Movimento delle donne, l’unanimità è una trappola
di Alessandra Di Pietro, su Gli Altri, 13 marzo 2011
Tra le conseguenze politiche del 13 febbraio e dell’8 marzo c’è l’acquisizione definitiva che nel movimento delle donne l’unanimità non è necessaria all’azione. Darsi come obiettivo “essere tutte d’accordo” (su un appello, uno slogan, un flashmob) pretende una continua mediazione (quasi sempre) al ribasso che lima gli eccessi, allinea gli estremismi, ammorbidisce le convinzioni, spegne lo spirito critico crea insomma una orizzontalità che fa male alla vitalità, al dinamismo e alla creatività. La ricerca della concordia è spesso una trappola che fa disperdere tempo senza far accrescere partecipazione ed entusiasmo, anzi dividendo e frammentando: dunque esaltare l’esigenza dell’accordo totale senza se e senza ma è utile solo a chi vuole indebolire la forza delle donne. Esserci e dappertutto, da sola o con il proprio gruppo, ognuna con il suo pensiero osservando con sincero interesse e curiosità quel che hanno da dire le altre, è possibile, anzi è da incoraggiare.
Dalla gabbia politica e mediatica della consonanza siamo riuscite a sfuggire in questo otto marzo (con manifestazioni grandi, piccole e talune minuscole, ma presenti.) e durante la preparazione della manifestazione di febbraio. Prima del 13, a molte/i il serrato ragionare su corpi e cervelli in vendita, l’insistenza su chi compra più che su chi vende, i posizionamenti politici pro o contro Berlusconi, indignarsi o mettersi al riparo dal moralismo sotto ombrello rosso, sono parse critiche pretestuose, finezze da intellettuali annoiate, snobismi culturali e invece siccome erano interventi politici appassionati e intelligenti hanno allargato la piazza e permesso che nello stesso momento Giulia Bongiorno intervenisse dal palco mentre avveniva lo straordinario flashmob di 200 donne a Montecitorio.
Questa energia disordinata, confusa, contraddittoria che si riversa per le strade ha spesso una matrice antiberlusconiana ma non è l’unica. Le manifestanti segnano una presenza sul territorio ciascuna con una propria chiave di originalità nella forma nella sostanza (il precariato, la salute, l’ambiente, la sorellanza con le immigrate, alcune hanno convocato manifestazioni con i bambini altre rifiutano di esaltare la funzione riproduttiva etc…, c’è musica, teatro, poesia) ed è questo il processo da sostenere: esaltare l’entusiasmo di esserci, crearsi un’anima politica, volere lo scambio, persino lo scontro, inventarsi un pensiero, dargli forma, essere contente che l’altra non la pensi come noi e sperare che ne sappia di più e pure di meglio. Per andare avanti nella crescita del movimento serve di volersi conoscere perché quel che l’altra vuole dirmi viene da un’esperienza e ha un valore. Il femminismo è per me innanzitutto una autentica attenzione per le donne, il loro pensiero, le loro azioni e le loro relazioni, non può fermarsi davanti all’etichetta di appartenenza fissata con criteri della politica maschile. In questo senso non intendo promuovere una trasversalità acritica, ma neanche sostenere un pregiudizio. E certo che per mettere in scena azioni (pre)potenti serve mettersi d’accordo su un obiettivo – scendere in piazza per esempio – ma che siano minimi e invece sia massimo lo spazio del confronto e della diversità senza asservimento a partiti, segretari di partito, testate giornalistiche, televisive, partiti, regine della doppia militanza (ancora!). Credo sia l’unica via possibile per fare crescere e/o dare spazio a un ricchissimo soggetto politico diffuso che coltivi orgoglio della differenza (tra noi donne), autonomia di pensiero e di comunicazione per poter, in caso, contrattare con il sistema tradizionale senza ridursi a truppe ausiliare di una politica stanca e incapace.
di Sara Sartori e Alessandro Fioroni
Gelmini: «Gli insegnanti? Pagati poco perchè troppi»
Se la scorsa settimana Fabio Fazio ha avuto la gioia di ospitare il suo vecchio compagno d’avventura Roberto Saviano, in quest’ultima puntata di Che tempo fa, ha dato spazio invece al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
Il tema predominante? La manifestazioneavvenuta lo scorso 12 marzo in difesa della Costituzione e della scuola pubblica, che secondo il ministro è stata sì «legittima ma nata su un presupposto sbagliato».
