PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

domenica 10 aprile 2011

INTERVENTO DEL 9 APRILE LETTO DA MARINA BARAUSSE

L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER DONNE.

In Italia le donne sono il 60% dei laureati e solo il 46% di chi lavora. In Italia le donne guadagnano in media il 20% in meno degli uomini a parità di lavoro. In Italia le donne sono spesso assunte con contratti precari, il popolo dei co.co.pro. passa da un contratto all’altro con poche tutele e quasi nessuna garanzia per il suo futuro previdenziale. In Italia le donne sono spesso oggetto di mobbing strategico, si nega loro il part time necessario a conciliare lavoro e famiglia per indurle ad andarsene, quando non le si obbliga all’atto dell’assunzione a firmare lettere di dimissioni in bianco. In Italia le donne sono le prime ad essere messe in cassa integrazione o licenziate in caso di crisi. Le donne sono la maggioranza tra gli insegnanti e quindi le più colpite dagli effetti della riforma Gelmini che ne ha lasciate e ne lascerà migliaia a casa senza lavoro.

L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER DONNE.

In Italia avere un figlio è diventato un lusso che non tutte le donne possono permettersi. Gli assegni familiari sono tra i più bassi d’Europa, solo il 10% dei bambini da 0 a 2 anni frequenta un asilo nido, i posti disponibili nei nidi pubblici sono assolutamente insufficienti rispetto alle richieste, e quelli privati sono così costosi che spesso ad una madre conviene di più rinunciare al lavoro e restare a casa ad occuparsi dei figli piccoli. La riforma Gelmini sta portando ad una vistosa riduzione del numero delle classi a tempo pieno nella scuola primaria, lasciando migliaia di famiglie in un vuoto organizzativo che spesso obbliga (nuovamente) le madri a ridurre il proprio orario di lavoro, di fatto provocando anche una riduzione del reddito familiare.

L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER DONNE.

Ogni giorno leggiamo e sentiamo di donne aggredite, stuprate o ammazzate, in oltre la metà dei casi ad opera di un conoscente o di un familiare (mariti ex mariti compagni ex compagni fidanzati ex fidanzati). L’escalation degli atti di violenza nei confronti delle donne degli ultimi mesi è impressionante. Eppure molti centri antiviolenza sono a rischio di chiusura perché non ricevono più finanziamenti dallo Stato.

L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER DONNE.

L’Italia non è un Paese per donne normali, la cultura televisiva degli ultimi 20 anni ha diffuso un modello di donna che spicca per perfezione estetica ed insignificanza culturale. Non conta se studi, ti impegni e lavori sodo, conta se qualcuno ti nota e riesci ad ottenere i tuoi risultati grazie al tuo aspetto fisico.

MA SAPETE UNA COSA?

Le donne italiane hanno detto BASTA, il 13 febbraio hanno urlato il loro BASTA in 200 piazze italiane. Eravamo 6.000 in Ancona ed 1 milione in tutta Italia a gridare il nostro disagio, la nostra vergogna, il nostro NO ad un governo e ad un sistema politico che non ci rappresenta, non ci tutela, non ci rispetta, ed invece ci umilia con la rappresentazione del corpo femminile come un oggetto da usare per il piacere personale degli uomini e da scambiare tra i ricchi e potenti di turno come corrispettivo di traffici più o meno illeciti.

Ci hanno dato delle radical chic, delle moraliste, delle bacchettone, hanno detto che ci siamo lasciate strumentalizzare, ma io il 13 febbraio non ho sentito slogan moralisti, né ho visto bandiere o simboli, quel che ho visto sono state migliaia di donne e uomini, ragazzi e ragazze, nonne e nipoti, mamme e figlie adolescenti, cittadine e cittadini che hanno sentito fortissimo il bisogno di ESSERCI per dimostrare che l’Italia e le Italiane sono ALTRO rispetto alla Repubblica del BUNGA BUNGA che ci ha fatti diventare una barzelletta in tutto il mondo.

Ci hanno detto che il nostro movimento è nato e subito morto, che ci siamo già dissolte nell’aria dopo il 13 febbraio….

