata delle truppe di Gheddafi sembra essere stata bloccata attorno a Bengasi e il ministro della difesa italiano la Russa azzarda che l'obbiettivo di mettere in atto una no-fly zone potrebbe essere messo in atto già da oggi. Ma sul piano diplomatico si segnalano anche difficoltà. La Lega Araba ribadisce il suo dissenso dalla strategia dei bombardamenti e al Cairo il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e stato aggredito prprio in piazza Tahrir,da circa 50 sostenitori di Gheddafi. La Lega Araba dal canto suo ribadisce di aver chiesto "protezione, non bombardamenti" per i civili in Libia. "Noi rispettiamo la risoluzione dell'Onu - ha dichiarato Amr Moussa - non siamo affatto contrari", ma "in linea di principio siamo contrari ai bombardamenti aerei". "Sosteniamo la no fly zone per impedire al regime di Gheddafi di colpire civili" ha ribadito il diplomatico egiziano aggiungendo che "la protezione di civili è di importanza sostanziale per noi". Sul terreno, mentre la Francia annuncia che a metà mattinata stanno riprendendo le operazioni di volo sulla Libia, si registra la ritirata delle truppe di Gheddafi. Le forze governative libiche che sabato scorso hanno attaccato Bengasi hanno ripiegato oggi fino ad Ajdabiya, 160 chilometri a sud. Centinaia di ribelli si sono radunati questa mattina ad alcuni chilometri da Ajdabiya, dove mancano acqua e sono saltate le linee di comunicazione. I ribelli sono armati di batterie antiaeree e di alcuni razzi Katiusha, ma non sanno quale strategia adottare, per il timore di colpire i civili. Ieri, nel secondo giorno di operazioni militari contro il regime libico, la coalizione internazionale ha colpito e distrutto un edificio del bunker di Muammar Gheddafi a Tripoli. Secondo quanto riferito da un responsabile dell'alleanza, il compound ospitava un centro di "comando e controllo" delle forze libiche. Una missione portata a compimento nel giorno della prima operazione diretta di aerei italiani sul territorio libico. Sei Tornado sono decollati a partire dalle 20 dalla base di Trapani Birgi per sopprimere le difese aeree del colonnello. Il raid è stato completato con successo. Poco prima della missione italiana, alle 21, era scattato il cessate il fuoco annunciato dal regime. Ma la tregua è durata poco. A Bengasi, per tutta la notte, si sono sentiti spari ed esplosioni



RIMORCHIATORE, E' GIALLO: NON SI CAPISCE LA DIREZIONE
Gli otto italiani sono ancora a bordo del rimorchiatore, con militari libici armati", questa le parole del ministro della Difesa Ignazio La Russa, intervenuto questa mattina a Mattino Cinque, durante La Telefonata del direttore di Libero Maurizio Belpietro. "La nave non ha ancora toccato terra, i marinai non sono sbarcati a Tunisi.  Si stanno dirigendo verso ovest ma non abbiamo ancora la possibilità di capire dove sono diretti perchè procedono zigzagando".
L'UNITA' DI CRISI - Nessuna novità, quindi, per la famiglie dei marinai italiani, in ansia dallo scorso sabato 19 marzo, e per la società armatrice proprietaria della fregata: "Siamo in costante contatto con l’Unità di Crisi della  Farnesina e il ministero della Difesa - sottolinea la società - per collaborare e coordinarci con le autorità. Notizie ci arrivano anche dal Secondo e  Terzo Reparto Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, ma per il momento nulla che ci consenta di capire quali siano le intenzioni dei dirottatori. L'equipaggio, secondo le nostre informazioni, dovrebbe stare bene".
L'INIZIO DEL SEQUESTRO - Il sequestro dell'imbarcazione Asso22, nave appoggio della compagnia italiana Augusta Offshore è avvenuto sabato 19 marzo, verso le 9 di sera.  La nave è arrivata nel porto di Tripoli venerdì 18 marzo, su richiesta di una società libica partner di Eni, cui l'Augusta aveva noleggiato i propri mezzi. "L'attività che Asso22 stava svolgendo nel porto di Tripoli fa parte delle normali operazioni da noi realizzate in quell'area", ha spiegato l'armatore della compagnia napoletana Augusta Offshore, che ricostruisce l'intera vicenda. "Alcune persone, che si sono dichiarate appartenenti all'Autorità portuale libica sono salite a bordo, richiedendo una serie di dati tecnici sulla nave e sul funzionamento degli apparati e degli strumenti, così come sulle performance dell'unità. La situazione, apparentemente tranquilla, - prosegue l'armatore - è cambiata intorno alle 21 di sabato 19 marzo, quando un commando armato ha fatto irruzione sul rimorchiatore e na ha preso possesso".
LA DIREZIONE - L'imbarcazione italiana è ripartita dal porto della capitale libica con gli 11 uomini dell'equipaggio, 8 italiani, 2 indiani e un ucraino,costretti a ubbidire ai militari, che poche ore prima avevano le cominicazioni radio. La destinazioni è rimasta ignota, ma la rotta, in direzione nord ovest, sembrava portare alla piattaforma petrolifera Eni di Mellitah. Un elicottero della nostra Marina Militare, decollato dal pattugliatore Comandante Borsini, ha intercettato l'imbarcazione per controllarne la rotta e le intenzioni. I sequestratori hanno allora deviato dalla piattaforma di Mellitah per dirigersi verso ovest, procedendo a zig zag, apparentemente senza una meta precisa. 
21/03/2011

Lampedusa, sbarchi continui, sull'isola oltre 4.000 migranti

lunedì 21 marzo 2011 10:36
MILANO (Reuters) - Continuano senza sosta da giorni a Lampedusa gli sbarchi di migranti in fuga dal Nord Africa, il cui numero sull'isola al momento supera i 4.000, con il centro di accoglienza che ha una capienza massima di 850 posti.
"Gli sbarchi sono continui, non abbiamo un numero esatto ma siamo a più di 4.000", ha detto al telefono a Reuters Edoardo Faiella, dell'ufficio stampa del Comando Generale della Guardia di Finanza, presente sull'isola.
"L'esodo è incessante, arrivano anche 12-13 imbarcazioni al giorno, in media con 80-100 persone per volta, e la tensione con gli abitanti di Lampedusa sta crescendo", ha aggiunto.
Centinaia di lampedusani ieri, come mostrato dalle immagini tv, hanno protestato impedendo di attraccare alla nave che stava portando il materiale per allestire una prevista tendopoli da installare sull'isola visti gli arrivi e la capienza insufficiente del centro di accoglienza.
Gli abitanti dell'isola -- che conta meno di 5.000 residenti -- chiedono che Lampedusa sia decongestionata e che i migranti vengano distribuiti in altri centri in Italia.
(Emilio Parodi)


Libia/ La Russa: avevamo una sola scelta, fatta senza... -2

"L'Italia, che ha le basi, non può avere atteggiamento agnostico"



Roma, 21 mar. (TMNews) - A proposito della missione militare contro il regime di Muammar Gheddafi, "l'Italia aveva una sola scelta", ovvero quella di aderire alla coalizione internazionale, e questa scelta è stata fatta "senza nessun entusiasmo, perché non c'è mai entusiasmo nell'usare le armi": è quanto ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, entrando a Palazzo Chigi per il Cdm straordinario convocato per questa mattina.
"L'Onu non lasciava scelta. La risoluzione ci imponeva di scegliere di stare dalla parte della comunità internazionale oppure contro. Soprattutto l'Italia, che ha le basi, non può avere un atteggiamento agnostico, perché senza di noi la risoluzione non può essere applicata", ha insistito La Russa.
"Ma chi dice che c'è stato entusiasmo" nella scelta di aderire alla coalizione "dice sciocchezze, perché l'Italia aveva una sola scelta, fatta senza entusiasmo, perché non c'è mai entusiasmo nell'usare le armi", ha aggiunto il titolare di Palazzo Baracchini.
Dunque l'Itala partecipa a pieno titolo alle operazioni contro il regime libico. E i nostri velivoli, se necessario, bombarderanno i radar e la difesa antiaerea di Gheddafi. "I nostri aerei fanno parte della coalizione che sta salvaguardando la vita del popolo libico", ha concluso La Russa.

Gheddafi: L'Italia ha tradito. Napolitano: Non siamo in guerra

La Russa: Otto aerei italiani pronti a colpire. I lealisti riprendono Misurata. Frattini: Intervento inevitabile

Gheddafi: L'Italia ha tradito. Napolitano: Non siamo in guerra
Roma, 20 mar. (TMNews) - "Non siamo entrati in guerra. Siamo impegnati in un'azione autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite", ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al suo arrivo al museo del risorgimento a Milano, poche ore dopo che il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha annunciato di aver messo a disposizione otto aerei pronti a prendere parte alle azioni della coalizione nella missione "Odissea all'alba".

Il leader libico Muammar Gheddafi, intanto, è tornato minacciare l'Occidente e in particolare l'Italia: "Italia, sei una traditrice", ha detto il colonnello durante il suo messaggio audio nel quale ha minacciato l'Occidente e ha promesso una guerra "lunga" che i "barbari e terroristi" perderanno.

