PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

giovedì 24 marzo 2011

L'Italia tradisce sempre - Marco Travaglio


GUERRA IN LIBIA/ 2011, Italia: siamo traditori di GheddafiVIDEO



Libia Gheddafi GUERRA IN LIBIA/ 2011, Italia: siamo traditori di Gheddafi? VIDEO

Italia in guerra contro la Libia di Gheddafi: siamo traditori? VideoYoutube.

GUERRA IN LIBIA 2011 – Il colonnello Gheddafi ci ha chiamato traditori. Al pari di Marco Travaglio, non sono un esperto di politica estera. Non posso quindi permettermi di fare il professore e squadernare giudizi sull’attuale crisi libica (ammesso qualcuno possa darne di fondati: quando si infila  la testa nel sacco della guerra non si vede più niente e non si sa dove si va a finire).
TRATTATO ITALIA LIBIA – Non serve però essere esperti di politica estera, per capire che l’Italia ha stracciato un recentissimo trattato di amicizia con la Libia, con un voltafaccia repentino, profondo e ipocrita. Un trattato di amicizia votato favorevolmente dal Governo Berlusconi e appoggiato dal Pd. Qualcuno potrebbe dire: ma adesso Gheddafi sta massacrando i civili, il voltafaccia è legittimo. Tralasciando il fatto che non è chiaro quanto siano “civili” i ribelli anti-Gheddafi (nel senso che più che di bombardamenti su civili disarmati, in Libia sembra esserci una guerra civile fra esercito di Gheddafi e rivoltosi armati e coordinati chissaà da chi), nel trattato firmato con la Libia è specificato testualmente che l’Italia giura di non appoggiare in nessun caso operazioni militari contro la Libia. Qualsiasi cosa accada. Non serve essere esperti di politica estera, per capire che chi ha firmato tale trattato avrà pensato:”Ma sì… cosa vuoi che accada!”.
RITORSIONI GHEDDAFI – Potete quindi immaginare quanto Gheddafi e la Libia ci vogliano bene in questo momento: da “amici personali” siamo passati a parte attiva in un’operazione militare che sventola alta in cielo la Risoluzione Onu 1973, come se fosse carta bianca che tutto concede (la chiamano interpretazione “estensiva”). I nostri aerei non hanno sparato un colpo (così dicono Berlusconi e La Russa), ma abbiamo concesso l’utilizzo delle nostre basi (situazione vietata dal trattato Italia-Libia) e i Tornado hanno “accecato” i radar libici. Come è stato già sottolineato da altri, l’Italia rischia di più e ci guadagna di meno, da questa situazione: siamo dei traditori a due passi dalla Libia, il rischio di ritorsioni è concreto (Berlusconi sostiene che Gheddafi non ha armi di gittata sufficiente per colpire l’Italia, ma non serve essere esperti di politica estera, per sapere che la gittata degli atti terroristici è sufficiente ad attaccare in ogni dove…). Ondate di immigrati-profughi, danni economici (visti i comuni interessi Italia-Libia): quello che rischiamo è chiaro, quello che abbiamo da guadagnarci lo è un po’ di meno. A parte la gloriosa soddisfazione di aiutare un fantomatico “risorgimento” nord africano… (beate le anime candide che ci credono).
MARCO TRAVAGLIO VIDEO YOUTUBE – Nel video Youtube “embeddato” nel presente articolo, vi propongo l’ultima sortita di Passaparola, con un Marco Travaglio che fornisce diverse informazioni utili per comprendere i rapporti Italia-Libia.

24 MARZO: RASSEGNA STAMPA



24/03/2011 - LA GUERRA CIVILE

Libia, Gheddafi riconquista Misurata
Merkel: "Serve l'embargo petrolifero"




Raid aerei della coalizione
su Tripoli, il regime attacca:
«Molte vittime civili». Parigi:
fieri del lavoro svolto finora

Colpi d'arma da fuoco della contraerea e potenti esplosioni sono stati uditi questa mattina a Tripoli, nel sesto giorno di offensiva della coalizione internazionale. La contraerea è entrata in azione alle 5.30; subito dopo hanno avuto luogo forti esplosioni, riecheggiate in tutta la capitale.
Gli abitanti di Misurata, il cui porto è stato sequestrato dalle forze pro Gheddafi, hanno invece detto che migliaia di lavoratori stranieri sono bloccati nello scalo. La coalizione ha condotto ieri sera numerose incursioni aeree su Tripoli. Una potente esplosione, tra l'altro, si era verificata nei pressi di una base militare nella regione di Tajoura, a 32 chilometri a est della capitale. Alcuni testimoni avevano visto un incendio divampare nei pressi della base a seguito della deflagrazione.

L'agenzia ufficiale Jana ha riferito inoltre di raid aerei in un quartiere a est di Tripoli: secondo l'organo d'informazione ufficiale libico, sarebbe stato colpito «un quartiere residenziale», facendo un «numero importante di vittime». Secondo la stessa fonte, inoltre, numerosi bombardamenti hanno preso di mira obiettivi civili e militari nella città di Jafra, a circa 600 chilometri a sud di Tripoli. La tv satellitare Al Arabiya ha riferito poi che una delle caserme-bunker di Muammar Gheddafi è stata a lungo sotto attacco aereo.

Intanto, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto un «embargo petrolifero completo» contro la Libia, oltre ad «ampie restrizioni al commercio» del Paese. «Spero che alla fine troveremo una posizione comune su questo punto», ha detto la Merkel durante un intervento al Bundestag riferendosi al consiglio europeo di Bruxelles. In ogni caso la coalizione internazionale guidata da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna «continuera' con gli attacchi aerei» verso obiettivi militari in Libia. Lo riferisce il ministro degli esteri francese Alain Juppe', precisando che l'obiettivo dell'alleanza e' «proteggere i civili da un dittatore pazzo». A chi gli chiede se nel corso degli attacchi sono stati colpiti dei civili, il capo della diplomazia francese ha risposto che si tratta «esattamente del contrario». Juppe' si e' poi detto a favore dell'affidamento delle operazioni alla Nato nel rispetto di una no-fly zone sul territorio libico.

«Possiamo essere fieri di quanto è già stato realizzato in Libia con l’operazione militare della coalizione internazionale», ha affermato inoltre la presidenza francese. Il vertice di Parigi «di sostegno al popolo libico» di sabato scorso è stato, afferma l’Eliseo, «organizzato in 48 ore, con urgenza perchè Bengasi era circondata dai carri armati di (Muammar) Gheddafi che minacciavano di aprire il fuoco». In seguito «si è riusciti a ridurre in modo considerevole il numero delle vittime civili causate dalle truppe di Gheddafi, a spezzare la morsa intorno a Bengasi e a ridurre notevolmente le capacità militari» del leader libico. Per il resto - afferma la presidenza francese - spetta al popolo libico, e a lui solo, di determinare il suo futuro e scegliere i suoi governanti».

