Perché disertare le urne
Se non ora quando? Non bisogna recarsi alle urne alle prossime elezioni amministrative!
Al di là degli slogan, eccovi un memorandum delle promesse fatte ai cittadini da tutti, ventilando epocali riforme e fantastiche resurrezioni del paese, scosse economiche e lavorative.
La Casta avrebbe dovuto dimezzare il numero dei parlamentari, abolire province e circoscrizioni, ridurre almeno il rimborso elettorale (alias vecchio finanziamento pubblico ai partiti).
Invece non si parla più di riforme istituzionali, al massimo di una riforma della giustizia bolsa, perché rivolta a ridurre la prescrizione per chiudere definitivamente i processi del premier e di qualche altro gaglioffo impelagato nel presente o che possa esserlo in futuro. Un’amnistia insomma per la brava gente.
Di abolire alcunché non si parla proprio, anzi si aumentano i consiglieri di molte città, il governo si appresta ad aumentare i posti di sottogoverno per soddisfare i responsabili, che hanno salvato il governo dopo l’uscita dalla maggioranza di Fini and company. Quanto al rimborso elettorale Bersani ha addirittura proposto di aumentarlo. Il massimo della spudoratezza in un paese allo stremo delle forze.
A noi sono già stati riservati (o non ve ne siete accorti?) l’aumento di ticket su farmaci e ricette, l’aumento delle tariffe di luce, gas, benzina, nettezza urbana, addizionali regionali ed in alcuni casi anche comunali, incrementi esagerati delle polizze RCA auto, spese bancarie, parcheggi di sosta urbana ed altro.
Ma la nostra lungimirante classe politica, che veglia sull’avvenire nostro e dei nostri figli e nipoti si gode i propri emolumenti, che sono i più alti del mondo occidentale, ossia di tutto l’Universo mondo, non molla per nessun motivo i doppi o tripli incarichi, frutto di manifeste incompatibilità, impedite ai rappresentanti di qualsiasi altra democrazia.
Né è riuscita a risolvere o riuscirà a farlo problemi urgenti, gravi ed indifferibili, come il problema dei rifiuti o delle immigrazioni quotidiane che arrivano dalla costa nordafricana. Problemi costosissimi e che si abbattono regolarmente sulle tasche dei cittadini contribuenti.
E intanto aumentano ancora il deficit di bilancio ed il debito complessivo, nonostante abbiamo la più alta percentuale di tassazione dell’Occidente. Come vedete non ci manca alcun record negativo.
Eppure la stragrande maggioranza dei cittadini ancora si scomoda per dare il proprio consenso a rappresentanti, che sono insofferenti di qualsiasi critica ed incapaci di dar una sola volta il buon esempio soprattutto ai giovani che hanno bisogno appunto anche del buon esempio per ritrovare la fiducia in se stessi e la speranza di un futuro meno disperato.
Solo astenendoci dal voto possiamo dimostrare a questi eroi il nostro disprezzo. E se non ora quando?
Blocca-processo per salvare il premier
"Va sospeso per il conflitto Camera-pm"
L'emendamento della maggioranza era stato scartato alla Camera ma ora riemerge al Senato. Gasparri: è la prassi. Invece quasi tutte le cause vanno avanti di LIANA MILELLA
L'avvocato Niccolò Ghedini con Silvio Berlusconi alla Camera
L'ESTATE della giustizia, che si preannuncia caldissima, guadagna un'altra norma per tentare di mettere in sicurezza Berlusconi. Questa volta puntando al "bersaglio grosso", il processo Ruby. Vogliono bloccarlo con un articolo semplice: se c'è un conflitto d'attribuzioni, il processo deve fermarsi per forza. Volevano giocarsela subito alla Camera e infilarla nella prescrizione breve per gli incensurati. Era già scritta giovedì 17 marzo, quando il relatore Maurizio Paniz, nuovo astro nascente delle leggine "salva Silvio", e il capogruppo in commissione Giustizia Enrico Costa, presentano gli emendamenti al processo breve. Tardarono, quel pomeriggio, ad arrivare. Ci furono riunioni su riunioni. Telefonate frenetiche. Adesso se ne capisce il motivo. Oltre alla prescrizione scontata, nel pacchetto doveva esserci anche un altro articolo, poche righe, per stabilire una nuova regola. Questa: il giudice è obbligato a sospendere il processo se sul suo tavolo arriva un conflitto di attribuzioni.
