Usa: "Raid fino a rispetto risoluzione Onu"
Gheddafi, l'Italia preme per ipotesi esilio
A Londra il vertice delle potenze della coalizione, con l'Onu e senza i Paesi africani. Francia e Gran Bretagna: pronti ad armare gli insorti, ma Roma frena. Giovedì il passaggio del comando alla Nato. Prossimi incontro del "gruppo di contatto" in Qatar e a Roma. Il Consiglio di transizione pubblica manifesto in 8 punti per la democrazia. Sul terreno fase di difficoltà dei ribelli, che ripiegano su Ras Lanuf
LONDRA - La "barbara offensiva" in Libia è come quella "di Hitler in Europa". Tuonano ancora una volta da uno dei bunker segretissimi di Tripoli le dure parole di Gheddafi, che torna a lanciare messaggi e avvertimenti ai suoi nemici. Mentre le potenze occidentali, riunite a Londra, mantengono la linea della fermezza (i raid proseguiranno finché Gheddafi non avrà rispettato la risoluzione Onu), ma senza esplicitare la volontà di un cambio di regime. A Londra torna a profilarsi un contrasto tra l'asse anglo-francese e l'Italia, con il premier britannico Cameron e il ministro francese Juppè che non escludono la possibilità di armare direttamente i ribelli, mentre Frattini si impunta sulla necessità di un'autorizzazione tramite una nuova risoluzione Onu. La Farnesina, ripropone il suo piano: l'ipotesi di un esilio del rais come soluzione del conflitto, accompagnata da un cessate il fuoco. Per ora i "piani Nato non cambiano", mentre slitta a giovedì mattina il passaggio del comando delle operazioni militari. Sul terreno gli insorti stanno subendo una battuta d'arresto a 150 chilometri da Sirte e costretti a ripiegare verso Ras Lanuf. In serata forti esplosioni sono state udite a Tripoli, vicino al bunker del rais.
Gruppo di contatto. Nella riunione di oggi è stato deciso - riferiscono fonti diplomatiche - di istituire un gruppo di lavoro, a livello di alti funzionari, che si riunirà periodicamente alternando le sedi tra capitali arabe e
Gruppo di contatto. Nella riunione di oggi è stato deciso - riferiscono fonti diplomatiche - di istituire un gruppo di lavoro, a livello di alti funzionari, che si riunirà periodicamente alternando le sedi tra capitali arabe e
occidentali. E i prossimi appuntamenti - di cui non sono state ancora fissate le date - saranno Qatar e Roma.
Parigi: "Armi agli insorti". La Francia è pronta a discutere con i suoi alleati la possibilità di fornire un aiuto militare ai ribelli in libia. Lo ha detto il capo della diplomazia francese, Alain Juppè, sottolineando tuttavia che la cosa non è prevista dalla risoluzione dell'Onu. "Non è quello che prevede la risoluzione 1973, né la risoluzione 1970. Per il momento la Francia si attiene alla stretta applicazione della risoluzione. Siamo pronti a discuterne con i nostri partner", ha dichiarato il ministro.
Usa: "Gheddafi deve andare via". Sul tema delle armi ai ribelli, il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha dichiarato che la risoluzione 1973 permetterebbe di per sé anche "un legittimo trasferimento di armi" agli insorti, anche se "ancora nulla è stato deciso in questo senso". Ma secondo gli Usa, la risoluzione "ha emendato, o addirittura annullato, la proibizione assoluta di armare chicchessia in Libia". Clinton ha anche illustrato il piano dell'operazione secondo gli Stati Uniti: "L'azione militare in Libia continuerà fintanto che Gheddafi non avrà rispettato la risoluzione dell'Onu. La comunità internazionale deve aumentare la pressione e allargare l'isolamento del Colonnello", ha detto il segretario di Stato, "e la pressione politica e diplomatica farà sì che il rais libico capisca che se ne deve andare".
Nato: "In corso trasferimento comando". In un briefing nel quartier generale Nato a Napoli (Jfc Naples) il generale canadese Charles Bouchard ha confermato che la Nato "assumerà presto il comando di tutte le operazioni in Libia". "E' in corso il trasferimento delle posizioni da parte dei nostri alleati, stiamo lavorando - ha aggiunto Bouchard - non ho dubbi sul completamento del trasferimento nel giro di qualche giorno". "Le forze Nato impegnate nell' Operazione "Unified protector" (nome in codice che adesso designa sia l'embargo marittimo che la "no fly zone" sulla Libia, ndr) - ha detto ancora il generale canadese - stanno gia dimostrando la loro professionalità e la loro precisione. Il nostro obbiettivo è quello di proteggere i civili e le aree abitate dalla popolazione civile dalla minaccia di attacchi. Non confondete l' obbiettivo della nostra missione". "I nostri leader politici hanno detto chiaramente che la inaccettabile violenza contro il popolo libico deve cessare". La valutazione della Nato riguarda però anche la controparte libica: in una deposizione al Senato Usa, l'ammiraglio James Stavridis, comandante supremo Nato, ha indicato l'esistenza di "accenni" di presenza di Al Qaeda ed Hezbollah all'interno della variegata opposizione libica, ma in quantità tale da non destare preoccupazioni. La maggior parte dei ribelli, ha aggiunto l'ammiraglio, "è composta da uomini e donne responsabili che vogliono genuinamente la transizione". Stavidris ha poi valutato in "centinaia di milioni di dollari" il costo dell'operazione militare condotta finora.
Gli Usa inviano un "ambasciatore" a Bengasi. Anche gli Usa, come la Francia, avranno un inviato diplomatico a Bengasi. Secondo il Consiglio nazionale di transizione, citato da Al Jazeera, Washington ha già nominato un suo rappresentante diplomatico della città roccaforte dei ribelli e sede del Consiglio. Si tratterebbe di Chris Stevens, un veterano del dipartimento di Stato. Finora solo Francia e Qatar hanno riconosciuto il Consiglio come governo legittimo della Libia.
Onu coordinerà iniziative per delineare futuro paese. Sarà Ban Ki-Moon a guidare le iniziative per
coordinare lo sforzo internazionale per delineare il futuro della Libia. Lo ha annunciato lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, nel suo intervento alla conferenza di Londra sulla crisi libica. "La transizione verso un governo e una società improntate sulla democrazia richiederanno tempo e sostegno da tutti noi", ha affermato Ban, "Le Nazioni Unite sono pronte e disponibili ad aiutare la popolazione della Libia in questa transizione". L'azione militare, ha sottolineato il segretario Onu, "ha evitato una catastrofe umanitaria".
Il messaggio del rais. "Bloccate la vostra barbara e ingiusta offensiva contro la Libia. Lasciate la Libia ai libici, state conducendo un'operazione di sterminio di un popolo e distruggendo un paese in pieno sviluppo", ha detto Gheddafi. Il messaggio del Colonnello è giunto a poche ore dall'inizio della riunione di Londra sulla Libia, a cui non hanno voluto partecipare i paesi dell'Organizzazione per l'Unione africana (Oua).
Ipotesi esilio. I Paesi del Gruppo di contatto sono pronti a concedere al leader libico l'immunità e l'esilio, nell'ambito di un accordo per porre fine al conflitto. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha riferito ieri di "paesi africani che potrebbero offrire ospitalità" al Colonnello, anche se per ora "non ci sono ancora proposte formali". E quella dell'esilio del rais, secondo l'Italia, potrebbe essere la soluzione migliore secondo fonti anonime della Farnesina a margine del vertice di Londra.
Ribelli: "Niente esilio, Gheddafi va processato". Non concordano con la soluzione ipotizzata dall'Italia i ribelli che, invece, sostengono che il colonnello debba essere processato per crimini contro l'umanità. Lo ha ribadito Chamsiddin Abdulmula, portavoce del Consiglio nazionale (Cnt) ribelle libico, precisando che si tratta di una condizione "non negoziabile".
Gli insorti ripiegano verso est. Battuta d'arresto per gli insorti che oggi hanno riferito di essere stati costretti a fermare la loro avanzata verso Sirte dall'intenso fuoco di sbarramento dell'esercito di Gheddafi. "Siamo stati colpiti dalle forze di Gheddafi e siamo arretrati", ha detto un ufficiale ribelle, Hamad al-Awani, alla testa di un gruppo di combattenti che presidia ora Ben Jawad. Le forze fedeli al leader libico hanno utilizzato "razzi, granate e armi pesanti" per costringere gli insorti, che erano arrivati a qualche decina di chilometri da Sirte, alla ritirata in un'area in massima parte fedele al Rais. Un testimone, poi, ha detto che a Misurata c'è stata una carneficina da parte delle forze di Gheddafi.
A Misurata 142 morti. Le forze fedeli a Gheddafi hanno ucciso almeno 142 persone e ne hanno ferite oltre 1.400 nel corso della loro offensiva contro gli insorti a Misurata, ad est di Tripoli. Lo hanno rivelato fonti mediche dell'ospedale cittadino. "Dal 18 marzo scorso, abbiamo ricevuto in ospedale 142 morti", ha indicato un medico, che ha chiesto l'anonimato."Non riusciamo più a contare i feriti. Ma hanno superato la cifra di 1.400, di cui 90 gravi", ha aggiunto. La fonte ha rivelato che una nave turca è attesa in porto in giornata per prelevare una cinquantina di feriti.
Riappare il figlio di Gheddafi. La tv libica ha intanto mostrato oggi immagini di Khamis, il figlio di Gheddafi dato per morto nei combattimenti da alcune fonti. Khamis, al comando di una brigata d'elite dell'esercito libico, è stato ripreso dalla tv mentre salutava la folla nei pressi di Bab al Azizia, la caserma-bunker del padre a Tripoli.
Consiglio nazionale: 8 punti per la democrazia. In occasione della conferenza sul futuro della Libia in corso a Londra, il Consiglio nazionale transitorio, creato dagli insorti libici, ha diffuso il suo manifesto in otto punti, in cui esprime la sua ''visione per la ricostruzione di uno stato libico democratico'', che ''risponde ai desideri e alle aspirazioni del popolo''. Il primo punto indicato nel documento, firmato dalla Commissione Affari politici e internazionali del Consiglio, prevede la stesura di ''una Costituzione che definisca chiaramente la sua natura, la sua essenza e i suoi obiettivi e crei le istituzioni giuridiche, politiche, civili, legislative, esecutive e giudiziarie''. Il secondo punto prevede la ''formazione delle organizzazioni politiche e delle istituzioni civili, compresi i partiti politici''. Nel terzo punto si enuncia la garanzia del ''pluralismo intellettuale e politico'' e nel quarto ''il diritto di voto in elezioni parlamentari e presidenziali libere e giuste''. Il quinto principio è il ''rispetto della libertà di espressione dei media'' e ''la libertà di manifestare pacificamente'', mentre il sesto riguarda ''i forti valori religiosi della pace, della verità, della giustizia e dell'uguaglianza''. In settimo punto è dedicato alla ''democrazia politica e ai valori della giustizia sociale'', tra cui ''l'uso dell'economia nazionale a beneficio del popolo'', gli ''investimenti nell'istruzione, nella ricerca e nello sviluppo'', il ''rispetto della dottrina religiosa e la condanna dell'intolleranza, dell'estremismo e della violenza''. Infine, l'ottavo punto riguarda le relazioni internazionali della Libia, da costruire sui principi del ''rispetto dei vicini'', il ''riconoscimento dell'indipendenza e della sovranità delle altre nazioni'', il ''rispetto del diritto umanitario internazionale e delle dichiarazioni dei diritti umani'' e la condanna di ogni ''razzismo, discriminazione e terrorismo''.
Parigi: "Armi agli insorti". La Francia è pronta a discutere con i suoi alleati la possibilità di fornire un aiuto militare ai ribelli in libia. Lo ha detto il capo della diplomazia francese, Alain Juppè, sottolineando tuttavia che la cosa non è prevista dalla risoluzione dell'Onu. "Non è quello che prevede la risoluzione 1973, né la risoluzione 1970. Per il momento la Francia si attiene alla stretta applicazione della risoluzione. Siamo pronti a discuterne con i nostri partner", ha dichiarato il ministro.
Usa: "Gheddafi deve andare via". Sul tema delle armi ai ribelli, il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha dichiarato che la risoluzione 1973 permetterebbe di per sé anche "un legittimo trasferimento di armi" agli insorti, anche se "ancora nulla è stato deciso in questo senso". Ma secondo gli Usa, la risoluzione "ha emendato, o addirittura annullato, la proibizione assoluta di armare chicchessia in Libia". Clinton ha anche illustrato il piano dell'operazione secondo gli Stati Uniti: "L'azione militare in Libia continuerà fintanto che Gheddafi non avrà rispettato la risoluzione dell'Onu. La comunità internazionale deve aumentare la pressione e allargare l'isolamento del Colonnello", ha detto il segretario di Stato, "e la pressione politica e diplomatica farà sì che il rais libico capisca che se ne deve andare".
Nato: "In corso trasferimento comando". In un briefing nel quartier generale Nato a Napoli (Jfc Naples) il generale canadese Charles Bouchard ha confermato che la Nato "assumerà presto il comando di tutte le operazioni in Libia". "E' in corso il trasferimento delle posizioni da parte dei nostri alleati, stiamo lavorando - ha aggiunto Bouchard - non ho dubbi sul completamento del trasferimento nel giro di qualche giorno". "Le forze Nato impegnate nell' Operazione "Unified protector" (nome in codice che adesso designa sia l'embargo marittimo che la "no fly zone" sulla Libia, ndr) - ha detto ancora il generale canadese - stanno gia dimostrando la loro professionalità e la loro precisione. Il nostro obbiettivo è quello di proteggere i civili e le aree abitate dalla popolazione civile dalla minaccia di attacchi. Non confondete l' obbiettivo della nostra missione". "I nostri leader politici hanno detto chiaramente che la inaccettabile violenza contro il popolo libico deve cessare". La valutazione della Nato riguarda però anche la controparte libica: in una deposizione al Senato Usa, l'ammiraglio James Stavridis, comandante supremo Nato, ha indicato l'esistenza di "accenni" di presenza di Al Qaeda ed Hezbollah all'interno della variegata opposizione libica, ma in quantità tale da non destare preoccupazioni. La maggior parte dei ribelli, ha aggiunto l'ammiraglio, "è composta da uomini e donne responsabili che vogliono genuinamente la transizione". Stavidris ha poi valutato in "centinaia di milioni di dollari" il costo dell'operazione militare condotta finora.
