Libia/ 'No war' tornano in piazza in Italia su appello Emergency
Strada:Mai ok a guerra.Conosciamo persone da aiutare,non migranti
Roma, 3 apr. (TMNews) - Ritornano in piazza i 'No war' in riposta ad un appello di Emergency contro la guerra in Libia: da Roma attraverso una rete che coinvolge tutta Italia, si moltiplica il tam tam pacifista e il popolo arcobaleno risponde con iniziative, presidi, proteste, cortei, fiaccolate, sit in, flash mob e palchi improvvisati per 'un 2 aprile della Pace' che ha percorso ieri molte città in tutte le Regioni italiane.
Il Coordinamento 2 aprile infatti ha messo in moto il network di sigle e movimenti per una "Giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra, lo stop ai bombardamenti e il cessate il fuoco in Libia, per fermare la guerra, la repressione ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica", ma anche per l'accoglienza e la protezione dei profughi e dei migranti . Tutti in piazza per "una grande giornata di mobilitazione e partecipazione attiva a Roma e in tante piazze d'Italia", ma - hanno promesso i no war - è solo l'inizio di un percorso di mobilitazioni, iniziative, informazione, assemblee, incontri e solidarietà con i movimenti dei paesi arabi.
"La guerra non si può umanizzare si può solo abolire", sotto questo messaggio firmato Albert Einstein, Emergency ha chiamato a raccolta i no War a Roma, in Piazza Navona. "Ancora una volta i governanti hanno scelto la guerra. Gheddafi ha scelto la guerra contro i propri cittadini e i migranti che attraversano la Libia. E il nostro Paese ha scelto la guerra 'contro Gheddafi': ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria", si legge nel testo dell'appello diffuso in Rete che porta come primi firmatari Gino Strada, Carlo Rubbia, Luigi Ciotti, Renzo Piano, Maurizio Landini, Massimiliano Fuksas, Luisa Morgantini, Lella Costa, Riccardo Scamarcio, Valeria Solarino, Vittorio Agnoletto, Paolo Beni, Alex Zanotelli.
Ma all'appello di Emergency hanno aderito un centinakio di siglie e associazioni e migliaia di persone. La manifestazione centrale è stata a Roma, a piazza Navona, con interventi e letture di Moni Ovadia, Vauro Senesi, Amanda Sandrelli, Frankie Hi Energy, Dario Vergassola, Blas Roca Rey, Massimo Zucchetti, Edi Angelillo sulle riflessioni di Bertolt Brecht, Albert Einstein, Bertrand Russell, Kurt Vonnegut, Hannah Arendt, Don Lorenzo Milani, Norberto Bobbio, Salvatore Quasimodo, Gianni Rodari.
"C'è una parte di società che è contro questa guerra: perchè quando si lanciano bombe c'è una guerra, nient'altro e che non considera chi fugge dalla guerra nè migranti, nè profughi, nè clandestini: ma semplicemente persone", ha detto Gino Strada alla manifestazione di piazza Navona a Roma
Il Coordinamento 2 aprile infatti ha messo in moto il network di sigle e movimenti per una "Giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra, lo stop ai bombardamenti e il cessate il fuoco in Libia, per fermare la guerra, la repressione ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica", ma anche per l'accoglienza e la protezione dei profughi e dei migranti . Tutti in piazza per "una grande giornata di mobilitazione e partecipazione attiva a Roma e in tante piazze d'Italia", ma - hanno promesso i no war - è solo l'inizio di un percorso di mobilitazioni, iniziative, informazione, assemblee, incontri e solidarietà con i movimenti dei paesi arabi.
"La guerra non si può umanizzare si può solo abolire", sotto questo messaggio firmato Albert Einstein, Emergency ha chiamato a raccolta i no War a Roma, in Piazza Navona. "Ancora una volta i governanti hanno scelto la guerra. Gheddafi ha scelto la guerra contro i propri cittadini e i migranti che attraversano la Libia. E il nostro Paese ha scelto la guerra 'contro Gheddafi': ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria", si legge nel testo dell'appello diffuso in Rete che porta come primi firmatari Gino Strada, Carlo Rubbia, Luigi Ciotti, Renzo Piano, Maurizio Landini, Massimiliano Fuksas, Luisa Morgantini, Lella Costa, Riccardo Scamarcio, Valeria Solarino, Vittorio Agnoletto, Paolo Beni, Alex Zanotelli.