E mentre sei caccia F16 della flotta aeronautica danese sono decollati dalla base militare americana di Sigonella, in provincia di Catania, La Russa ha annunciato che "ieri sera intorno alle 23 abbiamo avuto una richiesta formale di aerei da parte degli altri Paesi della coalizione e dalle 23:59 abbiamo dato la disponibilità di otto aerei trasferendone il comando al comando della coalizione". Si tratta di "quattro caccia con il compito di contraerea e di quattro tornado del tipo in grado di neutralizzare i radar. A questi è possibile si aggiungano altri assetti ma per il momento ci sono questi otto aerei a dispozione della coalizione. Da questo momento quindi i quattro tornado potrebbero essere impiegati in qualsiasi momento" per sorvolare la Libia.

Per il ministro degli Esteri Franco Frattini l'Italia "non può essere seconda a nessuno nell'impegno per il rispetto dei diritti umani" e per questa ragione partecipa a pieno titolo alla missione militare internazionale contro il regime di Muammar Gheddafi. Secondo il titolare della Farnesina, l'Italia "non poteva rimanere indifferente". "Non avremmo potuto non intervenire", ha commentato.

Intanto il ministero della difesa di Tripoli sta preparando un piano "per armare più di un milione di uomini e donne" contro gli occidentali che hanno bombardato il Paese, definiti "crociati", "barbari, terroristi, mostri" dal colonnello Muammar Gheddafi. Lo ha riferito l'agenzia Jana, citando fonti ufficiali di Tripoli. Il piano, ha spiegato l'agenzia, dovrebbe essere pronto in poche ore. E le forze lealiste sono entrate a Misurata, secondo la Bbc.

Sul campo, dopo una pausa di poche ore, sono ripresi i raid aerei della coalizione internazionale contro gli obiettivi sensibili del regime libico. Almeno 19 aerei americani, tra cui gli invisibili Stealth, hanno compiuto incursioni questa mattina, sganciando almeno 40 bombe. E anche i Rafale francesi sono stati impegnati in diverse operazioni nei cieli sopra la Libia. Decine di veicoli militari delle truppe fedeli al colonnello sono stati colpiti e distrutti. La prima fase dell'operazione "Odissey Dawn" (Odissea all'alba) è stata un successo, "è stata stabilita la no fly zone", ha confermato l'ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori riuniti Usa, spiegando che i raid sono riusciti a fermare l'avanzata degli uomini di Gheddafi verso Bengasi, dove negli scontri di ieri sono morte almeno 90 persone.

Mda/Coa/Dmo


LIBIA: LA RUSSA, RISCHI PER ITALIA CI SONO

(ASCA) - Roma, 21 mar - Un ipotetico rischio per il nostro paese derivante dalla partecipazione alla azione voluta dall'Onu contro il regime di Gheddafi esiste. Lo ha affermato il ministro della DifesaIgnazio La Russa.

Ricordando che gia' in passato il regime libico sparo' dei razzi contro l'Italia, che pero' non raggiunsero mai l'obiettivo, La Russa, parlando a Mattino 5, ha affermato che il rischio per l'Italia ''e' stato messo in conto. Noi, pero', abbiamo notizia della inadeguatezza delle armi libiche. Ma, certo, il rischio c'e'''. La Russa ha pero' subito voluto sottolineare che questo tipo di rischio, legato non solo a attacchi diretti ma anche ad azioni di altro genere, ''ci sarebbe stato anche se non avessimo partecipato alla missione. Intendo dire se non avessimo neppure messo a disposizione le nostre basi e questo - ha subito aggiunto - contro l'Onu, la comunita' internazionale e tanti altri paesi. Vi sarebbe stato un rischio identico o maggiore''.

gc/cam/rob

Libia: La Russa, rischio ritorsioni messo nel conto ma armi Gheddafi inadeguate

ultimo aggiornamento: 21 marzo, ore 09:23

Roma, 21 mar. (Adnkronos) - E' stato ''messo in conto'' il rischio di ritorsioni contro l'Italia in conseguenza dell'intervento militare in Libia ''anche se abbiamo notizie dell'inadeguatezza delle armi in dotazione alla Libia'' per quanto riguarda la possibilita' di colpire il territorio italiano. In ogni caso, ha rilevato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, intervenuto a 'La Telefonata' su Canale 5, ''il rischio non sarebbe stato minore se non avessimo partecipato all'operazione. Se avessimo messo a disposizione soltanto le basi -ha rilevato- avremmo avuto un rischio identico e non avremmo partecipato all'opera umanitaria volta a proteggere il popolo libico''.

L'Italia in guerra. Raid su Tripoli, colpito bunker raìs



IMGBase militare di Trapani Birgi, ore 20:04. I primi due Tornado italiani si levano in volo. Verso la Libia. L’Italia entra in guerra. Una guerra sotto egida Onu, ma pur sempre guerra. Nel giro di mezz’ora, altri due Tornado si uniscono agli aerei della «Coalizione dei volenterosi» entrati in azione a Tripoli. Gli otto aeroplani messi a disposizione dell'Italia alla coalizione impegnata nelle operazioni in Libia per l'attuazione della Risoluzione Onu sono, secondo quanto appreso da l’Unità, quattro Tornado Ecr e quattro caccia F-16. Due Tornado Ids, che non fanno parte del dispositivo, verranno però impiegati per le operazioni di rifornimento in volo. Obiettivo: Tripoli. La potenza di fuoco della Coalizione anti-Gheddafi si orienta sulla capitale libica. Una pioggia di fuoco si abbatte su Tripoli. Tripoli in fiamme Gli Stati Uniti hanno lanciato finora 124 missili tomahawk contro la Libia, comunica una fonte del Pentagono. Una buona parte su Tripoli. Un primo risultato è stato raggiunto: l'avanzata delle truppe di Gheddafi verso Bengasi, la roccaforte della «Rivoluzione del 17 febbraio» duramente bombardata l’altro ieri mattina, è stata fermata. L'intervento delle forze aeree della coalizione internazionale ha ottenuto il suo primo risultato, e gli effetti sono ancora visibili sulla strada che da Ajdabiya porta al capoluogo della Cirenaica. Nuovi raid dell'aviazione francese, dopo i primi dell’altro ieri pomeriggio, sono partiti ieri mattina molto presto, alle 5.30, e sono andati avanti per oltre due ore, a circa 35 km da Bengasi. Una colonna di carri armati e mezzi militari del regime, è stata colpita e distrutta, e le carcasse dei tank giacciono ancora in fiamme e fumanti lungo la carreggiata. Le immagini del colpo inferto ai lealisti fanno il giro delle tv: 14 tank, una ventina di mezzi corazzati, due camion con sopra dei lanciagranate e decine di jeep, distrutti e bruciati. La potenza di fuoco si sposta verso la Tripolitania. Ore 20:12: Tripoli sotto attacco. In azione entrano anche i famosi B-2 Spirit, i bombardieri «invisibili» della Aeronautica militare americana, i velivoli da guerra più temuti, costosi e potenti al mondo. Ore 21:09: una forte esplosione e poi gli spari della contraerea scuotono la notte: l’attacco è iniziato. A fermarlo non serva l’annuncio che «dalle ore 21 di questa sera (ieri, ndr) , nel rispetto della risoluzione 1973 dell'Onu, il governo ordina a tutte le unità militari di sospendere tutte le operazioni», annuncia il portavoce dell’esercito libico citato dalla Bbc. L’attacco aumenta d’intensità. La Cnn riferisce che una forte esplosione si è sentita nella zona in cui si trova il palazzo di Gheddafi da dove si è innalzata una colonna di fumo. Subito dopo è entrata in azione una «pesante risposta contraerea». Ma il Pentagono riferisce che le forze di coalizione impegnate in Libia «non daranno la caccia a Gheddafi».















































I Tornado italiani in azione, Gheddafi si ferma e minaccia l’Italia
Due Tornado Ecr
L’operazione Odyssey Dawn ha colpito duro (attacchi con missili dai sottomarini britannici anche nella notte) e Gheddafi proclama un timido cessate il fuoco (al quale non crede nessuno), annuncia la fine delle operazioni militari “in conformità con la risoluzione dell’Onu” ma continua a minacciare: “Volete solo il nostro petrolio, sarà l’inferno, l’Italia ha tradito.” La situazione è confusa e per quanto ci riguarda la maggiore novità è l’impiego diretto, accanto alle altre risorse militari della coalizione, degli aerei italiani. Otto i velivoli che si sono alzati in volo dalle nostre basi, quattro i Tornado impiegati sul campo per neutralizzare le difese aeree libiche. Missione compiuta, tutti i velivoli sono tornati alla base. I missili della coalizione, sparati dall’aria e dai sottomarini al largo delle coste libiche hanno praticamente distrutto le difese aeree di Gheddafi,  che pure è tutt’altro che reso inoffensivo. Washington dichiara che l’obiettivo della operazione non  è quello di prendere Gheddafi, ma è evidente che fermare l’avanzata delle truppe libiche lealiste verso Bengasi e la difesa dei ribelli e dei civili non basta. In serata a Tripoli si è avvertita una forte esplosione e colonne di fumo si sono levate  nei pressi della residenza del Rais.  Colpito certamente un edificio a una cinquantina di metri dalla tenda nella quale Gheddafi abitualmente riceve gli ospiti. Sul fronte delle attività diplomatiche, l’Unione africana chiede la fine immediata di tutte le ostilità mentre Lega Araba, Cina e Russia contestano i raid. Il ministro degli Esteri Franco Frattini dice che “l’Italia vorrà esserci nella nuova Libia”, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invita a non  cedere alla paura: “ il nostro Paese “non è in guerra contro la Libia ma partecipa a un’operazione autorizzata dalle Nazioni Unite”
 Centodieci missili dall’inizio dell’operazione, colpiti tutti gli obiettivi prefissati, nessuna indicazione di vittime civili: il bilancio è del Pentagono, lo fornisce l’ammiraglio William Gortney durante il briefing a Washington. I raid sono iniziati all’alba. Obiettivo dei caccia francesi: bloccare l’avanzata dell’esercito verso Bengasi. Fanno il giro del mondo le immagini della colonna di carri armati e mezzi militari del regime distrutti, i resti di quattordici tank, una ventina di mezzi corazzati, due camion con lanciagranate e decine di jeep. “Le forze del Colonnello sono statre bloccate”, ha confermato l’ammiraglio americano Michael Mullen. Fra gli attacchi, anche quelli di tre Stealth americani, i bombardieri “invisibili”, che hanno sganciato quaranta bombe su una base aera libica. In mattinata è ancora Mullen a parlare: “La no fly zone è stata imposta sui cieli libici. La contraerea è inoffensiva”. Ma Misurata, ultima roccaforte degli insorti della Tripolitania, è tutto il giorno sotto attacco. Poi l’esercito entra nella città e blocca il porto.