Gli Usa inviano un "ambasciatore" a Bengasi. Anche gli Usa, come la Francia, avranno un inviato diplomatico a Bengasi. Secondo il Consiglio nazionale di transizione, citato da Al Jazeera, Washington ha già nominato un suo rappresentante diplomatico della città roccaforte dei ribelli e sede del Consiglio. Si tratterebbe di Chris Stevens, un veterano del dipartimento di Stato. Finora solo Francia e Qatar hanno riconosciuto il Consiglio come governo legittimo della Libia.
Onu coordinerà iniziative per delineare futuro paese. Sarà Ban Ki-Moon a guidare le iniziative per
coordinare lo sforzo internazionale per delineare il futuro della Libia. Lo ha annunciato lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, nel suo intervento alla conferenza di Londra sulla crisi libica. "La transizione verso un governo e una società improntate sulla democrazia richiederanno tempo e sostegno da tutti noi", ha affermato Ban, "Le Nazioni Unite sono pronte e disponibili ad aiutare la popolazione della Libia in questa transizione". L'azione militare, ha sottolineato il segretario Onu, "ha evitato una catastrofe umanitaria".
Il messaggio del rais. "Bloccate la vostra barbara e ingiusta offensiva contro la Libia. Lasciate la Libia ai libici, state conducendo un'operazione di sterminio di un popolo e distruggendo un paese in pieno sviluppo", ha detto Gheddafi. Il messaggio del Colonnello è giunto a poche ore dall'inizio della riunione di Londra sulla Libia, a cui non hanno voluto partecipare i paesi dell'Organizzazione per l'Unione africana (Oua).
Ipotesi esilio. I Paesi del Gruppo di contatto sono pronti a concedere al leader libico l'immunità e l'esilio, nell'ambito di un accordo per porre fine al conflitto. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha riferito ieri di "paesi africani che potrebbero offrire ospitalità" al Colonnello, anche se per ora "non ci sono ancora proposte formali". E quella dell'esilio del rais, secondo l'Italia, potrebbe essere la soluzione migliore secondo fonti anonime della Farnesina a margine del vertice di Londra.
Ribelli: "Niente esilio, Gheddafi va processato". Non concordano con la soluzione ipotizzata dall'Italia i ribelli che, invece, sostengono che il colonnello debba essere processato per crimini contro l'umanità. Lo ha ribadito Chamsiddin Abdulmula, portavoce del Consiglio nazionale (Cnt) ribelle libico, precisando che si tratta di una condizione "non negoziabile".
Gli insorti ripiegano verso est. Battuta d'arresto per gli insorti che oggi hanno riferito di essere stati costretti a fermare la loro avanzata verso Sirte dall'intenso fuoco di sbarramento dell'esercito di Gheddafi. "Siamo stati colpiti dalle forze di Gheddafi e siamo arretrati", ha detto un ufficiale ribelle, Hamad al-Awani, alla testa di un gruppo di combattenti che presidia ora Ben Jawad. Le forze fedeli al leader libico hanno utilizzato "razzi, granate e armi pesanti" per costringere gli insorti, che erano arrivati a qualche decina di chilometri da Sirte, alla ritirata in un'area in massima parte fedele al Rais. Un testimone, poi, ha detto che a Misurata c'è stata una carneficina da parte delle forze di Gheddafi.
A Misurata 142 morti. Le forze fedeli a Gheddafi hanno ucciso almeno 142 persone e ne hanno ferite oltre 1.400 nel corso della loro offensiva contro gli insorti a Misurata, ad est di Tripoli. Lo hanno rivelato fonti mediche dell'ospedale cittadino. "Dal 18 marzo scorso, abbiamo ricevuto in ospedale 142 morti", ha indicato un medico, che ha chiesto l'anonimato."Non riusciamo più a contare i feriti. Ma hanno superato la cifra di 1.400, di cui 90 gravi", ha aggiunto. La fonte ha rivelato che una nave turca è attesa in porto in giornata per prelevare una cinquantina di feriti.
Riappare il figlio di Gheddafi. La tv libica ha intanto mostrato oggi immagini di Khamis, il figlio di Gheddafi dato per morto nei combattimenti da alcune fonti. Khamis, al comando di una brigata d'elite dell'esercito libico, è stato ripreso dalla tv mentre salutava la folla nei pressi di Bab al Azizia, la caserma-bunker del padre a Tripoli.
Consiglio nazionale: 8 punti per la democrazia. In occasione della conferenza sul futuro della Libia in corso a Londra, il Consiglio nazionale transitorio, creato dagli insorti libici, ha diffuso il suo manifesto in otto punti, in cui esprime la sua ''visione per la ricostruzione di uno stato libico democratico'', che ''risponde ai desideri e alle aspirazioni del popolo''. Il primo punto indicato nel documento, firmato dalla Commissione Affari politici e internazionali del Consiglio, prevede la stesura di ''una Costituzione che definisca chiaramente la sua natura, la sua essenza e i suoi obiettivi e crei le istituzioni giuridiche, politiche, civili, legislative, esecutive e giudiziarie''. Il secondo punto prevede la ''formazione delle organizzazioni politiche e delle istituzioni civili, compresi i partiti politici''. Nel terzo punto si enuncia la garanzia del ''pluralismo intellettuale e politico'' e nel quarto ''il diritto di voto in elezioni parlamentari e presidenziali libere e giuste''. Il quinto principio è il ''rispetto della libertà di espressione dei media'' e ''la libertà di manifestare pacificamente'', mentre il sesto riguarda ''i forti valori religiosi della pace, della verità, della giustizia e dell'uguaglianza''. In settimo punto è dedicato alla ''democrazia politica e ai valori della giustizia sociale'', tra cui ''l'uso dell'economia nazionale a beneficio del popolo'', gli ''investimenti nell'istruzione, nella ricerca e nello sviluppo'', il ''rispetto della dottrina religiosa e la condanna dell'intolleranza, dell'estremismo e della violenza''. Infine, l'ottavo punto riguarda le relazioni internazionali della Libia, da costruire sui principi del ''rispetto dei vicini'', il ''riconoscimento dell'indipendenza e della sovranità delle altre nazioni'', il ''rispetto del diritto umanitario internazionale e delle dichiarazioni dei diritti umani'' e la condanna di ogni ''razzismo, discriminazione e terrorismo''.
(29 marzo 2011)
Gheddafi in esilio? L’Occidente si divide
Quanto sia ampia la «finestra» aperta dai volenterosi al prepensionamento di Gheddafi è impossibile dirlo. Ma visto il bombardamento sul bunker del raìs effettuato ieri pomeriggio, nelle intenzioni dell’asse anglo-francese l’ampiezza della finestra non va misurata in settimane. Roba di giorni se non di ore. Meno precipitosi gli altri partner, in testa l’Italia che spinge da tempo per l’esilio, interessati a non innescare un’escalation niente affatto improbabile, tenuto conto dell’ipotesi di fornire armi agli insorti ventilata dai più volenterosi. Quanto alle intenzioni degli Stati Uniti espresse da Obama nel suo discorso tv alla nazione, al primo punto c’è la volontà di non ripetere l’esperienza irachena del 2003, quando gli americani non avevano la minima idea di che cosa li aspettasse a Baghdad dopo la rapida vittoria militare. «L’obbiettivo - ha detto il capo della Casa Bianca - è una Libia che appartenga non a un dittatore ma al suo popolo».
Ricapitolando, sono tutti d’accordo sull’idea che Gheddafi sia ormai delegittimato. E quasi tutti sulla famosa «cabina di regia politica», chiesta fin dall’inizio da Francia e Regno Unito. La realtà però non coincide sempre con le intenzioni, per quanto supportate da costosissimi missili intelligenti e ambiziose strategie geopolitiche. E la realtà, mentre i Paesi impegnati nell’intervento in Libia - più l’Unione europea, la Nato, la Lega araba e la Conferenza islamica - erano riuniti a Londra nella prima conferenza internazionale sulla crisi, è che il Colonnello resta in campo. Sul terreno è al contrattacco e sul fronte diplomatico si difende bene, dato che non dev’essere stato del tutto estraneo alla decisione dell’Unione africana di disertare all’ultimo momento l’incontro di Londra. «Lasciate che sia l’Unione africana a gestire la crisi - ha detto il Colonnello ai convenuti -, la Libia accetterà tutto quello che deciderà». E l’Unione africana ha subito comunicato al padrone di casa, il ministro degli Esteri del Regno Unito, la sua «road map» in cinque punti: cessate il fuoco; protezione dei civili; assistenza umanitaria; dialogo politico tra tutte le parti; transizione con riforme. Come si vede, non un accenno all’esilio. Intanto il Vaticano chiede la fine delle ostilità e l’avvio del dialogo diplomatico, la Cina si rifà viva dopo qualche giorno di silenzio chiedendo il cessate il fuoco immediato e la Russia sottolinea che i volenterosi dovrebbero rispondere al Consiglio di sicurezza dell’Onu e non «a qualche altro forum istituito ad hoc».
Al di là della linea seguita a Londra dalla diplomazia italiana, intanto, a Roma continuano i malumori per l’atteggiamento della Francia. È stato l’Eliseo, infatti, a «promuovere» e poi veicolare sui media la conference call a quattro (Obama, Sarkozy, Cameron, Merkel) da cui l’Italia è stata esclusa. E sempre Parigi ieri è stata protagonista del respingimento degli immigrati tunisini a Ventimiglia, rifiutandosi di fatto di accoglierli. Una situazione che nei diversi incontri della giornata Berlusconi non esita a definire «insostenibile». L’Unione europea - è il senso dei ragionamenti del premier - ci sta lasciando sola, con la Francia che vìola impunemente il trattato di Schengen. Una frizione, quella con il governo francese, che sta iniziando a superare il livello di guardia se a Palazzo Chigi c’è chi inizia a ipotizzare un disimpegno italiano da una missione che non ha mai convinto fino in fondo soprattutto per le modalità con cui è stato messo in pratica l’attacco militare. Un messaggio che seppure in via informale la diplomazia italiana potrebbe aver già veicolato ai suoi interlocutori: se non c’è una condivisione della questione clandestini, l’Italia non esclude di ritirare la disponibilità delle sue basi militari. Un’ipotesi in realtà difficile da mettere in pratica ma che ieri rimbalzava nelle dichiarazioni di più di un esponente del Pdl, dal governatore della Lombardia Formigoni al vicepresidente dei deputati Napoli. E l’irritazione di Berlusconi nei confronti di Sarkozy è dovuta anche al ricasco che la vicenda avrà sul governo. Che a un mese dalla tornata amministrativa rischia di perdere consensi proprio sulla crisi libica. D’altra parte - sbotta il premier durante un vertice serale a Palazzo Grazioli - c’è chi ha fatto tutto questo anche per ragioni interne. Il Cavaliere ce l’ha con Sarkozy che, dice, «in Francia è al 22% di gradimento». E anche la Merkel, «con il suo 14% non sta messa bene» mentre «nonostante tutto io resto ancora intorno al 50%».
Ricapitolando, sono tutti d’accordo sull’idea che Gheddafi sia ormai delegittimato. E quasi tutti sulla famosa «cabina di regia politica», chiesta fin dall’inizio da Francia e Regno Unito. La realtà però non coincide sempre con le intenzioni, per quanto supportate da costosissimi missili intelligenti e ambiziose strategie geopolitiche. E la realtà, mentre i Paesi impegnati nell’intervento in Libia - più l’Unione europea, la Nato, la Lega araba e la Conferenza islamica - erano riuniti a Londra nella prima conferenza internazionale sulla crisi, è che il Colonnello resta in campo. Sul terreno è al contrattacco e sul fronte diplomatico si difende bene, dato che non dev’essere stato del tutto estraneo alla decisione dell’Unione africana di disertare all’ultimo momento l’incontro di Londra. «Lasciate che sia l’Unione africana a gestire la crisi - ha detto il Colonnello ai convenuti -, la Libia accetterà tutto quello che deciderà». E l’Unione africana ha subito comunicato al padrone di casa, il ministro degli Esteri del Regno Unito, la sua «road map» in cinque punti: cessate il fuoco; protezione dei civili; assistenza umanitaria; dialogo politico tra tutte le parti; transizione con riforme. Come si vede, non un accenno all’esilio. Intanto il Vaticano chiede la fine delle ostilità e l’avvio del dialogo diplomatico, la Cina si rifà viva dopo qualche giorno di silenzio chiedendo il cessate il fuoco immediato e la Russia sottolinea che i volenterosi dovrebbero rispondere al Consiglio di sicurezza dell’Onu e non «a qualche altro forum istituito ad hoc».
Al di là della linea seguita a Londra dalla diplomazia italiana, intanto, a Roma continuano i malumori per l’atteggiamento della Francia. È stato l’Eliseo, infatti, a «promuovere» e poi veicolare sui media la conference call a quattro (Obama, Sarkozy, Cameron, Merkel) da cui l’Italia è stata esclusa. E sempre Parigi ieri è stata protagonista del respingimento degli immigrati tunisini a Ventimiglia, rifiutandosi di fatto di accoglierli. Una situazione che nei diversi incontri della giornata Berlusconi non esita a definire «insostenibile». L’Unione europea - è il senso dei ragionamenti del premier - ci sta lasciando sola, con la Francia che vìola impunemente il trattato di Schengen. Una frizione, quella con il governo francese, che sta iniziando a superare il livello di guardia se a Palazzo Chigi c’è chi inizia a ipotizzare un disimpegno italiano da una missione che non ha mai convinto fino in fondo soprattutto per le modalità con cui è stato messo in pratica l’attacco militare. Un messaggio che seppure in via informale la diplomazia italiana potrebbe aver già veicolato ai suoi interlocutori: se non c’è una condivisione della questione clandestini, l’Italia non esclude di ritirare la disponibilità delle sue basi militari. Un’ipotesi in realtà difficile da mettere in pratica ma che ieri rimbalzava nelle dichiarazioni di più di un esponente del Pdl, dal governatore della Lombardia Formigoni al vicepresidente dei deputati Napoli. E l’irritazione di Berlusconi nei confronti di Sarkozy è dovuta anche al ricasco che la vicenda avrà sul governo. Che a un mese dalla tornata amministrativa rischia di perdere consensi proprio sulla crisi libica. D’altra parte - sbotta il premier durante un vertice serale a Palazzo Grazioli - c’è chi ha fatto tutto questo anche per ragioni interne. Il Cavaliere ce l’ha con Sarkozy che, dice, «in Francia è al 22% di gradimento». E anche la Merkel, «con il suo 14% non sta messa bene» mentre «nonostante tutto io resto ancora intorno al 50%».
