PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

sabato 30 aprile 2011

30 APRILE: RASSEGNA STAMPA

L'intervista

Mamma Camusso, che vogliamo fare?

Assunta Bonavolontà, precaria aspirante attrice, intervista il segretario generale della Cgil. La lotta per i diritti e la dignità dei giovani precari: "Mettersi tutti insieme e provare a cambiare le cose. Questa è l'unica risposta che possiamo dare"
di Maria Antonia Fama
Camusso: il nostro impegno per i precari (foto di AlonsoChisciano) (immagini di AlonsoChisciano)
Inspirare, espirare. Inspirare, espirare. Il nostro tempo è adesso. Tra poco tocca a me. Mi sudano le mani, ho un cerchio alla testa. La vita non aspetta. Tra poco tocca a me. Al call center della “Suck My Sock – Aspiriamo i calzini per il tuo uomo e i suoi piedini” avevo il turno di mattina. Finisco alle tre e piazza della Repubblica è troppo lontana. Mi conviene direttamente il Colosseo. Così ho il tempo per meditare. Comunque ormai è ufficiale, sono affetta da una grave forma di patologia cronica. Diagnosi: instabilità emotiva e psicologica. Causa: la disoccupazione. Prognosi: riservata.

Avevo provato con il dottor Pagliacci, psicologo psicoterapeuta del sé, convinta che mi avrebbe aiutata a tirare fuori uno spirito vincente. Ma la psicanalisi non è bastata. Così ho provato con lo spirito e basta, ho tentato di riconciliarmi con Dio: Padre, perdonatemi perché ho peccato. Io Assunta B., pervertita e perversa precaria, cento colpi di telefono prima di trovare un’occupazione! Ma niente, niente, niente, continuo a vagare tra un centro per l’impiego e un’agenzia interinale. Le cinque. Sento le voci, stanno arrivando. “Il nostro tempo è adesso”. La vita non aspetta.

Tra poco tocca a me. E mentre mi sposto sul pendio verde dietro il palco, la vedo. Ed è lì che mi balena l’idea. Ma come ho fatto a non pensarci prima? Io, Assunta come la mia nonna materna, donna pia e devotissima a San Rocco, e Buonavolontà come mio padre, socialista e mangiapreti da generazioni. Cresciuta tra le lettere di San Paolo ai Corinzi e quelle di Carlo Marx a Friedrich Engels, tra Natuzza Evolo e gli Intillimani. Da piccola disegnavo Luciano Lama e Peppino Di Vittorio con l’aureola con San Pietro a sorseggiare caffè! Ma come ho fatto a non pensarci prima? Altro che psicologia spicciola e preghiere dei fedeli. 

Ecco cosa devo fare! È lì, a pochi metri da me. Adesso scavalco le transenne del retropalco e ci vado a parlare. È lei che può darmi le risposte che sto cercando! Ma quale Mamma Rai, casa mia è sempre stata Mamma Cgil. Sì, Mamma Susanna! Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta! Ecco, mi sto avvicinando, due metri, uno (e ora cosa le chiedo?), sessanta centimetri, cinquanta, quaranta (e ora cosa le chiedo?), trenta, e… “Scusi, sa mica dov’è il bagno?”. (Ma che domanda è? Le ho dato del lei, e ai giornalisti e ai sindacalisti si dà sempre del tu. Calma, ricominciamo).

Assunta
Susanna... Posso chiamarti solo così o devo dire Segretario Generale?

Camusso Puoi chiamarmi così.

Assunta Qualche giorno fa ero al parco. Mi si avvicina un giovane metalmeccanico sulla settantina iscritto all’Anpi. Mi guarda dritto negli occhi e mi fa: Quanti anni hai? Anita Garibaldi ne aveva 28 quando è morta. Aveva già combattuto una guerra, sposato Giuseppe e fatto quattro figli. Ciao”. Vorresti per cortesia infierire raccontandomi cosa avevi già fatto tu, alla mia età?

