PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

lunedì 28 marzo 2011

28 MARZO: RASSEGNA STAMPA

Libia, forze Gheddafi bombardano Zintan

lunedì 28 marzo 2011 10:45

1 / 1Schermo intero
IL CAIRO (Reuters) - Un portavoce dei ribelli libici ha detto che le forze di Muammar Gheddafi hanno bombardato questa mattina Zintan, città della Libia occidentale.
La ha riferito la tv Al Jazeera.
Ali Saleh, portavoce del movimento ribelle a Zintan, ha detto che le forze di Gheddafi hanno lanciato razzi dalle loro posizioni nel nord della città.
"La città di Zintan è stata bombardata questa mattina dalle forze di Gheddafi, dalla zona settentrionale, con razzi Grad", ha detto il portavoce.
Saleh ha aggiunto che i ribelli hanno ricevuto aiuto dalla Tunisia e dagli Emirati Arabi Uniti.
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Libia, Gheddafi prende il controllo di Misurata. Otto morti

Lo riferisce la Bbc. Le forze antigovernative prendono il terminal petrolifero di Ras Lanuf ed espugnano la città di Brega.

Libia, Gheddafi prende il controllo di Misurata. Otto morti
Festeggiano i ribelli
MISURATA - "Qui c'è stato un altro massacro, ci sono almeno otto morti e 24 feriti, alcuni hanno perso parti del loro corpo e sono in condizioni gravissime". Le truppe di Muammar Gheddafi sono tornate oggi a sferrare una nuova offensiva contro Misurata, unica roccaforte degli insorti nella Libia occidentale, e un residente, che ha detto di chiamarsi Saadoun, ha raccontato ai media la nuova giornata di sangue vissuta da una città ormai allo stremo.
L'ATTACCO DELLE TRUPPE DI GHEDDAFI. Non vi è modo di verificare quanto Saadoun ha riferito ma è comunque certo che i lealisti oggi sono tornati all'attacco in forze, per cercare di eliminare quest'ultima testa di ponte nemica e riprendere il controllo di tutto l'ovest. Residenti hanno riferito alla Bbc che i governativi hanno cominciato a cannoneggiare la città, con carri armati e artiglieria pesante, e sono riusciti a raggiungere il centro. Qui avrebbero preso il controllo del palazzo del popolo e vi avrebbero piazzato cecchini sul tetto. Sempre secondo i residenti, i lealisti avrebbero ormai il controllo del 60% della città. Fra di loro ci sono non solo soldati ma anche mercenari. Gli scontri più duri si sarebbero verificati nell'arteria principale, Tripoli Street. La situazione per la popolazione è terribile. Bombardamenti e sparatorie sono continui, mancano luce e acqua, il cibo comincia a scarseggiare. L'ospedale è intasato di feriti, mandati subito a casa dopo medicazioni o amputazioni per far spazio a nuovi pazienti. Nei giorni scorsi i ribelli sono riusciti a far arrivare rifornimenti via mare, con alcuni pescherecci partiti da Bengasi, ma ora i governativi controllano una parte del porto e anche questa via è chiusa.
VERSIONI DISCORDANTI. La tv di stato oggi ha detto addirittura che la città "è ora sicura, le forze antiterrorismo hanno arrestato i membri delle bande armate che terrorizzavano la popolazione". Un altro degli insorti, Sami, ha detto invece che "i ribelli vogliono proseguire con i loro attacchi e cacciare gli uomini di Gheddafi fuori dalla città tutti insieme. Ieri gli aerei della coalizione avevano colpito duramente gli assedianti, bloccando temporaneamente i loro attacchi. Aerei francesi avevano distrutto cinque aerei militari libici e due elicotteri nella base aerea di misurata.
LA POPOLAZIONE. La popolazione della città, circa 500.000 abitanti, appartiene alla tribù dei Warfalla, una delle principali della Tripolitania. Tradizionalmente alleati di Gheddafi, dopo lo scoppio della guerra civile i Warfalla sono passati in buona parte con l'insurrezione e hanno fatto della città una delle roccaforti dei ribelli all'ovest (la parte del paese controllata dal colonnello). Misurata è la terza città della Libia, dopo Tripoli e Bengasi. Si trova sulla costa a 210 km a est della capitale e si è sviluppata fin dai tempi dei romani intorno a una grande oasi. Ha una ricca produzione di frutta, olive e datteri e numerose fabbriche alimentari, tessili e di artigianato. dal '79 ospita anche una delle più grandi acciaierie del Nordafrica.




Guerra in Libia Ansa : Le Accuse Di Gheddafi e La Risposta Di Obama

Guerra in Libia Ansa : La città di Ajdabiya è tornata in mano agli insorti, dopo che la settimana scorsa era stata loro strappata dalle forze lealiste del governo. Questa notte, supportati da raid aerei, i ribelli hanno ricacciato l’esercito regolare prendendo il controllo della zona est. Questa mattina la città ormai capitolata era praticamente deserta, poiché quasi tutti gli abitanti – a meno di coloro che non sono riusciti a scappare per tempo – hanno ormai abbandonato il territorio. Gli insorti riferiscono di avere scacciato anche dalla zona ovest le forze lealiste, respingendole verso la strategica città di Brega, importante per i pozzi di petrolio sotto la sua influenza. Entrambe le città dell’est del paese, erano state occupate circa una settimana fa dall’esercito di Gheddafi, ma grazie al supporto della coalizione internazionale si prevede una rapida liberazione, stando almeno a quanto afferma il Consiglio transitorio libico che preannuncia la messa insicurezza di Ajdabiya da parte de ribelli entro la sera di oggi. Continua così l’avanzata dei ribelli che, dalla città di Bengasi ormai loro centro nevralgico, si muovono verso il resto del paese.
Dalla tv di stato, arriva l’ammissione del governo di avere perso la suddetta città, attribuendo però il successo esclusivamente all’intervento della coalizione che – continua – è accusata di disinteressarsi durante la sua azione, delle ripercussioni sulla popolazione.
Guerra in Libia Ansa : A Misurata, altro teatro di scontro della guerra civile, l’esercito regolare controlla tutti gli accessi della città. Diversi cecchini spiegati tra i tetti continuano a colpire. 115 i morti, mentre i raid internazionali non accennano a diminuire.
A Tripoli, l’azione internazionale ha colpito una caserma ed un radar militare, mentre l’emittente governativa afferma che le esplosioni hanno interessato anche obbiettivi civili nei sobborghi della città, e pozzi petroliferi, sebbene la notizia non abbia trovato conferma.
A queste accuse risponde il Presidente degli USA Obama, affermando che le missioni della coalizione hanno impedito perdite ingenti tra la popolazione civile. Il Presidente continua ribadendo che gli Stati Uniti sono a fianco di altri paesi, e che dunque la responsabilità degli attacchi è da suddividersi tra tutti. Dal Washington Post, si legge che sempre gli USA starebbero valutando l’opportunità di fornire agli insorti armi ed addestramento.
Fonti: Ansa.it, Google News