Summit sulla Libia: l'Italia spinge per mandare Gheddafi in esilio
Ieri si sono riuniti a Lancaster House, nel salone di rappresentanza del Foreign Office, Onu, Nato, Paesi Arabi e ministri degli esteri dell'Ue per parlare di una possibile soluzione alla crisi libica.L'ipotesi dell'esilio di Gheddafi è sempre più accreditata, soprattutto dopo che il Ministro degli esteri libico si è recato in Tunisia, e lo stesso Ministro Frattini ha dichiarato che ci sarebbero molti Paesi africani disposti ad ospitare il colonnello.
Libia/ Fonti: Per Italia soluzione migliore è esilio Gheddafi
"Comunità internazionale non lo considerà più un interlocutore"
Londra, 29 mar. (TMNews) - La "soluzione migliore" per la crisi libica è l'esilio di Muammar Gheddafi, per il quale "può avere un ruolo l'Unione Africana". Lo hanno fatto notare fonti diplomatiche italiane, a margine dei lavori del summit londinese. "La comunità internazionale non considera più Gheddafi un interlocutore politico" hanno ricordato le fonti.
Napolitano: "Gheddafi non è legittimato a governare"
Il presidente Napolitano con Nancy Pelosi, ex speaker della Camera Usa
Roma, 29-03-2011
Gheddafi
Speriamo che Gheddafi e il suo entourage capiscano che gli e' ormai impossibile governare il paese. Gheddafi non ha piu' la legittimazione internazionale per questo noi speriamo fermamente che ci siano nuove forze in Libia per assicurare un nuovo governo, piu' aperto e piu' disponibile a soddisfare le aspirazioni di libera' e giustizia della gente libica". Lo afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervistato da Class Cnbc e Class news.
Immigrazione ed EuropaIl problema dell'afflusso di immigrati sulle coste italiane dal Nord Africa "non e' solamente nostro ma dell'intera Europa" per questo "abbiamo bisogno di politiche univoche sia sull'immigrazione che sull'asilo politico, e speriamo che tutto cio" sia possibile nelle prossime settimane", ha dichiarato il Presidente Giorgio Napolitano in un'intervista rilasciata negli Stati Uniti a Maria Bartiromo di CMBC. L'intervista sara' trasmessa oggi, martedi' 29 marzo, in esclusiva su Class CNBC (canale 507 di Sky) alle 16.30, alle 21.00 e alle 23.00, e su ClassNewsMsnbc (canale 27 del digitale terrestre) alle 17.00, alle 19 e alle 21.00.
Speriamo che Gheddafi e il suo entourage capiscano che gli e' ormai impossibile governare il paese. Gheddafi non ha piu' la legittimazione internazionale per questo noi speriamo fermamente che ci siano nuove forze in Libia per assicurare un nuovo governo, piu' aperto e piu' disponibile a soddisfare le aspirazioni di libera' e giustizia della gente libica". Lo afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervistato da Class Cnbc e Class news.
Immigrazione ed EuropaIl problema dell'afflusso di immigrati sulle coste italiane dal Nord Africa "non e' solamente nostro ma dell'intera Europa" per questo "abbiamo bisogno di politiche univoche sia sull'immigrazione che sull'asilo politico, e speriamo che tutto cio" sia possibile nelle prossime settimane", ha dichiarato il Presidente Giorgio Napolitano in un'intervista rilasciata negli Stati Uniti a Maria Bartiromo di CMBC. L'intervista sara' trasmessa oggi, martedi' 29 marzo, in esclusiva su Class CNBC (canale 507 di Sky) alle 16.30, alle 21.00 e alle 23.00, e su ClassNewsMsnbc (canale 27 del digitale terrestre) alle 17.00, alle 19 e alle 21.00.
I problemi dell'Italia"Siamo molto preoccupati" per il rischio di una crescita dell'inflazione commesso all'aumento dei prezzi delle materie prime, ma "la nostra principale preoccupazione" e' "di avere prospettive per il futuro e in particolare per l'occupazione". Napolitano sottoline anche che non v'è "alcun problema" riguardo la gestione dell'indebitamento pubblico.
Alla domanda sul rapporto aumento prezzi delle materie prime-inflazione, Napolitano risponde: "Siamo molto preoccupati per questo, ma al momento non abbiamo un tasso di inflazione cosi' alto. Solo il due percento. Siamo a buon punto del percorso di ripresa.
La crisi e le prospettive futureLa nostra principale preoccupazione non e' solo di uscire dalla crisi ma di avere prospettive positive per il futuro e in particolare per l'occupazione. Il problema delle nuove generazioni e' di non trovarsi fuori dal mercato del lavoro. Questo e' il nostro principale problema. Un problema sociale, politico e umano".
La soluzione, per il capo dello Stato e' "crescere di piu"': "E' vero che si puo' avere crescita del Pil e non registrare un'analoga crescita occupazionale.
Ma dobbiamo assolutamente azzerare questo divario e, per aumentare la crescita, abbiamo gia' preso diverse misure politiche.
Debito Pubblico e operazioni di salvataggioInfine, sulla possibilita' che l'Italia abbia bisogno di operazioni di salvataggio da parte dell'Unione Europea per lo stato del debito pubblico, Napolitano risponde: "Non prevediamo nessun problema in questo senso. Siamo in grado di gestire questo indebitamento e, allo stesso tempo, possiamo fornire ottime garanzie.
In ogni caso, abbiamo gia' preso misure restrittive. E andremo avanti su questa strada nel tentativo di arrivare a un rapporto deficit pil pari a zero.
Su questa base possiamo, se la crescita della nostra economia rimane al due per cento annuo, ridurre il livello di indebitamento".
Alla domanda sul rapporto aumento prezzi delle materie prime-inflazione, Napolitano risponde: "Siamo molto preoccupati per questo, ma al momento non abbiamo un tasso di inflazione cosi' alto. Solo il due percento. Siamo a buon punto del percorso di ripresa.
La crisi e le prospettive futureLa nostra principale preoccupazione non e' solo di uscire dalla crisi ma di avere prospettive positive per il futuro e in particolare per l'occupazione. Il problema delle nuove generazioni e' di non trovarsi fuori dal mercato del lavoro. Questo e' il nostro principale problema. Un problema sociale, politico e umano".
La soluzione, per il capo dello Stato e' "crescere di piu"': "E' vero che si puo' avere crescita del Pil e non registrare un'analoga crescita occupazionale.
Ma dobbiamo assolutamente azzerare questo divario e, per aumentare la crescita, abbiamo gia' preso diverse misure politiche.
Debito Pubblico e operazioni di salvataggioInfine, sulla possibilita' che l'Italia abbia bisogno di operazioni di salvataggio da parte dell'Unione Europea per lo stato del debito pubblico, Napolitano risponde: "Non prevediamo nessun problema in questo senso. Siamo in grado di gestire questo indebitamento e, allo stesso tempo, possiamo fornire ottime garanzie.
In ogni caso, abbiamo gia' preso misure restrittive. E andremo avanti su questa strada nel tentativo di arrivare a un rapporto deficit pil pari a zero.
Su questa base possiamo, se la crescita della nostra economia rimane al due per cento annuo, ridurre il livello di indebitamento".
L’Italia insiste: Gheddafi in esilio, Francia e Gran Bretagna vogliono armare i ribelli
La coalizione anti-Gheddafi mostra una coesione di fondo a Londra nel confermare la linea della fermezza (almeno finchè il Colonnello non avrà rispettato la risoluzione Onu), ma senza esplicitare la volontà di un cambio di regime. Ma torna torna a profilarsi un contrasto tra l’asse anglo-francese e l’Italia, con il premier britannico Cameron e il ministro francese Juppè che non escludono la possibilità di armare direttamente i ribelli, mentre Frattini si impunta sulla necessità di un’autorizzazione tramite una nuova risoluzione Onu. La Farnesina, ripropone il suo piano: l’ipotesi di un esilio del rais come soluzione del conflitto, accompagnata da un cessate il fuoco. Per ora i “piani Nato non cambiano”, mentre slitta a giovedì mattina il passaggio del comando delle operazioni militari. Sul terreno gli insorti stanno subendo una battuta d’arresto a 150 chilometri da Sirte e costretti a ripiegare verso Ras Lanuf. In serata forti esplosioni sono state udite a Tripoli, vicino al bunker del rais.
LIBIA, MISURATA SOTTO LE BOMBE: 18 MORTI BREGA DI NUOVO NELLE MANI DEL REGIME
Mentre proseguono, frenetici, i tentativi di negoziato e le attività diplomatiche, in Libia si continua a combattere. I primi a farne le spese sono i civili. L'allarme è stato lanciato da monsignor Martinelli, arcivescovo di Tripoli: "Non mi si venga a dire che si bombarda per difendere la popolazione civile. Per quanto siano precisi i bombardamenti contro gli obiettivi militari, certamente coinvolgono anche gli edifici civili circostanti. So di almeno due ospedali - incalza il vicario - che hanno subito danni indiretti causati dai bombardamenti". I bombardamenti più intensi hanno colpito la città di Misurata: almeno 18 persone sono morte sotto i razzi e i colpi d'artiglieria dei carri armati delle forze fedeli al regime.
RAS LANUF - Altro epicentro dei conflitti di mercoledì è stata la strategica città di Ras Lanuf, uno dei più importanti poli petroliferi della Libia. La città, stando alle informazioni disponibili, sarebbe stata riconquistata dalle forze di Gheddafi. I ribelli, che hanno però precisato di essere ancora in città, vorrebbero ripiegare verso est, dunque verso il centro del Paese. "Sono ancora in corso combattimenti tra Ras Lanuf e Bin Jawad", ha detto uno dei ribelli. Secondo fonti degli insorti, invece, i militari del regime avrebbero riconquistato Brega, ma non ci sono ancora conferme in merito.
"NON LO ESCLUDO" - Il Presidente degli Stati Uniti, come la Francia, si dice possibilista circa sull'ipotesi di armare i ribelli dell'opposizione libica. Obama precisa come le autorità stiano valutando il rapporto tra le forze degli insorti e quelle fedeli al regime per giungere poi a una decisione. Nel dettaglio, quando al presidente è stato chiesto se gli Usa possano offrire assistenza militare diretta ai rivoltoso, Obama ha risposto: "Non lo escludo, ma non dico nemmeno che lo faremo. Stiamo valutando cosa faranno le forze di Gheddafi. Una delle questioni a cui stiamo cercando di dare risposta - ha proseguito il Presidente - è se le forze di Gheddafi sono state sufficientemente indebolite, perché allora non sarebbe necessario armare i ribelli".
"GIORNI CONTATI" - Obama, parlando di Libia nell'intervista a tre emittenti statunitensi, ha poi spaziato, sottolineando come non sia ancora arrivato il momento per avviare un "formale negoziato" con il Colonnello per gestire la fine del suo regime. "La cerchia attorno al Raìs ha capito di avere i giorni contati - ha indicato Obama -. Tuttavia non è detto che il Colonnello ne sia consapevole, per cui penso sia troppo presto per dare il via a un negoziato formale. Gheddafi sa esattamente cosa fare per porre fine ai bombardamenti costanti contro di lui. A un certo punto potrebbe cambiare posizione e cominciare a studiare come negoziare la sua uscita di scena". Un punto, questo, sul quale la diplomazia italiana sta cercando di spingere. "Gheddafi", ha concluso Obama, "ha i giorni contanti".
ARMI AI RIBELLI - Al termine del summit di Londra di martedì si sono moltiplicate le voci che riguardano una possibile trattativa per aprire la strada all'esilio di Gheddafi. Il ministro degli Esteri libico, secondo alcune fonti stampa, si troverebbe in Tunisia, dove starebbe trattando con delegati italiani "una agevole via d'uscita per il raìs". La voce è stata poi confermata dall'emittente al Jazeera. Nel pomeriggio il portavoce del presidente dell'Uganda Yoweri Museveni ha espresso la propria disponibilità del suo Paese a ospitare Gheddafi in esilio (l'Uganda era uno dei Paesi già accreditati alla vigilia tra gli Stati "amici" del Raìs, insieme a Venezuela, Ciad e Zimbabwe). La Francia, ha dichiarato il capo della diplomazia dell'Elise, Alain Juppé, è invece pronta a discutere con gli alleati un aiuto militare per i ribelli libici. David Cameron si è detto d'accordo con questa possibilità, anche se nulla è stato deciso. Per il momento, dunque, Parigi non si vuole discostare da quanto previsto dalla risoluzione 1973 dell'Onu, e ha sottolineato come ogni iniziativa debba essere decisa di comune accordo con i partner che partecipano alla missione Odissey at Dawn in Libia.
RAS LANUF - Altro epicentro dei conflitti di mercoledì è stata la strategica città di Ras Lanuf, uno dei più importanti poli petroliferi della Libia. La città, stando alle informazioni disponibili, sarebbe stata riconquistata dalle forze di Gheddafi. I ribelli, che hanno però precisato di essere ancora in città, vorrebbero ripiegare verso est, dunque verso il centro del Paese. "Sono ancora in corso combattimenti tra Ras Lanuf e Bin Jawad", ha detto uno dei ribelli. Secondo fonti degli insorti, invece, i militari del regime avrebbero riconquistato Brega, ma non ci sono ancora conferme in merito.
