PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'
lunedì 6 giugno 2011
6 GIUGNO: RASSEGNA STAMPA
Lo sgambetto di Bossi,
l'incubo di Berlusconi
Oggi a pranzo, vertice decisivo
ad Arcore. Pressing su Tremonti
perché si ammorbidisca
UGO MAGRI
ROMAOggi a pranzo la Lega rivolgerà a Berlusconi tutte quelle domande che aveva fin qui rinviato. Va bene tirare avanti altri due anni, gli chiederanno anzitutto, ma facendo che cosa? La riforma del fisco, okay, però con quali soldi? E la manovra per pareggiare i conti entro il 2014, non è che farà perdere al centrodestra le prossime elezioni? Non sarà il caso di andare alle urne l’anno prossimo, prima che i tagli producano i loro effetti? Bossi vorrebbe capire qual è la rotta, l’incontro è fissato proprio per discuterne a cuore aperto. Si vedranno col Cavaliere ad Arcore, come di consueto. Garantita la presenza al vertice del segretario Pdl in pectore, Alfano. Bossi porterà con sé Calderoli e Maroni. Non mancherà Tremonti, anzi tutto lascia immaginare che sarà lui il grande protagonista.
Tremonti non ci sta a recitare la parte del cattivo. Sembra che sia lui a negare i soldi per abbassare le tasse. Il superministro sostiene invece che la manovra da 40 miliardi in tre anni è la conseguenza del pareggio di bilancio promesso da Berlusconi. Ce la impone l’Europa e, prima ancora, serve per tenere l’Italia fuori dal mirino della speculazione. Non pare disponibile a fare sconti, sebbene una scuola di pensiero molto prossima al Cavaliere sostenga che oggi «Giulio verrà messo in mezzo, dovrà subire la pressione congiunta di Berlusconi e dello stesso Bossi in quanto pure la Lega sta perdendo voti per colpa della pressione fiscale, insomma Silvio e Umberto hanno lo stesso interesse ad ammorbidirlo». Per il momento Tremonti rimane parecchio rigido. E quale sia il suo atteggiamento lo conferma paradossalmente una smentita. Ieri il quotidiano «Libero» aveva dato per plausibile il taglio delle tasse sulla base del compromesso tecnico di cui si vocifera da giorni (sforbiciata alle agevolazioni fiscali per abbassare Irpef ed Irap). Tremonti poteva lasciar correre, far finta di non aver letto i quotidiani domenica; invece è subito intervenuto: l’articolo «è lievemente privo di fondamento economico e politico», ha fatto precisare dal Tesoro. Come dire: siamo lontani assai da un accordo sulla materia.
Chi colloquia con Berlusconi lo descrive «prudente e preoccupato», racconta che in queste ore Silvio «riflette» senza sbilanciarsi sulle sue prossime mosse. Dicono anche che il premier appare «consapevole che la strada è stretta» e per la prima volta «nutre dei dubbi sulle reali intenzioni della Lega». La quale Lega oggi gli chiederà di allargare la maggioranza ai centristi, o quantomeno di provarci, perché con 10 voti di maggioranza il governo andrà incontro a un autunno tragico. Pionati per telefono ha suggerito a Berlusconi il rovescio, «non ha senso andare appresso a Casini, noi Responsabili saremo una garanzia». Osvaldo Napoli non ha parlato col premier, però scuote il capo e spiega: «Se le condizioni dell’Udc restano quelle che conosciamo, anzitutto le dimissioni del governo e di Berlusconi, mi sembra inutile farsi troppe illusioni su un’apertura ai centristi». E’ molto probabile che il Cavaliere, con la Lega, voglia adottare una linea soft. «La maggioranza c’è ed è salda, possiamo fare tutte le riforme che vogliamo», dirà senza affatto convincere i suoi interlocutori. Salvo aggiungere qualcosa del tipo: «Non ho niente in contrario a fare un passo verso l’Udc, Alfano l’ho nominato segretario apposta per ricucire i rapporti… Anzi provateci pure voi. Ma ho servi dubbi che sia sufficiente. E certo io non posso aprire una crisi di governo in questo momento senza nemmeno la garanzia che possa servire…».