Gheddafi fa bombardare la folla dalla aviazione, centinaia di morti, italiani in fuga

La situazione in Libia sta precipitando, secondo testimoni nella capitale è in corso un massacro, i morti sarebbero centinaia, l’aviazione bombarda la folla., Scontri e tensione dopo il discorso del figlio di Gheddafi che promette riforme ma minaccia: “Fermatevi o sarà guerra civile”. Spari e urla nella capitale, in fiamme il palazzo del popolo, uno dei principali edifici governativi. Dall’alto caccia militari hanno bombardato i manifestanti. Per Al Jazeera nella capitale solo oggi ci sarebbero state 250 vittime. Il bilancio ufficioso parla di quasi trecento morti a Bengasi, caduta in mano ai rivoltosi, insieme a Sirte e ad altre città. Unità dell’esercito solidarizzano con la protesta. E mentre si parla di un imminente colpo di stato da parte dei militari scattano numerosi campanelli d’allarme per gli occidentali.. Un cantiere straniero è stato assaltato e vi sarebbero dei feriti.Gli italiani si apprestano a lasciare il paese Voci di fuga del leader, ma secondo i siti di opposizione Gheddafi è ancora nel Paese. Nel Paese sono interrotte le comunicazioni telefoniche. Anche Palazzo Chigi alza la voce. Berlusconi, accusato di non essere intervenuto sull’amico libico, ha preso posizione: “Violenza inaccettabile”. Massima allerta nelle basi militari italiane

Libia nel caos, Gheddafi avrebbe già lasciato il paese

il colonnello Gheddafi
E adesso crolla anche la Libia. Scorre il sangue anche nella capitale, i morti non sono meno di trecento, i militari appoggiano la rivolta, ma soprattutto pare che Gheddafi sia fuggito. Lo dice la tv panaraba Al Jazeera:  “Il colonnello Muammar Gheddafi è fuggito in Venezuela.E la voce, clamorosa ma ancora tutta da confermare che  in un attimo si diffonde in tutto il mondo. Quel che è certo è che il regime di Gheddafi inizia a mostrare le prime serie crepe: alcune unità dell’esercito avrebbero disertato unendosi ai rivoltosi. Secondo alcune fonti, Bengasi è ormai in mano ai ribelli. Abdel Moneim Al-Honi, rappresentante permanente della Libia presso la Lega Araba, ha annunciato ad alcuni giornalisti che si dimetterà per “unirsi alla rivoluzione” e protestare contro “la repressione e la violenza contro i manifestanti” nel suo paese. Infine, un leader tribale ha annunciato il blocco delle esportazioni di petrolio se Gheddafi non porrà fine alla repressione e non lascerà il Paese. Sempre secondo Al Jazeera, l’esercito oggi ha sparato razzi Rpg sui manifestanti a Bengasi. Mentre sempre secondo la stessa fonte manifestanti sono scesi in piazza  a Tripoli e si è sparato nei pressi del palazzo presidenziale. 
Nel caos generale il governo libico reagisce duramente e  minaccia l’Unione Europea, colpevole secondo Tripoli di sostenere le rivolte: “Se continuate a incitare i manifestanti alle proteste nel nostro Paese, interromperemo la nostra cooperazione sul fronte immigrazione”. Lo ha riferito l’ambasciatore di Ungheria, presidente di turno dell’Unione, convocato dalle autorità libiche.Reda.


"Gheddafi potrebbe inviare kamikaze"

L'ipotesi paventata da un esperto militare russo


FOTO ANSA
11:26 -  Un’ipotesi inquietante arriva dalla Russia sullo scenario di guerra in Libia. Uno degli esperti militari russi più noti, Leonid Ivashov,  ha sottolineato che il leader libico Muammar Gheddafi potrebbe inviarekamikaze contro basi Nato in Italia. A dare la notizia è l'agenzia Interfax. “Gheddafi - ha detto il generale in pensione Ivashov - potrebbe usare altri metodi, come sabotaggi contro basi Nato in Italia e basi statunitensi e britanniche in paesi arabi. In queste azioni potrebbe coinvolgere forze anti-americane e anti-europee, giovani e attentatori suicidi”.  L'esperto ha detto che “Gheddafi ha sistemi in grado diabbattere aerei della Nato, ma l'aggressore ha una generale superiorità”.

Dopo le minacce di Gheddafi, difese rafforzate in Italia



ROMA - In parallelo con l'intervento militare in Libia e con le minacce di Gheddafi, l'Italia rafforza le misure di sicurezza contro il rischio di attacchi terroristici. I servizi segreti e l'Antiterrorismo hanno potenziato il monitoraggio sui possibili pericoli per il Paese fin dall'inizio della crisi. Indicazioni di minacce specifiche non sono state raccolte, ma l'attenzione degli apparati di sicurezza nazionali è al massimo livello.

Oggi Gheddafi ha nuovamente avuto parole dure verso l'Italia, chiamata «traditrice» ed ha definito «una nuova crociata contro l'Islam» l'attacco alla Libia. C'è il rischio che questi appelli vengono raccolti dai circoli fondamentalisti presenti sul territorio nazionale. Per questo è arrivata l'indicazione di monitorare attentamente quanto si muove nelle centinaia di moschee “fai da te” sparse in tutta Italia. Tra i gruppi radicali, tuttavia, Gheddafi non ha mai riscosso troppe simpatie. Monitorati anche i sostenitori del colonnello. Oggi a Perugia una quarantina di studenti libici ha manifestato a favore del rais davanti alla sede dell'Università per stranieri.

I questori stanno traducendo in pratica le indicazioni della circolare del capo della polizia. A Roma è stata potenziata la vigilanza davanti alle sedi diplomatiche di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Analoga attenzione anche alle sedi istituzionali e governative. Blindati presidiano inoltre l'ambasciata libica. Allerta potenziata anche all'aeroporto di Fiumicino, dove c'è stata un ulteriore stretta sui controlli e sui livelli di sicurezza. L'aumento della sorveglianza riguarda i cosiddetti obiettivi sensibili, i voli delle compagnie considerate a rischio, i controlli dei documenti dei passeggeri e delle aree di accesso alla zona aeroportuale. Particolare preoccupazione c'è per gli interessi italiani in Libia e per i connazionali ancora presenti nel Paese nordafricani.
Domenica 20 Marzo 2011 - 19:51



Guerra in Libia: l’Italia si schiera contro Gheddafi


marzo 21, 2011 by MartinaG


L’Italia si schiera contro la Libia e lo fa in modo attivo, infatti il ministro Frattini e La Russa hanno dichiarato che il nostro paese sta schierando le risorse dell’aeronautica e della marina per il raid contro la Libia.
Tra l’impazienza di Francia e Inghilterra, la non bellicità tedesca e l’intervento americano viene da chiedersi se si sta andando incontro ad un’azione umanitaria.
Nelle parole di Napolitano si intuisce un bisogno di contrastare la tirannia di Gheddafi che sta massacrando il suo popolo, ma certo che i dubbi a riguardo non mancano.
C’è infatti chi si chiede perchè, visto il gran numero di paesi in cui non vengono rispettati i diritti umani, si è presa di mira la Libia.
Ma il punto non è solo Gheddafi, c’è anche chi sospetta che il cambio di rotta delle relazioni internazionali tra Italia e Libia sia stato pesantemente dettato da nazioni molto più influenti dello stivale, significherebbe che l’Italia non è altro che una pedina nelle mani di stati più influenti?
Ma oltre le polemiche c’è un fatto, ci sono centinaia di soldati che si preparano a scendere sul campo per fare onore al proprio paese, e il fenomeno è diffuso in molti paesi europei, perciò costretti o no, sembra proprio che l’Italia dovrà fare la sua parte in questo teatrino.