Sul fronte diplomatico si continua intanto a discutere sui dettagli del passaggio di testimone alla Nato. Con la Francia che ribadisce che l’Alleanza non avrà comunque il comando politico, ma interverrà - secondo il ministro degli Esteri Alain Juppè - «come strumento di pianificazione e guida operativa» per garantire il rispetto della no-fly zone. A Juppè ha risposto il ministro Franco Frattini in un intervento al Senato. «Era necessario partire con una azione urgente per evitare danni gravissimi» ma ora «dobbiamo tornare alle regole con un unica catena di comando unificato alla Nato», ha detto Frattini. «Abbiamo sperato che Gheddafi andasse in esilio per evitare un massacro» avevamo lavorato e «volevamo una soluzione pacifica alla crisi. Non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra», ha aggiunto il ministro. La Nato ha intanto deciso di affidare all’Italia il comando militare della missione navale incaricata di fare rispettare l’embargo sulle armi imposto al regime di Gheddafi. Oggi, comunque, riprenderanno le discussioni alla Nato: qualora si finisse per dare luce verde al coinvolgimento dell'Alleanza, il coordinamento verrebbe effettuato dal comando Nato di Napoli, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche francesi.

Il Consiglio nazionale degli insorti - secondo la tv Al Jazeera - ha intanto incaricato Mahmud Jabril di formare un governo ad interim. «Il Consiglio nazionale è un organo legislativo ma abbiamo bisogno di un organo esecutivo per assumere il controllo e mettere in atto una forma di amministrazione», ha detto ad Al Jazira uno dei portavoce del Consiglio, Nisan Gouriani, precisando che «la posizione degli insorti è stata chiara sin dall’inizio: la Libia è indivisibile». «La nostra capitale è e sarà per sempre Tripoli. Stiamo lottando per liberare la parte ovest del paese e la capitale per mantenere il paese unito», ha aggiunto Jabril, noto a livello internazionale per il suo ruolo di inviato del Consiglio a Parigi e Bruxelles.

Libia/ Francia, Juppé: Gheddafi è un "dittatore pazzo"

"Alcuni nel suo entourage cominciano a porsi delle domande"

Libia/ Francia, Juppé: Gheddafi è un
Parigi, 24 mar. (TMNews) - Il ministro francese degli Affari esteri, Alain Juppé, ha definito oggi il leader libico Muammar Gheddafi "un dittatore pazzo" e si è detto convinto che "alcuni nel suo entourage iniziano a porsi delle domande" sul colonnello. "Sono convinto che a Tripoli alcuni iniziano a porsi delle domande (...). Si può continuare con un dittatore - non voglio utilizzare termini eccessivi - pazzo? ", ha il capo della diplomazia francese a radio RTL.

"Io non immagino, dopo ciò che è accaduto e sta accadendo nel mondo arabo, come un regime guidato da questa persona possa durare. Ma vogliamo che siano i libici a decidere", ha aggiunto Juppé, sottolineando che i raid aerei della coalizione internazionale sulla Libia si prefiggono di "mettere gli oppositori di Gheddafi nella situazione di riprendere vantaggio".

La fase "succesiva", secondo il ministro francese, "sarà quella di un'iniziativa di pace". "Occorre pensare a organizzare la pace, porre le condizioni di un dialogo nazionale tra il Consiglio nazionale di transizione, magari anche altre forze politiche, e le autorità tradizionali della Libia", ha sottolineato Juppé.

(font afp)



Libia, Frattini: ''L'azione di forza è necessaria''

Il ministro degli Esteri interviene al Senato. Berlusconi sempre assente.

Il dibattito sulla Libia approda alla Camera. Per il governo riferisce in Aula sempre il ministro degli Esteri Franco Frattini. Che invita tutte le forze parlamentari a sostenere la mozione del governo: "Dividersi, specialmente quando condividiamo le linee di fondo del nostro intervento, indebolisce il Paese e non è di incoraggiamento per coloro che portano la bandiera italiana in teatri difficili". "Vogliamo evitare che una guerra sanguinosa proceda - ha proseguito Frattini - Vogliamo portare aiuto a chi è in balia di un'offensiva bellica indiscriminata, è necessaria la forza, il diritto e il potere di proteggere che l'Onu ha nel suo statuto".
A proposito della leadership della missione il titolare della Farnesina ha detto: "La Ue è chiamata alla sfida della credibilità, della mediazione e del risultato: il multilateralismo non può essere solo un proclama e l'Italia rifiuterà sempre i direttori ristretti". 


L'aggiornamento precedente

La missione italiana in Libia approda alle Camere. Oggi il Senato discute e voterà sulla missione, dopo avere ascoltato le comunicazioni del governo. A farle il ministro degli Esteri Franco Frattini. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha preferito non essere in Aula.
"Per i sentimenti di amicizia che legano l'Italia al popolo libico, avevamo lavorato e volevamo una soluzione pacifica alla crisi libica", ha esordito il titolare della Farnesina.
"Non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra e l'uccisione di civili", ha proseguito Frattini. 


"Rispetteremo i limiti della risoluzione"

"Abbiamo condiviso con il Parlamento l'intenzione di partecipare alla missione in attuazione della Risoluzione 1973 dell'Onu. Abbiamo assicurato la partecipazione a pieno titolo alle operazioni. L'Italia sta dando e darà il proprio contributo all'attuazione della Risoluzione, nel puntuale rispetto dei limiti da essa definiti", ha precisato ancora Frattini.
"L'azione militare serve a evitare danni gravissimi, per questo ci siamo e ci saremo con piena dignità", ha aggiunto il ministro.


"Vogliamo il comando Nato"

A proprosito del comando della coalizione ha detto ancora Frattini: "Bisogna arrivare ad un comando unificato Nato perchè l'Italia non vuole e deve evitare il rischio di essere corresponsabile di azioni non volute in Libia da parte di altri Paesi".


"Gheddafi è finito"

E ancora: "Abbiamo congelato come Italia beni riconducibili al regime di Gheddafi per un valore di 6-7 miliardi di euro".
E poi: "È poco realistico che alla fine Gheddafi prevalga". Anche per questo il ministro ha detto che "la pre-condizione perché la crisi libica si risolva positivamente è l'abbandono del potere da parte del colonnello Gheddafi".

"Il trattato con la Libia è sospeso"

"L'accordo di amicizia con la Libia poteva già considerarsi sospeso di fatto. Ma ora l'Italia è chiamata a rispettare la risoluzione dell'Onu e siamo quindi tenuti ad adempiere decisioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza. Ne discende la sospensione automatica di diritto, e non più di fatto, del trattato bilaterale", ha rposeguito Frattini.