Innanzitutto stando alle sue parole da questo governo non ci sarebbe stato nessun attacco alla scuola pubblica. In particolare, nella riforma, ci sarebbero stati tagli solo agli sprechi. Non sarebbe stato quindi licenziato nessuno, ma si sarebbe solo cercato di contenere la pianta organica e di liberare risorse che hanno permesso di non bloccare gli scatti di anzianità per gli insegnanti.
Anzi, proprio in riferimento a quest’ultimi, il ministro avrebbe spiegato che vengono pagati pochissimo perché sono troppi: sarebbero infatti un quantitativo ”superiore al fabbisogno”. Inoltre ha ricordato che chi insegna in una scuola superiore con 15 anni di anzianità in Italia prende circa 20 mila euro in meno di un collega tedesco:
«Dobbiamo pagarli adeguatamente – ha sottolineato – ma se cresce il numero all’infinito sono proletarizzati».
E ancora, il ministro ha ricordato che «la spesa nella scuola è aumentata del 30% negli ultimi 10 anni: ci sono quasi 200 mila i bidelli e vengono spesi 600 milioni per le imprese di pulizia.
Insomma, una situazione davvero “difficile da gestire”, ecco perchè per la Gelmini la scuola «dovrebbe tornare a essere un ascensore sociale» e che per farlo «bisognerebbe cambiare le regole».
Elisabetta Paladini
C-DAY: L'ITALIA S'È DESTA!
La Costituzione in piazza per i diritti e la scuola pubblica
Protesta tricolore per ribadire la necessità di ritornare ai principi fondativi della nostra Repubblica a partire dalla Carta del 1948. Una Costituzione ancora da realizzare pienamente
di Sara Sartori e Alessandro Fioroni
Sabato 12 marzo: cento piazze in difesa della Costituzione, la scuola pubblica e la giustizia. Torino, Genova, Milano, Bologna, Pisa, Perugia, Lecce, Roma e tante altre città del Paese si sono mobilitate con cortei e iniziative. Nessun simbolo di partito ma il libro della costituzione e il tricolore a percorrere le città. A Roma il corteo è stato guidato da un'enorme bandiera italiana portata da decine di persone, donne soprattutto, seguita da un fiume umano di gente di tutte le età. Guarda il video
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Il mondo della cultura, della scuola, della giustizia e dell'informazione minacciati dai tagli governativi e dai progetti di riforma. Molti i giornalisti mobilitati dall'associazione Articolo21. A Roma musica e parole dal palco di Piazza del Popolo, costruito con le donazioni dei manifestanti e addobbato con i tricolori. Al centro su sfondo rosso una scritta bianca recita un chiaro messaggio “Viva è la costituzione”. Viva attraverso la passione e la determinazione dei cittadini che non si stancano di difenderla, ogni giorno. «Per me è un valore collettivo e di rispetto» dice una mamma dalla folla, e molti sono gli slogan che ciascuno ha voluto portare per contribuire a questa giornata. Un'idea originale l'hanno proposta i ricercatori della 'rete 29 aprile' che in vari punti del corteo distribuivano fogli da appendere al collo per adottare un articolo della costituzione da difendere personalmente.