POL - Libia, colpito bunker Gheddafi. In azione i Tornado italiani
Continuano gli attacchi della coalizione. Lanciati 124 Tomahwak. Il Colonnello assicura: Resistenza a oltranza. Bloccato un rimorchiatore di una società napoletana con otto italiani a bordo
Libia, colpito bunker Gheddafi. In azione i Tornado italiani
Roma, 21 mar (Il Velino) - Quarto giorno di intervento per la missione “Odissea all’alba”, che da ieri sera ha registrato anche l’azione dei Tornado italiani. E mentre gli alleati si dimostrano scettici sul nuovo annuncio di cessate-il-fuoco dei libici, nella notte è stato colpito un edificio del bunker del colonnello Muhammar Gheddafi a Tripoli, anche se dagli Usa è arrivata la precisazione che il leader non è nel mirino della coalizione. Gheddafi ha continuato a minacciare ritorsioni e ad assicurare che i libici combatteranno a oltranza (per il momento ha lanciato proclami radio senza apparire in video), accusando poi l’Italia di tradimento. Ieri sono proseguiti gli attacchi della coalizione per imporre la no fly zone sugli insorti. Incursioni aeree francesi e britanniche, a cui si è aggiunto in serata un raid di velivoli italiani (quattro Tornado partiti da Trapani, affiancati da due aerei cisterna per il rifornimento in volo), lanci di missili da sottomarini e navi americane (in totale sarebbero stati lanciati su obiettivi militari libici 124 Tomahwak). I cacciabombardieri italiani sono rientrati alla base intorno a mezzanotte, e lo stato maggiore della Difesa ha fatto sapere che i velivoli “hanno portato a termine la loro missione di soppressione delle difese aeree presenti sul territorio libico”. Da Tripoli è stata segnalata la reazione della contraerea libica ai bombardamenti della coalizione internazionale. La Cnn ha mostrato alcune immagini delle scie dei traccianti con in sottofondo rumori incessanti di spari a ripetizione, anche di fucili e mitragliatori, secondo il racconto dell'inviato del network americano.

La contraerea sarebbe entrata in azione anche nei pressi del bunker in cui si rifugia il colonnello Gheddafi. Ad ogni modo, non sembra che la reazione libica abbia fermato gli attacchi delle forze aeree. Il regime libico ha denunciato la morte di 64 civili (150 i feriti) nei bombardamenti. Una circostanza, quest’ultima, di cui il portavoce del Pentagono, Bill Gorney, in una conferenza stampa, ha detto di non essere a conoscenza. Gorney ha poi spiegato che tutti gli obiettivi prefissati sono stati colpiti, ma che non c'erano target nella capitale, facendo capire quindi che le esplosioni e i colpi riportati dai media non riguardavano iniziative della coalizione. Il portavoce del Pentagono ha precisato che “sono state colpite anche truppe di terra” fedeli a Gheddafi nell'area di Bengasi, e che “non ci sono più attività aeree delle forze del regime libico”. Ha anche confermato che ieri sono stati lanciati complessivamente 124 missili da crociera Tomahwak.

Il Pentagono ha specificato che la coalizione in questo momento non è a caccia del Colonnello e che la missione consiste nel “colpire obiettivi per rafforzare la no-fly zone”. Ieri il Colonnello ha bollato l'operazione come una crociata: “Tutto il mondo vede - ha detto in un discorso trasmesso dalla tv di Stato - che è in corso una crociata contro il mondo islamico e la Libia in particolare”. Gheddafi si è rivolto ai Paesi della coalizione chiamandoli “barbari”. “Vi sconfiggeremo - ha assicurato -, non potete nascondervi dietro i vostri missili e dietro le vostre navi, siamo aggrappati alla nostra terra”. Per Gheddafi “tutto il popolo libico è in armi” e dunque pronto “a una guerra lunga”. Infine c’è da registrare il caso del rimorchiatore "Asso 22" della compagnia napoletana "Augusta Offshore". Sarebbe stato sequestrato da un gruppo di armati libici e sembrava essere diretto verso una piattaforma petrolifera, ma ha cambiato rotta dopo essere stato intercettato da un elicottero militare della coalizione. Al momento pare dirigersi verso Tripoli. A bordo, ci sono 11 persone, fra cui otto italiani. La Farnesina sta seguendo con attenzione la situazione.
(red) 21 mar 2011 08:07

21-03-11
LIBIA: SOSTENITORI GHEDDAFI AGGREDISCONO BAN KI-MOON AL CAIRO (1 UPDATE)

(ASCA-AFP) - Il Cairo, 21 mar - Circa 50 sostenitori del leader libicoMuammar Gheddafi hanno aggredito il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in piazza Tahrir, al Cairo, costringendolo a ripararsi nella sede della Lega araba. Lo riferisce un corrispondente dell'Afp.

Gridando slogan anti-americani e issando bandiere del regime libico, i dimostranti si sono scagliati contro il segretario generale Onu e altri membri delle Nazioni Unite, prontamente difesi dall'intervento della polizia egiziana, spiega il giornalista. Ban Ki-moon non ha tuttavia riportato alcuna ferita in seguito all'aggressione. red/cam/rl

Libia: il discorso di Gheddafi sulle prime pagine della stampa libica
ultimo aggiornamento: 21 marzo, ore 10:05

(Aki) - Il messaggio audio diffuso ieri mattina dal colonnello libico Muammar Gheddafi tramite la tv di Stato domina stamane le prime pagine dei quotidiani libici, la cui pubblicazione è stata consentita dal regime di Tripoli. In particolare, il quotidiano 'al-Fajr al-Jadid' titola: "o criminali, cadrete come è caduto Hitler, Napoleone e Mussolini. Noi ora alziamo la bandiera dei popoli per la libertà". Di taglio basso si legge invece che "Aisha Gheddafi era al centro della manifestazione di ieri a Bab al-Azizia a Tripoli", mentre di spalla si annuncia che "il presidente combattente venezuelano, Hugo Chavez, condanna il folle attacco crociato contro la grande Jamahiriya". Nella parte alta della pagina si parla invece di "migliaia di americani e russi che hanno manifestato ieri contro la guerra alla Libia".
Il messaggio di Gheddafi campeggia anche sulla prima pagina del quotidiano 'al-Jamahiria', che titola con un altro passaggio del discorso del colonnello: "vi informiamo che siamo pronti a una guerra di lunga durata su tutto il territorio che non avrete la forza di portare avanti". Di taglio alto la notizia della condanna dei raid aerei sulla Libia da parte del presidente venezuelano Chavez, mentre di spalla il titolo: "la grande Jamahiria chiede una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo l'attacco militare francese, britannico e americano contro il suo territorio". In basso invece due notizie di sport sui risultati della squadra libica di scacchi e di Taekwondo.
Anche il quotidiano di Tripoli 'al-Shames' apre con il messaggio di Gheddafi e sceglie come titolo: "vinceremo senza dubbio, tutto è dalla nostra parte perché combattiamo sulla nostra terra, per difendere la nostra indipendenza e la nostra dignità". Di taglio centrale viene pubblicato il comunicato delle forze armate sui raid aerei dei giorni scorsi in Libia, mentre di spalla si annuncia: "le sedi dei Comitati popolari sono aperte e sono i luoghi nei quali troverete le armi". Viene inoltre mostrata una foto della manifestazione che si è svolta ieri a Bab al-Azizia in favore del colonnello, mentre nella parte bassa si annuncia che "le autorità libiche non si interesseranno piu' dei flussi di migranti diretti verso l'Europa". Seppur impaginati in modo diverso, i tre giornali contengono le stesse notizie, in buona parte provenienti dall'agenzia di stampa libica ufficiale 'Jana'.

Libia: Gheddafi chiede a sostenitori marcia pacifica su Bengasi
ultimo aggiornamento: 21 marzo, ore 09:47
Tripoli, 21 mar. (Adnkronos/Aki) - Muammar Gheddafi ha chiesto ai suoi sostenitori di organizzare una marcia pacifica su Bengasi, roccaforte dei ribelli. Lo riferisce l'agenzia libica Jana, spiegando che il colonnello intende organizzare un "corteo verde" composto da centinaia di civili a lui vicini, ma anche parlamentari che sventolano rami d'ulivo. I partecipanti saranno comunque scortati da uomini armati.

Libia/ Gates: eliminazione Gheddafi non è obiettivo

"Bisogna rispettare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza"

Libia/ Gates: eliminazione Gheddafi non è obiettivo
Roma, 21 mar. (TMNews) - L'uccisione di Muammar Gheddafi non è un obiettivo della coalizione internazionale impegnata in un'operazione militare in Libia. Lo ha precisato il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, interrogato sulla possibilità di raid mirati per l'eliminazione fisica del colonnello. Gates ha ritenuto che la coalizione deve rispettare la risoluzione delle Nazioni Unite che ha autorizzato il ricorso alla forza per proteggere i civili in Libia.

"Penso che sia importante agire nel quadro del mandato della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu", ha dichiarato ai giornalisti durante il viaggio di trasferimento in Russia, dov'è atteso per una visita ufficiale.

Libia: Vendola, no a Gheddafi e no alla guerra

ultimo aggiornamento: 21 marzo, ore 09:21
Roma, 21 mar. (Adnkronos) - "Per me lo slogan e' 'no a Gheddafi no alla guerra'. Nelle prossime ore si puo' costruire una mobilitazione su questi due pilastri". Lo dice Nichi Vendola, intervistato da 'Republica'. "Se fossi in Parlamento -aggiunge- voterei no ai bombardamenti su Tripoli. Tra l'indifferenza e la guerra la terza opzione e' la politica del negoziato, della diplomazia che pure sono strade previste nella risoluzione dell'Onu".