Ultimissime - Libia - Gheddafi - la fine dei tiranni




I ribelli conquistano Sirte e avanzano verso Tripoli, mentre nel mondo arabo ci sono manifestazioni pro Gheddafi, che sta diventando un eroe della resistenza anti occidentale e contro gli infedeli.
Il futuro della Libia prende subito una strana strada: in Francia Sarkozy subisce una pesante sconfitta politica alle ultime elezioni locali e pare che la guerra sia anche un sistema per distrarre l'opinione pubblica francese dai gravi problemi interni.
Ora, se i ribelli riusciranno a conquistare tutta la Libia si dovrà decidere se i contratti stipulati con il dittatore libico valgono ancora oppure no: la nostra economia risentirebbe dei danni non indifferenti, ma dalla nostra c'è il diritto internazionale.
Così ci si chiede che futuro attende il mondo arabo, dopo la caduta dei signorotti locali?
Pubblicato da Arduino.Rossi a 09:37



Libia, il piano italo-tedesco e quello franco-britannico

Quando una guerra o un conflitto sta per volgere al termine i partecipanti discutono su come spartirsi le spoglie del vinto. Esisterebbero due piani per il dopo Gheddafi in Libia.
Uno Italo-tedesco e l’altro franco-britannico. Entrambi i piani avrebbero, però, un solo punto in comune. Entrambi prevedono la soluzione diplomatica al conflitto. Il primo, quello italo-tedesco prevede il cessate il fuoco monitorato dalle Nazioni Unite, istituzione di un corridoio umanitario permanente, coinvolgimento dell’Unione africana, della Lega araba e dei gruppi tribali libici che, secondo Franco Frattini, capo della diplomazia italiana, dovranno lavorare a una nuova Costituzione.
Il piano italo-tedesco sarà presentato ufficialmente  al vertice della coalizione che si terrà a Londra. Di Gheddafi e soprattutto della sua sorte nel piano non si parla. È probabile che al rais libico gli tocchi l’esilio o qualche processo per crimini contro l’umanità. Il secondo piano, quello franco-britannico, sarà presentato oggi 28 marzo nei punti salienti. Esso prevede sempre la mediazione diplomatica ma è previsto che la Francia non lascerà la prima linea, dopo che vi è entrata con tanto ‘fervore’. E poi ci sono gli Stati Uniti. In un’ intervista all’ABC dell’ex-segretario alla difesa, Donald Rumsfeld, ha accusato l’amministrazione Obama di non avere un piano e soprattutto vi è molta ambiguità:
«Abbiamo sentito quattro o cinque differenti spiegazioni sul perché siamo intervenuti. La confusione è totale. Non sappiamo qualche sia la missione. Non sappiamo chi sono i ribelli. Non sappiamo se Gheddafi lascerà o meno il potere. Non sappiamo chi comanda», ha dichiarato Rumsfeld. Infine c’è il papa Benedetto XVI che ieri, durante l’angelus, ha rivolto un accorato appello affinchè le armi tacciano.
Francesco Cappello



Libia/ Bengasi non pensa all'Italia,nel bene e nel male(focus)

Chiuse ferite coloniali ma il passato recente fa problema

Bengasi, 28 mar. (TMNews) - A Bengasi, che é stato un importante centro amministrativo durante l'occupazione italiana e la lotta per l'indipendenza, ormai si sono chiuse le ferite dell'epoca coloniale. Anzi, molti abitanti ricordano quasi con nostalgia il passato, perché tutto appare ai loro occhi migliore della dittatura di Gheddafi. "L'Italia e la Libia siamo fratelli", dice un anziano, con la sua uniforme militare e un foulard palestinese legato intorno alla testa. Non esistono sentimenti negativi nei confronti del popolo italiano ma in molti sono delusi per il mancato riconoscimento del Cnt da parte dell'italia e tutti hanno presenti le ottime relazioni che fino a ieri aveva il Governo di Roma con il regime del colonnello : "Berlusconi era amico e socio di Gheddafi", dice Inás, una donna velata sul lungomare di Bengasi, "ma ora é finita, tutto il mondo si é reso conto chi é veramente Gheddafi". A Bengasi ringraziano tutta la comunità internazionale che é accorsa in aiuto della popolazione civile della Libia e in particolare di Bengasi, come è stato scritto nella risoluzione dell'ONU.
Il Governo ribelle ha ringraziato, in numerose occasioni, i paesi che stanno partecipando, ma le nuove autorità si aspettavano una risposta più decisa dalle potenze e dai paesi europei, specialmente quelli più legati alla Libia, come l'Italia. Nei giorni successivi al riconoscimento del Governo rivoluzionario da parte della Francia, uno dei loro portavoce, Mustafa Gheriani, ammetteva che aspettavano ansiosi l'appoggio formale anche dell'Italia, che non é mai arrivato. L'indecisione iniziale rispetto all'intervento in Libia e la mancanza di un appoggio aperto ai ribelli, ha fatto si che molti pensano che l'Italia non é con loro.
E c'è chi ancora serba rancore per la prima presa di posizione del Governo italiano. "Non siamo terroristi di Al Qaeda, anzi, rifiutiamo la violenza, ma Gheddafi ci ha obbligato a prendere le armi per proteggerci e per ottenere la nostra libertà", assicura Ahmed, un giovane padre di famiglia. Il regime di Tripoli sostiene che i bombardamenti alleati stanno aiutando le bande armate, accennando all'organizzazione terrorista Al Qaeda. Anche l'Italia sta partecipando alla missione internazionale sotto comando ora della NATO, però non é così visibile come i paesi che l'hanno liberata fin dal primo momento. Il presidente francese Sarkozy, che ha promosso e difeso l'intervento in modo più deciso, é diventato un eroe per gli abitanti di Bengasi e perfino ci sarebbero i primi neonati che hanno preso il suo nome. La bandiera francese sventola nelle strade di Bengasi, mentre di bandiere italiane ce ne sono ben poche. Tutti gli abitanti della Cirenaica sanno che sono protetti dai caccia francesi, ma molti non sono informati o addirittura dubitano della presenza di quelli italiani, così come dimostra la discussione di un gruppo di uomini nel centro storico di Bengasi. La Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Qatar, perfino la Dinamarca e il Canada, ma L'Italia non viene nominata nella lista dei paesi salvatori.
Ieri una nuova manifestazione di ringraziamento nella piazza centrale di Bengasi: questa volta é stato il turno di centinaia di donne, con bandiere di molti paesi, su tutte quelle francesi e del Qatar, una portoghese, una spagnola, ma ancora una volta, nessuna italiana.