I temi affrontati dal palco grazie ai molti interventi previsti sono stati la cultura, la giustizia, la scuola pubblica, ma anche i temi internazionali, dalla solidarietà con i popoli del nord Africa in lotta, contro la guerra (valore difeso dall'articolo 11), ma si è osservato un minuto di silenzio per le vittime in Giappone. Si recitano gli articoli della carta fondativa della nostra Repubblica e si cantano canzoni centrali per la nostra unità nazionale come l'inno di Mameli. Ottavia Piccolo, Ascanio Celestini, Antonio Ingroia, Alessandro Pace, Monica Gerritore sono solo alcuni dei nomi che hanno preso parola oggi da Roma portando ciascuno un contributo e una riflessione, anche e soprattutto legata all'attualità, come il caso di Ingroia che ha dedicato il proprio intervento sulla «contro firorma della giustizia» come l'ha definita il procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, denunciando una riforma che permetterebbe «che i cittadini non siano più tutti uguali di fronte alla legge». Roberto Vecchioni, ex professore che si è sempre speso nella difesa della scuola, ha cantato l'ultimo successo 'Chiamami ancora amore', e ha difeso la Costituzione dicendo che va preservata «perché sta prima di ogni altra cosa».
Ma c'è stato anche l'intervento della nipote di Calamandrei che ha letto il discorso del nonno sulla scuola pubblica e i rischi di un impoverimento concertato della stessa per favorire quella privata; mentre Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ha sottolineato come una manifestazione come questa «dove scende in piazza non un partito politico, non una categoria, ma l'Italia, è la risposta migliore agli attacchi che vengono rivolti ai nostri diritti fondamentali in quanto cittadini consapevoli». Infine Beppe Giulietti, di Articolo21, tra i promotori della manifestazione, ha detto in tono molto accorato che «intorno alla Costituzione non c'è bisogno di fili spinati» facendo riferimento al clima di apertura e confronto che ha mosso i nostri padri fondatori.
Gli studenti contestano il palco del 12 marzo
di Marco Barone
La giornata del 12 marzo ha visto vari cortei, varie iniziative sparse sull’intero territorio nazionale a difesa della Costituzione, ma anche della Scuola Pubblica.
Ciò che è passata in terzo piano nella giornata del 12 marzo, è stata la contestazione di una parte consistente del movimento studentesco.
Al grido di buffoni, il corteo partito dalla Sapienza ha criticato il fatto che molti esponenti politici presenti al C Day, in verità sono i primi veri responsabili della distruzione della Scuola Pubblica e Università Pubblica.
Il Corteo studentesco dirigendosi verso il lungotevere, percorrendo via della non Conciliazione per giungere in piazza Bocca della Verità ha espresso giuste critiche verso una forma di mera ipocrisia collettiva.
Siamo in campagna elettorale.
La CGIL convoca sciopero elettorale generale, ma non full time.
I partiti della Sinistra, i primi responsabili del processo di autonomia della Scuola, dell’aziendalizzazione della Scuola pubblica ora dicono che la scuola pubblica deve esser difesa.
Certo, giusto.
Ma non tutti hanno la memoria corta.
Chi ha introdotto i POF?Chi ha introdotto il concetto di concorrenza tra scuole pubbliche? Per non parlar dell’Invalsi, della meritocrazia o della riforma Moratti, che il governo di sinistra, quando poteva, in verità, non ha voluto abrogare, e poteva farlo. Bastava poco.
E la riforma Moratti ha spianato la strada ai piani della Gelmini.
Ma ora non è momento delle polemiche si dirà.
Tutti uniti.
Uniti con chi vincerà le prossime elezioni ( Pd?), se le vincerà e se mai ci saranno, per continuare a massacrare il Pubblico a sostegno della logica della privatizzazione.
Chiaramente la situazione è a dir poco complessa.
Crisi economica, rivolte indotte nel nord africa, complotti mediatici internazionali, terremoti, e repressioni preventive, successive di ogni tipo.