Libia, Frattini: Italia vuol partecipare al dopo Gheddafi

domenica 20 marzo 2011 18:47





MILANO (Reuters) - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto oggi che l'Italia, oltre a partecipare fornendo le proprie basi alla coalizione occidentale che da ieri sta lanciando attacchi aerei sulle truppe del leader libico Muammar Gheddafi, vuole "partecipare a questa nuova Libia che verrà dopo Gheddafi".
"Noi vogliamo condividere problemi, responsabilità", ha detto il ministro intervenendo in collegamento alla trasmissione di Mediaset 'Domenica 5'. "Ma anche partecipare a questa nuova Libia che verrà dopo Gheddafi".
In precedenza, nel suo intervento alla trasmissione tv, Frattini aveva detto che "l'Italia non può essere seconda a nessuno nell'impegno per fare rispettare i diritti umani in un paese come la Libia, che è un paese così vicino a noi".
"Noi abbiamo più volte dimostrato solidarietà e amicizia al popolo libico - ha proseguito - e, evidentemente, di fronte agli attacchi forti e ai bombardamenti sulle città della Libia, non potevamo rimanere indifferenti, specialmente quando l'alleanza internazionale con le Nazioni Unite ha deciso di intervenire".
"L'Italia, come membro dell'Alleanza atlantica e dell'Unione europea, ha deciso fin dal primo momento di condividere le scelte internazionali", ha detto Frattini alla trasmissione tv. "Non possiamo fare un passo dimezzato rispetto agli altri per la nostra professionalità, la nostra esperienza, ma anche per la nostra posizione geografica".
"Se la Libia esplode, esplode in ogni caso, a un passo da casa nostra, ed è quindi evidente che più siamo coinvolti per riportare la pacificazione e nell'impedire violenze contro i civili, meglio è".
-- Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

Libia: Italia, congelati beni a Gheddafi

Per 7 miliardi, in attuazione della risoluzione Onu 1973

(ANSA) - NEW YORK, 20 MAR - L'Italia, in attuazione della risoluzione 1973 approvata il 17 marzo dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ha congelato i beni di Gheddafi o di entita' libiche per 6-7 miliardi di euro. Lo ha reso noto il rappresentante permanente italiano presso le Nazioni Unite, ambasciatore Cesare Maria Ragaglini. La cifra e' 'soggetta ad ulteriori verifiche da parte del Comitato di Sicurezza finanziaria'.









LAMPEDUSA - AGRIGENTO / 21-03-2011

GUERRA IN LIBIA E REGIME GHEDDAFI: CRESCE IMMIGRAZIONE VERSO ITALIA / barconi immigrati clandestini dalla Libia a Catania






Guerra in Libia e regime colonnello Gheddafi: crescente immigrazione clandestini dalla Libia, ultime notizie 21 marzo 2011 - 
Se gli sbarchi a Lampedusa continuano ormai senza sosta, i barconi con gli immigrati clandestini arrivano ormai anche sulle coste di Catania. Due imbarcazioni con 100 cittadini libici, (stremati da quanto accade nel loro paese), sono giunte vicino alle coste sicule durante la notte. Un primo barcone si è incagliato nei presti di Riposto e un secondo è stato avvistato al largo di Catania e poi scortato fino al porto della città.

A Lampedusa nella notte sono arrivati 450 immigrati provenienti dalla Libia e di questi 43, sfuggiti ai controlli, sono arrivati a terra e fermati dai carabinieri. Il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, e il direttore generale Patrizia Ravaioli si sono recati sull'isola per monitorare la difficile situazione dovuta agli immigrati allo sbando senza assistenza e senza un minimo riparo. Ma l'installazione di una tendopoli è ancora a livello di proposta. Gli abitanti dell'isola, esasperati dall'enorme numero degli immigrati  e dalle pessime condizioni sanitarie conseguenti, sono furibondi e non vogliono grandi accampamenti che potrebbero danneggiare irreparabilmente la stagione turistica in arrivo.

Da quanto si può vedere sia gli immigrati che i cittadini di Lampedusa sono stati abbandonati dal governo Berlusconi. Andrebbe, invece, trovata una soluzione che possa garantire una dignitosa accoglienza agli immigrati salvaguardando il turismo dell'isola.


Guerra in Libia: attacchi senza sosta. Colpito bunker Gheddafi

21 March 2011, 10:02
21/03/2011 – ATTACCO A GHEDDAFI - Al terzo giorno di guerra, proseguono senza sostale incursioni aeree contro la Libia del colonnello Gheddafi da parte delle forze alleate. Dopo Usa, Gb e Francia anche l’Italia che ha assicurato ogni supporto logistico con le sue basi agli alleati, è scesa in campo con propri mezzi di guerra. Sei Tornado italiani infatti nella serata di ieri sono partiti in missione con l’obiettivo di distruggere i sistemi di radar libici e sono rientrati alla base di Trapani da dove erano partiti.NO FLY ZONE – Sembrerebbe che i continui attacchi di terra e di mare abbiano consentito di raggiungere il primo obiettivo strategico che era quello di stabilire la “no fly zone” sulla Libia. Attacchi che vedono impegnati avanzati mezzi di guerra, come velivoli dotati di tecnologie Stealth e quindi invisibili ai radar nemici. La Gran Bretagna da un sommergibile Trafalgar ha lanciato dal mediterraneo missili TomahawkCOMANDO COALIZIONE – Gli Usa hanno intenzione di passare il comando della coalizione nei prossimi giorni a Francesi e Inglesi (comando franco-britannico). Si tratta di una scelta dettata da a due ragioni specifiche: 1.  gli Usa sono già impegnati in un altro conflitto; 2. Gli Usa non vogliono avere un ruolo di spicco per non urtare la sensibilità araba FRATTINI SU LEGA ARABA – Dopo le riserve manifestate dalla Lega Araba sulle modalità di attacco, il Ministro degli esteri italiano Frattini, ha auspicato che possa al più presto ripristinarsi con l’organismo rappresentativo del mondo arabo un rapporto di collaborazione. COLPITO BUNKER GHEDDAFI - Un edificio che ospita il bunker del rais sarebbe stato colpito ieri da un missile. TIMORE PER CIVILI - Le forze della coalizione hanno evitato di sganciare bombe su alcuni punti militari strategici a causa – si apprende dal web – della presenza di civili.BILANCIO VITTIME - Ancora non si hanno dati ufficiali e il condizionale è d’obbligo ma sarebbero circa 8.000 le vittime del conflitto fra ribelli e forze di Muammar Gheddafi. PROSSIME AZIONI MILITARI - Una volta stabilito il no fly zone, gli attacchi dovrebbero dirigersi verso le forze di rifornimento delle truppe libiche.

Promemoria sulla guerra in Libia

March 21st, 2011 by editor
di Andrea Gilli
La guerra contro la Libia è oramai iniziata. Vale la pena mettere nero su bianco qualche promemoria, per le settimane e i mesi a venire.
In primo luogo, come diceva Clausewitz, la guerra è un fenomeno estremamente semplice, ma in guerra, anche le cose più semplici diventano difficili. La disparità tecnologico-militare tra l’Occidente e la Libia è enorme. Ciò non significa, però, che un’azione militare contro la Libia sarà una passeggiata. Nel 1999, la Serbia di Milosevic non era esattamente una Grande Potenza. Ciononostante, questa seppe prendere intelligenti contro-misure e complicare significativamente le attività belliche NATO. E’ probabile che Gheddafi segua la stessa strategia.
Infatti, Gheddafi ha tutto l’interesse a ritardare e complicare l’attuazione della no-fly zone. Pertanto, potrebbe verosimilmente agire di conseguenza. Da una parte, potrebbe cercare di proteggere le sue difese anti-aeree mobili dagli attacchi alleati. Così facendo, una eventuale no-fly zone comporterà più rischi e dunque verrà ritardata o alleggerita.
Allungando i tempi per una no-fly zone e minacciando gli aerei alleati, la Libia indebolirebbe la compattezza della coalizione: l’obiettivo ultimo della sua strategia. A tal fine, Gheddafi potrebbe ricorrere anche ad altri mezzi. Quattro sembrano particolarmente utili: profughi, idrocarburi, vittime civili e terrorismo. Come e se li userà non ci è dato sapere, è però facile identificare in questi fattori degli utili strumenti di ritorsione contro i Paesi alleati.
Il secondo punto che merita attenzione riguarda il potere aereo. Vale la pena non illudersi:questo non risolverà la crisi libica. La no-fly zone non bloccò il massacro di Srebrenica. Dieci anni di no-fly zone non fecero cadere Saddam Hussein. E’ possibile che in Libia le cose vadano diversamente. Ma è più facile che sia vero il contrario. Anche nella migliore delle ipotesi – un’immediata caduta di Gheddafi – è difficile pensare ad una rapida riconciliazione del Paese. Chi ha finora vissuto sotto la protezione del regime sarà – di colpo – vulnerabile. Come è successo in Iraq, ciò più che calmierare le violenze le accelererà e le allargherà.
Ciò ci porta alla terza considerazione: è necessaria una chiara strategia politica. Al momento, non la vedo. E’ possibile che Sarkozy, Cameron e Obama l’abbiano già formulata, ma propenderei per l’interpretazione opposta. Cosa siamo disposti ad offrire, e ad accettare da, Gheddafi per la fine delle violenze? Fino a dove siamo disposti ad andare per proteggere Benghasi (invasione di terra?)? E soprattutto, una volta caduto Gheddafi, cosa si fa? Come evitiamo che scoppi una guerra civile? Queste sono solo alcune delle domande a cui bisogna dare una risposta. L’alternativa è il caos che abbiamo visto in Iraq dal 2003 fino all’altro ieri.
Ultima considerazione: questi interventi sono spesso lanciati sotto la spinta manichea di dividere il mondo tra buoni e cattivi. Va sempre ricordato che là dove ci sono tensioni e conflitti che risalgono a generazioni, se non secoli, fa, è difficile rintracciare la parte del torto e della ragione. In Kosovo siamo intervenuti per proteggere gli albanesi kossovari dai serbi kossovari. Finito l’intervento, abbiamo poi dovuto proteggere i serbi kosovari dagli albanesi kosovari. Il rischio è che lo stesso succeda anche in Libia. La speranza, per il momento, è che la Libia non diventi quel porto di traffici clandestini che è attualmente il Kosovo. Viste le dimensioni del territorio libico, questa sarebbe una sciagura.
P.S.: qualcuno suggerisce che l’intervento in Libia servirebbe a distogliere l’attenzione dalla violenta repressione che sta avendo luogo in Bahrain e in Yemen. A pensar male si fa peccato, ma spesso si ha ragione.