Camusso Il mio era un tempo in cui si era giovani prima: non ci avevano ancora prolungato la giovinezza fino a 35 anni. A 19 ho cominciato ad avere i miei primi lavori, precari anche allora. Certo, nulla di paragonabile ad oggi, perché eravamo abbastanza convinti che si sarebbe trattato solo di un breve periodo della nostra vita.

Assunta Che sbadata, non mi sono presentata! Sono Assunta Buonavolontà, attrice aspirante in cerca di occupazione. Ventisei anni, brillante plurilaureata in Scienze della comunicazione, doppia lode, esperienza di studio all’estero, tre lingue e una decina di stage. Cerco annunci sul giornale, invio candidature su internet, sono iscritta a un Cpi, Centro per l’impiego, altrimenti noto come centro di permanenza infinita. Dove ho sbagliato? Oddio, non è che finirò per specializzarmi in colloqui di lavoro?

Camusso Non hai sbagliato. Una delle motivazioni della manifestazione del 9 aprile sta nel fatto che ogni giovane precario sente di vivere una condizione di solitudine e prova anche un forte senso di colpa per la sua situazione, come se fosse lui stesso incapace di arrivare dove dovrebbe. In realtà la responsabilità non è personale. Si tratta di una condizione collettiva in un paese che non è per i giovani, oltre a non essere per le donne. Il nostro è un paese che pensa di poter sottrarre a una generazione la possibilità di diventare adulti e di fare. Ed esclude soprattutto quelle come te, che hanno lauree, lodi e tanto studio alle spalle.

Assunta Io, comunque, mi sono molto formata! Ho fatto tanti stage! Più che altro ormai sono stagionata… Che poi mi viene anche un dubbio: tutti ‘sti stage non saranno mica una forma di lavoro nero alla luce del sole? Ma soprattutto, come si risolve il problema?

Camusso Io direi, piuttosto, che si tratta di lavoro gratuito alla luce del sole. Spesso non vi corrispondono né una retribuzione, né una qualche idea formativa collegata ai propri studi. Per questo la prima campagna dei “Giovani non + disposti a tutto” della Cgil ha avuto come obiettivo proprio quello di cancellare gli stage così come vengono fatti oggi. Contenuto formativo e retribuzione devono essere chiari. Però non bisogna disperare. La Regione Toscana, per esempio, sta facendo una legge che ha come oggetto di rendere trasparenti gli stage, anche nei loro aspetti economici.

Assunta Prima esisteva soltanto il lavoro, e tutt’al più potevi essere occupato o disoccupato. Le categorie erano precise. Ora invece è tutto così confuso. Puoi essere co.co.co., co.co.pro., stagista, apprendista stregone, precario. Ma non è che alla fine, sotto sotto, resti sempre un disoccupato?

Camusso Beh, l’apprendista stregone è interessante però! Le categorie che citi, tuttavia, sono diverse tra loro. Quella dell’apprendistato, se il ministro del Lavoro smettesse di peggiorarla, sarebbe una delle poche attraverso le quali poter accedere al lavoro. La moltiplicazione delle diverse tipologie è stata voluta sistematicamente da alcuni governi attraverso varie leggi per rendere impossibile la comprensione di cosa sia un rapporto di lavoro, per confondere le persone, con l’idea che ci siano i dipendenti da un lato e dall’altro queste figure più o meno autonome che nascondono in realtà lavoro subordinato. Allora bisogna fare due cose: la prima è ridurre il numero di tutte queste tipologie, che non hanno senso; la seconda è fare in modo che gli ammortizzatori sociali coprano i periodi di vuoto tra un periodo di occupazione e l’altro. Lo abbiamo detto preparando la manifestazione del 9 aprile: il lavoro può essere discontinuo, ma la vita non lo è. Poi bisogna fare un’altra cosa ancora: i giovani, e più in generale i precari (non è sempre vero che le due cose coincidono), devono sapere che i contratti nazionali parlano anche a loro. È necessario ricostruire una solidarietà e un senso di appartenenza tra i lavoratori che questa moltiplicazione di tipologie contrattuali ha rotto.
Assunta Gli unici ammortizzatori che conosco sono quelli della macchina. E a dire il vero anche vagamente. Forse bisognerebbe cominciare a pensare a forme di tutela e garanzie specifiche per chi, come me, è precario…