Libia/ Ministro Difesa Gb: niente armi ai ribelli

Fox: Gheddafi non è un bersaglio

Libia/ Ministro Difesa Gb: niente armi ai ribelli
Roma, 28 mar. (TMNews) - I Paesi che fanno parte della coalizione internazionale impegnata in Libia non forniranno armi ai ribelli: lo ha affermato il ministro della Difesa britannico, Liam Fox, intervistato dalla Bbc, sottolineando come sia in vigore un embargo dell'Onu sulle forniture belliche in tutto il Paese.

Il Ministro ha poi di nuovo smentito che il leader libico Muammar Gheddafi costituisca un bersaglio: "Le operazioni finiranno quando il regime finirà di uccidere i civili: è difficile immaginare che ciò possa accedere con Gheddafi al potere, ma che Gheddafi lasci è un'aspirazione, non fa parte della risoluzione dell'Onu".

Un eventuale abbandono del rais "sarebbe un bonus", ha concluso Fox, sottolineando come possano esservi "altri regimi interessati ad accoglierlo": la coalizione non è tuttavia interessata a cercare un "rifugio sicuro" per Gheddafi.



LIBIA: UN PIANO ITALO-TEDESCO CONTRO QUELLO FRANCO-BRITANNICO
L'Italia sta mettendo a punto con la Germania un piano per il dopo Gheddafi. Lo ha annunciato ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini in una intervista a ''Repubblica'': ''Abbiamo un piano e vedremo se si potra' tradurre in una proposta italo-tedesca. Magari da elaborare in un documento congiunto da presentare martedi' al vertice della coalizione che si terra' a Londra''.

Il piano prevederebbe il cessate il fuoco che dovra' essere monitorato dalle Nazioni Unite, l'istituzione di un corridoio umanitario permanente, l'impegno dell'Unione africana e della Lega araba, oltre al coinvolgimento dei gruppi tribali libici che, secondo Frattini, dovranno lavorare a una nuova Costituzione.

Quanto alla sorte di Gheddafi, il piano non prevede la sua permanenza al governo di Tripoli. Chiarisce il ministro Frattini: ''Altra cosa e' pensare a un esilio, l'Unione africana si e' gia' fatta carico di trovare una soluzione e anche nel regime libico c'e' chi sta lavorando per favorire dall'interno questa via d'uscita''.

Il governo italiano si allontana percio' dalle posizioni piu' oltranziste della Francia, che e' stato il primo paese a intervenire militarmente in Libia dopo l'approvazione della risoluzione dell'Onu che lo permetteva, e si avvicina a quelle della Germania astenutasi nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La posizione di Berlino era stata subito sottolineata positivamente dalla Lega.

L'ipotesi di un protagonismo internazionale nella crisi libica potrebbe ridare smalto al cancelliere Angela Merkel reduce da una serie di sconfitte elettorali in alcune elezioni amministrative (ieri nel Baden-Wuerttemberg, tradizionale roccaforte dei Cristiano-democratici, la prova elettorale e' stata vinta da Verdi e socialdemocratici della Spd).

In attesa di conoscere i dettagli del piano italo-tedesco nel vertice di Londra di domani, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha annunciato che potrebbe esserci anche un piano franco-britannico a cui sta lavorando insieme al premier di Londra David Cameron. Prevederebbe anch'esso una soluzione diplomatica e potrebbe essere anticipato nelle linee essenziali gia' oggi. La Francia non rinuncia a restare in prima fila e punta a non lasciare ai governi di Roma e Berlino un ruolo eccessivo nella soluzione della crisi libica.

Un accorato appello agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilita' politiche e militari ''per l'immediato avvio di un dialogo che sospenda l'uso delle armi'' e' stato lanciato da Benedetto XVI dopo la preghiera domenicale dell'Angelus.

''Di fronte alle notizie, sempre piu' drammatiche, che provengono dalla Libia - ha detto il Papa - cresce la mia trepidazione per l'incolumita' e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall'uso delle armi''.

Il comando delle operazioni militari e' intanto gia' passato nelle mani della Nato. Si conferma che non ci sara' ''l'occupazione sotto qualsiasi forma'' di qualsiasi parte del territorio libico. Oltre all'embargo delle armi e al comando per l'interdizione dei voli, la Nato agira' per proteggere i civili e le aree abitate dalla minaccia di attacchi delle truppe del colonnello Gheddafi, utilizzando raid aerei e bombardamenti su bersagli di terra.

Grazie ai bombardamenti della Nato, le forze fedeli a Gheddafi hanno abbandonato Sirte, citta' natale del colonnello, mentre i rivoltosi sono riusciti a riconquistare l'importante terminal petrolifero di Ras Lanuf. Il governo di Tripoli continua a chiedere il cessate il fuoco e una riunione in tempi brevi del Consiglio di sicurezza dell'Onu.

Si fa nel frattempo sempre piu' grave la situazione a Lampedusa. Sono circa 1.800 i migranti sbarcati nelle ultime ore sull'isola, dove si trovano oltre 5 mila immigrati, un numero superiore ai residenti abituali. Ieri sono state trasferite nei centri di accoglienza della Puglia 1.400 persone.

Sull'isola si e' recato Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia: ''Lancio un forte appello al presidente della Repubblica, al governo e a chiunque abbia responsabilita' di intervento perche' si faccia in modo che Lampedusa torni a essere territorio italiano. Questa gente va assistita, certamente non puo' essere respinta ne' maltrattata, ma l'isola di Lampedusa non puo' assolvere al compito di assistenza che spetta a tutto il paese''.