NON CREDETECI!
Noi donne del 13 febbraio ci siamo ancora, occupate a studiare, a lavorare, a curare i figli, i genitori anziani, la casa, a vivere i nostri amori, insomma occupate a vivere una vita quotidiana spesso molto faticosa e sicuramente molto piena di impegni. Il 13 febbraio non è stato un evento unico ed irripetibile, piuttosto è stato la punta di un iceberg, un segnale importante, il segno tangibile che le donne italiane hanno CAPITO cosa vogliono e cosa NON vogliono.

Noi donne italiane vogliamo rispetto per il nostro fondamentale apporto alla vita produttiva del Paese, e riconoscimento per il lavoro di cura dei figli e degli anziani che ricade quasi interamente sulle nostre spalle in una situazione di drammatica carenza delle istituzioni, vogliamo riforme fiscali che sostengano il reddito delle famiglie e delle giovani coppie, vogliamo scuole che funzionino, università competitive, vogliamo lavoro per i nostri giovani, per non vederli sognare, moderni migranti, una vita migliore all’estero, vogliamo tutela dei nostri diritti sul posto di lavoro, vogliamo garanzie per la nostra pensione, vogliamo UN FUTURO PER I NOSTRI FIGLI!

Noi donne del Comitato 13 febbraio di Ancona abbiamo raccolto la potente spinta al cambiamento che ha riempito le piazze delle Marche il 13 febbraio e che riempie oggi questa piazza. Ci siamo aggregate spontaneamente, diverse per età, provenienza geografica, formazione culturale ed esperienze di vita, ma unite, fortissimamente unite, da un unico obiettivo: proseguire in questo dialogo con e tra donne, trasversale e solidale, attento ai fatti della politica italiana ed internazionale, per sostenere il risveglio della consapevolezza, sempre più diffusa, radicata e potente, che DONNA E’ ALTRO, DONNA E’ DIGNITA’, E’ INTELLIGENZA, E’ FORZA, E’ CORAGGIO, E’ TENACIA, E’ RESISTENZA, E’ AMORE, E’ DEDIZIONE, E’ SACRIFICIO, E’ CAPACITA’  DI  PIANGERE E DI RIDERE, E’ LUCE,    DONNA E’ GIOIA….

Noi siamo qui oggi di nuovo, insieme a tutti voi PER URLARE ANCORA PIU’ FORTE, ANCORA UNA VOLTA E POI ANCORA:

                             SE NON ORA, QUANDO?
                            ADESSO!!!!

10 APRILE: RASSEGNA STAMPA

Tutti in piazza il 9 aprile: il comitato "Se non ora quando? Vallo di Diano" contro le dimissioni in bianco

La nostra piazza è quella delle idee e dei contributi alla manifestazione nazionale “Il nostro tempo è adesso”. In tal senso il Comitato Se non ora quando - Vallo di Diano avanza la proposta di abolire la legge sulle dimissioni in bianco, un vile abuso compiuto nei confronti di giovani lavoratrici e lavoratori al momento dell’assunzione. Con l’attuale normativa, difatti, viene richiesto ad essi di firmare una lettera di dimissioni volontarie, definite in bianco perché senza una data, che verrà successivamente apposta dai datori di lavoro allorquando quella donna sarà incinta o quel lavoratore avrà avuto un infortunio o una lunga malattia. L’obiettivo dell’abuso è aggirare il divieto di licenziamento, che vige nel nostro ordinamento in assenza di giusta causa e giustificato motivo (art. 18 – Statuto dei lavoratori). Contro questa prassi le legge 188/2007 aveva previsto un’autodichiarazione,codificata su moduli con numerazione progressiva, che, avendo una scadenza di quindici giorni, non poteva essere compilata prima del suo utilizzo. La suddetta normativa, votata all’unanimità dalla Camera ed a maggioranza dal Senato, fu abrogata nel giugno del 2008, con la conseguenza di rendere precario non solo il lavoro ma, soprattutto, la vita di chi era costretta/o a firmare le c.d. dimissioni in bianco. La riconquista della legge 188 per noi donne avrebbe oggi il significato straordinario di riaffermare la libertà contro ogni forma di soggezione: ciascuna lavoratrice deve essere artefice della propria vita e delle proprie scelte procreative, che solo uno spirito illiberale può contrapporre al lavoro. Il ripristino del suddetto assetto normativo è stato, quindi, inserito dal Comitato nazionale Se non ora quando nella sua piattaforma programmatica delle iniziative dello scorso 8 marzo. Noi vogliamo riproporre questa richiesta nella data del 9 aprile 2011, dando in tal modo un adeguato contributo alla manifestazione “Il nostro tempo è adesso”, perché siamo fermamente convinte, come dice il logo nazionale, che “la vita non aspetta”, soprattutto quella delle giovani donne, appartenenti ad una generazione precaria, su cui pesa il ricatto di una drammatica contrapposizione tra lavoro e vita.
 Il comitato Se non ora quando?
Vallo di Diano