Leggi: il tribunale di Milano "deve" fermare il dibattimento Ruby nel momento in cui la Camera si rivolge alla Consulta. Un intervento sull'articolo 37 della legge 87 del '53, quella che disciplina la vita della Consulta. Il gioco è fatto. Il Rubygate si congela per mesi e mesi. A stoppare Paniz e Costa sono state due questioni. Una tecnica e una politica. La prima: la (quasi) certezza che la coppia Fini-Bongiorno avrebbe bloccato l'emendamento come inammissibile per estraneità alla materia. La seconda, dirimente:
Leggi: il tribunale di Milano "deve" fermare il dibattimento Ruby nel momento in cui la Camera si rivolge alla Consulta. Un intervento sull'articolo 37 della legge 87 del '53, quella che disciplina la vita della Consulta. Il gioco è fatto. Il Rubygate si congela per mesi e mesi. A stoppare Paniz e Costa sono state due questioni. Una tecnica e una politica. La prima: la (quasi) certezza che la coppia Fini-Bongiorno avrebbe bloccato l'emendamento come inammissibile per estraneità alla materia. La seconda, dirimente:
il timore che la mossa avrebbe finito per bloccare il conflitto stesso, che in quel momento doveva essere ancora votato (lo sarà solo il 5 aprile).
I berlusconiani hanno rinunciato a giocarsi la carta della blocca-Ruby? Niente affatto. Lo scopre il Sole-24 ore, che trova traccia dell'emendamento, questa volta pronto per rispuntare al Senato. Il conflitto di attribuzione ormai è sulla via di arrivare alla Corte, l'avvocato Roberto Nania, incaricato dalla Camera, ne sta scrivendo il testo; il processo Ruby è in calendario per il 31 maggio; la prescrizione breve ha già superato la prima prova; ora si può sfidare l'opposizione con un'altra norma.
Per certo non andrà nel ddl sulla prescrizione. Quello resterà identico alla versione della Camera. Chiuso a qualsiasi miglioria anche se fosse suggerita (ma non lo sarà) dal Quirinale. Avanti fino al sì. E in caso di stop del Colle è "certo" un nuovo voto. La norma blocca-Ruby vogliono piazzarla nel "processo lungo". Già votato in commissione Giustizia, pronto per l'aula di palazzo Madama. Anche lì hanno ripescato l'armamentario caro ai giuristi del Cavaliere. Una norma per allargare le maglie delle difese, non "potare" le liste dei testi e le prove a discarico. Un'altra per tenere fuori le sentenze passate in giudicato e far perdere tempo ricercando le stesse prove. Se ne farà carico Franco Mugnai che già ha "sporcato" il ddl Lussana sul divieto di accedere al rito abbreviato per i reati da ergastolo. Di quello originario della Camera sono rimaste due righe, il resto è solo il "processo lungo". Lì finirà anche, con una modifica per l'aula, la norma blocca-Ruby, configurata in modo tranchant: il giudice ferma "subito" in processo non appena arriva il conflitto, senza attendere neppure la pronuncia di ammissibilità della Consulta. Le menti giuridiche di Berlusconi la giustificano come un tributo al principio della parità tra le parti: se il processo si ferma quando è il giudice a rivolgersi alla Consulta, del pari ciò deve accadere se il Parlamento interviene per l'imputato. Teoria che fa acqua, perché il giudice per legge è il dominus del processo.
Gasparri e Quagliariello, i capi del Pdl al Senato, si schermiscono sulla blocca-Ruby. Dice il primo: "Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento: è prassi che un processo si sospenda se c'è un conflitto di attribuzione". Non è affatto così. I processi vanno sempre avanti. Mastella, Matteoli, anche Abu Omar. L'opposizione è incredula. Antonio Di Pietro parla di ipotesi "vergognosa". Massimo Donadi e Luigi Li Gotti sono inviperiti. Il primo: "Stiamo per passare dalla Repubblica parlamentare alla satrapia". Il secondo: "È possibile che una banda di cialtroni possa cambiare le norme che infastidiscono il sultano?". La Pd Donatella Ferranti: "L'arroganza dei berlusconiani non ha limiti". Il finiano Nino Lo Presti: "È una vergogna nazionale, così svelano il vero scopo del conflitto di attribuzioni". Proprio così. Ci hanno girato intorno. Hanno raccontato che era una mossa di civiltà contro lo strapotere dei giudici. Ma l'obiettivo era un'altra "salva Silvio".