E’ convinzione profonda del Cavaliere, sostiene chi gli sta intorno, che senza di lui la Lega non andrebbe da nessuna parte. Con un Pd trascinato a sinistra dalla vittoria di Napoli e di Milano, il Carroccio non ha più sponde. Un modo per rompere le sue catene, si mette nei panni di Bossi il centrista Rao, sarebbe quello di imboccare la via della riforma elettorale. Quagliariello (Pdl) ne dubita, cambiare il «Porcellum» gli sembra un’arma spuntata. Fatto sta che la Lega è inquieta. Da Berlusconi si attende risposte. Né si fida delle parole. Di morire per Silvio in via Bellerio non se lo sogna nessuno.
Le 30 mila lavandaie-schiave d'Irlanda
E nessuno che almeno chieda loro scusa
Le donne "perdute" in custodia di quattro ordini religiosi, dal 1922 al 1996, chiuse a lavare panni gratis agli ordini delle suore cattoliche, a subire violenze psicologiche, fisiche, spesso sessuali. Il Comitato contro le torture delle Nazioni Unite chiede ora un'inchiesta, cosa che dovrebbe obbligare la Chiesa a rendere conto dell'accaduto
di ALESSANDRA BADUELNon sono bastate le molte denunce. Ma non è bastata la prima scoperta di alcuni casi nel 1993, non è bastato il film di denuncia The Magdalene Sisters di Peter Mullan nel 2002, condannato senza incertezze dal Vaticano, né sono bastati libri, opere teatrali, canzoni di autori come Joni Mitchell (in Turbolent Indigo, album del '94, poi di nuovo in Tears of stone 1 nel '99) e ancora poesie, poemi, racconti susseguitisi dagli anni 90 a oggi. Non è servito il documentario The Forgotten Maggies di Steven O'Riordan, che nel 2009 ha raccolto molte delle loro storie vere. Non è servito neppure l'esempio dello scandalo della pedofilia degli ultimi anni, davanti al quale la Chiesa è invece arrivata a scusarsi. Sulle Maddalene, gli ordini religiosi e lo Stato irlandese non ci sentono.
Nessuno chiede almeno scusa. In questi giorni a Ginevra il Comitato contro le torture dell'Onu 2 ha chiesto all'Irlanda di aprire un'inchiesta sulla vicenda, gesto che peraltro dovrebbe obbligare anche la Chiesa e in particolare gli ordini religiosi coinvolti a rendere conto dell'accaduto. A denunciare la situazione al Comitato, che sta compiendo l'esame periodico delle condizioni dei diritti umani all'interno di ogni Stato membro, è stato il gruppo irlandese Justice for Magdalenes 3 (Jfm), appoggiato dal parere favorevole della Irish Human Rights Commission 4. "Il governo - spiega Claire McGettrick del Jfm - continua a non scusarsi, a non ordinare un'inchiesta, a non risarcire le donne, perlomeno con una pensione, per quello che noi definiamo un sistema di tortura durato settant'anni, del quale a sua volta l'Irlanda dovrebbe chiedere conto ai quattro ordini religiosi che gestivano le lavanderie.
Alcune di loro sono ancora nei conventi. Non saprebbero dove andare. Altre non hanno mai denunciato nulla. E ci sono i parenti, che non sanno niente del loro destino. Sono morte, spesso, ma senza un nome sulla tomba, come si scoprì nel '93". Fu la prima conferma di quello che l'arte aveva cercato di denunciare fin da Eclipsed, una commedia scritta all'inizio degli anni 90 da Patricia Burke-Brogan sulla sua esperienza di Maddalena trent'anni prima. I quattro ordini religiosi coinvolti hanno nomi serafici. The Sisters of Mercy, The Sisters of Charity, The Good Shepherd Sisters, The Sisters of Our Lady of Charity. All'inizio, quasi un secolo fa, le Maddalene erano davvero prostitute, come quella dei Vangeli, inviate dalle suore perché le spingessero verso la purificazione e la trasformazione in Sorelle di Santa Margherita.