Ma all'appello di Emergency hanno aderito un centinakio di siglie e associazioni e migliaia di persone. La manifestazione centrale è stata a Roma, a piazza Navona, con interventi e letture di Moni Ovadia, Vauro Senesi, Amanda Sandrelli, Frankie Hi Energy, Dario Vergassola, Blas Roca Rey, Massimo Zucchetti, Edi Angelillo sulle riflessioni di Bertolt Brecht, Albert Einstein, Bertrand Russell, Kurt Vonnegut, Hannah Arendt, Don Lorenzo Milani, Norberto Bobbio, Salvatore Quasimodo, Gianni Rodari.
"C'è una parte di società che è contro questa guerra: perchè quando si lanciano bombe c'è una guerra, nient'altro e che non considera chi fugge dalla guerra nè migranti, nè profughi, nè clandestini: ma semplicemente persone", ha detto Gino Strada alla manifestazione di piazza Navona a Roma
Gli italiani
Un popolo di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori e trasmigratori. È la fotografia dell'Italia «scolpita» sulla facciata del Palazzo della Civiltà del lavoro di Roma. È la stessa immagine che Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente ad un convegno dei Responsabili a Catania, rievoca per cercare di superare le tensioni politiche legate all'emergenza immigrazione. «L'Italia è un Paese di migranti - esordisce -. Dobbiamo ricordarcene e dobbiamo mettere in atto azioni di comprensione e generosità che sono proprie di un Paese civile e cattolico». Il premier parla a 48 ore di distanza dalla missione che, domani, lo porterà in Tunisia. E ostenta una certa sicurezza. «Stiamo intervenendo con il pragmatismo che ci è consueto - spiega -. Io c'ho messo la faccia andando a Lampedusa e se gli immigrati sono ancora lì è perché si è messo di mezzo il mare con il vento che ha soffiato a 40 chilometri all'ora». In ogni caso, assicura, al massimo entro stasera, l'isola verrà riconsegnata «completamente ai suoi cittadini». Quindi affronta il problema «numerico»: «Per la crisi di democrazia dell'Africa c'è stato un afflusso di 21mila migranti. Duemila sono profughi e 19mila sono "economici" cioè in cerca di lavoro. Novemila potrebbero restare qui. Basterebbe distribuirne uno per Comune». Insomma il Cavaliere è certo che l'emergenza si stia avviando verso la soluzione. Anche se l'appuntamento di Tunisi appare cruciale. «Quando arriveranno altri clandestini - prosegue Berlusconi - abbiamo stabilito un sistema: passeranno direttamente ad una nave ormeggiata in contiguità al porto per portarli nei centri di identificazione distribuiti nella varie regioni. Dovremmo riconoscere e assistere le ragioni di chi chiede asilo politico mentre gli altri potranno essere rimpatriati come stiamo trattando con il governo tunisino o avviati, con la concessione di un permesso temporaneo di soggiorno, negli altri Paesi che vogliono raggiungere». E al resto dell'Unione fa appello anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco: «Il problema dei migranti è un problema dell'Europa, non solo dell'Italia che non deve essere lasciata sola ad affrontare l'emergenza». Peccato che dalla Ue e dalla Tunisia arrivino segnali poco incoraggianti. Secondo l'agenzia tunisina Tap, infatti, fonti ufficiali del ministero degli Esteri di Tunisi avrebbero invitato l'Italia ad essere «solidale» sottolineando però che non vi è alcun accordo sull'immigrazione siglato con il governo italiano. Immediata la risposta: I trattati già ci sono e con le recenti visite dei ministri degli Esteri, Franco Frattini, e degli Interni, Roberto Maroni, «sono state definite intese politiche molto chiare». Contestualmente la Francia replica alla commissione europea facendo sapere che i rimpatri dei migranti provenienti dai nostri Paesi sono «perfettamente» conformi al diritto comunitario. Sullo sfondo restano le polemiche interne. E a preoccupare Palazzo Chigi è soprattutto la linea «oltranzista» della Lega con il ministro Roberto Calderoli che avverte: «L'unica soluzione è quella sintetizzata da Bossi. "Foera da i ball". Se qualcuno la pensa diversamente, ospiti i clandestini a casa sua».
Immigrati/ A Lampedusa al via gli imbarchi, scontri a Manduria
Roma, 3 apr. (TMNews) - Sono iniziati nella serata di ieri gli imbarchi sulle navi dei migranti per sfollare l'isola di Lampedusa, al termine di una giornata di tensione e caos al porto siciliano. A causa del mare grosso, infatti, gli imbarchi degli immigrati sono stati molto lenti e, tra i tunisini esasperati dalla lunga attesa e dall'incertezza del reale imbarco, è esplosa la rabbia. Una roulotte è stata data alle fiamme e un giovane è stato fermato. I migranti hanno anche dato vita a uno sciopero della fame, poi revocato.