"Immigrazione? Serve strategia europea"

A proposito del problema immigrazione Frattini ha invece detto: "Molti avevano tacciato come allarmistica la previsione di massicci afflussi di migranti. Ma da gennaio 15 mila e oltre immigrati clandestini sono arrivati in Italia, provenienti dalla Tunisia. La concreta possibilità che nuovi e anche superiori flussi provengano adesso dalla Libia impongono una strategia europea". 

"Siamo in contatto con Bengasi"

A proposito dei ribelli in Tripolitania Fratini ha invece detto che "l'Italia ha un contatto diretto e costante con il governo provvisorio libico a Bengasi, dove ha riaperto il consolato italiano. L'obiettivo è quello della riconciliazione: lavoreremo senza paternalismi per favorire la transizione democratica del Paese".
E ancora: "Non vogliamo una Libia divisa in due, non sarebbe nell'interesse di quel popolo e non è desiderata neanche da Bengasi". 



La mozione

Nelle scorse ore la maggioranza ha raggiunto il difficile accordo sulla mozione da presentare in Parlamento, dalla quale si "augura",  una condivisione piena dell'opposizione. Il documento parte sottolineando l'adesione dell'Italia alle operazioni della Nato, l'applicazione della risoluzione Onu, e poi arriva alle questioni che riguardano più da vicino il nostro paese: tutela degli interessi economici delle imprese italiane in Libia (specie per quanto riguarda le forniture di energia e gas), condivisione da parte dell'Europa dei problemi relativi alla gestione dei profughi), pattugliamenti delle acque internazionali per fermare il traffico di esseri umani.


4 mozioni

L'auspicio della maggioranza, però, non diventa realtà. Le opposizioni infatti non convergono sulla risoluzione di Pdl e Lega e quindi hanno deciso di presentare ciascuna una propria risoluzione in vista del dibattito di oggi pomeriggio nell'aula del Senato. Il Terzo polo sta ancora lavorando sul documento; il Pd sta limando il testo che di fatto ricalca quello approvato venerdì scorso dalle commissioni riunite. Mentre l'Idv lo ha già depositato. 

 

Berlusconi assente

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - la cui presenza era stata chiesta a gran voce dalle opposizioni - sarà assente al Senato. Lo ha annunciato in Aula il presidente di turno, Domenico Nania, dopo averne avuto notizia dagli uffici di presidenza. A palazzo Madama saranno invece presenti i ministri della Difesa, Ignazio La Russa e il responsabile della Farnesina, Franco Frattini. Toccherà a loro spiegare i contenuti della mozione e chiedere il sì al Parlamento. Non a caso. Secondo le indiscrezioni il premier sarebbe sempre più in imbarazzo per il ruolo che l'Italia, principale "amico" della Libia, sta svolgendo in questa guerra.

La soluzione del premier

Per uscire da questa situazione il capo del governo punterebbe a esaltare il ruolo diplomatico dell'Italia nella ricerca di una soluzione più veloce e indolore possibile. A questo proposito il ministro degli Esteri Franco Frattini potrebbe partecipare a una riunione dell'Unione Africana, in programma venerdì, e svolgere un ruolo di mediazione con la Lega Araba, che pure sembrerebbe interessata a una svolta diplomatica della vicenda libica. Anche puntando su questi perni il govberno cercherà di incassare in Parlamento il sì dell'opposizione.

Il nodo Lega

Il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, ha detto che con la Lega "c'è un'ampia possibilità di condivisione della risoluzione".
Rassicurazioni, dunque, considerando che il Carroccio è stato da subito critico verso la partecipazione dell'Italia alla coalizione di paesi che hanno attaccato le forze libiche.
Per il Pd, Enrico Letta ha detto che il suo partito è disponibile a votare a favore, soltanto se il documento del governo ricalcherà la risoluzione dell'Onu.
Domani il dibattito passerà alla Camera, con successivo voto sulle risoluzioni che verranno presentate.


Ultimo aggiornamento: 24/03/11


LIBIA: BERLUSCONI, GHEDDAFI SI FERMI POI LA MEDIAZIONE

(AGI) - Roma, 24 mar. - Gheddafi ordini prima un vero cessate il fuoco, poi si aprira' la fase della diplomazia. E' l'invito del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in un colloquio con il Corriere della Sera, nel quale sostiene: "Siamo tutti tesi a chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco, la fine delle ostilita' da parte del Colonnello e' la condizione sine qua non per ogni mediazione. Dopo si potra' aprire la fase della diplomazia". Secondo il premier, "in questo momento nessuno puo' dire qualcosa di certo sugli esiti e sulla durata della missione. Mi sembra che ancora una mediazione non sia matura. La pensano cosi' anche Vladimir Putin e personalita' come l'ambasciatore libico Abdulhafed Gaddur che conosce bene la situazione a Tripoli. Gheddafi e' ancora fiducioso di potercela fare perche' ha il controllo pieno della capitale".
  (AGI) .


Libia, Tunisia congela beni famiglia Gheddafi









TUNISI (Reuters) - La Tunisia ha congelato asset appartenenti al leader libico Muammar Gheddafi e alla sua famiglia. Lo ha detto oggi una fonte del governo tunisino.

"La Tunisia ha congelato gli asset di Gheddafi e di cinque membri della sua famiglia in seguito ad una decisione delle Nazioni Unite", ha detto a Reuters la fonte, che ha preferito rimanere anonima.








Libia: fedeli di Gheddafi contattano Usa

Fonti dipartimento di Stato confermano indiscrezioni alla Cnn

23 marzo, 23:34
(ANSA) - NEW YORK, 23 MAR - Fonti del Dipartimento di Stato Usa hanno confermato alla CNN che fedelissimi di Gheddafi stanno prendendo contatto con le autorita' americane. Tra gli altri vi sarebbe anche un cognato di Gheddafi. Era stata il segretario di Stato, Hillary Clinton, ad anticipare ieri in un'intervista alla ABC che fedelissimi di Gheddafi, e lo stesso leader libico, 'stanno cercando una via d'uscita'.


Libia/ Truppe Gheddafi schierate alle porte di Ajdabiya

Continuano raid occidentali: colpito quartier generale Gheddafi?




Roma, 23 mar. (TMNews) - Continuano i raid aerei delle forze internazionali in varie zone della Libia, che avrebbero di nuovo colpito anche il quartier generale di Muammar Gheddafi, a Tripoli. Secondo la televisione Al Arabiya, citata dalla Bbc, le truppe del Colonnello si sarebbero schierate con i loro carri armati agli ingressi occidentale e orientale della città di Ajdabiya.