Camusso Il nostro sistema di ammortizzatori è ancora modellato su quello che era il giusto diritto del lavoro del passato, quando di norma si applicavano i contratti a tempo indeterminato, mentre a quelli a tempo determinato si ricorreva in casi specifici, con poche forme e generalmente per ragioni ben precise. Quindi, se c’era, la cassa integrazione riguardava tutti, e alla disoccupazione si accedeva da un periodo di occupazione. Oggi che il lavoro è sempre più breve e frammentato spesso non si arriva neanche al numero di settimane necessarie per accedere all’indennità di disoccupazione. Nonostante noi abbiamo ripetuto a questo governo in tutte le salse che la cassa integrazione in deroga doveva essere aperta anche alle collaborazioni, non c’è stato nulla da fare: si sono inventati una soluzione che ha risposto alle esigenze di pochissime persone. Allora occorre fare una vera riforma, che preveda innanzitutto un accesso più semplice ai requisiti per il sussidio, e periodi di collegamento per chi ha rapporti ripetuti e più brevi (capisco che detta così possa sembrare altro…).

Assunta D’altronde, noi pervertiti e perversi precari abbiamo solo rapporti occasionali…

Camusso Questa comunque è solo una soluzione per l’emergenza. La prospettiva non può essere il mantenimento di tutte queste forme di lavoro.

Assunta Ora che siamo entrate in confidenza, devo chiederti una cortesia personale. Per favore se ti passo al telefono zia Isolina, potresti spiegarle che non mi faranno mai l’indeterminato? Ma, soprattutto, puoi spiegare a me se c’è davvero un’alternativa al precariato o un modo per gestirlo?

Camusso Se vuoi, io ci provo a rassicurare la zia, però bisogna anche dirle che questo non basta, che anche lei dovrebbe lottare con noi perché questa situazione muti. Mettersi tutti insieme e provare a cambiare le cose, questa è l’unica risposta che possiamo dare oggi. Noto una sordità da parte del governo e delle imprese rispetto al fatto che col precariato non si va da nessuna parte. Io credo che per sopravvivere in questa stagione la prima cosa da fare sia proprio quella di uscire da una condizione di solitudine. Ma non bisogna cercare, ripeto, sensi di colpa tra i giovani: è il mondo degli adulti che non vuole che voi occupiate la scena e prendiate il loro posto. E allora bisogna progressivamente spostarli.

Assunta Certo, nel sindacato ci sono tanti lavoratori atipici, ma anche molti pensionati, che sono quasi la metà degli iscritti. Come può la Cgil parlare ai giovani senza per forza usare la K al posto del CH?

Camusso Intanto deve provarci. Molti ci chiedono come facciamo a parlare ai giovani se abbiamo tanti pensionati. Ma pensa a tua zia Isolina. Pensa a quanti giovani restano in famiglia perché non riescono a costruirsi un progetto di vita. Lo sforzo che stiamo facendo è spiegare ai pensionati – e c’è da dire che molti di loro sono assai attivi sui temi del rapporto tra le generazioni – che se offriamo la prospettiva di un avvenire stabile a voi, “liberiamo” anche loro. Ecco, in questa stagione assistiamo a una sorta di prigionia reciproca fra le generazioni. Quando si dice: “I ragazzi non se ne vanno mai”, si allude a una situazione di costrizione sia per i giovani che per le famiglie. Un pensionato non è colui che, come ci hanno fatto credere, ha sottratto diritti ad altri determinando questa situazione, ma un possibile grande alleato. Il tempo è adesso per tutti, anche per loro: il tempo di decidere che non sono tenuti a immaginarsi di essere perennemente impegnati nella ricerca di un reddito per chi vorrebbe una vita autonoma.