Guerra Libia: senza Nato l’Italia prende il controllo delle basi

– 21 MARZO 2011POSTED IN: IN EVIDENZANEWS
libia attacco francese 150x150 Guerra Libia: senza Nato lItalia prende il controllo delle basiGUERRA IN LIBIA - ATTACCHI ALLEATI - BOMBARDAMENTO SU TRIPOLI E BENGASI -SEGUI LIVE GLI AGGIORNAMENTI – Guerra in Libia, terzo giorno! Gli alleati continua ininterrottamente a porre sotto assedio le basi dell’esercito libico. Da qualche ora è iniziata la seconda fase della cosidetta Odissey Dawn. Dalle ultime indiscrezioni pare che durante i raid contro edifici del bunker di Gheddafi possa essere rimasto ucciso il figlio del Rais Khamis. Gli attacchi degli alleati contro gli obiettivi militari del leader della Libia Muammar Gheddafi dunque, non si fermano. Aerei britannici, francesi ed americani hanno letteralmente posto in assedio gli obiettivi di terra dell’esercito del Rais. Intanto dal Pentagono giungono conferme sul conferimento alle truppe franco-britanniche del comando della operazioni militari contro l’esercito libico. I Tornado italiani ritornati nella serata di ieri a Trapani hanno compiuto perfettamente la missione. Intanto l’aeroporto civile di Trapani-Birgi è stato chiuso per i voli “normali, il traffico civile è stato trasferito al Falcone-Borsellino di Palermo.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 17.10:Il Ministro Frattini è chiarissimo: “Comando Nato o gestiamo noi le basi. Se la Nato non assumerà a breve il coordinamento delle operazioni militari, dovremo studiare un modo perchè l’Italia assuma la responsabilità del controllo delle proprie basi”.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 15.50:Secondo Sky tg24 dalla base militare di Trapani Birgi potrebbero essere pronti nuovi decolli dei tornado per la Libia. Intanto sono state confermate le voci secondo le quali gli aerei italiani hanno perlustrato ieri la Libia e non hanno lanciato alcuna bomba.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 14.33:Il Ministro La Russa ha ribadito intervenendo dal Consiglio dei Ministri assieme al Ministro degli Interni Roberto Maroni: “E’ opportuno che le operazioni siano gestite da Onu”. Anche il Ministro degli Esteri Frattini ha ribadito il concetto “No all’ingresso dell’Italia in guerra, le operazioni devono essere gestite dalla NATO”.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE: 12,48:Un portavoce degli insorti ha rivelato che le forze pro-Gheddafi starebbero portando a Misurata civili da città vicine per usarli come scudi umani. Questa rivelazione potrebbe inasprire ulteriormente il rapporto fra la Coalizione e il governo del Rais libico.
 AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 10.55:Secondo un sito dell’opposizione nei giorni scorsi è rimasto ucciso il figlio di Muammar Gheddafi Khamis. Sulla vicenda si attendono conferme.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 9,00:Il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa intervenendo alla trasmissione mattino 5 ha dichiarato: “Tocca al comando militare rilevare se effettivamente” i Tornado italiani “hanno colpito l’obiettivo, non tocca a me e comunque non lo direi”.
AGGIORNAMENTO 21 MARZO 2011 ORE 02.00:Bengasi, è battaglia nella roccaforte dei ribelli! I tornado italiani sono partiti alla volta della Libia ed hanno compiuto pienamente la propria missione facendo ritorno alla base di Trapani-Birgi. Anche il Pentagono si dice soddisfatto della missione militare contro tutti gli obiettivi libici. Le operazioni con ogni probabilità verranno affidate ad un comando franco-britannico. Intanto Gheddafi lancia forti segnali al mondo occidentale. Uno dei bunker del leader libico è stato posto in assedio dai caccia alleati per molte ore.





LIBIA: FERRERO, E' GUERRA DI TOTAL CONTRO ENI. FERMARE SUBITO RAID

(ASCA) - Roma, 21 mar - ''Una guerra della Total contro l'Eni fatta in nome di nobili motivi umanitari''. E' cosi' che Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, spiega l'intervento dell'Onu inLibia e chiede ''l'immediato cessate il fuoco''.

''I governi occidentali mentono sugli obiettivi della guerra in 
Libia - afferma in una nota -. Tutti giustificano l'intervento dicendo che serve a stabilire la no fly zone e che non e' una guerra mirata a deporreGheddafi. Guarda caso pero' abbiamo appena ricevuto la notizia che e' stato bombardato il bunker di Gheddafi. E' del tutto evidente che l'obiettivo dei raid e' un cambio di regime in Libia e che siamo nella stessa situazione dell'Iraq: una guerra per il controllo del petrolio in cui Sarkozy si pone l'obiettivo di sostituire Berlusconi nel ruolo di paese con migliori rapporti con la Libia''.

red-njb/cam/rob


Libia, ministro La Russa: non siamo in guerra, è una missione ONU

inserito da: Letizia Russomandopubblicato il: 21/03/2011 11:09
Libia, ministro La Russa: non siamo in guerra, è una missione ONU
(IAMM) Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, definisce "inevitabile" l'ingresso nella coalizione internazionale. "Avendo le basi - ha osservato LaRussa - astenerci sarebbe stato come votare contro. Siamo in campo per difendere il popolo, la missione durerà tutto il tempo necessario. Stare nell'alleanza ci protegge da ritorsioni". In una intervista a 'Il Giornale', il ministro dice di essere "refrattario a usare il termine guerra", piuttosto "questa è una missione che ci ha assegnato l'Onu. Certo comporta l'uso della forza". Sui timori che la missione in Libia duri molto, La Russa dice che ha lo "scopo di difendere la popolazione" e che quindi "durerà il tempo necessario a proteggerla". C'è chi dice che l'intervento dell'Italia in Libia sia venuto troppo tardi, chi contesta al governo italiano di aver deciso troppo frettolosamente. Per La Russa l'Italia non avrebbe potuto rifiutare la richiesta  d'intervento dell'Onu come ha fatto la Germania, che ha deciso di astenersi. Cruciale quindi la posizione strategica dell'Italia, per la quale La Russa osserva "Noi non avremmo potuto! Proprio perché siamo noi a mettere a disposizione le basi: la nostra non sarebbe stata un'astensione, ma un voto contrario, perché avremmo reso impossibile la risoluzione".
La Russa commenta poi le condizioni poste dalla Lega: che ogni Paese accolga i profughi e che ci sia un blocco navale anti esodo, con un passaggio in Parlamento prima di decidere qualsiasi azione. La Russa assicura che "la discussione in Parlamento ci sarà", dichiara di appoggiare le condizioni della Lega perchè è necessario distinguere "i profughi reali dai clandestini che ne approfittano"; suddividendoli "fra venti Stati il peso dell'esodo è sostenibile".



Guerra Libia/ Ban Ki-Moon aggredito da sostenitori Gheddafi

ban ki moon aggredito il cairo Guerra Libia/ Ban Ki Moon aggredito da sostenitori Gheddafi

IL CAIRO – Segretario Generale delle Nazioni Unite aggredito in Egitto da manifestanti pro-Gheddafi, è l’inizio della guerra araba?

I risentimenti del mondo arabo nei confronti dell’occidente hanno il via. Ban Ki-Moon, segretario Generale delle Nazioni Unite è stato aggredito al Cairo, Egitto. Esperti ritengono che questo sia un presagio, “tutte le ambasciate occidentali nel mondo arabo saranno vittime di attacchi, gli arabi non accettano ingerenze colonialiste”.
Il forte impegno della Lega Araba” per proteggere gli insorti in Libia “ha reso possibile l’adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu”. Queste le parole di Ban Ki-Moon durante il suo incontro con il segretario generale della Lega Araba. Ban Ki-Moon ha aggiunto: “la comunità internazionale é stata in grado di prendere misure decisive per proteggere i civili che il colonnello Gheddafi sta uccidendo ed attaccando, una situazione considerata totalmente inaccettabile e condannata da tutto il mondo”.
Le parole di Gheddafi hanno però attecchito nei paesi arabi, la linea occidentale descritta dal rais: “gli occidentali sono terroristi, vogliono il nostro petrolio” trova numerosi sostenitori nei paesi a matrice islamica. L’aggressione a Ban Ki-Moon per molti è solo l’inizio di una rivolta globale.