Il premier Silvio Berlusconi, che ha telefonato a Lombardo per rassicurarlo sulle iniziative del governo, ha annunciato un Consiglio dei ministri straordinario dedicato alla situazione che si e' venuta a creare a Lampedusa. Potrebbe tenersi mercoledi.

Libia, i ribelli: ''Presa Sirte'' ma i fedeli del rais: ''Non è vero''


Notizie contrastanti sull'avanzata dei rivoltosi. I fedeli del rais: "resisteremo". Attacchi Nato.


Michela Rossetti

Sirte è presa. O forse no. La tv araba Al Jazeera ha intervistato il portavoce dei ribelli Shamsi Abdul Molah, che ha dichiarato che questa notte i rivoltosi hanno conquistato la città natale di Muammar Gheddafi e continuano a mangiare territorio a spese delle truppe del rais. Il prossimo obiettivo, ha aggiunto,  è la presa di Misurata. Ma i fedeli del rais contestano che la città sia realmente finita nelle "mani nemiche", e le ultime notizie sembrano dare loro ragione. Uno degli uomini di Gheddafi ha scritto alla Bbc negando l'accaduto: "Quando attaccheranno Sirte, con i vostri aerei americani e britannici, noi saremo pronti a difendere la cittá, come fu a Stalingrado". Secondo le ultime notizie le forze del colonnello starebbero bombardando Zintan, nella parte ovest del paese, e l'avanzata dei ribelli è stata fermata all'uscita da Ben Jawad, a 140 chilometri da Sirte.

 



Il ruolo della Nato


Le forze Nato stanno intando continuando gli attacchi in buona parte del paese. Per tutta la notte gli aerei della colazione hanno "pressato" gli obiettivi militari di Sirte, e i caccia hanno effettuato nuovi attacchi aerei sia nella zona di Misurata sia nella capitale Tripoli, dove è più volte entrata in azione la contraerea.

 

I ribelli: "non ci fermeremo"


Il vicepresidente del Consiglio nazionale di transizione, Hafiz al Ghogha, ha rilasciato un'intervista pubblicata questa mattina all'Unità, dicendo che la "rivoluzione" non finirà "fino a quando non libereremo Tripoli".

L'aggiornamento di domenica 27 marzo


Aiutati dai raid aerei internazionali, i ribelli libici ieri hanno annunciato la riconquista di Ajdabiya e, in maniera controversa, anche di Brega, due centri strategici nel quadrante est della Sirte. Sull'altro lato del golfo le forze del colonnello Muammar Gheddafi hanno continuato a cannoneggiare l'enclave ribelle di Misurata per fermarsi solo quando in cielo sono comparsi gli aerei della coalizione.



Obama: "Evitato bagno di sangue"


E mentre a Bruxelles la Nato sta mettendo a punto piani e regole di ingaggio per il passaggio del comando della missione all'Alleanza - proprio come auspicato dall'Italia nonostante le resistenze francesi - da Washington il presidente Barack Obama ha usato il consueto messaggio del sabato per rassicurare gli americani annunciando che la coalizione sta vincendo e ha sventato una "catastrofe umanitaria e un bagno di sangue".



Riprese Ajdabiya e Brega


Ad essere riconquistate dai ribelli è stata prima Ajdabiya, città a 160 km a sud di Bengasi, considerata la "porta" verso due importanti centri petroliferi tra cui Brega, situata circa 80 km più a ovest e, almeno secondo alcune testimonianza, espugnata nel pomeriggio di ieri. Le due città erano state dapprima conquistate e poi perse dai ribelli tra il 13 marzo e una settimana fa.



Ancora raid aerei


Per facilitare l'avanzata degli insorti verso ovest, in nottata la coalizione ha attaccato alcuni reparti di lealisti lungo la strada che collega Ajdabiya a Sirte, città natale di Gheddafi. E sempre nella tarda serata di ieri è stata colpita nuovamente Sabha, città della Libia centrale che rientra nella sfera di influenza della tribù del colonnello.



Ajdabiya città fantasma


Ribelli e fonti ufficiali (che denunciano una strage di civili) hanno attribuito un ruolo decisivo negli sviluppi sul terreno ai raid aerei della coalizione. Riferendosi solo a Ajdabiya, il viceministro degli Esteri libico Khaled Kaaim ha parlato comunque di mera "ritirata strategica" e di una prossima ulteriore riconquista della città. Il centro ieri si presentava come una città fantasma per la fuga di una rilevante parte dei suoi abitanti. Il bilancio di vittime degli scontri è incerto ma i ribelli segnalano nove morti e nove feriti, ma altre fonti parlano di almeno 21 soldati di Gheddafi uccisi nei pressi della città dove sarebbe stato catturato anche un generale dell'esercito del rais.



La battaglia di Misurata


Intanto a Misurata, città portuale circa 200 chilometri ad est di Tripoli controllata dai ribelli, è stata attaccata con carri armati e artiglieria fino a quando, in serata, sono comparsi aerei nel cielo della coalizione che hanno fatto fermare i bombardamenti. Il bilancio di una settimana di scontri sarebbe di almeno 115 morti, causati anche da cecchini del regime che - secondo testimonianze, - sparano sui civili.
Oltre a quelli della tarda serata, la coalizione ha effettuato altri raid: i jet francesi hanno distrutto a terra, proprio a Misurata, cinque aerei e due elicotteri nemici. Tre missioni aeree sono state compiute tra venerdi e sabato da caccia F-16 dell'Aereonautica militare italiana schierati a Trapani. 





L'aggiornamento precedente


È fatta. Dopo giorni di riunioni e contrasti, finalmente ieri i 28 hanno deciso: il comando delle operazioni militari in Libia passerà "in toto" alla Nato.

Lo prenderà nelle sue mani il generale canadese Bouchard.

Già entro domani l'Alleanza Atlantica erediterà la gestione della "no-fly zone" (che dovrebbe durare 90 giorni, prolungabili comunque se necessario); mentre da lunedì controllerà la anche la "no-fly zone plus", ossia le operazioni di bombardamento delle milizie di Gheddafi che attaccano i civili.

"Non ci sarà più la coalizione dei 'volenterosi' e quella della Nato": spiega una fonte diplomatica dell'Alleanza. "Ma solo una coalizione internazionale a guida Nato". chiariscono le fonti.

Soddisfatto dell'esito della vicenda Berlusconi, considerando che l'Italia (come gli Usa) ha da sempre premuto per l'intervento Nato.