Ultimissime - Libia - Gheddafi e i neo colonialisti




La Libia è sotto le bombe e la prima vittima di questa guerra è verità: abbiamo avuto uno scontro diplomatico per il comando delle operazioni, che ora passerà alla Nato e verrà tolto di fatto alla Francia.
I bombardamenti seguono una logica che esce dalla filosofia dell'Onu: si sono colpiti edifici pubblici e si è tentato pure di uccidere Gheddafi, distruggendo i suoi bunker e i suoi edifici privati.
Il rais intanto spara pure sugli ospedali e le sue truppe sono ancora al contrattacco, mentre i ribelli pare che non siano in grado di conquistare il Paese e se lo facessero avrebbero contro una guerriglia feroce.
Avremo un nuovo Iraq, con bombe ed attentati, morti e feriti, con Al Qaeda e questo tutto per la politica estera di tre Stati ….colonialisti, o neocolonialisti, Francia Gran Bretagna e Usa, più per le colpe di un quarto Stato sciagurato …..l'Italia.
Pubblicato da Arduino.Rossi a 07:35






LIBIA: CROSETTO, GHEDDAFI DITTATORE PAZZO. NON MI ADDOLORA SUA SORTE

(ASCA) - Roma, 23 mar - ''Gheddafi e' un dittatore pazzo e' molto furbo'': lo ha affermato oggi ai microfoni del programma di Radio2 'Un Giorno da Pecora' Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa del Pdl.

Ma se e' cosi' pericoloso, non sarebbe meglio -e' stato chiesto- eliminare solo lui evitando una guerra sanguinosa? ''Se dovessimo fare fuori tutti i dittatori pazzi e furbi che ci sono nel mondo...'' ha risposto Crosetto.

Berlusconi si e' detto 'addolorato' per la situazione che sta vivendo il Rais, lei cosa ne pensa? ''Non avevo 
sentimenti particolari prima nei suoi confronti, non ne ho neppure adesso. Io mi preoccupo del futuro della Libia''. min/mau/rob


LA GUERRA IN LIBIA E IL CAVALIERE

Berlusconi: io, gli alleati e Gheddafi
L'Italia non è in guerra e non ci entrerà

Il premier: prima un vero cessate il fuoco, poi si aprirà la fase della diplomazia

Gheddafi e Berlusconi in una foto d'archivio
(l.fo.) Al mattino in Consiglio dei ministri ha potuto finalmente rivendicare la «linea vincente» dell'Italia nella gestione della crisi libica. I primi giorni della missione, segnati dalla spinta francese a chiudere con le armi la partita con il colonnello Gheddafi, sembrano archiviati e l'umore del presidente del Consiglio migliorato. «Abbiamo ottenuto non solo il pieno coordinamento Nato di tutte le operazioni della missione - spiega al telefono - ma anche l'applicazione puntuale della risoluzione dell'Onu. La coalizione è impegnata a difendere la popolazione civile, l'Italia non è entrata in guerra e non vuole entrarci».

Le ore dell'incertezza sul comando delle operazioni e sugli obiettivi della coalizione (proteggere i libici dalla repressione delle milizie del Raìs o promuovere il cambio di regime con la sconfitta e l'eliminazione del Colonnello?) sono, per il Cavaliere, definitivamente superate. Ci sono tre punti chiari sull'azione occidentale in un Paese così strategico per gli interessi italiani: creazione di una «no-fly zone» che impedisca all'aviazione di Tripoli di colpire le città in mano ai ribelli, embargo delle armi alla Libia, difesa della popolazione civile in balìa delle armate del Raìs.
«Era tutto già chiaro da sabato quando la missione è stata decisa - aggiunge il capo del governo -. Ne ho parlato con il premier inglese David Cameron e con il segretario di stato americano Hillary Clinton, ed erano perfettamente d'accordo». Ma d'accordo non era certamente Nicolas Sarkozy che ha esercitato un'egemonia sulla prima fase della missione, con strappi che lasceranno qualche strascico nei rapporti con Roma. Il Cavaliere non vuole polemizzare con il presidente francese, ritiene che ora sia il tempo dell'unità. Certo il ministro Alain Juppé ha appena dichiarato che quello della Nato sarà solo «un coordinamento tecnico» mentre le decisioni politiche sulla missione verranno prese altrove. I distinguo francesi non saranno facili da archiviare e peseranno nella discussione che i capi di stato e di governo europei avranno oggi a Bruxelles. Ma su questo punto Berlusconi è netto: «Quella della Nato è un'assunzione piena di responsabilità. Ripeto, sono tutti d'accordo, c'è solo qualche resistenza da parte francese».

Le cronache di questi giorni sono piene di interrogativi su cosa può accadere in Libia dopo i primi raid aerei. Quanto dureranno le operazioni militari, è possibile una mediazione che spinga il Colonnello a lasciare il Paese? E non c'è il rischio che l'operazione ottenga solo risultati parziali o addirittura si trasformi in una sconfitta per la coalizione anti Gheddafi? «In questo momento nessuno può dire qualcosa di certo sugli esiti e sulla durata della missione - ragiona il premier italiano -. Mi sembra che ancora una mediazione non sia matura. La pensano così anche Vladimir Putin e personalità come l'ambasciatore libico Abdulhafed Gaddur che conosce bene la situazione a Tripoli. Gheddafi è ancora fiducioso di potercela fare perché ha il controllo pieno della capitale». Il premier italiano non ha avuto contatti con il Colonnello, con cui c'è stata per nove anni una lunga amicizia politica e personale. Ne conosce il carattere caparbio, soprattutto di fronte a quella che appare una sfida di vita o di morte. È convinto però che ci sia un passo decisivo che il Raìs deve compiere: l'accettazione del cessate il fuoco, la fine degli attacchi ai ribelli di Bengasi e delle altre città che si sono liberate del dominio di Tripoli. «Siamo tutti tesi a chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco - dice Berlusconi - la fine delle ostilità da parte del Colonnello è la condizione sine qua non per ogni mediazione. Dopo si potrà aprire la fase della diplomazia».

Il Cavaliere è soddisfatto, dopo le tensioni con la Lega dei giorni scorsi, dell'accordo trovato nella maggioranza sulla risoluzione in nove punti che impegna il governo italiano nella crisi libica. Ci sono condizioni come quelle sul «ritorno più rapido possibile ad uno stato di non conflittualità» e sull'impegno dell'Unione Europea al «pattugliamento del Mediterraneo» contro l'immigrazione clandestina, particolarmente care al partito di Bossi. «È una mozione pienamente in linea con quanto pensa tutta la maggioranza. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a Bruxelles e insisterò con i colleghi europei perché vengano accettati gli impegni previsti nel documento».
Berlusconi, dunque, non sarà in Parlamento per il voto sulla mozione, come richiesto dalle opposizioni e dallo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini. «La situazione è ormai molto chiara, non ci sono novità che dobbiamo affrontare - spiega -. Il ministro degli Esteri Franco Frattini è perfettamente in grado di rappresentare il governo. D'altra parte io sono impegnato nel vertice dei capi di Stato e di governo dell'Unione e non posso mandare un altro al posto mio».