I berlusconiani hanno rinunciato a giocarsi la carta della blocca-Ruby? Niente affatto. Lo scopre il Sole-24 ore, che trova traccia dell'emendamento, questa volta pronto per rispuntare al Senato. Il conflitto di attribuzione ormai è sulla via di arrivare alla Corte, l'avvocato Roberto Nania, incaricato dalla Camera, ne sta scrivendo il testo; il processo Ruby è in calendario per il 31 maggio; la prescrizione breve ha già superato la prima prova; ora si può sfidare l'opposizione con un'altra norma.
Per certo non andrà nel ddl sulla prescrizione. Quello resterà identico alla versione della Camera. Chiuso a qualsiasi miglioria anche se fosse suggerita (ma non lo sarà) dal Quirinale. Avanti fino al sì. E in caso di stop del Colle è "certo" un nuovo voto. La norma blocca-Ruby vogliono piazzarla nel "processo lungo". Già votato in commissione Giustizia, pronto per l'aula di palazzo Madama. Anche lì hanno ripescato l'armamentario caro ai giuristi del Cavaliere. Una norma per allargare le maglie delle difese, non "potare" le liste dei testi e le prove a discarico. Un'altra per tenere fuori le sentenze passate in giudicato e far perdere tempo ricercando le stesse prove. Se ne farà carico Franco Mugnai che già ha "sporcato" il ddl Lussana sul divieto di accedere al rito abbreviato per i reati da ergastolo. Di quello originario della Camera sono rimaste due righe, il resto è solo il "processo lungo". Lì finirà anche, con una modifica per l'aula, la norma blocca-Ruby, configurata in modo tranchant: il giudice ferma "subito" in processo non appena arriva il conflitto, senza attendere neppure la pronuncia di ammissibilità della Consulta. Le menti giuridiche di Berlusconi la giustificano come un tributo al principio della parità tra le parti: se il processo si ferma quando è il giudice a rivolgersi alla Consulta, del pari ciò deve accadere se il Parlamento interviene per l'imputato. Teoria che fa acqua, perché il giudice per legge è il dominus del processo.
Gasparri e Quagliariello, i capi del Pdl al Senato, si schermiscono sulla blocca-Ruby. Dice il primo: "Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento: è prassi che un processo si sospenda se c'è un conflitto di attribuzione". Non è affatto così. I processi vanno sempre avanti. Mastella, Matteoli, anche Abu Omar. L'opposizione è incredula. Antonio Di Pietro parla di ipotesi "vergognosa". Massimo Donadi e Luigi Li Gotti sono inviperiti. Il primo: "Stiamo per passare dalla Repubblica parlamentare alla satrapia". Il secondo: "È possibile che una banda di cialtroni possa cambiare le norme che infastidiscono il sultano?". La Pd Donatella Ferranti: "L'arroganza dei berlusconiani non ha limiti". Il finiano Nino Lo Presti: "È una vergogna nazionale, così svelano il vero scopo del conflitto di attribuzioni". Proprio così. Ci hanno girato intorno. Hanno raccontato che era una mossa di civiltà contro lo strapotere dei giudici. Ma l'obiettivo era un'altra "salva Silvio".