Ma forse è meno soddisfatto del fatto che l'asse della coalizione continua a essere quello tra Parigi e Londra.

Il presidente francese Sarkozy ha annunciato, a sorpresa, infatti che sta preparando una soluzione diplomatica d'intesa con il governo conservatore inglese di Cameron.

Così si spiega l'irritazione del ministro degli Esteri, Frattini: "Ci sono anche le nostre proposte di mediazione", ha tenuto a ribadire.





Le notizie di ieri: contraerea in azione a Tripoli


Si fa sempre più dura la guerra in Libia. Ha ripreso a spararde, anche stasera, la contraerea a Tripoli.

Oggi un caccia francese ha abbattuto un aereo libico che stava tentando di violare la no-fly zone.

Il tutto mentre sono proseguiti nella notte scorsa e alle prime ore di oggi i raid aerei della coalizione sulla Libia.

Tra le zone colpite il sobborgo di Tajura, nella capitale.

E le fonti vicine a Gheddafi denunciano che obiettivi militari e civili situati nel quartiere di Al-Jfara e Tagora della capitale sono stati presi di mira "dai bombardamenti dei crociati".

 


Tripoli: “18 civili carbonizzati”


Ieri sera l'agenzia di stampa nazionale 'Jana' aveva parlato di molte vittime nei raid su “al-Tajura”, senza fornire un bilancio preciso, mente oggi ufficiali libici hanno mostrato ai giornalisti, in un ospedale della città, 18 corpi carbonizzati definendoli militari e civili vittime di bombardamenti effettuati ieri notte dalle forze della coalizione.



Informazione smentita


Le accuse sono però state smentite dal portavoce della Joint Task Force dell'operazione “Odissey Dawn”, tenente Jim Hoeft, per il quale "non è verosimile che i civili siano stati coinvolti in alcun raid la notte scorsa". Le forze della coalizione - ha aggiunto Hoeft, citato dalla Cnn - "hanno usato tutte le misure necessarie per proteggere i cittadini libici dalle violenze e dalle uccisioni inflitte dal colonnello Gheddafi".



La Francia: “Andiamo avanti”


La coalizione internazionale continuerà ad effettuare raid aerei contro bersagli militari in Libia, ha confermato poi il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè. "Continueremo a effettuare raid", ha detto il ministro all'emittente Rtl, assicurando che "vengono presi di mira mezzi militari e niente altro". "Continueremo per il tempo necessario", ha aggiunto specificando che potrebbero passare anche "settimane" e parlando poi di "un successo" delle operazioni iniziate sabato. Juppè ha infine ricordato che obiettivo della coalizione è quello di "proteggere le popolazioni civili".



Ajdabiya divisa in 2


A Ajdabiya una parte della città è passata sotto il controllo delle forze di opposizione anche se gli uomini di Gheddafi che hanno colpito la zona con l'artiglieria e bombardamenti con i tank, continuano a controllare la parte settentrionale, secondo testimoni. Una delle brigate del colonnello, di stanza nella parte occidentale. starebbe invece trattando la resa con i ribelli. Secondo quanto riferisce l'inviato della tv araba 'al-Jazeera', la brigata e' stata circondata dagli insorti.
La conquista di quella zona è considerata importante dal punto di vista strategico perché da lì transitano i rifornimenti che giungono da Tripoli, dove si trova il contingente più numeroso di militari pro-Gheddafi.



Il Rais bombarda ancora Misurata


A Misurata situazione difficile: mancano i medicinali, negli ospedali sovraffollati di feriti in cerca di cure mediche. Ma manca anche cibo e acqua potabile e i residenti sono costretti a bere acqua piovana per sopravvivere. Lo hanno descritto gli stessi residenti alla Bbc, precisando che nella città sono ripresi i bombardamenti delle truppe di Gheddafi, che hanno circondato la città e che stanno anche bloccando gli afflussi di beni di prima necessità. Le brigate del colonnello hanno anche occupato il porto della città, bloccando migliaia di lavoratori stranieri che attendevano di imbarcarsi per lasciare la Libia.



Manca anche la corrente


Nella notte, i carri armati di Gheddafi sono rientrati a Misurata, dove solo per alcune ore nel pomeriggio i residenti erano riusciti a tirare un sospiro di sollievo, e hanno ripreso a sparare, come ha testimoniato un medico dell'ospedale principale della città, in una intervista al Washington Post. ''Stanno bombardando ovunque'', ha spiegato la fonte al telefono, raccontando che i pazienti vengono operati sul pavimento e che si stanno esaurendo le medicine, così come il combustibile. È stata sospesa anche la fornitura di acqua corrente.





L'aggiornamento precedente


Nuovi attacchi aerei da parte della coalizione occidentale, contro obiettivi militari e civili a Tripoli, secondo la tv di Stato libica.

L'emittente televisiva cita fonti militari.

Otto esplosioni sono state sentite ad Est di Tripoli. Continuano, quindi, le azioni militari, mentre la coalizione dei "volenterosi" sembra in una fase di stallo.

Evidentemente si cerca di risolvere i problemi sul tappeto costringendo Gheddafi alla resa.

La tv satellitare Al Arabiya ha riferito che la caserma-bunker di Muammar Gheddafi a Tripoli è sotto attacco aereo. Proprio da Baba el Aziziya ieri sera il leader libico si è rivolto ai suoi sostenitori.
La tv di Stato libica ha diffuso la tesi di Gheddafi. Secondi il rais negli attacchi ci sono state 18 vittime civili.

Berlusconi: l'Italia non è entrata in guerra




Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha concesso - intanto - un'intervista al Corriere della Sera in cui sostiene delle cose che, lette 24 ore dopo, sembrano decisamente ottimistiche.

"Abbiamo ottenuto - spiega Berluscoini - non solo il pieno coordinamento Nato di tutte le operazioni della missione - spiega al telefono - ma anche l'applicazione puntuale della risoluzione dell'Onu. La coalizione è impegnata a difendere la popolazione civile, l'Italia non è entrata in guerra e non vuole entrarci".

 


La Cnn: i fedelissini del rais hanno contattato gli Usa


Fonti del Dipartimento di Stato americano hanno confermato alla Cnn che fedelissimi di Gheddafi stanno prendendo contatto con le autorità americane.

Tra gli altri vi sarebbe anche un cognato di Gheddafi. 