Nemici
Appello urgente ai familiari di Umberto Bossi (e Lehner)
Qualcuno, meglio se un suo familiare, avvicini Umberto Bossi e con garbo, a bassa voce, gli dica. “Umberto, devi sapere che siamo nel mondo globalizzato... quando spari una delle tue leggendarie battute razziste, quella battuta non resta qua, tra noi, in Padania. No: viaggia. Arriva anche nei paesi del Nord Africa. E c'è il rischio che la gente di quei luoghi cominci a covare un certo risentimento, un risentimento che può diventare odio, verso di noi. Già, perché è gente abituata a regimi duri. E quando sa che una cosa è stata detta da un ministro, non può immaginare che sia una scemenza. Se dici “fuori dalle palle”, magari la prendono male, come un insulto ai loro figli e ai loro fratelli... Ricordi quando Calderoli si mostrò in tv con la t-shirt con i disegni anti-Maometto? Presero sul serio persino lui e ci furono diciassette morti a Bengasi. Capito Umberto? Per il resto del mondo sei UN MINISTRO ITALIANO non la simpatica macchietta a cui qua, tra la Sicilia e le Alpi, ormai tutti sono abituati. Moderati, fallo per noi”.
P.s. Apprendo ora che Bossi ha immediatamente trovato un discepolo in Giancarlo Lehner, deputato del gruppo dei "responsabili" (ah, ah), che ha suggerito di agitare lo spauracchio della "castrazione chimica" dei migranti arabi. Estendo dunque l'appello ai familiari di Lehner. Con un argomento in più. Se lo prendessero sul serio e decidessere di applicare un 'taglio' equivalente a quello minacciato, il rischio della decapitazione sarebbe altissimo.
P.s. Apprendo ora che Bossi ha immediatamente trovato un discepolo in Giancarlo Lehner, deputato del gruppo dei "responsabili" (ah, ah), che ha suggerito di agitare lo spauracchio della "castrazione chimica" dei migranti arabi. Estendo dunque l'appello ai familiari di Lehner. Con un argomento in più. Se lo prendessero sul serio e decidessere di applicare un 'taglio' equivalente a quello minacciato, il rischio della decapitazione sarebbe altissimo.
Crimini contro l’umanità “umanitari”…..all’uranio impoverito
articolo di Massimo Zucchetti – Politecnico di Torino, Italia
Come faremo morire di cancro i sopravvissuti ai bombardamenti ed alterato la genetica della popolazione che sarà popolata di mostri – Missili Cruise all’uranio impoverito sulla Libia
Un primo studio di impatto ambientale e sulla salute
Riassunto
I cruise lanciati sulla Libia contengono Uranio impoverito. Sono state calcolate le conseguenze dell’inquinamento radioattivo. Fino a seimila morti
Introduzione
Le questioni che riguardano l’Uranio impoverito e la sua tossicità hanno talvolta, negli anni recenti, esulato dal campo della scienza. Lo scrivente si occupa di radioprotezione da circa un ventennio e di uranio impoverito dal 1999. Dopo un’esperienza di pubblicazione di lavori scientifici su riviste, atti di convegni internazionali e conferenze in Italia, sul Uranio impoverito, questo articolo cerca di fare una stima del possibile impatto ambientale e sulla salute dell’uso di uranio impoverito nella guerra di Libia (2011). Notizie riguardanti il suo utilizzo sono apparse nei mezzi di informazione fin dall’inizio del conflitto.
Per le sue peculiari caratteristiche fisiche, in particolare la densità che lo rende estremamente penetrante, ma anche il basso costo (il DU costa alla produzione circa 2$ al kg) e la scomodità di trattarlo come rifiuto radioattivo, il DU ha trovato eccellenti modalità di utilizzo in campo militare.
Se adeguatamente trattata, la lega U-Ti costituisce un materiale molto efficace per la costruzione di penetratori ad energia cinetica, dense barre metalliche che possono perforare una corazza quando sono sparate contro di essa ad alta velocità.