Le battute finali riguardano il rapporto con l'opposizione e la possibilità, ormai svanita, che su un tema così importante ci fosse un voto bipartisan in Parlamento. «Il centrodestra, quando era all'opposizione si è comportato in maniera diversa su temi così cruciali per il Paese - conclude il premier -. Ma ora abbiamo l'opposizione che abbiamo e non mi aspetto nulla di diverso. D'altra parte sono gli stessi che organizzano, dovunque io vada, squadre di contestatori che mi aspettano urlando "mafioso, mafioso". Il mio governo i mafiosi li sta arrestando come mai in passato, ha inasprito le norme per il carcere duro, ha sequestrato miliardi di beni alle cosche. E il mafioso sarei io?».


24 marzo 2011



Libia, Frattini: Italia punta a cessate il fuoco,Onu sul terreno

mercoledì 23 marzo 2011 18:08









ROMA (Reuters) - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto oggi al Senato che in Libia serve arrivare quanto prima ad un cessate il fuoco per aprire una nuova fase politica senza il colonnello Muammar Gheddafi e che l'Italia, pur partecipando alla coalizione internazionale, sarà d'ora in poi "più attenta" perché l'uso della forza avvenga nel rispetto della risoluzione dell'Onu.
Frattini ha auspicato anche un intervento delle Nazioni Unite in Libia nel momento in cui ci sarà un cessate il fuoco tra le parti libiche in conflitto.
"Siamo leali alla coalizione, ma non portiamo la guerra in Libia. Siamo e saremo di più attenti alla popolazione civile, ad un uso della forza strettamente conforme alla risoluzione dell'Onu e a favorire il dialogo di riconciliazione nazionale", ha detto il ministro degli Esteri.
Il ministro ha rivendicato come un successo italiano il fatto che la Francia avrebbe accettato di portare la missione militare sotto il quadro della Nato.
Nel suo discorso al Senato, che è chiamato ad approvare l'azione del governo sulla Libia, il ministro degli Esteri ha puntato più sulle prospettive politiche che sulle azioni militari.
"La soluzione della crisi in Libia passa attraverso il dialogo nazionale e un processo costituente tra comunità e tribù libiche. Unica condizione: l'abbandono del potere da parte del colonnello Gheddafi"
"E' poco probabile che Gheddafi prevalga", ha aggiunto.
L'Italia vuole favorire questo dialogo e non la divisione della LIbia in due e a questo scopo è in costante contatto con il consiglio di Bengasi, alcuni esponenti del quale "sono venuti a Roma per esporre le loro posizioni".
Per la riconciliazione nazionale Frattini vede un ruolo attivo delle Nazioni Unite in Libia.
"Una volta instaurato un cessate il fuoco, credo che debba essere l'Onu a doverlo verificare sul terremo", ha detto.





LIBIA/ Raid aerei su Tripoli. Italia e Francia, non c'è accordo







giovedì 24 marzo 2011
LIBIA/ Raid aerei su Tripoli. Italia e Francia, non c'è accordoFoto Ansa
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Approfondisci
LIBIA/ 1. Biloslavo: qui a Tripoli i missili "aiutano" Gheddafi e la gente muore per lui





LIBIA RAID AEREI - Sesto giorno di guerra a Gheddafi. Anche stamattina verso le 5 e 30 aerei della coalizione occidentale hanno compiuto missioni che comprendono la stessa città di Tripoli. Ad alcuni giornalisti sono stati mostrati una ventina di cadaveri: i miliziani di Gheddafi sostengono si tratti di civili uccisi dai bombardamenti della coalizione. L'offensiva contro la capitale dei ribelli, Bengasi, si è fermata.

Ieri sera la presidenza francese ha espresso soddisfazione per come stanno andando le operazioni: "Possiamo essere fieri di quanto è già stato realizzato in Libia con l’operazione militare della coalizione internazionale". La Francia ha anche voluto spiegare il motivo della repentina decisione di attaccare: salvare Bengasi dall'attacco, ridurre il numero delle vittime civili e la forza militare di Gheddafi. Adesso spetterà al popolo libico, dice Sarkozy, e solo a lui, decidere il proprio futuro. Restano però tutti i nodi diplomatici relativi a questa guerra. La Francia ha acconsentito che la Nato abbia un ruolo di comando tecnico e militare, ma nessun ruolo politico. Il nostro ministro degli esteri Frattini polemizza: "Era necessario partire con una azione urgente per evitare danni gravissimi ma ora dobbiamo tornare alle regole con un unica catena di comando unificato alla Nato".

Per Frattini, non si tratta di fare la guerra, ma impedire la guerra. Oggi nuovo vertice per decidere come gestire le operazioni. All'Italia è già stato affidato il comando navale per gestire l'imbargo di armi a Gheddafi. Gli insorti intanto hanno fatto sapere che la loro intenzione è quella di rovesciare del tutto Gheddafi perché la Libia è unica e indivisibile e la sua capitale sarà sempre Tripoli. Nessuna ipotesi dunque di una separazione della Cirenaica ribelle dal resto del paese.



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I dissidenti libici in Italia
"Così sosteniamo gli insorti"

Feisal Bunkheila ha lasciato il suo Paese per studiare Medicina a Bologna. Ora ha creato il coordinamento della sua comunità in Italia. Un migliaio di persone che si stanno organizzando per "sostenere la gente contro Gheddafi". Contatti con Emergency, la Croce Rossa e altre organizzazioni umanitarie

di ILARIA VENTURI
I dissidenti libici in Italia "Così sosteniamo gli insorti"
"S'è rotta la barriera del terrore, siamo usciti da un incubo, finalmente. Ora è nostro dovere dare una mano ai ragazzi che stanno morendo in Libia in nome della libertà". Feisal Bunkheila ha lasciato la sua patria per studiare Medicina a Bologna, e qui è rimasto, dopo la specializzazione in oncologia e radioterapia oncologica. Medico al Sant'Orsola, bolognese d'adozione, libico dissidente. Costretto a vivere nella paura, come tutti quelli fuggiti dal regime, per 42 anni.

Ora è la voce dei libici italiani che proprio a Bologna hanno creato il coordinamento della loro comunità in Italia. In tutto, sono un migliaio, e quelli che vivono in città si contano sulle dita d'una mano. "Chiediamo il riconoscimento del governo provvisorio di Bengasi, vogliamo far capire che è una rivolta popolare, per la dignità, la libertà, la democrazia".

Domenica scorsa una cinquantina di loro, provenienti da varie città, si sono ritrovati in una sala del circolo Pd alla Bolognina. Abbracci e lacrime, un doloroso pensiero alle stragi di Misurata, agli scontri a Bengasi, ai familiari in pericolo a Tripoli, a coloro che vivono nelle case sotto le bombe. Ma anche la speranza, ora.

"Siamo dissidenti perché conosciamo Gheddafi da 42 anni ed è il motivo per cui io ho preferito, dopo gli studi, rimanere qui: in Libia non c'era libertà - racconta Feisal -. Ci conosciamo quasi tutti, da una vita, e ci siamo riuniti per parlare della situazione nel nostro Paese, per organizzarci".