Guerra in Libia ultime notizie: inizia seconda fase


Prosegue a pieno ritmo l'operazione Odissey Dawn contro la Libia: si è ormai giunti al terzo giorno di offensiva e gli attacchi sono stati particolarmente intensi durante la notte. Protagonisti anche gli aerei italiani, con i Tornado in azione dopo essere partiti da Trapani. L'Aeronautica ha spiegato che "la missione è stata realizzata positivamente e gli obiettivi sono stati raggiunti".
Tra gli obiettivi dei velivoli tricolore anche il bunker di Muammar Gheddafi a Tripoli, che ha riportato gravi danni. Il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, ha tenuto a specificare che "l'uccisione di Gheddafi non è un obiettivo della Coalizione".
Con gli attacchi di ieri si sarebbe conclusa la prima fase dell'offensiva. Ora inizia la seconda, come ha spiegato l'ammiraglio Usa Mike Millen. Con questi attacchi è stata stabilita la no-fly zone sui cieli della Libia, quello che prevedeva la risoluzione 1973. Ora si proseguirà con la seconda fase dell'offensiva finalizzata ad attaccare le forze di rifornimento delle truppe del Colonnello Gheddafi.




TRAPANI BIRGI / 21-03-2011

GUERRA IN LIBIA, ULTIME NOTIZIE ITALIA / Aerei militari italiani in volo per missione controllo spazio aereo

Proseguono le operazioni militari in Libia "Odissea all'alba", forze congiunte di Stai Uniti, Francia, Gran Bretagna, Canada e Italia. Entrano nella coalizione anche Danimarca e Spagna. Primo raid dell'Italia, chiuso aeroporto civile di Trapani Birgi


Guerra in Libia, nuovi attacchi aerei e comando operazioni franco-britanniche, ultime notizie - Gli Usa rendono noto che sarà un team costituito da Francia e Gran Bretagna a comandare le operazioni della missione in Libia Odissea all'alba. E anche oggi continuano gli attacchi contro la Libia di Gheddafi. I primi raid daerei della giornata sono stati condotti dai francesi. Prende così il via la seconda fase delle operazioni programmate, ossia colpire le forze di rifornimento delle truppe di Muammar Gheddafi. Quest'ultimo, come promesso, sta utilizzando la popolazione civile come scudo umano contro gli attacchi e la Gran Bretagna fa sapere di aver evitato una delle missioni in programma al fine di non colpire i civili. Il Regno Unito ha comunque attaccato lanciando missili Tomahawk da un sommergibile appartenente alla classe Trafalgar.

Guerra in Libia: Odissea all'alba, primo raid aereo Italia, ultime notizie 21 marzo 2011 -
 E' entrata nel vivo delle operazioni "Odissea all'alba" anche l'Italia. Ieri sera, alle ore 20.00, quattro Tornado Ecr del 50esimo stormo di Piacenza, sei caccia e due Tornado Ids per il rifornimento durante il volo, hanno puntato su Bengasi con l'obiettivo di attaccare le postazioni radar in Libia. La prima missione italiana si è conclusa con successo alle 22 e 10 della sera stessa. I quattro Tornado, con il compito di colpire le difese aeree libiche, hanno l'esclusiva sulla missione "Sead" poiché, come spiega Vincenzo Camporini - ex capo di Stato Maggiore della Difesa - si tratta dei mezzi più indicati "per la neutralizzazione delle difese antiaeree nemiche. Né la Francia né la Gran Bretagna hanno sistemi d'arma comparabili". Ma, sebbene abbia ricevuto notevoli danni, la contraerea di Gheddafi è ancora operativa. Ma oltre al ruolo di attacco elettronico, L'Italia svolge un prezioso compito di monitoraggio per mezzo degli Eurofighters e degli F-16 con il compito di contrastare eventuali attacchi aerei contro le forze della coalizione. Intanto lo scalo aeroportuale di Trapani Birgi e' stato chiuso questa mattina al traffico aereo civile, che si trova a ridosso dell'aeroporto militare.

Guerra in Libia: Odissea all'alba, Francia e Stati Uniti tornano a bombardare Libia, ultime  news 20 marzo 2011 -
 La Francia è tornata a bombardare la Libia e la portaerei nucleare francese è salpata da Tolone. Gli statunitensi annunciano il successo dei raid aerei e l'abbattimento della contraerei libica. Obama si ritiene soddisfatto, ma avverte che questa è soltanto "la prima fase" delle operazioni Odissea all'Alba. Questa mattina il papa Benedetto XVI ha espresso tutta la sua preoccupazione per il popolo libico e la situazione dei migranti sulle coste italiane. A Lampedusa la situazione si riscalda e la popolazione dell'isola si ribella.

Finita la fase preparatoria, nella base militare di Trapani Birgi sono arrivati da Piacenza i Tornado Ecr, velivoli da guerra in grado di distruggere le difese missilistiche e i radar. Nella base di Trapani sono inoltre presenti i Tornado Ids di Ghedi (Brescia) e i caccia intercettori Eurofighter di stanza a Grosseto. L'Italia è dunque pronta a ogni evenienza e, dopo i raid aerei di Usa e Francia iniziati sabato, lo stato di allerta è al massimo. Ma dalla base italiana il colonnello Fabrizio Genova fa sapere che "Siamo addestrati a intervenire in qualunque momento. Noi siamo pronti 365 giorni all'anno ma naturalmente dopo gli ultimi avvenimenti dobbiamo essere subito in grado di garantire la sicurezza".

Intanto Muammar Gheddafi rilascia dichiarazioni sinistre e minacciose alla televisione: "Siamo pronti ad una guerra gloriosa di lunga durata contro l'occidente". Messaggi enfatici e bellicosi, finora solo parole, che hanno lo scopo di intimorire sia gli avversari occidentali, che la popolazione libica stessa. "Avete visto cosa e' accaduto in Somalia, gli americani nulla hanno potuto in quel paese in Afghanistan e in Iraq - ha continuato il colonnello - Avete visto Osama Bin Laden e' un uomo debole eppure ha sconfitto l'occidente, per questo anche noi li sconfiggeremo. Loro non hanno imparato dalla lezione della Somalia. Combatteremo una guerra di lunga durata e non potrete andare avanti in Libia".

Continua a essere nelle mani di gente armata la nave rimorchiatore italiana sequestrata nel porto di Tripoli dalle 17 di sabato. L'imbarcazione, ha a bordo 11 persone di equipaggio - 8 italiani, due indiani e un ucraino e si trovava nel porto per sbarcare del personale libico dell'Eni. Sempre sul fronte Libia apprendiamo che i ribelli stanno raggiungendo nuovamente il centro di Ajdabiyah, perduto la settimana scorsa e punto strategico importante.

Il primo obiettivo delle operazioni in corso è mettere fuori uso l'antiaerea libica, per ottenere il controllo dello spazio aereo del Paese. 

Beppe Grillo: in Libia è una guerra sporca per petrolio e gas

Beppe Grillo afferma a gran voce che quella in Libia non è una "missione umanitaria" "all'interno di un'azione dell'ONU" come afferma Napolitano, ma una vera e propria guerra, sporca. Perché a muovere sarebbe il petrolio e il gas di Gheddafi.

Mentre gli italiani non avevano ancora finito di festeggiare i 150 anni di unità nazionale e il Capo dello Stato concludeva il giro per le celebrazioni, l'Italia è entrata "in guerra con la Libia, un nostro ex alleato (in questi voltafaccia abbiamo una certa esperienza...) senza un pubblico dibattito o che Berlusconi o Napolitano sentissero il bisogno di andare in televisione a spiegarne i motivi" scrive in un post del 19 marzo Beppe Grillo. Solo il giorno dopo il Presidente della Repubblica spiega che "Non siamo in guerra, ma all'interno di un'azione dell'ONU" ma dopo che anche i nostri caccia si sono alzati in volo dirigendosi verso i cieli della Libia questa tesi sembra essere sempre meno credibile. I media (soprattutto televisivi) fanno bene attenzione, comunque, ad evitare di pronunciare la parola "guerra" sostituendola orwellianamente con frasi del tipo "azioni umanitarie" o "missione umanitaria". Per Beppe Grillo, come per molti altri, invece, quella in Libia è "una guerra sporca, per l'energia, per il petrolio, il gas" denunciando il fatto che oltre ad essere "una guerra folle che gli europei non vogliono" questi ultimi "sono stati informati come se fosse una notizia qualsiasi, un evento sportivo". "Ci troviamo in guerra e non sappiamo perché - scrive ancora Beppe Grillo - E' vero che gli insorti di Bengasi rischiano di essere passati per le armi, è altrettanto vero che si tratta di una guerra civile, un fatto interno al Paese, in cui l'Italia poteva e doveva porsi come interlocutrice di entrambe le parti, come mediatrice", visto e considerato soprattutto che fino a qualche settimana fa con il regime di Gheddafi aveva stretto addirittura un "Trattato di Amicizia". E infatti Gheddafi ci considera dei traditori. Naturalmente l'Italia però vorrà comunque "partecipare a questa nuova Libia che verrà dopo Gheddafi", come ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini a "Domenica Cinque". Beppe Grillo infine ricorda quello che tanti altri non vogliono ricordare: "La distruzione della Cecenia è da imputarsi alla Russia di Putin e l'occupazione del Tibet alla Cina di Hu Jintao, ma nessuno ha mosso, né muoverà un dito all'ONU. Nel Darfur è stato massacrato, stuprato, mutilato, un milione di persone nell'indifferenza della NATO. In Africa sono in corso guerre civili e tribali da 50 anni a partire dallo spaventoso genocidio del Ruanda".
Fabia Scanisich