"NON LO ESCLUDO" - Il Presidente degli Stati Uniti, come la Francia, si dice possibilista circa sull'ipotesi di armare i ribelli dell'opposizione libica. Obama precisa come le autorità stiano valutando il rapporto tra le forze degli insorti e quelle fedeli al regime per giungere poi a una decisione. Nel dettaglio, quando al presidente è stato chiesto se gli Usa possano offrire assistenza militare diretta ai rivoltoso, Obama ha risposto: "Non lo escludo, ma non dico nemmeno che lo faremo. Stiamo valutando cosa faranno le forze di Gheddafi. Una delle questioni a cui stiamo cercando di dare risposta - ha proseguito il Presidente - è se le forze di Gheddafi sono state sufficientemente indebolite, perché allora non sarebbe necessario armare i ribelli".
"GIORNI CONTATI" - Obama, parlando di Libia nell'intervista a tre emittenti statunitensi, ha poi spaziato, sottolineando come non sia ancora arrivato il momento per avviare un "formale negoziato" con il Colonnello per gestire la fine del suo regime. "La cerchia attorno al Raìs ha capito di avere i giorni contati - ha indicato Obama -. Tuttavia non è detto che il Colonnello ne sia consapevole, per cui penso sia troppo presto per dare il via a un negoziato formale. Gheddafi sa esattamente cosa fare per porre fine ai bombardamenti costanti contro di lui. A un certo punto potrebbe cambiare posizione e cominciare a studiare come negoziare la sua uscita di scena". Un punto, questo, sul quale la diplomazia italiana sta cercando di spingere. "Gheddafi", ha concluso Obama, "ha i giorni contanti".
ARMI AI RIBELLI - Al termine del summit di Londra di martedì si sono moltiplicate le voci che riguardano una possibile trattativa per aprire la strada all'esilio di Gheddafi. Il ministro degli Esteri libico, secondo alcune fonti stampa, si troverebbe in Tunisia, dove starebbe trattando con delegati italiani "una agevole via d'uscita per il raìs". La voce è stata poi confermata dall'emittente al Jazeera. Nel pomeriggio il portavoce del presidente dell'Uganda Yoweri Museveni ha espresso la propria disponibilità del suo Paese a ospitare Gheddafi in esilio (l'Uganda era uno dei Paesi già accreditati alla vigilia tra gli Stati "amici" del Raìs, insieme a Venezuela, Ciad e Zimbabwe). La Francia, ha dichiarato il capo della diplomazia dell'Elise, Alain Juppé, è invece pronta a discutere con gli alleati un aiuto militare per i ribelli libici. David Cameron si è detto d'accordo con questa possibilità, anche se nulla è stato deciso. Per il momento, dunque, Parigi non si vuole discostare da quanto previsto dalla risoluzione 1973 dell'Onu, e ha sottolineato come ogni iniziativa debba essere decisa di comune accordo con i partner che partecipano alla missione Odissey at Dawn in Libia.
30/03/2011
«Quel Gheddafi è un mascalzone
e bisognava pur fermarlo...»
Compleanno di Ingrao. Con tutto il rispetto per una vita ben altrimenti straordinaria, è un po’ come se fosse anche il nostro. E infatti, per questo suo novantaseiesimo anno, siamo di nuovo da lui a festeggiare, e a «ragionare». Assieme. La marionetta di Charlot è sempre là, con gli Omiccioli, i Vespignani, i disegni di Guttuso, le foto, i piccoli cimeli. E quella morbida luce meridiana, fattasi vespertina, che di solito accompagna i nostri incontri. Preliminari. Pietro compare inatteso, lieve. Mentre il nipote, Giovanni Lombardo Radice, ci racconta che a tennis Ingrao perdeva spesso con suo padre Lucio Lombardo Radice.... E noi scherzando glielo ripetiamo... «Mica vero - dice Pietro, materializzatosi d’incanto in soggiorno - Vincevo io! E poi che fai? Arrivi e mi prendi subito in giro? ». «No, Pietro - replichiamo - lo so che eri bravo e che invece con Aldo Natoli vincevi tu...». «No, Natoli era forte, con lui perdevo...».
E allora cominciamola anche noi questa partita-intervista. A tratti ostica. Con Ingrao che gioca di rimessa e non di rado contrattacca disarmante, mettendoti in imbarazzo: «Ma perché mi fai questa domanda? Mi sembra un po’ ovvia...». E noi a cercare un’altra strada, forzando il ritmo dei suoi dubbi. Chiacchierata fatta di tre «games: la guerra, l’idea di patria e la sinistra. Quanto al primo punto, Ingrao ci «spiazza» subito: non è affatto un pacifista radicale e assoluto. Come tanti lo descrivono. E dice: «certo la guerra è sempre un male, e tutto il miosecolo è statoun secolo di guerra. Amela pace non è stata consentita, benché la agognassi. Ora esplode l’Africa, e io sono contro le soluzioni belliche, però...». Però... Pietro? «Se sei costretto danemici feroci e infami, allora combatti. Ci sono guerre e guerre, e io ho combattuto contro il nazifascismo...». Scusami Pietro, se insisto: si può consentire interventi umanitari a difesa degli inermi, fuori di casa tua? «Guarda, non sono mai stato a guardare, ma voglio capire, ogni volta, di che si tratta. Personalmente ho sempre agito da resistente e da cospiratore. Mi chiedi della Libia, no? E ti rispondo: era giusto intervenire, nonsipuòrestare indifferenti. E questo è stato sempre il mio atteggiamento, fin dal 1936 anno della mia presa di coscienza antifranchista e antifascista. Perciò non dico “no alla guerra sempre”. Anche se si tratta di vedere, di volta in volta, se sia giusto intervenire, oppure no». Tuttavia caro Pietro, questa guerra, e di bel nuovo, divide la sinistra, e pure la destra al governo. Sicché, non ci vuole almeno un criterio generale, per dirimere il dilemma «intervento/ non intervento»? E poi, all’estrema sinistra, c’è chicomeGino Strada dissente comunque dall’intervento autorizzato dall’Onu in Libia... Insomma tu che dici? «Dico che tu sai bene quello che è stata la mia vita, e che sta lì il mio criterio di scelta. Ora è difficile parlare della guerra in astratto, “guerra giusta o non giusta”... ma se mi chiedi di Gheddafi, posso dirti: èunmascalzone.E perciòun modo per far fronte a uno come lui lo si doveva pur trovare. Con tutti i dubbi sui rischi imperiali euroccidentali che un intervento del genere può implicare in quell’area». Cambiamo argomento: la patria. Ingrao, la destra suole dire oggi alla sinistra: “siamo noi che vi abbiamo convertito alla patria e al tricolore”! Ma fa rabbia, non credi? «È totalmente falso! In Italia la guerra al nazifascismo è stata anche una guerra patriottica, vissuta, anche dal Pci, con un legame profondo con la nostra patria. Scusa, e metti nomee cognome:machi dice il contrario? ». Elenco lungo, caro Pietro: Vespa, La Russa, Ostellino, Della Loggia...«Non mi irrita più di tanto, sentire certe cose, sono posizioni diverse dalle nostre, ristrette. E i nomi che fai non mi impressionano granché...Permecerte cose sono assodate. In Europa e in Asia si sono condotte nel 900grandi lotte nazionali, gigantesche lotte di emancipazione sociali e nazionali. Se poi mi chiedi del Pci e della sua funzione nazionale, certe accuse ce le facevano i fascisti, e sono state confutate dal ruolo del Pci nella Resistenza. Nonché da ciò che i comunisti hanno fatto nel dopoguerra in Italia. Io poi lamia risposta a riguardo, materialmente, l’ho data nei fatti...».
L’OPPOSIZIONE
... E infine terzo «game»: la sinistra, l’opposizione. Prima di tutto, Ingrao, comepercepisci quest’opposizione e il Pd? Confusa, divisa, ancora imbambolata, o che altro? «Troppo frantumata, nel suo insieme. Laddove invece si dovrebbe operare per compattarla. E te lo dico così: si dovrebbe lavorare per costruire un soggetto collettivo. Un’azione collettiva fatta di diversi attori in campo. Uniti, per dare forma e carattere a una linea condivisa. Cosicché, se scoppia un conflitto in Africa, ci sia un soggetto italiano e magari europeo, che sappia intervenire in modo coerente, sullo scenario africano e internazionale. Èproprio quello che manca in un momento così drammatico...». Scusa Pietro, ma in molti si chiedono: comemai, malgrado la crisi di credibilità civile di questa destra, Berlusconi ancora tiene? E tiene, nonostante le divisioni del suo blocco... « Ti rispondo sempre allo stesso modo: siamo ancora divisi, persino nella lotta contro Berlusconi, e continuiamo a spaccarci anche nella quotidianità. Dobbiamo mettere insiemetutti i pezzi: sinistra, centrosinistra, antiberlusconiani e via di seguito ». Però scusa, un conto è la sinistra - e non tutto ilPd si definirebbe tale - altro è l’opposizione nel suo insieme, che include anche il centro. Che tipo di alleanza vedi tu? «Prima di tutto, io dico, uniamo la sinistra, il soggetto potenziale. E insieme, anche quelle forze centriste che possono essere coinvolte in un processo di resistenza al berlusconismo. Bersani, Vendola e gli altri più a sinistra, da soli non possono farcela...».
UNA SINISTRA DI MASSA
Restiamo alla sinistra in quanto tale: di che è fatta la «tua» sinistra? È ancora possibileunasinistra di massa, coesa, con una sua identità sociale riconoscibile? «Torno a dirtelo: si può costruire in Italia un unico soggetto collettivo, di massa, fatto di posizioni più moderate o più radicali. O almeno lo spero, e per quanto posso ci lavoro anche, con quello che faccio e che scrivo». Molti però, a cominciare da settori del Pd,nonpensano che sia più possibile questa «sinistra di massa», espressione del riscatto degli sfruttati e dei senza potere. Una sinistra del lavoro e della sua liberazione. Tu cosa replichi? «E lo chiedi proprio a me? Io dico: ricominciamo! Ma da un soggetto collettivo che torni a spingere avanti tutto il quadro politico. Non basta lamentarsi e non basta indignarsi, come ho titolato il mio ultimo libro...». Èil controtitolo di unlibro di successo francese, Indignatevi! Ma tu che intendi? Ce l’hai col moralismo antipolitico? «Voglio dire che costruire un attore politico è ben diverso dal puro indignarsi. E che per combattere l’avversario, quell’attore ci vuole!Nonsolo per combatterlo, ma per dividerlo. Per dividere il suo blocco sociale, e costruirne uno proprio, vincente».
E allora cominciamola anche noi questa partita-intervista. A tratti ostica. Con Ingrao che gioca di rimessa e non di rado contrattacca disarmante, mettendoti in imbarazzo: «Ma perché mi fai questa domanda? Mi sembra un po’ ovvia...». E noi a cercare un’altra strada, forzando il ritmo dei suoi dubbi. Chiacchierata fatta di tre «games: la guerra, l’idea di patria e la sinistra. Quanto al primo punto, Ingrao ci «spiazza» subito: non è affatto un pacifista radicale e assoluto. Come tanti lo descrivono. E dice: «certo la guerra è sempre un male, e tutto il miosecolo è statoun secolo di guerra. Amela pace non è stata consentita, benché la agognassi. Ora esplode l’Africa, e io sono contro le soluzioni belliche, però...». Però... Pietro? «Se sei costretto danemici feroci e infami, allora combatti. Ci sono guerre e guerre, e io ho combattuto contro il nazifascismo...». Scusami Pietro, se insisto: si può consentire interventi umanitari a difesa degli inermi, fuori di casa tua? «Guarda, non sono mai stato a guardare, ma voglio capire, ogni volta, di che si tratta. Personalmente ho sempre agito da resistente e da cospiratore. Mi chiedi della Libia, no? E ti rispondo: era giusto intervenire, nonsipuòrestare indifferenti. E questo è stato sempre il mio atteggiamento, fin dal 1936 anno della mia presa di coscienza antifranchista e antifascista. Perciò non dico “no alla guerra sempre”. Anche se si tratta di vedere, di volta in volta, se sia giusto intervenire, oppure no». Tuttavia caro Pietro, questa guerra, e di bel nuovo, divide la sinistra, e pure la destra al governo. Sicché, non ci vuole almeno un criterio generale, per dirimere il dilemma «intervento/ non intervento»? E poi, all’estrema sinistra, c’è chicomeGino Strada dissente comunque dall’intervento autorizzato dall’Onu in Libia... Insomma tu che dici? «Dico che tu sai bene quello che è stata la mia vita, e che sta lì il mio criterio di scelta. Ora è difficile parlare della guerra in astratto, “guerra giusta o non giusta”... ma se mi chiedi di Gheddafi, posso dirti: èunmascalzone.E perciòun modo per far fronte a uno come lui lo si doveva pur trovare. Con tutti i dubbi sui rischi imperiali euroccidentali che un intervento del genere può implicare in quell’area». Cambiamo argomento: la patria. Ingrao, la destra suole dire oggi alla sinistra: “siamo noi che vi abbiamo convertito alla patria e al tricolore”! Ma fa rabbia, non credi? «È totalmente falso! In Italia la guerra al nazifascismo è stata anche una guerra patriottica, vissuta, anche dal Pci, con un legame profondo con la nostra patria. Scusa, e metti nomee cognome:machi dice il contrario? ». Elenco lungo, caro Pietro: Vespa, La Russa, Ostellino, Della Loggia...«Non mi irrita più di tanto, sentire certe cose, sono posizioni diverse dalle nostre, ristrette. E i nomi che fai non mi impressionano granché...Permecerte cose sono assodate. In Europa e in Asia si sono condotte nel 900grandi lotte nazionali, gigantesche lotte di emancipazione sociali e nazionali. Se poi mi chiedi del Pci e della sua funzione nazionale, certe accuse ce le facevano i fascisti, e sono state confutate dal ruolo del Pci nella Resistenza. Nonché da ciò che i comunisti hanno fatto nel dopoguerra in Italia. Io poi lamia risposta a riguardo, materialmente, l’ho data nei fatti...».