"La vita non aspetta". I precari scendono in piazza

Disoccupati, free lance, partite iva, studenti, stagisti e ricercatori hanno manifestato in 46 città italiane per protestare contro un mercato del lavoro che li tiene sempre più ai margini

Dai ricercatori ai cervelli in fuga, dai giovani laureati in cerca disperata di occupazione stabile ai vincitori di concorso mai assunti, ai giornalisti che ogni giorno, da invisibili, raccontano l'Italia. L'esercito dei precari italiani (la Cgia di Mestre ne conta quasi 4 milioni, in aumento del 4% negli ultimi due anni) è sceso in piazza in tutto il Paese per far sentire la sua voce e per rivendicare il futuro di una generazione a cui ogni prospettiva di vita viene interdetta dall'assenza di stabilità e tutele.
Dietro gli striscioni con lo slogan "il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta", migliaia di ragazzi hanno sfilato a Roma, a Napoli, Palermo, Milano, Torino, Firenze e nelle altre grandi città italiane . In cortei vivaci e colorati, dove non si sono registrati disordini (tranne qualcuno a Padova causato dai no global) ma tanti flash mob più o meno improvvisati, i lavoratori precari e gli studenti universitari hanno gridato tutto il loro malessere e reclamato i loro diritti. "Sono laureato con 110 e lode e ho fame", recitavano i cartelli di Vicenza, mentre decine di ricercatori travestiti da anziani lamentavano per le vie di Roma che "quando saremo assunti saremo gia' dei vecchi".

"Il tema del precariato è il tema del futuro del nostro Paese. Non si può immaginare che ci sia un futuro se ci sono intere generazioni che pensano che questo Paese non li vuole e non gli dà nessuna prospettiva", ha sottolineato il segretario della Cgil, Susanna Camusso, che ha animato il corteo della capitale. Il sindacato di Corso Italia è l'unico tra le organizzazioni dei lavoratori ad essersi schierato a fianco del comitato promotore, insieme a Pd, Idv e Sel. Al corteo di Roma ha partecipato anche Nichi Vendola : "Sono venuto qui per respirare aria pulita in un Paese in cui dalle classi dirigenti si promana cattivo odore. Avere 4 milioni di precari in Italia - ha osservato - significa che quasi in ogni famiglia c'è un inquilino scomodo, un essere umano in lista d'attesa, nelle sabbie mobili".
"Metà della gente che è a casa adesso o in cassa integrazione o licenziata, erano quelli considerati garantiti. Oggi i padri e i figli, quelli che lavorano, sono tutti nei guai", ha commentato il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.

A smontare la protesta è invece il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, secondo il quale a scendere in piazza "non sono i precari, sono solo alcune associazioni: anzi la Cgil è l'unica organizzazione che appoggia", sottolinea sollecitando "una stagione simile a quella degli anni '50 e degli anni '60", in pratica "una nuova ricostruzione" dell'impresa e del lavoro dopo la recessione.
La crisi economica si è infatti abbattuta sul mondo del lavoro colpendo innanzitutto proprio i giovani, denuncia la Confartigianato. Negli ultimi due anni la riduzione del numero degli occupati sotto i 35 anni è stata di quasi un milione (934.600 unità in meno tra il III trimestre 2008 e il III trimestre 2010) con una flessione, calcola la confederazione degli artigiani, del 13,1%.