Via le Veline da Striscia se la Rai abolisce Miss Italia: la proposta di Antonio Ricci

Ma vediamo le condizioni per non far salire più sul bacone del programma preserale le ragazze immagine. In pratica, Striscia la Notizia chiede a giornali e tv concorrente di rinunciare alla presenza di modelle per articoli e palinsesti: “A partire dalla prossima stagione Striscia la Notizia eliminerà le Veline dal cast – ha dichiarato Antonio Ricci -. In cambio chiede alla Rai di cancellare dal palinsesto la prossima edizione di Miss Italia, programma dove la donna per antonomasia è militarizzata, e al Gruppo Espresso di rinunciare alle sue due veline: il settimanale D-La Repubblica delle donne e il mensile Velvet, dove la dignità delle donne è ridotta da sempre ad attaccapanni”. Ma non sarebbe una dichiarazione di guerra se non ci fosse anche un ultimatum, che puntualmente arriva: “Se entro settembre niente sarà cambiato, Striscia la Notizia, dopo aver dimostrato le proprie migliori intenzioni, si vedrà costretta a riconfermare le Veline (Costanza e Federica) in carica quest’anno. Ricordiamo che le Veline di Striscia, additate come l’origine di tutti i mali, nascono soprattutto come parodia di Espresso e Panorama che hanno sempre utilizzato donne oggetto per le loro copertine”. Una battaglia che non sembra altro che un’ulteriore beffa. E noi donne, quelle vere che non stanno a sentire le stupide battaglie di chi comunque fa vincere i propri interessi, noi donne vere ci ritroviamo a chiederci se non ora quando potremo dire che ci sentiamo offese, derise e anche deluse perchè la situazione peggiora sempre di più? Con tante guerre in giro per il mondo – guerre vere che fanno morti veri – cercano di farci preoccupare che, per una stupida guerra mediatica, non vedremo più delle sgallettate che ballano e sorridono in tv. Ce ne faremo sicuramente una ragione.

In questa guerra gli italiani rischiano di più

Abbiamo fatto la cosa giusta, l'unica possibile, aderendo alla «coalizione di volenterosi» impegnati, dietro mandato Onu, a bloccare l'azione di Gheddafi contro i ribelli di Bengasi. E sicuramente faremo bene a partecipare con tutti i nostri mezzi a questa azione internazionale. Non potevamo di certo tirarci indietro. Impedire a Gheddafi di fare un bagno di sangue in Cirenaica è sacrosanto. Ciò premesso, qualche chiarimento in più lo dobbiamo a noi stessi, al Paese. Perché le guerre, come osservava giustamente Alberto Negri sul Sole 24 Ore di ieri, si sa come cominciano e non si sa come finiscono. E se anche l'opinione pubblica, forse, non lo ha ancora pienamente realizzato, siamo in guerra. In una guerra, per giunta, di cui non sono chiare le finalità e gli sbocchi possibili.
Poiché è noto che i soli bombardamenti sono di rado risolutivi per vincere una guerra, e manca al momento qualsiasi copertura legale internazionale per una azione di terra contro le forze di Gheddafi, sembra evidente che l'impegno occidentale in corso ha un obiettivo di minima e uno di massima: quello di minima è impedire a Gheddafi di sopraffare l'intera Cirenaica. Una azione occidentale «di successo» potrebbe allora sancire la definitiva divisione della Libia in due tronconi. Non possiamo non chiederci se a noi italiani converrebbe un simile esito. L'obiettivo di massima, a quanto si capisce, è infliggere così tanti danni alle forze militari di Gheddafi da spingere le tribù che lo sostengono a «scaricarlo», consentendo così la riunificazione del Paese. Sarebbe un risultato eccellente (un vero, pieno successo della coalizione occidentale) ma è difficile negare che se quello è l'obiettivo, allora si tratta di una scommessa ad altissimo rischio. Cosa faranno in realtà i gruppi che sostengono Gheddafi nessuno oggi può saperlo.
Si tenga poi conto del difficilissimo contesto internazionale: la Russia, dopo essersi astenuta sulla risoluzione 1973, ha ora assunto una posizione duramente ostile all'intervento occidentale. Anche la Cina è ostile ma più cauta. La Lega araba, il cui assenso aveva consentito agli Stati Uniti di rompere infine gli indugi e di passare all'azione, ora critica i bombardamenti ritenendoli al di là degli obiettivi della costituzione di una no-fly zone. Il che riflette il fatto che il mondo arabo è spaccato, diviso fra i nemici di Gheddafi e quelli che, come la Siria, l'Algeria e il Sudan, lo appoggiano.
Il modo in cui il mondo occidentale si è mosso fin dall'inizio in questa vicenda solleva molte perplessità. Obama ha rivelato, con le sue oscillazioni nelle settimane che hanno preceduto l'intervento, una irresolutezza strategica imbarazzante: il leader del mondo occidentale non dovrebbe permetterselo.
L'Europa ha fatto come al solito nei momenti di crisi: è andata in pezzi. La Germania non è il Lussemburgo e il fatto che si sia tirata fuori chiarisce definitivamente che l'Europa non dispone di una leadership all'altezza della gravità delle sfide. Anzi, non dispone di una leadership, punto. La Francia ha fatto il suo gioco: la Grandeur ha sempre un certo fascino per i francesi e Sarkozy aveva bisogno di riprendersi un po' della popolarità perduta. Ieri in Francia si sono tenute delle importanti elezioni cantonali (quando si dice le coincidenze), un test cruciale in attesa delle prossime presidenziali. Fare la guerra per spingere i concittadini a stringersi around the flag (intorno alla bandiera) è uno stratagemma classico della più classica realpolitik. La causa è nobile (salvare uomini dallo sterminio) e inoltre, il che non guasta, in Libia c'è la prospettiva di un grosso «bottino»: chi farà i migliori affari con gli insorti a guerra conclusa? Per la Francia, come per la Gran Bretagna, i rischi di guerra sono più che compensati dai possibili guadagni. L'Italia, invece, è in tutt'altra situazione. Noi siamo quelli che rischiano di più. Non solo economicamente ma anche fisicamente. Siamo il Paese più vicino e il più esposto alle ritorsioni. Per carità di patria sorvoliamo sulle contorsioni fatte in questi giorni dal nostro governo (e speriamo anche che rientri il dissenso, che non conviene a nessuno, della Lega). Limitiamoci a riconoscere che noi avevamo, e abbiamo, obiettivamente, fra gli occidentali, la posizione in assoluto più difficile. Il calcolo costi/benefici è diverso per l'Italia e per la Francia. Il che obbliga anche chi, come chi scrive, è favorevole alla nostra presenza nel conflitto, a guardare comunque con rispetto alle perplessità, tutt'altro che campate in aria, di alcuni esponenti politici (come quelle espresse dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano sul Corriere di ieri).
Noi italiani non siamo abituati a pensare alla politica internazionale in termini realistici. Non è passato in fondo troppo tempo da quando più di metà degli italiani stava sempre con gli americani a prescindere e i restanti italiani con i sovietici, sempre a prescindere. Siamo impreparati a un gioco in cui dobbiamo bilanciare solidarietà con gli alleati, perseguimento, quando è possibile, di «buone cause» e attenzione ai nostri interessi. Lo fanno gli altri, dobbiamo farlo anche noi. È una caratteristica di tutte le coalizioni di guerra: gli alleati hanno una causa comune ma anche interessi non coincidenti. Mentre a francesi e inglesi importa ridimensionare la nostra presenza in Libia noi abbiamo l'interesse opposto.
Dovremmo, in primo luogo, impegnarci fin da subito, a guerra ancora in corso, in un piano di ricostruzione della Libia. Su questo terreno, grazie ai nostri storici rapporti con quel Paese, abbiamo un possibile vantaggio rispetto agli alleati e dovremmo sfruttarlo al massimo. Abbiamo bisogno di riprendere l'iniziativa e siamo certamente in grado di farlo più nell'ambito economico-civile che in quello strettamente militare (ove il nostro apporto non potrà essere determinante).
Dovremmo, in secondo luogo, dimostrare al nostro Paese che la classe dirigente, di governo e di opposizione, è all'altezza della sfida che abbiamo di fronte. L'importanza della vicenda libica è tale che si rende necessario un dibattito parlamentare in cui maggioranza e opposizione spieghino agli italiani i tanti risvolti (sul piano militare, sul piano economico, su quello delle minacce terroristiche, su quello relativo agli sbarchi dei profughi) che ha per noi la guerra libica e mostrino, per una volta, la più ampia concordia di intenti possibile di fronte a una così grave crisi.

Abbiamo appena festeggiato i centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. Dimostriamo che non era solo retorica, che non siamo sempre divisi, come per lo più diamo l'impressione di essere, in tante «patrie» (non solo la Padania ma anche la destra, la sinistra, eccetera) che hanno in comune solo il livore reciproco, che siamo capaci, in un gravissimo frangente, di convergere intorno ai nostri più vitali interessi nazionali. Se non ora, quando?
Angelo Panebianco 21 marzo 2011










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