Ancora indecisione sulla guida della coalizione


Nonostante l'intesa raggiunta ieri tra Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna per affidare alla Nato "l'ombrello" delle operazioni in Libia, il nodo sul ruolo dell'Alleanza Atlantica non si riesce a sciolgliere.

Riuniti oggi a Bruxelles per il terzo giorno consecutivo, gli ambasciatori dei 28 paesi non hanno raggiunto alcun accordo.

"Nessuna decisione su nulla": riferisce una fonte diplomatica all'agenzia Reuters. Tutti i problemi rimangono dunque sul tavolo: alla Nato spetta solo un ruolo di coordinamento della missione (come vorrebbe la Francia e la Turchia); o anche quello di un comando politico (come invece chiedono Usa e Italia)?



La Clinton: "Il comando passi alla Nato"


Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha ribadito la posizione degli Usa già espressa ieri da Obama. Ossia che il comando passi "in toto" all'Alleanza Atlantica.

Ma la Francia insiste e non vuole cedere il controllo "politico" delle operazioni.

La Nato avrà "un ruolo tecnico nelle operazioni in Libia": ha detto il ministro degli Esteri Juppè. Chiarendo che però non eserciterà il "pilotaggio politico".
Tradotto: continuiamo a comandare noi.



Parigi non molla


Il nodo, infatti, è proprio questo. Parigi vorrebbe affidare all’Alleanza Atlantica il coordinamento militare della missione, ma non la “regia politica”, che vorrebbe controllata da una “cabina” composta dai ministri degli esteri dei paesi che partecipano alla coalizione.



L'Italia comanderà la componente marittima


In quest'ottica l'Italia, invece, avrà secondo Parigi un ruolo di primo piano nella missione della Nato per il rispetto dell'embargo delle armi, con il comando della componente marittima secondo quanto riferito dal colonnello Massimo Panizzi, portavoce del presidente del comitato militare della Nato, ammiraglio Giampaolo Di Paola.

La replica di Frattini: “Serve un comando unificato”


Alla Francia replica però successivamente a distanza il ministro degli esteri Franco Frattini, intervenuto oggi in Senato.
Era “necessario partire con un azione urgente che scongiurasse il massacro dei civili – ha detto il titolare della Farnesina - ma ora dobbiamo tornare alle regole con un unica catena di comando unificato alla Nato”.
"L'Italia – ha poi aggiunto - non vuole e deve evitare il rischio di essere corresponsabile di azioni non volute in Libia da parte di altri Paesi".




La lunga marcia degli insorti


di BERNARDO VALLI La Libia rivela l'Italia. E gli italiani. Riflessi nello specchio libico, periodicamente riscopriamo alcuni caratteri che ci rendono riconoscibili a noi stessi e al mondo. Purtroppo non i migliori. La prima volta fu cent'anni fa, quando la "Grande Proletaria" volse alla conquista di Tripolitania e Cirenaica. E gli automezzi carichi di munizioni e viveri, e le armi automatiche, mitragliere e lancia razzi, che si lasciano alle spalle sono segni concreti di un fuga, e non di una ritirata strategica, come affermano i portavoce di Tripoli. In poche ore, da quando hanno dovuto abbandonare Ajdabiya, la città che sembrava imprendibile a centosessanta chilometri da Bengasi, le truppe lealiste sono state costrette ad allontanarsi precipitosamente dalla Cirenaica in rivolta, della quale stavano per riprendere il controllo.

Gli shabab, i ragazzi delle bande ribelli, sono entrati nella tarda mattina di ieri a Ras Lanuf, l'importante centro petrolifero, dopo avere occupato Brega ed altre due località minori. Più che una battaglia è stata una corsa di almeno trecento chilometri. La strada costiera sembra quella di una città all'ora di punta. Colonne di autocarri e camionette made in Japan corrono verso Ovest, portando ribelli che sparano per aria in segno di vittoria, E adesso l'obiettivo più ambizioso è la provincia della Sirte, dove è nato Gheddafi, e dove si trova la sua tribù d'origine. Quando covava grandi sogni, il colonnello voleva fare del modesto capoluogo la capitale degli Stati Uniti d'Africa. Se




i suoi soldati dovessero abbandonarlo, sarebbe per lui una dura umiliazione.

Questa cronaca, con accenti in apparenza trionfalistici, deve essere accompagnata da un'analisi assai meno ottimista. Comunque ricca di incognite. La situazione si è rovesciata perché la dinamica degli interventi aerei della coalizione, in particolare quelli francesi e inglesi, è cambiata. Si è intensificata e inasprita. Gli attacchi non hanno più come bersagli l'aviazione e gli altri mezzi militari impegnati a colpire o a minacciare la popolazione civile. Questo è accaduto in generale all'inizio dell'operazione no-fly zone. Poi sono state prese di mira le truppe a terra. E' quel che è accaduto ad Ajdabiya. I soldati di Gheddafi erano asserragliati nella città con i loro carri armati e tenevano a distanza con qualche razzo o tiro di mortaio gli shabab non abbastanza armati per promuovere un vero assedio. Gli aerei della coalizione sono intervenuti e hanno ridotto al silenzio con i loro missili l'artiglieria e i mezzi blindati dei gheddafisti. I quali sono stati costretti ad abbandonare la città, dove gli shabab sono entrati quando era praticamente vuota. Senza l'appoggio degli aerei francesi e inglesi sarebbero rimasti inchiodati alle porte di Ajdabiya. Con i loro poveri kalasnikov e qualche vecchia mitragliatrici non avrebbero potuto fare altro. Molto più a Ovest, non lontano da Tripoli, nella città portuale di Misurata un coraggioso gruppo di shabab tengono testa ai gheddafisti. La sorte di quella città isolata dove si combatte da settimane tiene in ansia i libici dei due campi. Da alcune ore gli aerei francesi scaricano missili sui gheddafisti. Il loro è un appoggio diretto agli shabab, che lo meritano.