L’OPPOSIZIONE
... E infine terzo «game»: la sinistra, l’opposizione. Prima di tutto, Ingrao, comepercepisci quest’opposizione e il Pd? Confusa, divisa, ancora imbambolata, o che altro? «Troppo frantumata, nel suo insieme. Laddove invece si dovrebbe operare per compattarla. E te lo dico così: si dovrebbe lavorare per costruire un soggetto collettivo. Un’azione collettiva fatta di diversi attori in campo. Uniti, per dare forma e carattere a una linea condivisa. Cosicché, se scoppia un conflitto in Africa, ci sia un soggetto italiano e magari europeo, che sappia intervenire in modo coerente, sullo scenario africano e internazionale. Èproprio quello che manca in un momento così drammatico...». Scusa Pietro, ma in molti si chiedono: comemai, malgrado la crisi di credibilità civile di questa destra, Berlusconi ancora tiene? E tiene, nonostante le divisioni del suo blocco... « Ti rispondo sempre allo stesso modo: siamo ancora divisi, persino nella lotta contro Berlusconi, e continuiamo a spaccarci anche nella quotidianità. Dobbiamo mettere insiemetutti i pezzi: sinistra, centrosinistra, antiberlusconiani e via di seguito ». Però scusa, un conto è la sinistra - e non tutto ilPd si definirebbe tale - altro è l’opposizione nel suo insieme, che include anche il centro. Che tipo di alleanza vedi tu? «Prima di tutto, io dico, uniamo la sinistra, il soggetto potenziale. E insieme, anche quelle forze centriste che possono essere coinvolte in un processo di resistenza al berlusconismo. Bersani, Vendola e gli altri più a sinistra, da soli non possono farcela...».
UNA SINISTRA DI MASSA
Restiamo alla sinistra in quanto tale: di che è fatta la «tua» sinistra? È ancora possibileunasinistra di massa, coesa, con una sua identità sociale riconoscibile? «Torno a dirtelo: si può costruire in Italia un unico soggetto collettivo, di massa, fatto di posizioni più moderate o più radicali. O almeno lo spero, e per quanto posso ci lavoro anche, con quello che faccio e che scrivo». Molti però, a cominciare da settori del Pd,nonpensano che sia più possibile questa «sinistra di massa», espressione del riscatto degli sfruttati e dei senza potere. Una sinistra del lavoro e della sua liberazione. Tu cosa replichi? «E lo chiedi proprio a me? Io dico: ricominciamo! Ma da un soggetto collettivo che torni a spingere avanti tutto il quadro politico. Non basta lamentarsi e non basta indignarsi, come ho titolato il mio ultimo libro...». Èil controtitolo di unlibro di successo francese, Indignatevi! Ma tu che intendi? Ce l’hai col moralismo antipolitico? «Voglio dire che costruire un attore politico è ben diverso dal puro indignarsi. E che per combattere l’avversario, quell’attore ci vuole!Nonsolo per combatterlo, ma per dividerlo. Per dividere il suo blocco sociale, e costruirne uno proprio, vincente».
30 marzo 2011
La Francia bombarda Gheddafi
e fa shopping di lusso in Italia
29/03/2011
e fa shopping di lusso in Italia
29/03/2011
Saverio Mercadante
E’ rimasto solo il rugby in questi ultimi mesi a tener su un certo orgoglio italiano nei confronti dei cugini francesi: sono stati sconfitti allo stadio Flaminio di Roma per la prima volta un paio di settimane fa. Mentre Sarkozy cerca di rimediare alla figuraccia fatta in Tunisia e al calo di consensi verticale in patria cercando di prendere in mano la catena di comando della forza d’attacco internazionale a Gheddafi, l’imprenditoria francese da qualche tempo viene in Italia a fare un disinvolto shopping delle bellezze bancarie e industriali della penisola. L’elenco è ormai talmente lungo che Tremonti sta pensando di inventarsi una legge che tuteli i gioielli dell’economia italiana.
L’elenco delle operazioni che sono andate a buon fine o sono state avviate dai gruppi d’’Oltralpe è ormai indigeribile e tocca i settori più disparati dell’economia italiana. Le banche innanzitutto: Bnp Paribas ha acquisito la Bnl, il Crèdit Agricole controlla Cariparma e Friuladria ed è socio importante in Intesa, le assicurazioni Axa hanno una partnership in Monte dei Paschi. Moda e lusso, da sempre “tesoretto” dell’economia italiana che proprio con i galletti francesi si spartisce la leadership internazionale, è un altro settore dove i gruppi francesi hanno fatto man bassa. Il gruppo di François Pinault si è impossessato di marchi storici come Gucci e Bottega Veneta. Lvmh di Bernard di Arnault, dopo essersi impadronito di Fendi, ha da qualche settimana rilevato Bulgari, il quale si è lamentato di non aver trovato partnership italiane. Ma altre acquisizioni fanno gola agli sciovinisti francesi.
Le difficoltà finanziarie del gruppo Ligresti, infatti, hanno attizzato l’ingordigia del gigante Groupama: ha intenzione di intervenire in Premafin con l’obiettivo di puntare alla controllata Fondiaria-Sai. Ma la Consob ha imposto una OPA e l’affare è saltato. Ma con quest’aria generalizzata di facili acquisti in Italia non è detto che i francesi non ci riprovino.
In campo energetico c’è la questione del riassetto azionario di Edison: il colosso pubblico Edf non nasconde la sua voglia di accrescere il controllo della società a scapito delle aziende municipalizzate di Brescia e Milano.
Altra presenza francese di spessore è quella di Vincent Bollorè in due imprese strategiche del potere economico come Generali e Mediobanca. Per non parlare delle sorti di Alitalia: tutti pensano che prima o poi Colannino e soci si toglieranno di mezzo e a Air France uscita dalla porta in nome della difesa dell’italianità della compagnia di bandiera rientrerà dalla finestra. Ancora: il nucleare. Semmai l’Italia avvierà un’iniziativa vera in questo settore, per ora l’Agenzia nucleare italiana presieduta da Umberto Veronesi non ha neppure una sede, il riferimento obbligato sarà la consolidata esperienza transalpina: 56 centrali nucleari oltre confine. Last but not least, la Parmalat. Mossa a sorpresa di Lactalis per conquistare Parmalat. La multinazionale francese del latte e dei formaggi ha comunicato nei giorni scorsi di detenere nel capitale del gruppo di Collecchio una partecipazione dell’11,4%. Un annuncio che ha fatto saltare sulla sedia il governo italiano, arrivato poco dopo che il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, si era detto “molto favorevole” all’ipotesi di una cordata italiana per Parmalat intorno a Intesa Sanpaolo. Mentre andiamo in stampa arriva la notizia che il gruppo Lactalis ha raggiunto un accordo con i fondi Zenit asset management, Skagen e Mackenzie Financial corporation per l’acquisto di tutte le azioni ordinarie di Parmalat da essi detenuti, pari al 15,3% della società. A seguito dell’operazione il colosso francese, si legge in una nota di Lactalis, deterrà una partecipazione diretta e potenziale che sommate tra loro rappresenteranno circa il 29% del capitale di Parmalat. La Ferrero in questi giorni si è dichiarata pronta a scendere in campo per Parmalat. Se ci saranno le condizioni. All’indomani del blitz francese nel capitale dell’azienda di Collecchio, l’interesse del gruppo della Nutella determinante per il controllo dell’azienda alimentare. ma bisogna far presto.
L’elenco delle operazioni che sono andate a buon fine o sono state avviate dai gruppi d’’Oltralpe è ormai indigeribile e tocca i settori più disparati dell’economia italiana. Le banche innanzitutto: Bnp Paribas ha acquisito la Bnl, il Crèdit Agricole controlla Cariparma e Friuladria ed è socio importante in Intesa, le assicurazioni Axa hanno una partnership in Monte dei Paschi. Moda e lusso, da sempre “tesoretto” dell’economia italiana che proprio con i galletti francesi si spartisce la leadership internazionale, è un altro settore dove i gruppi francesi hanno fatto man bassa. Il gruppo di François Pinault si è impossessato di marchi storici come Gucci e Bottega Veneta. Lvmh di Bernard di Arnault, dopo essersi impadronito di Fendi, ha da qualche settimana rilevato Bulgari, il quale si è lamentato di non aver trovato partnership italiane. Ma altre acquisizioni fanno gola agli sciovinisti francesi.
Le difficoltà finanziarie del gruppo Ligresti, infatti, hanno attizzato l’ingordigia del gigante Groupama: ha intenzione di intervenire in Premafin con l’obiettivo di puntare alla controllata Fondiaria-Sai. Ma la Consob ha imposto una OPA e l’affare è saltato. Ma con quest’aria generalizzata di facili acquisti in Italia non è detto che i francesi non ci riprovino.
In campo energetico c’è la questione del riassetto azionario di Edison: il colosso pubblico Edf non nasconde la sua voglia di accrescere il controllo della società a scapito delle aziende municipalizzate di Brescia e Milano.
Altra presenza francese di spessore è quella di Vincent Bollorè in due imprese strategiche del potere economico come Generali e Mediobanca. Per non parlare delle sorti di Alitalia: tutti pensano che prima o poi Colannino e soci si toglieranno di mezzo e a Air France uscita dalla porta in nome della difesa dell’italianità della compagnia di bandiera rientrerà dalla finestra. Ancora: il nucleare. Semmai l’Italia avvierà un’iniziativa vera in questo settore, per ora l’Agenzia nucleare italiana presieduta da Umberto Veronesi non ha neppure una sede, il riferimento obbligato sarà la consolidata esperienza transalpina: 56 centrali nucleari oltre confine. Last but not least, la Parmalat. Mossa a sorpresa di Lactalis per conquistare Parmalat. La multinazionale francese del latte e dei formaggi ha comunicato nei giorni scorsi di detenere nel capitale del gruppo di Collecchio una partecipazione dell’11,4%. Un annuncio che ha fatto saltare sulla sedia il governo italiano, arrivato poco dopo che il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, si era detto “molto favorevole” all’ipotesi di una cordata italiana per Parmalat intorno a Intesa Sanpaolo. Mentre andiamo in stampa arriva la notizia che il gruppo Lactalis ha raggiunto un accordo con i fondi Zenit asset management, Skagen e Mackenzie Financial corporation per l’acquisto di tutte le azioni ordinarie di Parmalat da essi detenuti, pari al 15,3% della società. A seguito dell’operazione il colosso francese, si legge in una nota di Lactalis, deterrà una partecipazione diretta e potenziale che sommate tra loro rappresenteranno circa il 29% del capitale di Parmalat. La Ferrero in questi giorni si è dichiarata pronta a scendere in campo per Parmalat. Se ci saranno le condizioni. All’indomani del blitz francese nel capitale dell’azienda di Collecchio, l’interesse del gruppo della Nutella determinante per il controllo dell’azienda alimentare. ma bisogna far presto.
Libia, il destino di Gheddafi tra ipotesi di esilio e armi agli insorti
(IAMM) Esilio per Muammar Gheddafi? E' troppo presto per dirlo, ma l'ipotesi è stata avanzata ieri nel corso del vertice di Londra del "Gruppo di contatto" sulla Libia. Mentre Francia e Gran Bretagna propongono l'idea di armare gli insorti, il presidente Usa Barack Obama alla Nbc prova a rassicurare il suo Paese: "Gheddafi ormai ha i giorni contati, il cappio si sta stringendo". Il capo della Casa Bianca sostiene inoltre che il Rais "lascerà il potere". Tuttavia è necessario valutare "ciò che faranno le forze di Gheddafi" per sondare "quale capacità è rimasta all'esercito libico".
Che l'imperativo categorico fosse allontanare Muammar Gheddafi dalla Libia e spingerlo all'isolamento era già chiaro. Ieri nel corso del summit londinese la strategia sembrava convergere su un punto fondametale, ben riassunto dalle parole segretario di Stato americano Hillary Clinton quando ha assicurato che le operazioni militari in Libia non cesseranno finchè il colonnello "non avrà rispettato la risoluzione dell'Onu".
Libia, ribelli si ritirano ad est dopo bombardamenti
UQAYLA, Libia (Reuters) - I ribelli libici sono stati costretti a ritirarsi da alcune città della Libia orientale dopo i pesanti bombardamenti delle forze di Muammar Gheddafi, mettendo in mostra la loro debolezza senza il supporto dei raid aerei occidentali.
Il rapido cambio di rotta è arrivato due giorni dopo che i ribelli sono avanzati lungo la costa a caccia dell'esercito del rais, con l'artiglieria e i carri armati delle truppe di Gheddafi demoliti da cinque giorni di bombardamenti aerei ad Ajdabiyah.
Le forze del leader libico hanno prima teso un'imboscata ad un convoglio di pick up ribelli fuori da Sirte, città natale del "fratello leader", poi hanno sconfitto i rivoltosi nel deserto, una manovra che richiede la disciplina che manca completamente nelle forze ribelli.
Le città di Nawfaliyah, Bin Jawad e Ras Lanuf sono cadute in rapida successione sotto i colpi della controffensiva delle forze governative.
I ribelli hanno detto che le forze di Gheddafi, che hanno invaso anche Es Sider, si sono dirette verso Brega.
Un giornalista Reuters ha visto molti ribelli su pick up e altri veicoli ritirarsi precipitosamente da Brega verso Ajdabiyah.
"Stiamo andando ad Ajdabiyah", ha detto Mohamed al-Abreigi, uno dei ribelli. "Ci riorganizzeremo lì e, Dio volendo, torneremo a Brega oggi".
Nel corso dell'offensiva, l'artiglieria e i carri armati del rais hanno bombardato pesantemente alcune città, costringendo i ribelli ad una rapida ritirata. La tattica sembra aver sortito l'effetto sperato a Ras Lanuf, centro petrolifero a 375 chilometri ad est di Tripoli.
"Gheddafi ci ha colpito con dei missili. E' entrato a Ras Lanuf", ha detto a Reuters il ribelle Faraj Muftah dopo essersi ritirato dalla città. "Eravamo all'ingresso occidentale della città e siamo stati bombardati", ha detto Hisham, un altro dei rivoltosi.
Un giornalista Reuters ha visto una serie di pick up 4x4 dei ribelli dirigersi verso est, fuori da Ras Lanuf.