(16 aprile 2011)
Processo breve, Napolitano gela Berlusconi
E il premier promette: “Chiariremo tutto”
E il premier promette: “Chiariremo tutto”
Più che un avvertimento, una promessa. Da Praga, Giorgio Napolitano mette cappello sul processo breve e toglie il sorriso dalla bocca del Cavaliere che pensava di essere ad un passo dalla vittoria. “Valuterò i termini di questa questione – ha detto il Capo dello Stato – quando saremo vicini all’approvazione definitiva in Parlamento”. Dunque, prima che il Senato dia il via libera definitivo. E’ il preludio di uno scontro, non ci sono dubbi. Anche perché Napolitano ha esplicitamente parlato di “prima” dell’approvazione del processo breve, non subito dopo, quando cioè l’unica freccia al suo arco potrebbe essere solo la decisione di non firmare la legge. S’immagina, dunque, che nella mente del Presidente della Repubblica si stiano agitando molti pensieri, primo fra tutti – probabilmente – quello di impedire che la legge diventi tale senza modifiche sostanziali, in modo da non spazzare via un numero impressionante di processi, compresi quelli più dolorosi (dalla Thyssen Krupp a Viareggio, passando per il Crac Parmalat e per la Eternit) dove le persone attendono fiduciose di avere giustizia.
Non appena le parole di Napolitano sono rimbalzate in Italia, nel quartier generale berlusconiano di Palazzo Grazioli si è scatenato il finimondo. Il ddl sul processo breve ieri è approdato a Palazzo Madama e mercoledi prossimo la conferenza dei capigruppo lo calendarizzzerà in commissione giustizia; relatore sarà il pidiellino Giuseppe Valentino. Quel che gli avvocati del Caimano temono, e un po’ anche il ministro Alfano, è che Napolitano chieda di vedere la legge e sollevi alcuni rilievi che non potranno essere in alcun modo disattesi, pena la negazione della firma finale. Nell’aria si agita una parola che fa paura ai tanti avvocati del presidente del Consiglio: amnistia mascherata. Napolitano, proprio su questo “fraintendimento” potrebbe picchiare duramente. Scardinando la legge.
Berlusconi, accigliato, ne ha parlato anche con i capigruppo, riuniti a Palazzo Grazioli per fare il punto sulle amministrative, ma anche sulla tenuta della maggioranza dopo la battaglia parlamentare di ieri. Il Cavaliere sarebbe più convinto che mai di “andare avanti come un treno”. Sulla riforma della giustizia, perché “la battaglia contro i magistrati va vinta una volta per tutte”, e sulle intercettazioni, come ha annunciato lui stesso oggi. Anche se l’uscita di Napolitano lo ha preoccupato parecchio. Per quanto abbia garantito che riuscirà a convincere il Capo dello Stato, annunciando che “con il Colle chiariremo tutto”, il timore è forte.
Molto più dell’ennesimo sommovimento creato dalle sue chiacchiere in libertà davanti ai corrispondenti esteri in Italia (poi ovviamente ritrattate) e da quell’investitura, un po’ estemporanea, un po’ no, di Alfano come suo delfino. Anche questa, ovviamente, smentita dopo 24 ore. Persino uno lontano più di altri dai più feroci giochi di potere che si stanno intrecciando in questi giorni, persino – insomma – uno come Altero Matteoli si è fatto saltare la mosca al naso sul nome del Guardasigilli: “Alfano delfino? Lo deciderà un congresso”.
Ma ad un congresso bisogna arrivarci e questa non sembra una priorità per Berlusconi. Che, invece, ne ha altre due sul tappeto; prima la vittoria alle amministrative, poi la “ristrutturazione” del Pdl, ormai oltre la semplice balcanizzazione. E’ probabile, però, che uno sguardo alle amministrative lo stia anche tenendo il Capo dello Stato. Qualcuno dei più attenti osservatori del Quirinale ha infatti ipotizzato che l’avvertimento di Napolitano sul processo breve possa anche materializzarsi una volta noti i risultati delle urne di maggio. Se, come appare probabile, il Pdl e la Lega non porteranno a casa i numeri sperati e qualche scricchiolio comincerà a sentirsi più forte anche in quelle che sono da sempre le roccaforti più pesanti come Milano, ebbene a quel punto uno stop più severo del Capo dello Stato al processo breve potrebbe avere ripercussioni pesanti sulla tenuta della maggioranza. E sulla sorte politica del Caimano.
In serata il Quirinale invita a non interpretare le parole di Napolitano come un “annuncio di un intervento preventivo”. In ambienti del Colle si osserva che l’espressione “vicini al momento” significa che il Capo dello Stato comincerà a esaminare il testo alla vigilia della decisione che dovrà prendere a proposito della promulgazione”, si fa notare. Pertanto, “interpretare le sue parole come l’annuncio di un intervento preventivo è del tutto arbitrario”.