L'interpretazione della risoluzione dell'Onu lascia aperto un ampio campo d'azione. L'obiettivo della no-fly zone è di proteggere i civili. Ma l'intero apparato militare di Gheddafi è destinato a reprimere la popolazione insorta in febbraio contro la dittatura del raìs di Tripoli. Quindi l'attività degli aerei della coalizione può, o deve, essere implicitamente estesa a tutte le forze armate lealiste. Comprese quelle di terra al momento non impegnate contro la popolazione civile. Sul terreno la nuova dinamica adottata da francesi e da inglesi interpreta la risoluzione del Consiglio di Sicurezza in senso lato. In breve: per proteggere la popolazione civile bisogna eliminare l'apparato militare di Gheddafi. E questo implica la messa fuori gioco dello stesso Gheddafi.
Ogni eventuale trattativa deve condurre non solo all'allontanamento di Gheddafi, al suo esilio, quindi alla sua definitiva messa fuori gioco, ma anche allo smantellamento di quel che resta del suo regime. Poiché i successori, i figli o gli stretti alleati tribali, potrebbero facilmente ripartire alla riconquista della Libia perduta, una volta che questa non fosse più protetta dalla coalizione, tra poche ore affidata alla direzione militare della Nato. La ribellione, che ha la sua sede a Bengasi, ha bisogno di tempo per creare le necessarie strutture politiche e un esercito in grado di competere con quello di Tripoli, sia pur dimezzato. Un portavoce della Nato ha previsto che la no-fly zone potrebbe durare tre mesi. Sembrano molti, ma non mi paiono sufficienti.
Bengasi conta su un intervento più forte della coalizione. Soprattutto nei prossimi giorni e settimane, quando i suoi shabab, avvicinandosi ai capisaldi occidentali di Gheddafi, dovranno affrontare una resistenza ad oltranza, e l'impegno di Mirages, Rafales e Tornado, e dei missili americani, saranno essenziali, come lo sono stati del resto nell'ultima settimana. Finora la guerra civile si è svolta sulla striscia di terra che si stende tra il Mediterraneo e il deserto, nelle rare città distanti una dall'altra spesso centinaia di chilometri. Le battaglie calano dal cielo, come nell'Apocalisse. E si spandono in un paesaggio per lunghi tratti vuoto, lunare. Sono micidiali e irreali.

Il cronista che ha seguito per decenni le tragedie arabe, che ha raccontato le vicende dei raìs avidi o generosi, crudeli o illuminati, odiati o amati, ma sempre subiti dalla loro gente, stenta a seguire con freddezza professionale questa insurrezione araba. Anche se ha imparato a detestare la violenza, come un chirurgo il cancro che cura, gli capita di vedere negli shabab dei paladini in lotta contro l'ingiustizia e il despotismo. Paladini disordinati, confusi e chiassosi, spesso armati di solo entusiasmo, in marcia sulla lunghissima, interminabile strada per Tripoli, dove forse non arriveranno mai. 

(28 marzo 2011)




Caro Gheddafi, solo un missile ci può salvare
Per abbattere gli ecomostri invochiamo la benevolenza del Raìs
Caro Colonnello Muammar Gheddafi, Ci rendiamo conto che Lei in questo momento è impegnato in attività importanti per la Sua sopravvivenza. Ma proprio in relazione a questo avremmo un importante suggerimento per Lei. Legga bene, se la Sua condizione glielo consente. Grazie. Noialtri italiani non Le abbiamo mai voluto male in fondo. La politica di dialogo verso i paesi del Mediterraneo l’aveva inventata Mussolini (fascista è la prima università di lingue orientali d’Italia, quella di Napoli). Enrico Mattei, Andreotti e Craxi hanno portato avanti la nostra personale ostpolitik, da ribattezzare nel caso Inshallahpolitik, e va bene così. Siamo culturalmente fratelli, anche se l’ha dimenticato l’Onu, organizzazione polentona e incartatorroni quant’altre mai. Caro Colonello (che Allah il Misericordioso La conservi) le abbiamo voluto bene. L’abbiamo fatta sedere nel board di grandi compagnie. Abbiamo ospitato suo figlio Saadi a Perugia, quando faceva finta di giocare a pallone e dalla villa dove abitava uscivano ogni ora schianti di femmine, prezzolate, ma pur sempre schianti di femmine. Le abbiamo dato soldi per ripagare i danni di guerra. In qualche occasione Lei, permetta, è sembrato un po’ troppo esigente, ma si sa che la politica è così: si chiede cento per ottenere dieci. Siamo venuti in Libia con Impregilo, con l’Eni. E sulla questione petrolio e gas siamo sempre stati più tolleranti degli americani e di quel nanetto di Sarkozy, che farebbe bene a guardarsi le corna e vuole fare il Napoleone invece. Il nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è un suo amico personale, fino al punto di farsi suggerire da Lei nuovi spazi di libertà Bunga. Come vede i legami ci sono, e forti. Anche se ultimamente l’Italia sembra averla tradita. Non solo ce ne stiamo con un piede lì e un piede qui in questa scombinatissima (e feroce per distrazione) missione di guerra, ma sulle agenzie di stampa italiane circolano strane voci su di Lei. Tipo che anni fa mentre le iniettavano il botox Lei se ne stava tranquillo a mangiare un hamburger (non scherziamo, è un’Ansa di giovedì 25 marzo). C’è bisogno di una reazione, egregio Colonnello. Le scriviamo in particolare a nome di quel Sud Italia che è un pezzo importante nel corpo vivo del Mediterraneo, della Calabria dove si andò a incartocciare l’F 104 che sappiamo, della provincia di Reggio in cui capita che la spiaggia deserta e l’odore pulito del sole traccino nostalgie di Africa e deserto. Vede, caro Colonnello Gheddafi (Che l’Onnipotente e Misericordioso la conservi, tanto lo sappiamo che senza di Lei nessuno sarà in grado di tenere un po’ d’ordine in mezzo alle tribù di orgogliosissimi guerrieri che sono i beduini), il fatto è che a noialtri di qui solo un missile ci può salvare. Meglio ancora, un po’ di missili. Faccia uno sforzo. Riunisca un po’ di SS1 Scud, lasci stare Lampedusa che lì hanno i loro guai. Li indirizzi tutti qui. Solo nella provincia di Reggio gli ecomostri censiti (dati Legambiente) sono 2000. Ci sono certi orrendi brufoli sul corpo della terra, come il petrolchimico di Saline Joniche, e un numero enorme di costruzioni vuote da abbattere. Grandi, enormi. Con immani pilastri di cemento da cui spuntano, come peli di insetti mastodontici, chilometri di tondino arrugginito. Se l’inferno ha una rappresentazione oggi, il diavolo con le ali bituminose di cui parlava il poeta Eugenio Montale abita lì, sotto l’ala di un albergo mai finito, di un palazzo abbandonato grigio come la morte e marrone come la cacca. Sono monumenti alla morte e meritano una jihad, questi. Guardi Stignano mare, con i due alberghi gemelli sotto la curva di San Fili. Uno è stato finito, l’altro no, è uno scheletro del male pronto a risvegliarsi in una notte di tempesta e fare piazza pulita di Riacioti e Cauloniesi, come Godzilla. Guardi i bronzi di Viale Europa a Reggio. Chi ci passa davanti senza accorgersene comincia a covare pensieri di vendetta verso il mondo. C’è gente che si è fatta killer della ndrangheta perché aveva tutto il santo giorno davanti uno strumbolo così. C’è chi si è ammalato di depressione, chi ha preso a calci in culo la mamma vecchia come in certi film di Ciprì e Maresco. Solo perché quegli oggetti esistono vuol dire che Satana c’è, vive in mezzo a noi e tiene nelle tasche (bucate) dei calzoni una bella quantità di assessori. Il grande Satana non è solo l’America. Come racconta il cantautore di Focà Mujura: “U diavulu è calabrisi” e abita nell’ecomostro. Jihad, ci vuole Jihad. Consideri, egregio Colonnello, gli aspetti positivi di un bombardamento agli ecomostri della provincia di Reggio. Grande ritorno d’immagine (sarà probabilmente premiato dagli ambientalisti, di sicuro sarà amato dal popolo), una bottarella a questi presuntuosi della Nato e dell’Onu, una schìccheria a Berlusconi. Sono cose belle e buone. Una sola preghiera. Se possibile lasci in pace l’albergo mai finito sul lungomare di Siderno in quanto casa del Burraccia. E poi, che Allah la conservi, di missile ne tenga da parte uno. Prima o poi potrebbe esserci la questione ponte sullo stretto da accomodare. Copiose benedizioni su di Lei. Tenga duro. In fede.