Anche a Cuneo l'appuntamento con "Il nostro tempo è adesso": i racconti e le storie dei precari Rafael, 45 anni: "Non ho possibilità di futuro, non riesco a far stare bene la mia famiglia senza un impiego fisso"

Le immagini della manifestazione nel fotoservizio © Ameglio
Oggi è una giornata di grande mobilitazione in cui i precari, disoccupati, lavoratori autonomi, studenti, giovani senza diritti sono scesi in piazza per manifestare, uniti, la propria esistenza, per rivendicare i diritti che negati, per far sentire la loro voce e raccontare chi sono, perché vogliono un altro Paese, un Paese che investa sulla ricerca e sulle giovani generazioni invece di relegarle ai margini del sistema produttivo, mortificandone le competenze e cancellando ogni possibilità di realizzazione personale.
Per questo oggi, non a Roma, ma in piazze in tutta Italia decine di giovani e meno giovani si sono uniti per sostenere l'iniziativa. A Cuneo sono state quasi venti le associazioni a ritrovarsi in piazza Audiffredi alle 15 per dire no al precariato. A partire dal Partito Democratico, Arci, Rifondazione Comunista, Giovani Comunisti, Comitato "Se non ora quando?", Sel - Sinistra Ecologia Libertà, Sinistra Critica, Feo - Fondazione Europa Occupazione, FGIC,  Fondazione Nuto Revelli, Giovani Democratici, Federazione degli Studenti, Popolo Viola, Libera, Studenti Liberi, Libertà e Giustizia, Anpi - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, che si sono alternati sul palco allestito in piazza del Municipio ospitando lavoratori precari di ogni categoria che hanno raccontato le loro storie cercando di sensibilizzare la politica ad occuparsi del problema.
"Vogliamo far conoscere oggi le storie di molti giovani che devono fare molti sacrifici per andare avanti - racconta Rebecca Ghio, segretaria dei Giovani Democratici di Cuneo - Devono spesso avere 2 o 3 lavori per raccimolare uno stipendio a fine mese. E' una realtà di vita scomoda, senza possibilità di futuro".
Proprio sul futuro era incentrato il tema della manifestazione, un futuro a cui non si può pensare se prima non si guarda l presente, di qui il titolo della giornata, "Il nostro tempo è adesso". "Il problema è grave, 1/3 dei giovani è disoccupato, il resto, per arrivare quasi fino al 100% è precario, - spiega Federico Cavallo, segretario provinciale dei Giovani Democratici - questa, dopo quella economica, è una crisi sociale".
Alla manifestazione erano presenti anche esponenti di "Esuli in patria" che, "armati" di una lancia di legno ed un cartello che recitava "Föra d'le bale" hanno lanciato una provocazione alla proposta del Carroccio sugli eserciti regionali.
Piertomaso Bergesio, dirigente sindacale della CGIL, ha sottolineato che il primo obiettivo da raggiungere, tramite questa manifestazione apolitica, aprire una finestra di discussione sulla condizione di precarietà che investe sempre più i giovani e i meno giovani. "Le nuove leve non hanno tutele, non hanno diritti", continua l'esponente sindacale. Sul palco, Loredana Sasia, segretaria provinciale della Silcam CGIL afferma: "Ogni giorno incontro precari, da insegnanti a magazzinieri, da giornalisti ad operatori dello spettacolo, bisogna avere il coraggio di chiedere i propri diritti come abbiamo fatto noi donne il 13 febbraio scorso, il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta".
Interviene Rafael, un precario: "Non ho una stabilità economica, sogno un futuro che non so cosa sia, ho 45 anni ma mi sento un bambino, vorrei dare alla mia famiglia situazioni favorevoli ma non ne ho la possibilità. Nella vita mi arrangio, cerco di prendere quello che posso, qualche piccolo lavoro in nero per arrivare a fine mese. Ultimamente l'importante è apparire ma per me quello che conta è la sostanza".
Presente in piazza anche il vicesindaco Giancarlo Boselli: "E' un'ottima iniziativa per mettere in evidenza in tutta Italia l'azione dei giovani anche per richiamare l'attenzione ai prossimi referendum. Non nascondo il mio essere nettamente favorevole alla gestione pubblica dell'acqua e all'assenza di centrali nucleari, sopratutto dopo gli ultimi fatti avvenuti in Giappone, bisogna ripensare alle energie alternative".
Rafael, un precario