Il processo di penetrazione polverizza la maggior parte dell’Uranio che esplode in frammenti incandescenti (combustione violenta a quasi 5000 °C) quando colpisce l’aria dall’altra parte della corazzatura perforata, aumentandone l’effetto distruttivo. Tale proprietà è detta “piroforicità”, per fare un esempio, la caratteristica dello zolfo dei fiammiferi. Quindi, oltre alla elevata densità, anche la piroforicità rende il DU un materiale di grande interesse per queste applicazioni, in particolare come arma incendiaria (API: Armour Piercing Incendiary cioè penetratore di armature incendiario).
Infine, in fase di impatto sull’obiettivo, la relativa durezza del DU (in lega con il Titanio) fornisce al proiettile capacità autoaffilanti: in altre parole, il proiettile non si “appiattisce” contro la corazza che deve sfondare, formando una “testa piatta” – come fa ad esempio un proiettile di Pb – ma mantiene la sua forma affusolata fino alla completa frammentazione, senza quindi perdere le proprietà penetranti.
In battaglia il DU è sicuramente stato impiegato nella Guerra del Golfo del 1991, durante i bombardamenti NATO/ONU sulla Repubblica Serba di Bosnia nel settembre 1995, sulla Jugoslavia nella primavera 1999; in questo secolo, durante lattacco all’Afghanistan e successivamente ancora in Iraq nel 2003.
L’uso di dispositivi al DU nelle guerre in Somalia ed in Bosnia centrale e centro-orientale (soprattutto ampie aree intorno a Sarajevo) negli anni ‘90, in Palestina ed in poligoni di tiro di competenza delle forze militari NATO, è ancora incompletamente documentato.
TRA GLI ARMAMENTI CHE USANO DU, citiamo anche il missile CRUISE TOMAHWAK il cui utilizzo durante la guerra nei Balcani della primavera 1999, pur non ammesso dalla NATO è stato confermato da ritrovamenti in loco e da fonti della Unione Europea.
D’altra parte, nel decalogo degli ufficiali, consegnato a tutti gli uomini in divisa spediti in Kosovo, vi erano delle raccomandazioni da seguire alla lettera, circa la presenza di Uranio impoverito sul territorio e in particolare nei missili Cruiese Tomahawk. L’introduzione recita così:
«I veicoli ed i materiali dell’esercito serbo in Kosovo possono costituire una minaccia alla salute dei militari e dei civili che ne dovessero venire a contatto. I veicoli e gli equipaggiamenti trovati distrutti, danneggiati o abbandonati devono essere ispezionati e maneggiati solamente da personale qualificato. I pericoli possono derivare dall’Uranio impoverito in conseguenza dei danni dovuti alla campagna di bombardamento NATO relativamente a mezzi colpiti direttamente o indirettamente. Inoltre, i collimatori contengono tritio e le strumentazioni e gli indicatori possono essere trattati con vernice radioattiva, pericolosa per chi dovesse accedere ai mezzi per ispezionarli». Seguono consigli su come evitare l’esposizione all’Uranio impoverito. Testuale: «Evitate ogni mezzo o materiale che sospettate essere stato colpito da munizioni contenenti Uranio impoverito o missili da crociera Tomahawk. Non raccogliere o collezionare munizioni con DU trovare sul terreno. Informate immediatamente il vostro comando circa l’area che ritenete contaminata. Ovunque siate delimitate l’area contaminata con qualsiasi materiale trovato in loco. Se vi trovate in un’area contaminata indossate come minimo la maschera ed i guanti di protezione. Provvedete a un’ottima igiene personale. Lavate frequentemente il corpo e i vestiti».
Calcolo di impatto ambientale e sulla salute
Nell’ampia letteratura dedicata dall’autore al problema Uranio Impoverito era gia’ stato affrontato un calcolo di contaminazione radioattiva da Uranio dovuto ai missili Cruise, in particolare quelli lanciati sulla Bosnia nel 1995. Lo studio e’ reperibile anche su internet, oltre che sulla rivista scientifica Tribuna Biologica e Medica.
Consideriamo l’impatto di un missile Cruise Tomahawk tra 500 e 1000 metri dall’impatto si possono respirare nubi con densità sufficiente a causare dosi rilevanti. E’ stata effettuata una stima trascurando gli effetti dovuti all’incendio e considerando soltanto l’esposizione per una inalazione di un’ora dovuta al semplice rilascio del materiale, non considerando alcuni fattori che potrebbero far ulteriormente crescere l’esposizione. In un’ora si può inalare pulviscolo radioattivo proveniente dalla nube in quantità già notevoli.