(28.03.2011)

Mastro Bruno Blues



Eredità Gheddafi litigio con il morto. Tre mesi di bombe previsti per la Libia. Crisi in Siria ed è Medio Oriente. Sconquasso nel Mondo arabo. Dittatori utili, dittatori cattivi

Gli Stati Uniti al verde si appoggiano alla Nato. Divorzio franco-tedesco e Sarkò si fidanza con Cameron in difesa degli affari delle due famiglie. L'Italia, meschinella, ora corteggia la Merkel.

La Libia liberata, no, scusate, Gheddafi resiste, anzi, contrattacca. Bombe, morti veri e presunti, i ribelli rivincono e offrono petrolio. Il giornalismo dell'ansia e del sensazionalismo. Visto che la partita sull'intero mondo arabo coinvolgere anche il mondo musulmano non arabo, vedi l'Iran, un promemoria sui despoti amici, tiranni utili, e dittatori comodi o scomodi. A noi. Prendiamo come riferimento l'indice di democrazia interna di “Trasparency International” e “Freedom House”. La classifica del peggio. L'Egitto era a quota 138, la Tunisia 144 e la Libia di Gheddafi 158. Attorno a quei valori troviamo la Siria a 152, lo Yemen a 146, gli Emirati Arabi a 148. Corona del peggio per Re Abdullah dell'Arabia Saudita, quota 160, ma è un amico. La Somalia dello sceicco Sharif Ahmed “non classificata”. Tra i despoti più longevi, dato il podio a Gheddafi con i suoi 42 anni di potere, troviamo il sultano Bin Said al Said dell'Oman con 41 anni, e il presidente della Yemen Ali Abdullah Saleh con 33. Cifre viziate dalla sola democrazia certa. Quella della morte. Salvo eredità di padre in figlio. Video nella rete dalla Siria: La protesta di Damasco; La protesta al suq di al-Hamidiyah; Manifestazioni a Leodicea; Focus Daraa I morti di Daraa; Una folla mai vista prima; L'esercito spara sui manifestanti.

 



Libia. Dopo i pesanti raid aerei della coalizione internazionale contro le forze di Gheddafi, gli insorti avevano ripreso la città di Ajdabiya e hanno rivendicato anche la riconquista del porto petrolifero di Brega. Contemporaneamente le forze fedeli a Muammar Gheddafi hanno ripreso l'attacco contro Misurata, la città portuale stretta tra Tripoli e Sirte.  Stamani però ancora mancavan conferme  e testimonianze.


Cessate il fuoco a Misurata
Conferme che però sono arrivate da parte dell'agenzia Jana, che ha citato il ministro degli Esteri Musa Kusa. Secondo la fonte le truppe di Muammar Gheddafi hanno ripreso in parte il controllo di Misurata e in seguito hanno proclamato un cessate il fuoco. Circostanza comunicata anche dai ribelli.


Sirte in mano ai ribelli?
La sorte della città natale del colonello, Sirte, è invece avvolta ancora nell'incertezza più totale. Le forze del governo provvisorio di Bengasi hanno annunciato la presa della roccaforte del regime ma sia le fonti ufficiali di Tripoli che i media internazionali hanno smentito. Sembra invece appurato che i ribelli stiano tentando di portare dalla loro parte a tribù dei Firjan, storicamente ostile a quella dei Gheddafi. Se l'operazione riuscisse la città potrebbe avere le ore contate.


Libertà e petrolio. I campi petroliferi riconquistati nelle ultime 48 ore consentiranno ai ribelli di fare soldi. «Produrre almeno 100mila, 130mila barili al giorno, e possiamo facilmente arrivare a un ritmo di 300mila», ha detto Ali Tarhoni, responsabile per gli affari economici dei gruppi che hanno il controllo di Ras Lanuf, Marsa el Brega e Tobruk. Come e a chi vendere il greggio non è chiaro.



Siria. I vertici del partito Baath siriano hanno deciso di abrogare la legge d'emergenza in vigore da 48 anni. Il governo siriano pronto alle dimissioni. La legge, instaurata immediatamente dopo l'arrivo al potere della partito Baath nel marzo 1963, impone restrizioni sulla libertà di riunione e di spostamento, e permette l'arresto di «sospetti che minacciano la sicurezza».



Contro Assad. Gli attivisti siriani lanciano appelli allo sciopero generale, che arrivano dopo che ieri l'opposizione ha denunciato le vittime tra i manifestanti a Latakia, che oggi l'agenzia Sana rivela essere 12 in tutto. Migliaia di manifestanti hanno protestato ieri anche a Daraa, dove secondo Amnesty, in una settimana di proteste sono state uccise 55 persone dalle forze di sicurezza.
(ami)2011-03-28 17:22:07