Francesco Ameglio


I Precari scendono nelle piazze d'Italia Ultrà Di Pietro: "Stop a mercato schiavi"

Manifestazioni in tutto il Paese. Meloni: "Non cerchiamo privilegi nostri padri". Vendola: "Classe dirigente puzza"

Il nostro tempo è adesso": questo lo slogan scandito da i precari di tutt'Italia che tornano in piazza. La manifestazioni si sono svolte nelle più grandi città della penisola: da Palermo a Milano, passando per Napoli, Ancona e Roma migliaia di precari sono scesi in strada. La mobilitazione è stata organizzata via web, come pure è avvenuto per la protesta femminile in chiave anti-Cav Se non ora quando. In piazza giovani stagisti, studenti, ricercatori, laureati con tanto di maglietta gialla con punto esclamativo. In strada non è sceso Antonio Di Pietro, che non ha fatto mancare un suo commento: il leader dell'IDv ha parlato di "moderna tratta della schiavitù".

LA MELONI: "NON FACCIAMO ERRORI NOSTRI PADRI" - Cori e slogan che rivendicano "diritti oggi negati" e urlano un "basta alle raccomandazioni", auspicando una maggiore meritocrazia. La voce del precariato si alza, e immancabilmente nel mirino ci finiscono governo e Silvio Berlusconi. A fare da controcanto, però, ci pensa il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, che già da venerdì aveva messo tutti in guardia dal chiedere "i privilegi dei padri che hanno rovinato l'Italia". "Non dobbiamo fare l’errore di chiedere per noi i privilegi che hanno avuto i nostri genitori, perché è in ragione di quei privilegi che c’è stata consegnata l’Italia in cui viviamo - ha commentato la Meloni -. Non ci sono più i soldi perché qualcuno possa avere quei privilegi". Piuttosto, il ministro suggerisce di "lavorare per difendere i diritti di questa generazione e non i privilegi di qualcun altro. La partecipazione giovanile per me è sempre una vittoria - ha sottolineato -. Questa generazione ha diversi motivi per i quali scendere in piazza e la loro capacità di combattere rappresenta una risorsa". 

DI PIETRO (Idv) - Dopo la voce del governo, si sono levete le grida dell'opposizione. In prima fila il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che non ha dubbi sulla posizione da prendere. L'ex pm sta dalla parte dei precari, perché questa è "la manifestazione di un nuovo padronato che sfrutta il mercato degli schiavi - ha commentato con la consueta pacatezza -. E'  un ritorno allo schiavismo. Fermiamo questo ritorno a un lavoro senza diritti. Fermiamo la tratta dei moderni schiavi", ha concluso l'ultrà della Camera.

BERSANI (Pd) - Poi la preoccupazione del segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani. "Padri e figli, quelli che lavorano, sono tutti nei guai" ha dichiarato in relazione alle persone che hanno preso parte alle manifestazioni. A questo punto, è opportuno che "il governo conosca un pò più da vicino la realtà che sta vivendo questo Paese": immancabile la stoccata alla presunta miopia dell'esecutivo.

VENDOLA (Sel) - A Roma, in piazza con i precari è sceso anche Nichi Vendola, governatore della Puglia e leader di Sinistra, Ecologia e Libertà. "Sono venuto qui per respirare aria pulita in un paese in cui dalle classi dirigenti promana cattivo odore". Sempre nella capitale, anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, si è unita alla street parade contro il precariato, ben in vista in testa al corteo.