Assunta Finalmente, dopo un papa attore e un presidente americano nero, un segretario generale della Cgil donna! Continua a girarmi in testa una frase di Isabel Allende: “Ho sempre avuto ben chiaro che dovevo lavorare perché non esiste femminismo che si rispetti che non sia basato sull'indipendenza economica”. Cosa dobbiamo ancora fare noi femmine per non essere più una specie che il Wwf deve proteggere?

Camusso Intanto non considerarci deboli. Il discorso fatto sui giovani vale anche per noi femmine, che abbiamo introiettato un senso di colpa: eravamo il mercato del lavoro debole, dovevamo integrare il reddito familiare, non esisteva per noi la possibilità di una scelta soggettiva. La tua generazione di donne è la prima che non ha questa idea. Le giovani hanno studiato, progettato la loro vita. Non pensano di essere l’integrazione di qualcos’altro. E allora, a partire da questa soggettività propria che è fondamentale, potremmo dire anche noi: “Se non ora quando”? Ancora una volta è decisivo prendersi la scena. Non c’è femminismo, né movimento delle donne, né soggettività se non si parte dal fatto che il lavoro è una scelta e una rappresentazione di sé, e non la dipendenza da qualcuno. Anche in questo caso bisogna “spostare” un po’ di ometti però. Loro pensano di rappresentare tutto: bisogna spiegargli che rappresentano una parte.

Assunta Una volta l’operaio aveva il figlio dottore. Ora il dottore ha il figlio operaio. Anzi, precario. Io a volte ci provo, ma per quanto mi sforzi il mio futuro non lo riesco proprio a vedere. Perché con un contratto a progetto, a Susa’, ma che progetti ci vuoi fare?

Camusso Questo è il grande problema. Io credo che sia fondamentale avere uno spiraglio sul futuro. A nessuno si può mai dire che non ha speranza, perché questo deprime e non permette neanche di lottare per provare a cambiare le cose. Però occorre dire con altrettanta nettezza che il futuro si costruisce oggi. Quel 10 per cento della popolazione che possiede il 45 per cento della ricchezza dovrebbe decidersi a fare qualcosa per il paese: pagare le tasse, in proporzione al proprio reddito, e utilizzare quelle risorse per creare lavoro stabile.
Int. a T.Pavirani: RAVENNA, LISTA DI SOLE DONNE. SE NON ORA, QUANDO? (Giulia Cerino, Gli Altri)
Trentadue donne alla conquista di Palazzo Merlato e una sola lista elettorale per le amministrative del 15-16 maggio firmata Sinistra ecologica e libertà (Sel). Età media: quarant'anni. Professione: di tutto e di più. Tratti distintivi? Un po' di emozione e una scelta forte: creare una lista tutta femminile. Per riuscirci hanno addirittura dovuto chiedere una deroga nazionale perché lo statuto dei vendoliani prevede una quota minima del 40 per cento riservata a uno dei due generi.
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Imola - Tutta la città per Livia e Maria


Commemorazione in piazza Matteotti delle due donne uccise durante la manifestazione del 29 aprile 1944
IMOLA - Si è svolta questa mattina in angolo piazza Matteotti/via Emilia, la cerimonia commemorativa con la deposizione di un mazzo di fiori alle lapidi di Livia Venturini e Maria Zanotti. Il 29 aprile 1944 si svolse una manifestazione di donne in Piazza Matteotti, organizzate nei “Gruppi di difesa”, per reclamare dalle autorità comunali la distribuzione di generi razionati. I militi della GNR fascista, intervenuti per impedire l’accesso al palazzo, sparano provocando la morte di Maria Zanotti e Livia Venturini.