Non appena le parole di Napolitano sono rimbalzate in Italia, nel quartier generale berlusconiano di Palazzo Grazioli si è scatenato il finimondo. Il ddl sul processo breve ieri è approdato a Palazzo Madama e mercoledi prossimo la conferenza dei capigruppo lo calendarizzzerà in commissione giustizia; relatore sarà il pidiellino Giuseppe Valentino. Quel che gli avvocati del Caimano temono, e un po’ anche il ministro Alfano, è che Napolitano chieda di vedere la legge e sollevi alcuni rilievi che non potranno essere in alcun modo disattesi, pena la negazione della firma finale. Nell’aria si agita una parola che fa paura ai tanti avvocati del presidente del Consiglio: amnistia mascherata. Napolitano, proprio su questo “fraintendimento” potrebbe picchiare duramente. Scardinando la legge.
Berlusconi, accigliato, ne ha parlato anche con i capigruppo, riuniti a Palazzo Grazioli per fare il punto sulle amministrative, ma anche sulla tenuta della maggioranza dopo la battaglia parlamentare di ieri. Il Cavaliere sarebbe più convinto che mai di “andare avanti come un treno”. Sulla riforma della giustizia, perché “la battaglia contro i magistrati va vinta una volta per tutte”, e sulle intercettazioni, come ha annunciato lui stesso oggi. Anche se l’uscita di Napolitano lo ha preoccupato parecchio. Per quanto abbia garantito che riuscirà a convincere il Capo dello Stato, annunciando che “con il Colle chiariremo tutto”, il timore è forte.
Molto più dell’ennesimo sommovimento creato dalle sue chiacchiere in libertà davanti ai corrispondenti esteri in Italia (poi ovviamente ritrattate) e da quell’investitura, un po’ estemporanea, un po’ no, di Alfano come suo delfino. Anche questa, ovviamente, smentita dopo 24 ore. Persino uno lontano più di altri dai più feroci giochi di potere che si stanno intrecciando in questi giorni, persino – insomma – uno come Altero Matteoli si è fatto saltare la mosca al naso sul nome del Guardasigilli: “Alfano delfino? Lo deciderà un congresso”.
Ma ad un congresso bisogna arrivarci e questa non sembra una priorità per Berlusconi. Che, invece, ne ha altre due sul tappeto; prima la vittoria alle amministrative, poi la “ristrutturazione” del Pdl, ormai oltre la semplice balcanizzazione. E’ probabile, però, che uno sguardo alle amministrative lo stia anche tenendo il Capo dello Stato. Qualcuno dei più attenti osservatori del Quirinale ha infatti ipotizzato che l’avvertimento di Napolitano sul processo breve possa anche materializzarsi una volta noti i risultati delle urne di maggio. Se, come appare probabile, il Pdl e la Lega non porteranno a casa i numeri sperati e qualche scricchiolio comincerà a sentirsi più forte anche in quelle che sono da sempre le roccaforti più pesanti come Milano, ebbene a quel punto uno stop più severo del Capo dello Stato al processo breve potrebbe avere ripercussioni pesanti sulla tenuta della maggioranza. E sulla sorte politica del Caimano.
In serata il Quirinale invita a non interpretare le parole di Napolitano come un “annuncio di un intervento preventivo”. In ambienti del Colle si osserva che l’espressione “vicini al momento” significa che il Capo dello Stato comincerà a esaminare il testo alla vigilia della decisione che dovrà prendere a proposito della promulgazione”, si fa notare. Pertanto, “interpretare le sue parole come l’annuncio di un intervento preventivo è del tutto arbitrario”.
Berlusconi: «Dai docenti di sinistra
valori contrari alla famiglia»
L'appello del premier alle mamme: «I genitori possono scegliere di sottrarre i figli a chi inculca ideologie»
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Ansa) |
«CARE MAMME» - Il premier, parlando dell'azione del governo ha ricordato l'introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: «Siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali, più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime». «Care mamme - ha concluso - vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società». Berlusconi nella nota si è congedato con «un bacio e un saluto affettuoso a tute voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore». (fonte: Ansa)