Il coordinamento appena nato ha già preso contatti con Emergency, con la Croce Rossa e altre organizzazioni umanitarie. "Vogliamo sostenere la nostra gente, con medicinali e tutto quello di cui ci sarà bisogno. Il regime ha oppresso il mio popolo, Gheddafi e la sua famiglia hanno avuto la disponibilità di tutto, della nostra vita, delle nostre risorse, del nostro onore, delle nostre famiglie. Di qui la ribellione".
Da Bologna, il medico e coordinatore della Comunità libica appoggia l'intervento Nato. "Era indispensabile, anzi doveva esser fatto prima. Io odio la violenza e la guerra, sono un medico, lavoro per salvare le vite. Ma l'Occidente doveva intervenire. Ricordo che sino a sabato scorso Bengasi era destinata a diventare un'altra Bosnia. Chiediamo che il bagno di sangue s'arresti. Gheddafi ha perso la legittimità a governare la Libia, non può più essere un interlocutore per il mondo libero".
Sull'arrivo di profughi, che saranno accolti anche in Emilia Romagna, Bunkheila è netto: "La mia gente non vuole rimanere in Italia, ma vivere in Libia. Se arriveranno, sarà per l'emergenza, poi torneranno a casa". Per lui la storia è diversa: "Se io rientrerò in Libia, sarà per aiutare, ma la mia vita è ormai qui". E torna indietro, coi ricordi, alla fine degli anni '70: "Mi trovavo con gli altri pochi libici che vivono qui e non ci sentivamo mai protetti, avevamo paura per la nostra famiglia. E così siamo vissuti: lontani, da cittadini italiani, con le radici e il cuore in Libia, ma nel terrore. Ora l'incubo deve finire, è finito".


LIBIA, APPELLO DELL'UNICEF.ABBATTUTO UN AEREO LIBICO

I caccia francesi partono per la missione

TRIPOLI - Un jet francese ha abbattuto un aereo militare libico che aveva violato la no-fly zone. Lo ha riferito la tv ABC sul suo sito. I caccia dell'aviazione francese hanno colpito la notte scorsa una «base» militare del regime libico di Muammar Gheddafi: lo ha detto lo Stato maggiore di Parigi. In particolare, l'aviazione francese ha condotto nella notte tra ieri e oggi un attacco contro una «base aerea» della Libia «250 chilometri a sud delle coste», ha annunciato lo Stato maggiore dell'esercito francese nel corso di una conferenza stampa a Parigi. Il raid è stato condotto con missili Scalp lanciati da pattuglie aeree composte da Rafale e Mirage 2000-D, ha precisato il colonnello Thierry Burkhard, portavoce dello Stato maggiore, senza precisare l'esatta localizzazione della base. L'ufficiale ha semplicemente aggiunto che l'attacco ha colpito un obiettivo ad ovest della zona nella quale i caccia francesi hanno concentrato l'essenziale dei loro sforzi dall'inizio delle operazioni, sabato scorso, in particolare, i dintorni di Bengasi. Burkhard non ha voluto fornire ulteriori dettagli sui danni causati dall'attacco.

APPELLO UNICEF: SERVE CORRIDOIO UMANITARIO La popolazione in Libia «sta ancora soffrendo. Sappiamo che il cessate il fuoco nonostante la risoluzione dell'Onu» non è rispettato: «chiediamo che si apra un corridoio umanitario per sostenere la popolazione». È l'appello che lancia la rappresentante dell'Unicef in Tunisia, Maria Luisa Fornara, che si trova in un campo profughi (il Choucha Refugee Camp) al confine con la Libia. «In questo momento non si può portare aiuto alla popolazione, ci sono ancora combattimenti e siamo preoccupati - aggiunge per telefono con l'ANSA - noi insieme alle altre agenzie umanitarie ci stiamo preparando per l'eventualità che si possa aprire il corridoio umanitario soprattutto sia dalla parte dell'Egitto sia della frontiera con la Tunisia. Ci auguriamo che ciò si realizzi».

GHEDDAFI PRENDE MISURATA Le forze di Gheddafi hanno preso il porto di Misurata dopo duri scontri, sequestrandolo e impedendo ai lavoratori stranieri di uscire. La notizia è stata data alle agenzie internazionali dagli abitandi della città costiera libica, che hanno specificato che migliaia di lavoratori stranieri sono bloccati nello scalo.
18 cadaveri carbonizzati sono stati mostrati dagli ufficiali libici ai giornalisti, in un ospedale di Tripoli. I militari pro Gheddafi hanno presentato i cadaveri definendoli militari e civili vittime dei bombardamenti della coalizione. Già ieri sera l'agenzia ufficiale libica Jana aveva parlato di un «numero importante» di vittime nella periferia di Tripoli, a Tajura, a causa dei raid aerei della coalizione internazionale comandata da Usa, Francia e Gran Bretagna.
Intanto il capo della diplomazia francese Alain Juppé ha annunciato che la stessa coalizione «continuerà i raid aerei» su bersagli militari in Libia. «Colpiremo i mezzi militari e nient'altro», ha detto il ministro degli Esteri a radio RTL. «I raid continueranno il tempo necessario», ha aggiunto sottolineando che l'inizio delle operazioni lo scorso sabato è «stato un successo». «L'obiettivo è di proteggere la popolazione civile», ha ricordato Juppè. Interrogato sui tiri della coalizione che avrebbero colpito i civili, Juppè, citando i militari, ha risposto: «è esattamente il contrario».

NATO, ANCORA DISCUSSIONI SU COMANDO I partner della Nato non sono ancora riusciti a trovare un accordo sulle modalità e il ruolo dell'Alleanza nelle operazioni militari internazionali in Libia. Gli ambasciatori dei 28 paesi membri sono riuniti anche oggi con il capo della Nato Anders Fogh Rasmussen, per cercare di trovare un compromesso tra la Francia, che si oppone ad una leadership politica della Nato, e paesi come l'Italia che chiedono invece di fare passare il comando delle operazioni sotto l'ombrello dell'Alleanza Atlantica. I negoziati sembravano ieri ad un passo dalle conclusioni, dopo l'accordo politico tra Usa, Francia e Gran Bretagna sul «ruolo chiave» dell'organizzazione atlantica, ma le divergenze sul comando e il carattere della missione si sono imposte fino alla fine. «Ed ora i tempi rischiano di allungarsi», rilevano fonti dell'Alleanza. La coalizione dei volenterosi da parte sua accelera verso la creazione di una sorta di «cabina di regia» politica, proposta dalla Francia, tra tutti i ministri degli esteri dei paesi partecipanti, che sono stati convocati per martedì prossimo a Londra.