A portare il saluto dell’amministrazione comunale è stato il vice sindaco Roberto Visani. “Livia Venturini e Maria Zanotti sono due figlie di questa città, due donne della resistenza che insieme a tante altre donne sono state protagoniste della lotta di liberazione. Dobbiamo molto all’impegno delle donne, protagoniste silenziose che con i fatti, fuori dai libri di storia, hanno dato un contributo determinante per la conquista della libertà e democrazia” ha sottolineato Visani.
“Il loro sacrifico è un messaggio che deve darci la forza e il coraggio anche oggi di cambiare le cose” ha affermato Visani, che ha aggiunto “quella forza e quel coraggio che ha spinto tante donne il 13 febbraio scorso ad essere protagoniste di questa piazza con la manifestazione “se non ora quando”, per manifestare la loro indignazione che chiede una nuova forma di liberazione del nostro Paese da tanti stereotipi, da una sorta di rassegnazione e da rappresentazioni squallide delle donne che oggi sono invece imperanti”.

A fianco del vice sindaco erano presenti l’assessore alle Pari opportunità Donatella Mungo, Fabrizia Fiumi, in rappresentanza dell’Anpi, la presidente del Consiglio comunale Paola Lanzon e il vice presidente del Consiglio comunale, Andrea Zucchini. “La memoria è il più forte stimolo alla riflessione ed alla azione e questo ebbero ben chiaro Livia Venturini e Rosa Zanotti” ha detto Fabrizia Fiumi, sottolineando poi l’impegno dell’Anpi nel continuare “nella sua azione di conservare e rendere sempre vivi i valori della resistenza e dei suoi frutti più grandi, la Repubblica e la Costituzione”.
E’ seguito poi un momento musicale con il Gruppo Corale del Tempo Libero coordinato dal Servizio Anziani del Comune di Imola.

Subito dopo, nella sala del Consiglio comunale, l’assessore alle Pari opportunità, Donatella Mungo, ha consegnato una targa a Erminia Montanari, detta Vermiglia, staffetta partigiana e incarcerata nel febbraio 1945. Un lungo e commosso applauso ha accolto la consegna della targa, che recita: “A Erminia Montanari, detta Vermiglia, Staffetta partigiana nel Btg Pianura della Brg SAP Imola. Con riconoscenza per l’esempio di vita e coraggio. Ieri come oggi”.
Nel ricordare il grande contributo, anche di sangue, dato dalle donne nella lotta di Liberazione, l’assessore Donatella Mungo ha evidenziato: “le donne che erano in piazza il 29 aprile del 1944, come Livia Venturini e Maria Zanotti o Erminia Montanari non volevano essere delle eroine, ma agivano perché sentivano che era giusto farlo. Ecco perché è doveroso che il Comune le ricordi, come simbolo di tutte le donne che hanno lottato per garantirci oggi libertà e democrazia e che tutti i giorni continuano a lottare perché questi diritti non siano dati per scontati, perché non si affermi il revisionismo”.
“Queste donne ci hanno insegnato non rassegnarsi mai, ma a dire io ci sono, a ricordarci che non siamo soli, che dietro di noi ci sono i nostri padri e le nostre madri che hanno lottato per i nostri diritti. Ecco perché è giusto rispettare la memoria e continuare ad agire, anche adesso” ha concluso l’assessore Mungo.
Le prossime iniziative - Le iniziative organizzate dal Comune di Imola, direttamente o con altri enti ed associazioni, dal titolo “Sulle strade della Libertà”, per ricordare la Liberazione della città e quella nazionale proseguono con gli ultimi appuntamenti in programma.
Fino a sabato 30 aprile prosegue la mostra, a cura del C.I.D.R.A. in collaborazione con la Biblioteca comunale, l’A.N.P.I. e il CISS/T allestita nella Biblioteca comunale (via Emilia, 80) e a Casa Piani (via Emilia, 88). Si tratta della mostra dei disegni originali di Daniele Trombetti della pubblicazione Persone disobbedienti, storie a fumetti di donne e uomini dal fascismo alla democrazia. Orari biblioteca: lun-sab 8.30-13; mar-ven 14.15-18.45; Casa Piani: mar-sab 8.30-13; mar-ven 14.30-18.15.
Venerdì 13 maggio 2011 – Alle ore 10.30, nella pineta (via Baviera Maghinardo), verrà deposta una corona a ricordo delle vittime del primo bombardamento aereo di Imola. Interverranno l’assessore alla Cultura, Valter Galavotti, i rappresentanti dell’A.N.P.I. e studenti imolesi.
Cosa accadde quel 13 maggio 1944 - Vi fu la prima incursione aerea alleata sulla città. Le cosiddette “fortezze volanti” (B24) partite dalla Puglia sganciarono su Imola circa 300 bombe da 240 kg, da un’altezza di circa 6800 metri. Le vittime di quel giorno furono 53, tra donne, bambini e anziani.