Un comunicato degli studenti di Milano su retestudenti.noblogs.org , evidenzia che quelli che ora scrivono sono le studentesse e gli studenti milanesi del movimento che quest’autunno ha scosso l’Italia, invadendo ogni piazza del paese e raggiungendo i mezzi di comunicazione di ogni parte del mondo.Siamo gli studenti del movimento che si è opposto e continua a opporsi alla privatizzazione dei beni comuni, alla mercificazione dei saperi, alla volontà di piegare ogni aspetto dell’esistenza alla logica del profitto. Siamo gli studenti che hanno lottato e lottano per il futuro, per le possibilità di progresso sociale, e di sviluppo sostenibile. Per il futuro dei giovani che non vedono nessun’altra forma di occupazione se non precaria, per il presente degli operai e di tutti i lavoratori che si vedono sottrarre, sotto ricatto, i posti di lavoro e i diritti inalienabili di tutti i lavoratori.
Sottolineano in particolar modo di aver sempre rivendicato la loro autonomia e indipendenza dalle dinamiche di palazzo.
Per questo motivo non aderiamo alla manifestazione del 12 Marzo, che riteniamo un vano tentativo , da parte di forze politiche ormai incapaci di costruire un proprio percorso di opposizione, di cavalcare il consenso che siamo riusciti a costruire attorno al movimento studentesco e alle tematiche riguardanti la scuola pubblica.
Non condividiamo una mobilitazione senza piattaforma, promossa da soggetti politici che non si sono mai opposti al processo di demolizione della scuola pubblica, da esponenti di centro destra e centro sinistra che hanno condiviso e sostenuto i tagli alle scuole statali a favore delle private.
Non condividiamo una mobilitazione senza piattaforma, promossa da soggetti politici che non si sono mai opposti al processo di demolizione della scuola pubblica, da esponenti di centro destra e centro sinistra che hanno condiviso e sostenuto i tagli alle scuole statali a favore delle private.
Ma guardano con favore alla data del 25 marzo, giorno del non più sciopero presunto generale della CGIL nella Scuola, ma caratterizzato da iniziative sostenute dalla Cgil, overo da “mobilitazioni e attività in tutto il territorio per respingere l’attacco alla democrazia e ai diritti nei settori pubblici e per la difesa della conoscenza pubblica”, come ricordato da una nota della stesso sindacato.
Ciò perchè vista l’indizione della sciopero nella data del 6 maggio quello del 25 marzo è stato revocato.
Troppi scioperi fanno male alla democrazia a quanto pare, ma anche alle tasche dei lavoratori.
Perchè non riproporre le casse di solidarietà di resistenza per sostenere anche dal punto di vista economico la perdita del salario a causa dello sciopero?
Il tema quindi, secondo gli studenti milanesi, non è se gli studenti si mobiliteranno il 12 Marzo, ma se il 12 Marzo la scuola pubblica sarà oggetto di difesa costituzionale o sarà, come noi crediamo, un feticcio, un’ulteriore chiave per parlare di quanto la figura personale di Berlusconi sia in grado di governare o meno. Gli studenti continueranno in autonomia la propria mobilitazione nelle prossime settimane nella speranza che si parli di scuola e di formazione, non con la retorica e la strumentalità del momento e sfruttando le uscite indegne di Berlusconi, ma con un’idea chiara su come si vuole costruire una scuola pubblica di tutti e per tutti su cui bisogna aprire un vero dibattito pubblico e politico nel Paese. Firmato Laboratorio di Partecipazione Studentesca Rete Studenti Milano
Assemblea dei collettivi
Assemblea dei collettivi
Sarebbe forse opportuno effettuare riflessione collettiva anche sulle responsabilità del maggior sindacato nazionale quale la CGIL, sul perchè ha indetto lo sciopero, e con tanta fatica il 6 maggio,sciopero generale, in prossimità delle prossime elezioni amministrative vero primo test elettorale del governo ma anche per il Pd.
Questo sciopero più che per tutelare i meri interessi dei lavoratori sembra esser di natura generale elettorale e certamente non generalizzato, quindi a sostegno proprio del Pd.
Una riflessione sul punto è dovuta, specialmente per tutte le studentesse e tutti gli studenti, che dicono di rivendicar la loro autonomia ed indipendenza e di avere a cuore la tutela e la difesa della scuola pubblica, università pubblica
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