MERKEL: EMBARGO PETROLIFERO COMPLETO La cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto un «embargo petrolifero completo» contro la Libia, oltre ad «ampie restrizioni al commercio» del paese. «Spero che alla fine troveremo una posizione comune su questo punto», ha detto la Merkel durante un intervento al Bundestag riferendosi al consiglio europeo di Bruxelles. Alla vigilia del summit di Bruxelles, la Merkel ha difeso ancora una volta la decisione della Germania di astenersi sul voto sulla Libia al Consiglio di sicurezza dell'Onu, spiegando che il governo ha fatto questa scelta poichè aveva «dubbi sull'attuazione militare della risoluzione». Tuttavia, ha sottolineato la Merkel, «il governo federale appoggia senza riserve l'obiettivo che è stato approvato con questa risoluzione» e si augura un rapido e «durevole successo» dell'operazione.

NAPOLITANO: SIAMO PIENAMENTE NELL'ONU «Io penso che nel Parlamento ieri si è espressa, pur nella diversità di posizioni, una convergenza fondamentale, molto significativa e importante». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lasciando il sacrario delle Fosse Ardeatine. «È una convergenza fondamentale che esprime - ha aggiunto Napolitano - comprensione della necessità che un paese come il nostro non restasse indifferente di fronte alla repressione di un moto di libertà e di giustizia sociale scoppiato anche in Libia dopo essere esploso in Tunisia e in Egitto». «Stiamo pienamente dentro la Carta delle Nazioni Unite», ha aggiunto Napolitano.

LA RUSSA: TORNADO? MAI SPARATO I caccia Tornado Ecr italiani hanno compiuto in Libia 10 missioni e 32 sortite, senza che fosse necessario neutralizzare radar nemici con i missili di bordo. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel suo intervento alla Camera.
«Fino ad ora - ha spiegato La Russa - sono stati resi disponibili alla coalizione 4 velivoli Tornado ECR impiegabili contro i radar della difesa aerea e 4 velivoli F16 impiegabili nelle operazioni di scorta in volo e di difesa aerea. Questi aerei, a partire da domenica scorsa hanno portato a termine complessivamente 10 missioni e 32 sortite, nel corso delle quali non sono state rilevate emissioni di radar della difesa aerea libica per cui non è stato necessario l'intervento attivo dei sistemi d'arma di bordo». «Tra gli assetti messi a disposizione della coalizione - ha proseguito il ministro - non figurano i Tornado nella tradizionale configurazione di attacco. Questa nostra scelta è avvenuta con la piena concordanza della coalizione, senza alcun contrasto, quindi non sono stati assegnati Tornado predisposti per missioni diverse da quelle specifiche di contrasto dei sistemi di difesa aerea, in particolare dei sistemi radar a questi asserviti». Gli aerei attualmente impiegati, «i Tornado ECR, sono i primi ad arrivare in zona di operazione e gli ultimi a lasciarla - ha spiegato La Russa - perchè sono quelli che rendono possibile l'impiego degli altri mezzi aerei, senza che questi ultimi corrano il pericolo di essere abbattuti dalla contraerea cui sono appunto asserviti i radar, che i nostri Tornado possono oscurare con un disturbo di tipo elettromagnetico generato dalle apparecchiature installate sull'aereo, ovvero distruggere con un missile di precisione che non ha normalmente effetti collaterali, ma che si aggancia sull'emissione del radar e su di essa si dirige, anche ove questa venisse nel frattempo spenta, perchè immediatamente memorizzata».
Oltre ai 4 Tornado Ecr e ai 4 caccia F-16, già messi a disposizione dall'Italia per le operazioni in Libia, «potranno essere disponibili nei prossimi giorni per le operazioni a guida Nato», un gruppo navale e altri velivoli che attualmente «stanno operando sotto comando nazionale». La Russa ha detto che il gruppo navale, che si occupa attualmente della «sorveglianza marittima e del concorso alla difesa nazionale», è quello «guidato dalla portaerei Garibaldi e composto dall'incrociatore Doria, dalla fregata Euro e dal pattugliatore Spica». Riguardo ai velivoli, si tratta di «unità della Difesa aerea», quali «intercettori Eurofighter e F-16 rischierati negli aeroporti di Trapani e Gioia del Colle, cui si aggiungono 2 Tornado e un C-130 per il rifornimento in volo». La Russa, il quale ha ribadito che «quattro caccia sono pronti ad intervenire in soli 15 minuti per la copertura dello spazio aereo italiano», ha quindi sottolineato che «questo apporto concreto fatto di aerei, navi, basi, strutture, conferisce un ruolo di grande rilievo alla partecipazione dell'Italia alla Coalizione».

LA RUSSA ALLA CAMERA: "ONOREVOLI SENATORI..." Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in apertura del suo intervento alla Camera sulla Libia ha annunciato che non si sarebbe discostato da quello fatto ieri in Senato. Ed ha cominciato: «Onorevoli senatori...». Poi si è subito corretto. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha commentato: «E non si discosta». Nell'Aula qualche brusio divertito. La Russa ha poi proseguito con le sue comunicazioni, che ricalcano appunto quelle fatte ieri a Palazzo Madama.

AMM.VERI: NATO ATTUERA' EMBARGO «La Nato attuerà un embargo severo nel Mediterraneo fino all'abbordaggio delle navi sospette». Lo ha detto il comandante navale della Nato nel Mediterraneo, ammiraglio Rinaldo Veri, incontrando i giornalisti nella base di Bagnoli. «Sono fiducioso che avremo nei prossimi giorni le forze navali sufficienti per l'attuazione completa dell'embargo». L'ammiraglio italiano Rinaldo Veri, responsabile di «Allied Maritime commander Naples», che guiderà le operazioni di embargo alla Libia, avrà sotto di sè tre comandi: quello delle navi di superficie, quello dei sottomarini, e quello degli aerei da pattugliamento. L'embargo alla Libia - ha detto l'ammiraglio Rinaldo Veri in una conferenza stampa - è cominciato ieri alle 18 e, al momento, non risulta nessuna violazione. L'operazione Nato, denominata in codice «Operation Unified protector», conta per il momento sulla presenza di unità di sei Paesi: Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Grecia, Turchia e Canada, ma nei prossimi giorni si aggiungeranno unità di altri Paesi, ha detto Veri. L'obiettivo dell'embargo è l'intercettazione di armi e mercenari diretti sulle coste libiche.