Da prostituta a "donna perduta". Presto però il concetto di "prostituta" si allargò a molte altre: le "donne perdute". Incluse quelle che la stessa polizia irlandese, o le assistenti sociali dello Stato, portavano a scontare in quei conventi-laboratorio una pena sospesa per qualche piccolo reato lavando camicie. Le lavanderie intanto diventarono un affare sempre più lucrativo, con di nuovo lo Stato irlandese coinvolto come committente per le lenzuola e i panni di esercito e ospedali, commesse per le quali le suore ricevevano buoni compensi, soprattutto a fronte di una mano d'opera che non costava nulla oltre al vitto, naturalmente scarso.
La Chiesa declina ogni responsabilità. Gli ordini religiosi non parlano. Nel 2010 il cardinale Sean Brady, allora primate della Chiesa d'Irlanda 5, oltre a tentare di scusarsi per le vittime della pedofilia - scandalo per il quale fu poi costretto a dimettersi, ricevette una delegazione di Justice for Magdalenes. Davanti alle loro richieste, replicò che l'esposizione dei fatti gli pareva onesta ed equilibrata, poi aggiunse: "Per gli standard di oggi, molto di quel che accadde all'epoca è difficile da comprendere". E li invitò a capire che il problema non riguardava la Chiesa ma gli ordini religiosi che gestivano le lavanderie. La richiesta d'incontro rivolta da Justice for Magdalenes alla Conference of Religious of Ireland 6 è stata respinta lo scorso ottobre.
Lo Stato nega il coinvolgimento. Ma anche i tentativi, in corso da anni, di coinvolgere lo Stato irlandese perché promuova un'inchiesta e assicuri un compenso alle sopravvissute, oltre a sostenere la loro causa verso la Chiesa, non hanno avuto risultati. Lo scorso 24 maggio, interrogato a Ginevra dal Comitato contro le torture delle Nazioni Unite in rappresentanza del governo irlandese, Sean Aylward, segretario generale del dipartimento della Giustizia 7 e capo della delegazione convocata dall'Onu, ha replicato negando tutto. Secondo lo Stato irlandese, gli abusi sono avvenuti "tanto tempo fa e in istituzioni private", il dipartimento non ha mai ricevuto denunce in materia, la maggior parte delle donne è entrata volontariamente nelle lavanderie o, se minorenne, con il consenso dei parenti o di chi ne aveva la tutela. Inoltre, una sola lavanderia, a Dublino, sarebbe stata usata dallo Stato come centro di carcerazione preventiva, solo per pochi giorni alla volta e inoltre con ispezioni che non riscontrarono abusi. Il governo, ha concluso Aylward, sta comunque considerando la maniera in cui affrontare il problema. Come l'Irlanda ripete da tempo, ma senza risolversi ad agire, perlomeno fino alla convocazione da parte del Comitato contro le torture Onu.
Si aspetta giustizia. Ora, come negli ultimi 18 anni, attendono giustizia sia quelle poche che hanno saputo denunciare, sia tutte le altre di cui nessuno sa quante siano: le molte rimaste in silenzio per paura e quelle, prive di mezzi, costrette a vivere ancora nelle congregazioni. Ci sono i corpi di quante morirono, ma non hanno una lapide. E ci sono i figli di quelle Maddalene imprigionate perché gravide o già mamme da nubili. Un altro numero imprecisato: quello dei bambini che grazie alle lavanderie della redenzione non hanno mai conosciuto le loro madri.
(04 giugno 2011)
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