Occorre tener conto che i moti fluidodinamici del corpo atmosferico (direzione e velocità del vento, gradiente verticale di temperatura, etc.) possono causare concentrazioni dell’inquinante anche parecchi ordini di grandezza superiori a quelli che si avrebbero con un calcolo di dispersione uniforme. Gruppo critico, in questo caso, sono proprio quelle persone “investite” dalla nube di pulviscolo.
Per quanto riguarda il destino delle polveri di DU nel corpo umano, la via di assunzione principale è – come noto – l’inalazione. Come detto, parte delle polveri sono solubili e parte insolubili nei fluidi corporei.
Date le caratteristiche degli ossidi di DU di origine militare, occorre rilevare come esse abbiano comportamento differente rispetto alle polveri industriali di uranio.
Passando poi ad altro tipo di tossicità rispetto a quella radiologica, è poi plausibile che:
- vista la componente fine ed ultrafine delle polveri di DU d’origine militare,
- vista la tossicità chimica dell’uranio,
la contaminazione ambientale da ossidi di DU di origine militare abbia tossicità sia chimica che radiologica: deve essere valutato l’effetto sinergico di queste due componenti
In altre parole, la radioattività e la tossicità chimica dell’uranio impoverito potrebbero agire insieme creando un effetto “cocktail” che aumenta ulteriormente il rischio.
Si mette poi in risalto il fatto che il clima arido della Libia favorisce la dispersione nell’aria delle particelle di uranio impoverito, che possono venire respirate dai civili per anni. Il meccanismo principale di esposizione a medio-lungo termine riguarda la risospensione di polveri e la conseguente inalazione.
Per quanto riguarda la quantità totale di DU ossidato disperso nell’ambiente, si parte per questa valutazione dai dati riportati dalla stampa internazionale: nel primo giorno di guerra, circa 112 missili Cruise hanno impattato sul suolo libico. Quanti missili verranno sparati prima della fine della guerra? Non e’ dato saperlo, faremo un’assunzione di circa 1000 missili sparati, e in ogni caso i valori che verranno stimati saranno variabili con una semplice proporzione
Se tutti i missili fossero con testate al DU avremmo una quantita’ fino a
400.000 kili = 400 tonnellate di DU.
Si confronti questo dato con le 10-15 Tonnellate di DU sparate nel Kosovo nel 1999 per valutarne la gravita’.
Conclusioni
I rischi da esposizione ad uranio impoverito della popolazione della Libia in seguito all’uso di questo materiale nella guerra del 2011 sono stati valutati con un approccio il più possibile ampio, cercando di tenere in conto alcuni recenti risultati di studi nel settore.
Questo tipo di esposizione non è stato studiato in nessuna situazione precedente di esposizione ad alfa emettitori nei polmoni, riscontrate in ambito civile.
Tuttavia, la valutazione fatta delle dosi e del rischio.. siamo di fronte ad un numero di insorgente tumorali pari ad alcune migliaia. Queste potrebbero tranquillamente essere rilevabili a livello epidemiologico e destano, indubbiamente, forte preoccupazione.
Occorre, percio, che gli eserciti che bombardano la Libia chiariscano con prove certe, e non asserzioni di comodo, la presenza o meno, e in che quantita’, di uranio nei loro missili.
In passato, ci sono state smentite “ufficiali” della presenza di uranio nei missili Cruise, ma proveniendo esse da ambienti militari, l’autore si permette di considerarle, come minimo, con una certa cautela.
Sulla base dei dati a nostra disposizione, le stime sull’andamento dei casi di tumore nei prossimi anni in Libia a causa di questa pratica totalmente ingiustificata sono assolutamente preoccupanti. La discussione sull’incidenza relativa di ognuno degli agenti teratogeni utilizzati in una guerra (Chimici, radioattivi, etc.) ci pare – ad un certo livello – poco significativa ed anche, sia consentita come riflessione conclusiva, poco rispettosa di un dato di fatto: i morti in Libia a cuasa di questo attacco superano e supereranno di gran lunga qualunque cifra che possa venire definita “un giusto prezzo da pagare”.
E’ importante infine raccogliere dati e ricerche – e ve ne sono moltissimi – nel campo degli effetti delle “nuove guerre” su uomo e ambiente; bisogna mostrare come le armi moderne, per nulla chirurgiche, producano dei danni inaccettabili; occorre studiate cosa hanno causato, a uomini e ambiente che le hanno subite, le guerre “umanitarie” a partire dal 1991.
Professore di prima fascia in “Impianti Nucleari” presso il Politecnico di Torino, titolare dei corsi di “Sicurezza e Analisi di Rischio” e “Protezione dalle Radiazioni”
20 marzo 2011