PORTAVOCE NATO: COMANDO E' GARANZIA «Affidare le operazioni ai comandi dell'Alleanza atlantica è una garanzia di serietà, perchè il suo staff tiene conto delle sensibilità di tutti e 28 i Paesi membri ed è addestrato a lavorare insieme». Lo afferma il colonnello Massimo Panizzi, portavoce del Comando Militare della Nato, in un'intervista all'Unità. Secondo il colonnello, coinvolgere la Nato nel comando significa anche «condividere i costi delle operazioni», oltre a facilitare il coordinamento e «non lasciare spazio all'improvvisazione». Per ora, fa sapere Panizzi, la Nato ha avviato l'operazione sull'embargo delle armi, denominata 'Unfied Pretector' e l'Italia vi contribuisce con «assetti navali». Il comando dell'operazione è presso la sede Nato di Bagnoli, a Napoli. «L'operazione comporta il controllo e l'ispezione di quelle imbarcazioni - afferma - sospettate di contenere armamenti, mercenari armati o materiale bellico». Quanto alla no fly zone «i piani sono stati predisposti ma non ancora attivati - aggiunge - perchè le discussioni nel Consiglio Atlantico sono in corso».

BERLUSCONI: GHEDDAFI SI FERMI, POI MEDIAZIONE Gheddafi ordini il cessate il fuoco e poi si aprirà una fase di mediazione. È il messaggio del premier Silvio Berlusconi, in un colloquio con il Corriere della Sera, nel quale il presidente del Consiglio afferma: «siamo tutti tesi a chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco, la fine delle ostilità da parte del Colonnello è la condizione sine qua non per ogni mediazione. Dopo si potrà aprire la fase della diplomazia». In questo momento, secondo il premier, «nessuno può dire qualcosa di certo sugli esiti e sulla durata della missione - aggiunge - Mi sembra che ancora una mediazione non sia matura. La pensano così anche Vladimir Putin e personalità come l'ambasciatore libico Abdullahfed Gaddur che conosce bene la situazione a Tripoli». Il capo del governo, inoltre, si dice convinto che Gheddafi sia «ancora fiducioso di potercela fare perchè ha il controllo pieno della capitale».

BERLUSCONI: ITALIA NON IN GUERRA E NON VUOLE ENTRARCI «Abbiamo ottenuto non solo il pieno coordinamento Nato di tutte le operazioni della missione ma anche l'applicazione puntuale della risoluzione Onu. La coalizione è impegnata a difendere la popolazione civile, l'Italia non è entrata in guerra e non vuole entrarci». Sono le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un colloquio con il Corriere della Sera, sull'intervento militare in Libia. Quanto agli obiettivi della missione, Berlusconi sottolinea che «era già tutto chiaro da sabato, quando la missione è stata decisa». «Ne ho parlato con il premier inglese, David Cameron - aggiunge il premier - e con il segretario di stato americano Hillary Clinton ed erano perfettamente d'accordo». Rispetto all'affidamento del coordinamento delle operazioni alla Nato, il presidente del Consiglio parla di «assunzione piena di responsabilità». «Ripeto, sono tutti d'accordo - prosegue Berlusconi - c'è solo qualche resistenza da parte francese». Il capo del governo si dice poi soddisfatto dell'accordo trovato nella maggioranza sulla risoluzione che impegna il governo italiano nella crisi libica e parla di condizioni come quella «sul ritorno più rapido possibile ad uno stato di non conflittualità», oltre che ad un possibile «pattugliamento del Mediterraneo» con l'impegno dell'Unione Europea. «È una mozione pienamente in linea con quanto pensa tutta la maggioranza - afferma Berlusconi - . Domani (oggi, ndr) sarò a Bruxelles e insisterò con i colleghi europei perchè vengano accettati gli impegni previsti nel documento».

PARALISI NATO Nessun accordo alla Nato sul ruolo dell'Alleanza all'interno della coalizione internazionale in Libia: l'ennesima riunione fiume tra i 28 ambasciatori si è conclusa in tarda serata «senza nessuna novità», ha indicato una fonte diplomatica, dando conto dell'ennesimo fallimento. Il Consiglio atlantico tornerà a riunirsi domani. Il compromesso che sembrava a portata di mano, su un ruolo di primo piano per la Nato nella condotta delle operazioni militari in Libia per imporre una no fly-zone, senza l'assunzione della guida della coalizione, si è rivelato insufficiente per chiudere oggi quella «quadratura del cerchio» che il capo dell'Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, sta cercando senza sosta da giovedì.

ALTA POSTA IN GIOCO L'ex premier danese, politico navigato, è ben consapevole della posta in gioco: sulla crisi libica, l'Alleanza sta mettendo a rischio la sua stessa ragione di esistere. Rasmussen ha incassato il superamento delle divergenze con la Turchia, che da oggi partecipa alla missione per l'embargo delle armi con cinque navi e un sottomarino, ma è stato costretto a fare i conti con le resistenze della Francia, che resta contraria ad un 'ombrellò della Nato, per la quale ipotizza solo un ruolo «tecnico». Parigi - che ha lanciato sabato il primo colpo contro Tripoli - chiede che il ruolo politico sia affidato a una sorta di «cabina di regia» tra i ministri degli esteri dei paesi della coalizione. Il ministro degli esteri Alain Juppè ha parlato di «pilotaggio politico» e ha convocato la prima riunione del gruppo di contatto dei paesi coinvolti per martedì prossimo a Londra. Secondo Juppè, la Nato interverrà in Libia come «strumento di pianificazione e di condotta operativa» nell'applicazione di una no-fly zone aerea. L'Italia anche oggi ha invece alzato la voce per pretendere un comando unificato sotto scudo Nato. Per il momento, Roma si deve accontentare di un risultato importante, ma parziale: a dirigere la componente marittima della missione Nato per il rispetto dell'embargo delle armi sarà il contrammiraglio italiano Rinaldo Veri, responsabile del comando navale della Nato a Napoli per il Mediterraneo. La Germania ha confermato che non parteciperà a nessuna operazione militare in Libia e ha affermato che anziché investire mezzi e risorse in un nuovo teatro di crisi, dagli esiti incerti, l'Alleanza dovrebbe aumentare l'impegno in Afghanistan. Da ieri le navi tedesche che pattugliano nel Mediterraneo sono state tolte dal comando Nato e riportate sotto quello nazionale.

RAID DELLA COALIZIONE VICINO TRIPOLI La coalizione internazionale ha attaccato installazioni civili e militari a Jafar, a sud ovest di Tripoli. Lo ha riferito la tv di Stato. «Installazioni militari e civili sono state attaccate dai crociati colonialisti», ha affermato la televisione, citando una fonte militare libica. I raid aerei della coalizione internazionale sulla Libia hanno provocato un «numero importante» di vittime nella periferia orientale di Tripoli, secondo quanto afferma l'agenzia ufficiale libica Jana. «I bombardamenti degli aggressori colonialisti crociati nella zona di Tajura a Tripoli - scrive la Jana - hanno preso a bersaglio un quartiere residenziale facendo un numero importante di morti fra i civili». La Jana dice che un «terzo bombardamento» ha preso di mira i soccorritori che stavano lavorando per estrarre i morti e i feriti dalle macerie. La tv panaraba Al Arabiya ha anche detto che che il compound di Muammar Gheddafi colpito stasera in un raid aereo della coalizione si trova nella città assediata di Ajdabiya, e non a Tripoli.