Senza l'aiuto dei raid aerei occidentali, i ribelli non sembrano in condizione di avanzare ma nemmeno di mantenere le proprie posizioni.
Dopo che i rivoltosi si sono ritirati da Ras Lanuf, un giornalista Reuters ha sentito aerei da guerra sorvolare la città, anche se non è chiaro se il rumore sentito fosse solo quello degli aerei o quello di bombe lanciate.
Ma Ahmed, combattente ribelle di ritorno da Ras Lanuf, ha detto a Reuters: "Gli aerei francesi sono arrivati e hanno bombardato le forze di Gheddafi".
La Francia è stata la prima nazione della coalizione ad annunciare raid aerei in Libia e per questo i ribelli spesso attribuiscono i raid ad aerei francesi.
In una conferenza di 40 governi ed enti internazionali si è raggiunto un accordo che prevede di continuare con i bombardamenti aerei finché Gheddafi non accetti la risoluzione Onu e ponga fine alle violenze sui civili.
Il Pentagono ha detto ieri che, nelle precedenti 24 ore, sono stati portati a termine 115 raid aerei contro le forze di Gheddafi e sparati 22 missili cruise Tomahawk.
Berlusconi:così l’Italia si cala le braghe difronte al mondo
Post di Chantal Cresta data: marzo - 30 - 2011
Roma – Appello a tutti gli antiberlusconiani doc: dove siete? Dove sono i cartelli, gli slogan, i cortei? Non erano le sinistre a volere le dimissioni del Cav.? Ebbene, per come il premier sta gestendo l’emergenza Lampedusa, quella immigrati e i rapporti con la Nato e l’Europa sul caso Libia, ce ne sarebbe abbastanza per cui agitarsi (a ragione) nel prossimo ventennio.
Lampedusa – Questa bellezza nel Mediterraneo è stata lasciata a se stessa. I suoi cittadini abbandonati e sequestrati a casa loro da orde di clandestini (questo sono i tunisini) molti dei quali avvezzi per necessità o abitudine a furti e rapine. D’altronde, gli immigrati non se la passano meglio: più di 6.000 persone senza riparo, ristoro e ora anche senza cibo. Gli aiuti tardano ad arrivare e attualmente vi sono 2.000 migrati a stomaco vuoto. C’è da chiedersi cosa faranno quando la fame li farà diventare aggressivi contro i lampedusani già sull’orlo di una crisi di nervi. Oggi arrivano le famose 6 navi della San Marco per lo sgombro dell’isola ma la domanda è inevitabile: era necessario arrivare all’esasperazione di tutti?
Il Governo non si è visto catapultare sulle coste la nuova Babele senza preavviso. Lo sapeva. Cosa aspettava a prendere provvedimenti più rigorosi? A mattersi in contatto prima con Tunisi per bloccare gli sbarchi? A minacciare prima il rimpatrio forzoso di tutti i migrati non aventi diritto d’asilo? L’aiuto della UE? Questa barzalletta di Unione che impone le dimensioni dei broccolletti e poi se ne frega delle emergenze umanitarie a meno che non siano le libanesi annaffiate di petrolio?
O magari Berlusconi aspettava la collaborazione del presiendete francese Nicholas Sarkozy. Questo furbetto dell’Eliseo che ha passato anni a bacchettarci – ditino moralista puntato compreso – sugli obblighi dell’accoglienza e poi chiude le frontiere al confine con Ventimiglia. In Francia non solo non si passa ma chi viene pescato senza documenti è rispedito subito al confine italiano. Senza cibo, acqua e anche a piedi se necessario. Bella accoglienza!
Nato – Non che la Comunità Internazionale ci prenda più sulserio. Due giorni fa siamo stati esclusi da una videoconferenza dei Paesi Membri alla vigilia del summit di Londra. C’erano le nazioni permanenti alla Sicurezza: USA, Inghilterra e Francia. E quella temporanea, Germania. Nulla di strano che l’Italia non partecipi se fossimo in tempi d’equilibrio internazionale. Ma oggi siamo in guerra contro la Libia di Gheddafi. L’Italia ha ricevuto il comando del controllo navale e non poteva mancare ad un incontro del genere. Tanto più che si trattava di convincere la riluttante Angela Merkel a portare la Germania, astenutasi dalla guerra, ad unirsi agli alleati. Una convincimento per cui il ministro degli Esteri, Franco Frattini, lavora da giorni nella speranza di attuare un asse italo-tedesco al fine di far prevalere la linea della diplomazia contro il raìs e consentire al nostro paese di avere un ruolo essenziale in Europa. Poi è arrivato Sarkò.
Questo Mandrillone dall’erre moscia, battutto alla grande nelle recenti amministrative di casa (l’Ump ha fatturato meno del 19% dei voti), ha una enorme urgenza di lustrarsi l’immagine politica. Per fare ciò, è convinto che nulla sia meglio che avviare una guerra, prenderne il controllo, sconfiggere Gheddafi a suon di cannonate e ritornare in patria (senza clandestini) come il novello eroe dei 2 mondi alla flambé. Magari ha ragione, fatto sta che a Londra è passata la linea dell’intervento attivo, ossia bombardare il Colonnello finchè non cede. Quindi niente dialogo. Qunidi l’Italia, che aveva una posizione di vantaggio nella vicenda in virtù dei suoi ex rapporti d’amicizia con il dittatore, non serve più o quasi. Insomma, siamo quasi fuori. L’unico piedino che ci è rimasto è quello di Frattini delegato ad agevolare sottobanco il dialogo tra ribelli e regime. Senza fare troppo rumore, però, perché la grandeur deve essere tutta per il Pollo francese.
Nuova domanda: perché il Berlusca non dice una parola? Perché non ha messo le palle sul tavolo e non ha imposto le regole del proprio gioco? Primo: se voi ci escludete noi ritiriamo la nostra base operativa a Napoli. Arrangiatevi. Secondo: se il Trombone francese non scende a compromessi sulla questione immigrati e non convince la UE a fare lo stesso, noi recuperiamo tutti gli sbarcati, arrivati con lo scopo di approdare in Francia e Germania e ve li scarichiamo alle porte di casa. E dopo averli rifocillati ricordiamo loro che – secondo accordi europei – chi ha parenti in uno Stato dell’Unione ha il diritto di chiedere il ricongiungimento. Allora vedremmo chi esclude chi.
Ma… – Ma Berlusconi non è in grado di fare nessuna di queste cose. Non è in grando di fare la voce grossa e tanto meno di essere credibile di fronte ad una Francia che ci sfida ogni giorno ed una Europa che ci sbertuccia nell’anniversario dei nostri 150 anni. E la sinistra non è migliore, presa com’è dalla sua solita afasia. Nulla sa dire e tanto meno fa. Neppure un gazebo di raccolta firme. Santo Cielo, se non ora quando?! … Ma che vadano tutti Fora Da’i Ball!
Chantal Cresta
Leggere per credere
Libro bianco sul Tg1 di Minzolini. 2011, il declino
Documento-denuncia del Comitato di redazione del maggior tg italiano
Il TG1 secondo Minzolini. Libro bianco sul Tg1 da giugno 2009 a marzo 2011 a cura del comitato di redazione (Claudio Pistola, Alessandro Gaeta, Alessandra Mancuso in carica dal 30 giugno 2009 al 23 marzo 2011). Il 9 giugno 2009 Minzolini si insedia al Tg1. Polemiche da subito. Telegiornale militante al servizio del governo e di Berlusconi personalmente. Polemiche pubbliche. Azione sindacale e ritorsioni contro chi protesta. Cali d'ascolto inarrestabili mentre lo scandalo delle note spesa dei direttore, 86 mila euro per “rappresentanza” scatenano la Corte dei Conti e la Procura di Roma. Querelato dal consigliere di amministrazione Nino Rizzo Nervo, Minzolini ha accanto solo Masi. Tiziana Ferrario vince una nuova causa. Ormai si discute del quando il dopo Minzolini.
Gennaio 2011
3 gennaio – Nell’edizione delle 20 torna un cavallo di battaglia del Tg1( argomento che ha già avuto l’attenzione il 17, il 18, 19 e il 20 novembre): gli sprechi in Sicilia. L’unica regione nel mirino del Tg1 quando parla di sprechi.
4 gennaio - nel mirino del Tg1 ancora il governo Lombardo. Sprechi in Sicilia, altra puntata: “Non bastavano i quasi 50 mila dipendenti della sanità pubblica. Non bastavano i 20 mila lavoratori pubblici siciliani. E non bastava nemmeno la assunzione natalizia di quasi 23 mila precari….No perché era proprio necessario assumere altre 5000 persone…”.
5 gennaio - Per il servizio della sera precedente ha protestato l’assessore alla sanità Massimo Russo, ex magistrato. Così il Tg1 dà conto, solo formalmente, della sua protesta. Prima si ricorda dei “3200 ex detenuti alcolisti e soggetti svantaggiati di varia natura, che la regione ha appena deciso di assumere.
6 gennaio – Sempre sprechi in Sicilia. Parla anche l’assessore Massimo Russo che dice: riduzione di 5 mila unità di organico che ha permesso la stabilizzazione a copertura dell’organico. Alla notizia del giorno, le parole del procuratore antimafia Grasso sull’omicidio Mattarella, si guadagna solo due righe per annunciare, a grande richiesta, il ritorno della rubrica 41 bis. Dal 15 novembre nei quattro mesi che seguono sul 41 bis saranno fatti oltre 40 servizi. Sempre per ricordare, con menzione ossessiva, che Ciampi era premier e Scalfaro Presidente della Repubblica
9 gennaio - Inizia lo storico referendum in Sud Sudan per la secessione. Il Tg1 lo ignora
Continua la campagna contro Lombardo. Ennesimo pezzo sugli sprechi in Sicilia in cui si dà conto persino del referendum pro o contro il governatore nella sede Pd di Caltagirone.
10 gennaio - Ancora sulla giunta Lombardo, per dare conto del referendum dei simpatizzanti Pd di Caltagirone contro l’appoggio alla giunta Lombardo
Alemanno scioglie la giunta. Nel pezzo si riporta la dichiarazione del sindaco di Roma («Si è conclusa una prima fase del governo comunale che ha ottenuto importanti . Nessun accenno agli scandali sulle parentopoli (assunzioni di amici e parenti) alle aziende municipalizzate
11 gennaio - Ancora due cavalli di battaglia il.caso Sicilia: “In Sicilia negli ultimi due anni la commissione antimafia ha raggiunto il numero legale solo tre volte”. E il 41 bis
12 gennaio - Vigilia di referendum alla Fiat: intervista a Sacconi. Intervista a Lombardo, anche se , a differenza delle interviste a ministri e politici, è una serie di risposte spezzettate condite a uso della tesi del Tg1
13 gennaio - Vigilia di referendum Fiat a Mirafiori: in studio Bonanni. Nuova puntata contro Lombardo.
14 gennaio - Berlusconi indagato per concussione e favoreggiamento di prostituzione minorile. E’ il terzo titolo e arriva dopo dieci minuti. Si apre con la Tunisia in rivolta. Servizio su Alemanno dal Papa e nuova puntata contro Lombardo: “Torniamo in Sicilia, perché anche la Corte dei Conti esprime perplessità sui recenti provvedimenti di assunzione della giunta Lombardo”. Ma ce n’è anche contro Bassolino: avviata un'inchiesta conoscitiva sugli sprechi della regione Campania durante la gestione Bassolino. Sulla scandalo parentopoli di Alemanno il silenzio.
14 gennaio - Alle 13.30 Debutta la Rubrica “ Media” per “fare le pulci” all’informazione. Di volta una clava che bastona Annozero, Repubblica, L’Unità, Il Fatto Quotidiano….
Comunicato del Comitato di redazione; Il cdr ha manifestato al direttore la preoccupazione dell'organismo di rappresentanza della redazione perché la rubrica - qualora non venissero tenuti ben distinti i confini tra informazione e polemiche a cui si dovrebbe sottrarre il servizio pubblico- rischia di schierare il Tg1 in uno sterile "braccio di ferro" a puntate con altri organi di informazione.
15 gennaio - Fiat vince il sì a Mirafiori. Nel pezzo si inizia con le reazioni di Marchionne. Cronaca ridotta al minimo. Poi intervista di Sacconi. Berlusconi indagato per prostituzione minorile, non è la ”spalla” ma il terzo argomento, dopo la Tunisia. Nel servizio si nasconde la notizia degli appartamenti in via Olgettina , di un immobiliare di Berlusconi, dati in comodato d’uso a 14 ragazze intervenute alle feste di Arcore, niente dell’interrogatorio della Minetti e delle sue amiche, niente dei tabulati telefonici. Ampio spazio invece alla difesa.
16 gennaio - Caso Ruby. Autodifesa con un video di Berlusconi. Il tg1 ne manda ampi stralci per una durata di 3 minuti e 16. Poi il pezzo di cronaca giudiziaria, come sempre solo la voce della difesa e l’intervista all’avvocato di Ruby, Di Noia.
17 gennaio - Si apre ancora con la Tunisia. Sul caso Ruby, nel giorno in cui il fascicolo arriva in Parlamento e tutti i siti sono già pieni di stralci di atti e intercettazioni, il Tg1 fa un servizio in cui parla dei tempi della risposta dei legali del premier sull’invito a comparire, sui tempi della Procura per inoltrare al gip la richiesta di giudizio immediato, sull’esame alla Camera della richiesta della Procura a procedere alle perquisizioni negli uffici del contabile di Berlusconi Giuseppe Spinelli.
18 gennaio – Muore un parà in Afghanistan. Il caso Ruby è di spalla con un servizio su Napolitano (“opinione pubblica turbata, fare chiarezza”). La posizione dura della Chiesa che si riassume in una notizia, ha il pregio di far pronunciare le cose col loro nome: “l'Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani sottolinea la gravita' delle accuse contro Silvio Berlusconi e considera sconvolgente l'ipotesi che un uomo al vertice delle istituzioni possa essere coinvolto in casi di prostituzione minorile.