 

LA DENUNCIA USA: «campagna odiosa per terrorizzare la popolazione civile»

«Viagra ai soldati libici per stuprare»

La Rice ha lanciato l'accusa durante il Consiglio di Sicurezza: nessuna reazione dagli altri Paesi

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK
- Le truppe fedeli al dittatore libico Gheddafi stanno conducendo una terrificante campagna di stupri sistematici, anche su minori, volta a terrorizzare la popolazione civile libica nelle aree favorevoli ai ribelli. Per facilitare le violenze, il rais avrebbe addirittura ordinato di distribuire pillole di Viagra alle truppe impegnate nella cruenta repressione.

A lanciare l'accusa, durante una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza Onu dedicata alla Libia, è stata l'ambasciatrice americana alle Nazioni Unite Susan Rice, che dal Palazzo di Vetro si è appellata ai membri più scettici dell'esclusiva compagine, soprattutto Russia, Cina e India, negli ultimi tempi sempre più critici sulla legittimità degli attacchi aerei della coalizione internazionale Nato che accusano di avere «disatteso il mandato Onu». «La Rice ha sollevato il problema durante la riunione ma nessuno dei presenti ha voluto riprendere l'argomento», ha riferito un diplomatico, spiegando che il commento della Rice sugli stupri e il Viagra era volto ad illustrare «come la coalizione internazionale si trovi a dover affrontare un avversario anomalo che commette atti reprensibili».

Contro il «colpevole silenzio» delle Nazioni Unite verso ciò che lo stesso segretario generale Ban Ki-moon ha definito «una delle nostre priorità» (lo stupro nei conflitti armati è considerato «crimine di guerra») si è levata anche l'autorevole voce della svedese Margot Wallstrom, rappresentante speciale di Ki-moon in materia di violenza sessuale in guerra.

La scorsa settimana la Wallstrom ha diffuso un comunicato di fuoco in cui accusava i membri del Consiglio di Sicurezza di aver «messo brutalmente a tacere» il dramma degli stupri commessi in Libia dalle truppe di Gheddafi. Nonostante le forti pressioni di alcuni membri del Consiglio di Sicurezza, nessuna delle due recenti risoluzioni Onu sulla Libia menziona il tema della violenza sessuale. Nei corridoi delle Nazioni Unite alcuni funzionari continuano privatamente a esprimere scetticismo nei confronti della diplomatica americana, che accusano di non aver fornito prove concrete per corroborare le sue tesi. Ma a puntare i riflettori sul dramma delle donne e bambine stuprate in Libia dall'inizio della guerra è stata Eman al-Obaidi, la studentessa libica che lo scorso 26 marzo fece irruzione in un albergo di Tripoli pieno di giornalisti per denunciare di essere stata stuprata e picchiata da miliziani pro-governativi.

A confermare la diffusione di violenze carnali sistematiche da parte dei soldati di Gheddafi sono stati anche gli inviati di diversi quotidiani anglosassoni, tra cui l'inglese Daily Mail e l'americano New York Times. «Anche gli assassini hutu in Rwanda, i giustizieri serbi in Bosnia e le forze governative sudanesi in Darfur hanno stuprato su larga scala», spiega lo storico americano Daniel J. Goldhagen che nel suo ultimo libro Peggio della Guerra: lo sterminio di massa nella storia dell'Umanità, edito da Mondadori, definisce il ricorso allo stupro durante un conflitto come «una fase sistematica del processo eliminazionista, volta a umiliare la donna e, insieme, attaccare il nucleo familiare, distruggendo il tessuto stesso della società».