Dopo il pezzo di cronaca un accostamento bizzarro: il caso Cederna/Leone
“Non e' la prima volta che un capo di governo o un capo di stato si trovi al centro di una bufera mediatica. ..Ripercorriamo la vicenda del Presidente Leone
19 gennaio - Apertura di Esteri sulla visita di Hu Jintao negli Usa. Subito dopo, nuovo videomessaggio di Berlusconi che contrattacca sul caso Ruby e come una furia annuncia: “Non andrò dai giudici”….violazione dei principi costituzionali, …violazioni gravissime…i pm calpestano le leggi per fini politici…nulla di cui vergognarmi, la verità vince sempre …nessun rapporto con Ruby…riforma della giustizia contro i pm politicizzati“.
21 gennaio 2011 - Si apre con l’appello di Napolitano all’equilibrio tra politica e magistratura, poi il servizio politico, l’inchiesta su Ruby che parla della lettera di sfratto alle 14 ragazze di via Olgettina e della escort Nadia Macrì, sentita dai pm. A seguire un servizio sulle “intercettazioni” eseguite : “Agli atti dell'inchiesta della Procura di Milano sul caso Ruby, 100mila conversazioni ed sms registrati. I costi delle intercettazioni”. Il Tg1 non specifica che i “bersagli” (9500 in sei mesi a Milano e debito di 73 milioni) sono “utenze” intercettate, non persone.
22 gennaio - Controffensiva di Berlusconi (sono spiato, non fuggo e non mi dimetto) e accusa un disegno eversivo di Fini. La replica di Fini non riceve lo spazio di un servizio, viene assorbita dal pastone politico. Liquidata in poche righe la notizia della polemica che contrappone Saviano (che a Genova dedica la laurea honoris causa ai magistrati di Milano Bocassini, Sangermano e Forno) a Marina Berlusconi alla quale “fa orrore” il gesto di Saviano.
23 gennaio - Anche Fini chiede le dimissioni di Berlusconi ma alle 20 si apre con Albania e Tunisia. Fini finisce nel pastone dell’opposizione. Niente sull’inchiesta Ruby ma pezzo sull’autodifesa di Fede intervistato dalla Annunziata.
Poche righe alla notizia del giorno, con la presidente di Confindustria Marcegaglia che dice che da sei mesi l’azione del governo non è sufficiente e che “esiste un’altra Italia che va a letto presto, si sveglia presto, produce e fa impresa”.
24 gennaio – Riportato correttamente dal vaticanista del Tg1 l’atteso ed equidistante intervento del cardinale Bagnasco che apre ad Ancona il Consiglio permanente della Cei.
L’inchiesta sul Rubygate: nel servizio, la Procura di Milano secondo cui la Macrì non è stata ad Arcore il 24 aprile – e dunque non ha incontrato Ruby - e la memoria difensiva raccolta dai legali del premier
Per le frivolezze: grande freddo negli Stati Uniti e le star che non funzionano in pubblicità
25 gennaio - Apertura sulla strage all’aeroporto di Mosca del giorno prima. Due servizi. Spalla sulla salma trafugata di Mike Buongiorno, tre pezzi. Poi il caso Ruby. Nel servizio politico c’è un accenno alle reazioni dopo la violenta sortita di Berlusconi alla trasmissione di ad Lerner senza ovviamente spiegare cosa abbia detto, né tanto meno far sentire i pezzi clou della scenata
Si passa alla cronaca con un servizio sulle carte che da Santa Lucia dimostrano che la casa di Montecarlo è di Giancarlo Tulliani, cognato di Fini.
26 gennaio - Si apre con la sentenza per via Poma, tre servizi. Poi si passa alla fiducia a Bondi, al federalismo e alla casa di Montecarlo con due servizi (in Procura a Roma sono arrivate le nuove carte di Santa Lucia e al Senato il Pdl presenta una interrogazione urgente). Ancora un servizio sul 41 bis e per le frivolezze: corso per buttafuori, volpi in città…
27 gennaio - Apertura con la giornata della memoria: Napolitano e Schifani. Poi la casa di Montecarlo che precede, ovviamente, il caso Ruby. Frattini riferisce in Senato, la casa è di Tulliani le carte di Santa Lucia sono autentiche e fanno chiarezza. Le opposizioni durante l’informativa di Frattini lasciano l’aula. Secondo servizio su Montecarlo per sentire l’ incaricato della ristrutturazione dell’appartamento. Finalmente il caso Ruby con la decisione della Giunta di rinviare gli atti alla Procura, con voto sulla mozione del Pdl . Quindi pezzo di cronaca in cui si accenna, senza spiegarne i contenuti, all’attacco del Giornale a Ilda Bocassini.
28 gennaio - Alle 13.30 Rubrica media attacca Annozero della sera prima che ha visto l’irruzione telefonica del Dg Masi, di cui nulla si è detto e si dice nel Tg: Fenomenologia di un processo mediatico” è l’incipit del servizio. Sotto accusa Annozero per l’intervista alla Macrì, della scorsa settimana. Alle 20 si apre con l’Egitto, diversi servizi, poi il verbo di Berlusconi con il videomessaggio del giorno: “Vado avanti e non ho nessun timore di farmi giudicare”. Apertura dell’anno giudiziario: parlano Lupo, primo presidente della Corte di Cassazione e il ministro Alfano. Niente sull’intervento di monsignor Crociata della Cei: “C’è una questione morale, ci riguarda tutti”
29 gennaio - Apertura sul Cairo con cinque servizi. Poi Berlusconi che telefona all’Adc di Pionati (”vado avanti, i numeri tengono”) in cui attacca il Terzo Polo e le reazioni politiche in unico pastone. Si apre l’anno giudiziario nei distretti delle Corti d’Appello, l’Anm legge un documento “Non ci facciamo intimidire, gli attacchi ai magistrati sono contro la Costituzione”.
30 gennaio - Anche stasera il nome di Ruby neanche si sussurra. Si apre con cinque servizi sull'Egitto, cronaca, politica e per l’alleggerimento: chi sceglie il pulman come mezzo di trasporto, scuole di sci per bambini, lo snowpark, il boom di passeggeri aerei… emo
31 gennaio - Si apre ancora con diversi pezzi sull’Egitto. Poi Berlusconi, con la proposta inviata dal premier al Corsera e due servizi di reazioni. Su Ruby, liquidata con poche righe lette dal conduttore la notizia che la Minetti è stata interrogata per tre ore dai magistrati
Comunicato del Cdr nella bacheca di redazione : Si è chiusa per il nostro telegiornale una settimana che dovrebbe indurci a una riflessione sulla qualità e sull’autorevolezza del Tg1: la media dei telespettatori sintonizzati sull’edizione delle 20 da lunedì 24 a domenica 30 è stata del 24,3 per cento. Venerdì abbiamo toccato il 22,83 per cento, uno dei risultati più negativi nella storia del Tg1. Anche ieri la media del Tg1 delle 20 è stato del 23.30. La questione riguarda tutti e il nostro futuro: ne vogliamo parlare?
Febbraio 2011
1 Febbraio – Al Tg1 delle 20 si parla di economia. Ma non dà la notizia del giorno, ovvero che i giovani disoccupati in Italia sono il 29%, nuovo record, e che dai dati fiscali risulta che è in perdita una società italiana su tre. Al contrario, il Tg1 fa da grancassa alla nuova strategia comunicativa del premier come antidoto al Rubygate, suggerita da Giuliano Ferrara, la “frustata all’economia” .
A Bruxelles Alfano rilancia il processo breve. Notizia liquidata in poche righe senza spiegare nè ricordare gli antefatti. Stesso trattamento per la notizia che, dopo l’irrituale audizione al Senato, Frattini è indagato per abuso d’ufficio. Su Ruby, solo una notizia per dire che non sarà necessario un secondo interrogatorio per la Minetti indagata per sfruttamento della prostituzione e che i pm preparano la richiesta di giudizio immediato per Berlusconi
2 febbraio – In apertura intervista a Berlusconi sui temi economici : Buonasera dal tg1. "Dobbiamo dare una forte scossa all'economia", in un'intervista al nostro telegiornale il premier puntualizza le iniziative che il governo si accinge a varare in materia economica. Più che un’intervista un videomessaggio, con non-domande che incorporano già la risposta e con Berlusconi che legge sul gobbo le risposte.
Comunicato del Comitato di redazione: Tre giorni fa abbiamo chiesto al direttore di spiegare come è stata realizzata l’intervista al Presidente del Consiglio. Siamo ancora in attesa di risposta e di fronte all’indisponibilità del direttore a riceverci, riproponiamo la domanda: è vero, come ci risulta, che il premier abbia usato il “gobbo”? Quello che solleviamo è un problema professionale di grande rilevanza perché l’uso del gobbo implica che domande e risposte siano scritte preventivamente. Insomma si è trattato di un' intervista o di un videomessaggio? Restiamo in attesa di un confronto con il direttore sull'argomento.
3 febbraio - Non si dà notizia del pentito Spatuzza che in aula, nel processo per la strage dei Georgofili chiede scusa ai parenti delle vittime e chiama in causa il premier. Per il terzo giorno c’è però un servizio sul caso Brigandì-Giornale, ribadendo che la cronista è stata fatta spogliare e omettendo la smentita della Procura sulla circostanza
Comunicato del Comitato di redazione: Da tempo il comitato di redazione del Tg1 lancia l’allarme per la perdita di credibilità che si ripercuote anche sugli ascolti. Ieri un’altra pagina da dimenticare: abbiamo fatto il 23,18 con un prodotto che si è contraddistinto per il carico di polemiche e di ironie su molti giornali, suscitato dall’intervista al presidente del consiglio, e per le tante omissioni: dai dati Istat sull’impoverimento delle famiglie italiane all’inchiesta sul caso Ruby che continuiamo a ignorare .
4 febbraio - Alle 13.30 nella rubrica Media lo sbertucciamento di un collega del Tg3, Pierluca Terzulli, che suscita un vespaio di polemiche (protestano Stampa Romana, la Stampa parlamentare, Usigrai, Fnsi, i cdr di Tg3 e Tg1, il direttore del Tg3 Berlinguer). La parte del servizio contestata: "L'intervista del tg1 al premier ha fatto rumore eppure non e' certo la prima volta di capo di governo in un tg della Rai". A quel punto viene lanciata la domanda del vicedirettore del Tg3, Terzulli a Prodi in un’intervista di tre anni prima: "si puo' dire che volete passare dalla fase dei sacrifici a quella dell'abbassamento delle tasse?". E Prodi risponde: "si', mi sembra una sintesi giusta".
Il Comitato di redazione del Tg1 esprime solidarietà al collega Terzulli e si scusa con lui “a nome di tutti i giornalisti del Tg1 che non si riconoscono nell’uso improprio che il direttore fa del nostro giornale per attacchi e campagne che nulla hanno a che fare col servizio pubblico. Avevamo già messo in guardia dall’anomalia di una rubrica che commina bacchettate a destra e a manca .
5 febbraio – Dopo Berlusconi e l’assemblea del Pd , un pastone politico dove finiscono sia Fini a Bologna con i giovani di Generazione Italia che i diecimila riuniti da Libertà e Giustizia al Palasharp con Saviano. L’effetto è sempre quello del “panino” con le dichiarazioni a chiudere di Cicchitto e Gasparri che parlano di “nuova piazzale Loreto”. Terremoto per le dichiarazioni di Marchionne che annuncia lo spostamento a Detroit del centro direzionale Fiat. Marchionne poi smentisce ma i dubbi restano tutti. La scelta è una notizia liquidata in poche righe
7 febbraio – La pagina politica apre con gli scontri ad Arcore il giorno prima mentre tutti i siti aprono sulle minacce della Lega di voto anticipato. Notizia che dopo una dichiarazione di Ostellino sempre sugli scontri ad Arcore, e un servizio sulle polemiche sul processo breve, viene data con poche righe dal conduttore annacquando la frase di Calderoni che aveva detto “O cambiano le Commissioni o si stacca la spina”:
C’è un servizio sul Rubygate. Solo un cenno su “una seconda minorenne” (“sarebbero in corso accertamenti su una seconda minorenne”): si sa che la brasiliana Iris ha passato ad Arcore la notte prima dell’aggressione del premier a piazza Duomo. Sull’inchiesta, zero come sempre
8 febbraio - La Procura di Milano chiederà l’indomani il rito immediato per Berlusconi per entrambi i reati: concussione e prostituzione minorile. Alle 20 la notizia arriva a metà giornale.
Ancora un servizio sulla “frustata all’economia” di Berlusconi mentre si tace la polemica tra Calderoli che non vuole la festa dell’Unità d'Italia il 17 marzo e La Russa che gli risponde: “E’ già decisa”.
9 febbraio - Nel giorno della richiesta di giudizio immediato per Berlusconi, il Tg delle 20 apre con la reazione del premier (chi pagherà per queste finalità eversive? E' uno schifo, una vergogna, intentero' causa allo Stato, introdurremo la responsabilita' dei giudici ). Solo dopo il servizio che da’ la notizia: mai si spiega che secondo l’accusa Berlusconi ha avuto rapporti sessuali con Ruby ai tempi minorenne. Né si spiega a che titolo Sara Tommasi entri nell’inchiesta (rapporti con la camorra e con Berlusconi).
10 febbraio - Infuria la polemica sulle dichiarazioni di Berlusconi contro la magistratura e la risposta del presidente della Corte Costituzionale De Siervo. Alle 20 si apre con l’Egitto. Poi la politica: l’intervista di Berlusconi al Foglio (Sono perseguitato come nella Germania comunista, contro di me un golpe morale ma resisto e il mio ultimo giudice è il popolo) .
C’è un’intervista al procuratore della Repubblica di Napoli Lepore ( “Le fughe di notizie sono pericolose per le persone e per la giustizia”) e a seguire, in studio, Giuliano Ferrara: le domande sono “assist” che Ferrarra utilizza per difendere Berlusconi e per attaccare il “circuito circo-mediatico” e i giornali. Un monologo di sei minuti.
13 febbraio – “Se non ora quando?”: un milione di donne (e uomini) scendono in piazza in oltre 200 città d’Italia per chiedere rispetto per la dignità delle donne. Già dai titoli si capisce che aria tira. Le donne non ne meritano uno tutto per loro: Donne in piazza in tutta Italia a difesa della dignità femminile. Fini al premier: dimettiamoci entrambi, poi voto. Pdl: proposta ridicola, maggioranza c'è. In compenso due titoli vanno alla chirurgia estetica e a San Valentino.
14 febbraio - Sull’emergenza immigrati dalla Tunisia è polemica tra Commissione dell’Unione Europa e Viminale. La commissaria agli affari interni si dice sorpresa delle parole di Maroni (L’Europa ci lascia soli) e rivela che sabato Maroni ha detto no agli aiuti Europei. Nel servizio del Tg1 la posizione europea sparisce, resta solo la polemica di Maroni.
15 febbraio - La procura di Milano rinvia a giudizio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. Il Tg1 ospita il commento di Vittorio Feltri che attacca la magistratura e anticipa la sentenza di condanna a Berlusconi dandola per scontata.
16 febbraio - Fiducia Senato al Milleproroghe. Il Tg1 enfatizza le defezioni Fli. Si parla quindi del processo Ruby, ma solo con le tesi della difesa fatte proprie dal giornalista e con un’intervista a Ghedini.
17 febbraio - In fuga dal Fli, scoppia l’ira di Fini: “E' il potere finanziario del premier”. Così aprono i siti ma il Tg1 sceglie l’estero: moti in Libia e nel Barhein. Non solo, nel titolo, il secondo, dell’atto di accusa di Fini non c’è traccia. Il sindaco di Firenze Renzi al Tg1: abuso di intercettazioni Rubygate: ancora notizie sulle carte della Procura. Il Tg1 le ignora, non ha mai riferito del resto che Berlusconi sapeva della minore età di Ruby –stando alle dichiarazioni della ragazza– e le aveva offerto documenti falsi. Che era stata sua l’idea di farla passare per nipote di Mubarak, dei 187 mila euro dati.
18 febbraio - Niente sui nuovi cablo di Wikileaks che rivelano il giudizio Usa su Berlusconi che “danneggia l’Italia ma va sostenuto”. Niente sul Rubygate. Liquidata con poche righe lette in studi lo scandalo dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti di Roma. Mentre si fa un servizio sul “cinziagate” che ha coinvolto l’ex sindaco di Bologna Delbono (patteggia un anno e sette mesi
21 febbraio - In Libia è guerra civile. E mentre in Italia infuria la polemica con l’opposizione che accusa la maggioranza di avere taciuto per giorni e dei legami discutibili col raiss, con Frattini che ancora invitava a non interferire e auspicava la riconciliazione (come nelle parole del figlio di Gheddafi), il Tg1 delle 20 nel servizio politico parla solo di “riforma della giustizia e immunità”. Nessun servizio dal Bruxelles che nel pomeriggio condanna senza se e senza ma la repressione in Libia e costringe l’Italia ad allinearsi.
22 febbraio – Le polemiche polemiche politiche sulla Libia non si possono più ignorare. Si ignora invece Bossi che sugli immigrati dice: “Li mandiamo in Europa” (mentre l’Onu chiede all’Italia di accogliere i rifugiati) e che dice “no all’immunità”. Servizio però sulla fuga da Fli. Liquidato con poche righe l’allarme della Corte dei Conti sulla corruzione nella pubblica amministrazione e la “bocciatura” del disegno di legge sulle intercettazioni, necessarie, invece, per contrastala.
23 febbraio – La ripresa della legge sul processo breve al Tg1 passa in sordina, liquidata con poche righe nonostante le infocate polemiche. Le “chicche” dell’edizione sono una ennesima puntata della rubrica 41 Bis e un pezzo che mostra come Gheddafi ha avuto rapporti con tutti: D’Alema e Prodi in testa. “Ma è Berlusconi, - ci dice la redattrice – l’unico che è riuscito a fare con lui l’accordo che blocca l’immigrazione”.
24 febbraio - Nei titoli c’è l’inchiesta sanità in Puglia. Richiesta di arresto per il senatore pd Tedesco. Nuovi ordini di custodia. Non una parola sulla condanna di Massimo Maria Berruti in un processo sui diritti tv mediaset, ex finanziere ora deputato pdl. Nessuna attenzione alle notizie che in questi giorni rilanciano inchieste su La Stampa o il Corriere della Sera sulla Regione Lazio: commissioni e gruppi, più incarichi che consiglieri. 70 eletti per 76 posti disponibili. E c’è chi raddoppia nomine e relative indennità.
26 febbraio - Sui quotidiani le nuove carte dell’inchiesta Ruby: i racconti al telefono delle ragazze sulle feste e i generosi bonifici per 406mila euro a una dozzina di ragazze. Nulla di tutto ciò al Tg1 delle 20. Così se ne riferisce nel servizio alle 13.30: “Una visionaria, una mitomane, una pazza”. La girandola di cifre date alla “Pazza”, secondo i legali del premier sarebbero solo regalie”. Nulla alle 20. Liquidate in poche righe le parole scomode del governatore di Bankitalia Draghi: "In Italia la crescita stenta da 15 anni: servono riforme piu' coraggiose per famiglie e imprese". I giovani, secondo il governatore, hanno il salario d'ingresso al lavoro, fermo da oltre 10 anni.
28 febbraio - Berlusconi a tutto campo che attacca il Quirinale. Nulla sul processo per frode Mediaset in cui viene dichiarato contumace perché non si presenta. La notizia è liquidata in poche righe senza pronunciare la parola “contumace”:
Marzo 2011
2 marzo - Due le perle dell’edizione delle 20: intervista al senatore del pd Tedesco per il quale i magistrati pugliesi chiedono l’arresto. Tedesco attacca Vendola e il sindaco di Bari Emiliano. A loro nessun diritto di replica. Altra inchiesta cui si dedica attenzione quella che vede indagati il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e l'assessore alla sanità Massimo Russo. L'ipotesi di reato è abuso d'ufficio per le nomine di alcuni dirigenti esterni.
Liquidata con una notizia letta dal conduttore invece il processo che interessa i piccoli risparmiatori truffati: quello Cirio che ha visto avanzare le richieste dell’accusa: 15 anni per Cragnotti, 8 per Geronzi, 6 per Fiorani. Nulla ricorda le ragioni dall’accusa, spazio solo alla difesa.
Ignorata anche Ruby che va al ballo delle debuttanti a Vienna, e mentre l’Antitrust minaccia un’inchiesta su Berlusconi se non viene prorogato il divieto di incroci tra Tv e Stampa, il Tg1 dà conto di un’altra iniziativa dell’Authority: due istruttorie con l'ipotesi di abuso di posizione dominante nei confronti di Coop estense e Unicoop Tirreno.
3 marzo - Approvato il federalismo municipale, intervista a Calderoni che deve smentire le notizie sull’aumento delle tasse. Le opposizioni naturalmente sostengono il contrario. Il tg1 nasconde il dibattito e consente una dichiarazione solo a Casini.
C’è poi lo “scoop” dell’affittopoli romana: IN ANTEPRIMA AL TG1 GLI ELENCHI DELLE CENTINAIA DI IMMOBILI AFFITTATI A PREZZI IRRISORI O ADDIRITTURA PRATICAMENTE SVENDUTI. TRA I NOMI NOTI ANCHE IL FIGLIO DEL'EX MINISTRO VISCO
Nulla si dice della condanna a due anni in appello dell’ex ministro Brancher, processo
4 marzo – Politica: nessun accenno al rimpasto sempre rinviato. Berlusconi è contestato a Helsinky, un rapido accenno, un’immagine. Poi un servizio per sbertucciare le firme raccolte dal Pd per le dimissioni di Berlusconi. Quindi la parola a Belpietro e a Sallusti che incalza : E’ una raccolta patacca.
5 marzo - Cambia la linea di difesa di Berlusconi sul Rubygate, vuole fronteggiare le testimonianze delle “papigirls” in aula: ma solo di lunedì. Il Tg1 lo ignora. A Milano fa scandalo il caso sugli abusi edilizi del figlio del sindaco Moratti con la GDF a casa sua. Ma il Tg1, che tanta attenzione dedica all’affittopoli romana dell’ex giunta Veltroni, lo liquida con poche righe.
Ancora servizi invece sulla sanitopoli pugliese, con intervista al senatore del Pd Tedesco che torna ad attaccare Vendola, ed ennesima puntata sul 41 bis che si chiude con le immancabili parole “resa dello Stato alla mafia ai tempi di Scalfare e Ciampi” con tanto di facce a tutto schermo.
6 marzo - Libia. Maroni dice agli Stati Uniti di “darsi una calmata”. Il Tg1 lo ignora. Grande enfasi invece sulla diminuzione delle morti sul lavoro: norme efficaci, più controlli e una nuova attenzione alla sicurezza. potrebbero essere queste le ragioni dietro il nuovo calo degli infortuni mortali sul lavoro, ora al minimo storico. Quasi ignorato, tra i fattori del calo rilevati invece dal Sole24ore, il cattivo andamento dell’occupazione.
7 marzo – Seconda ordinanza di reintegro alla conduzione di Tiziana Ferrario. Minzolini reagisce in modo scomposto: “La Ferrario sarà in festa ma sono in lutto le giovani potenziali conduttrici cui lei impedisce di fare carriera restando attaccata da 28 anni alla sua poltrona”. Reagisce l’assemblea del Tg1 che “respinge le parole del direttore Minzolini. Condanna le offese alla collega Tiziana Ferrario. Invita il direttore e l’azienda al rispetto delle sentenze della magistratura.
Lettera aperta al direttore di 18 giornaliste del Tg1: “Caro direttore,
continuare a dividere la redazione tra vecchie e giovani, tra chi è in festa (le vecchie ‘signore’ incollate alla conduzione), e chi e’ in lutto (le giovani ‘ragazze’ che tanto aspirerebbero a diventare conduttrici), e’ offensivo per tutte. Non siamo contrapposte e non e’ corretto che tu provi a metterci l’una contro l’altra. Usare il criterio dell’età e, come fai tu solo per le donne, e’ fuori dal tempo: ogni eta’ e ogni esperienza professionale ha il suo valore.
L’unico criterio che deve valere anche al Tg1, per tutti, uomini e donne, vecchi e giovani, è quello della professionalità. ELISA ANZALDO, SIMONA SALA, NATALIA AUGIAS, MARIA LUISA BUSI, LUCIA DURACCIO, CINZIA FIORATO, FELICITA PISTILLI, DONATELLA SCARNATI, EMANUELA TALANI, GABRIELLA LEONZI, ALESSANDRA MANCUSO, MARIA GRAZIA MAZZOLA, DANILA BONITO, CARLOTTA ANGELONI, GIANNA BESSON, IDA PERITORE, KARINA LATERZA, COSTANZA CRESCIMBENI
8 marzo - Si parla della manifestazione delle donne a Roma ma solo per dire che sono poche e divise . Non si parla dei dati diffusi da Bankitalia (crisi; famiglie senza liquidi, 11 mila imprese chiudono i battenti) né delle dimissioni del sindaco de L’Aquila Cialente per denunciare la mancata ricostruzione. C’è però un servizio su un omicidio di camorra. Alla sbarra a Napoli i killer del consigliere pd di Castellammare di Stabia Luigi Tommasino. Fu ucciso dalla camorra ma fra i killer, però, anche un iscritto del pd. Al caso il Tg1 dedicherà attenzione con diversi servizi.
11 marzo - Riforma della giustizia. In studio il ministro Alfano: intervista soffietto. Domande tipo:
Questa riforma serve a tutelare i cittadini? Il delicato rapporto fra politica e magistratura. Non c'è il rischio che rimanga solo una dichiarazione d'intenti? Tutto e solo nell'imnteresse dei cittadini, garantisce Alfano, e non del premier. Liquidata con poche righe la posizione della Cei che chiede di non ''stravolgere'' la costituzione.
13 marzo - Ospite in studio Giuliano Ferrara che l’indomani parte con Radio Londra dopo il TG1. Domande soffietto come da regola per gli amici. Ferrara attacca la magistratura e Ingroia che ha fatto “comizi in piazza” parlando contro la riforma della giustizia. Il riferimento è la presenza di Ingroia sul palco del Costituzione-Day
14 marzo - Grande spazio all’allarme nucleare e alle devastazioni in Giappone. Per la politica, la notizia dell’archiviazione per Fini sulla casa di Montecarlo, fornisce il pretesto per l’ennesimo servizio sul caso. Servizio sulla giustizia, la separazione delle carriere, che strumentalizza Falcone le cui parole chiudono il servizio che non ha ospitato, neanche a dirlo, opinioni contrarie.
E terzo servizio in pochi giorni su Telecom , con intervista a giornalista del Giornale che ipotizza una malevola tempistica dell’indagine a carico di uno dei nuovi dirigenti in pectore del gruppo. L’”attenzione” a Telecom, frutta al Tg1 una querela per diffamazione.
15 marzo – Spazio alla riforma della giustizia: si parla di responsabilità civile dei magistrati rievocando il caso Tortora e dando voce solo a una tesi con le opinioni di Rita Bernardini dei radicali e del presidente dei giovani avvocati. Poche righe alle rilevanti notizie sul Rubygate di cui continuano a informare i giornali: l'inchiesta Ruby.
16 marzo - Continua l’allarme nucleare in Giappone. Il dibattito e la polemica si accendono. Il Tg1 non riferisce del dibattito in aula, dell’opposizione in tutte le regioni ad ospitare centrali nucleari. Ma lancia un servizio che tende a rassicurare: “Fukushima fa paura ma ci sono differenze tra i diversi impianti nucleari. Soprattutto sul fronte della sicurezza”.
17 marzo – Tanto spazio alle celebrazioni dei 150 anni, citate le assenze della Lega, le polemiche politiche conseguenti, e citata en passant una contestazione a Berlusconi: senza dire che il premier, nella giornata, è contestato in ogni luogo in cui vada. Non passano le immagini e le voci più evidenti delle contestazioni.
19 marzo – E’ il giorno dell’attacco alla Libia. In studio ospiti prima il ministro La Russa e poi il ministro Frattini. In un servizio ci sarà anche spazio per Tremonti che parla di nucleare. Il ministro Alfano ci dice della riforma giustizia. Il Tg1 come succursale del Consiglio dei ministri.
ami2011-03-30 15:27:53
Fonte foto: (ami)