In piazza i precari italiani

09 aprile 2011

Roma - «Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta»: con questo slogan - che è anche il nome del comitato promotore - i precari, i disoccupati, il popolo delle partite Iva, gli studenti, gli stagisti, i ricercatori e i freelance sfileranno oggi per le strade di moltissime città italiane (e non solo) per «riprendersi il presente», ancora prima del futuro, e il Paese, partendo dal lavoro. E dalla richiesta al premier Silvio Berlusconi di «farsi da parte».
Con loro in piazza ci sarà la Cgil, il comitato “Se non ora quando” e tutta l’opposizione: Pd, Idv, Verdi, Pdci-Federazione della Sinistra.
Precari, i dati della Cgia
In Italia, i lavoratori precari sono un “esercito” di quasi 4 milioni di persone (per la precisione, 3.941.400), il 56% di loro è occupato nelle regioni del Centro-Sud, e fra il 2008 e il 2010 sono aumentati del 4%: sono dati della Cgia di Mestre.
Secondo la stessa Cgia, oltre il 38% dei precari ha solo la licenza media, tra gli “under 35” il livello retributivo mensile netto è di 1068 euro, un importo inferiore del 25,3% (pari a 282 euro) rispetto a un lavoratore a tempo indeterminato che svolge le stesse mansioni.
I precari italiani sono concentrati soprattutto nel settore della ristorazione (35,5% del totale), seguito dai servizi pubblici, sociali e alle persone (33,4%) e dall’agricoltura (28,4%). A livello territoriale, secondo la Cgia, è il Centro-Sud a presentare la concentrazione più elevata (56%): il Mezzogiorno, tra le quattro ripartizioni geografiche, è l’area che in termini assoluti ne presenta di più (1.336.329); rispetto a una media nazionale del 17,2%, nel Mezzogiorno l’incidenza dei precari sul totale degli occupati è del 21,6%.
Tra il 2008 ed il 2010 i lavoratori “atipici” sono aumentati del 4%. Nel Nord-Est l’incremento è stato del +8,3%, nel Nord-Ovest del +8,9%. A livello regionale, la crisi economica ha fatto “esplodere” i precari in Trentino-Alto Adige (+20,7%) e in Emilia Romagna (+20,3%); forte, invece, il calo registrato nelle regioni del Sud e in Veneto (-4,6%).

LA GIORNATA DEI PRECARI, MANIFESTAZIONI IN TUTTA ITALI

16:18 09 APR 2011

(AGI) - Roma, 9 apr. - E' il giorno dei precari: migliaia di giovani sono scesi in piazza in tutta Italia per protestare contro l'instabilita' nel lavoro e chiedere maggiori diritti e garanzie. Ricercatori, giornalisti, lavoratori interinali, di Alitalia e della scuola: sono solo alcune delle categorie che si sono date appuntamento a Roma, in piazza della Repubblica.
  "Diritti, welfare universale, reddito, maternita' e pensioni" recita uno degli striscioni che sfilano lungo le vie del centro, diretti al Colosseo. "Siamo in piazza per il futuro dei nostri figli, i primi per i quali viene disatteso l'articolo 1 della Costituzione - ha commentato Gianfranco Mascia, rappresentante del Popolo Viola -. Qui ci sono padri e madri che protestano per per il futuro dell'Italia. Per questo abbiamo portato il tricolore in piazza perche' e' simbolo dell'identita' comune".
  Circa 400 persone sfilano nel centro di Napoli fino a piazza del Gesu'. In prima fila ci sono gli studenti universitari, i "precari del futuro", ma anche gli operai della Fiat di Pomigliano. Sventolano le bandiere rosse della Fiom e ricordano che l'azienda ha gia' licenziato 200 precari dello stabilimento campano. Alla manifestazione aderiscono anche i ricercatori e i docenti, che si sentono dei veri e propri oggetti e, per questo motivo, hanno indicata sulla fronte la data di scadenza. Nel corteo anche i giornalisti e i precari dell'Inps. A Napoli si sono vissuti momenti di tensione quando un gruppo di studenti universitari, che partecipano al corteo dei precari a Napoli, hanno lanciato vernice rossa sulla facciata di una banca. Due docenti infatti si sono scagliati contro i ragazzi, accusandoli di essere violenti e di essere stati pagati da qualcuno per creare disordini. Dopo una discussione animata, la situazione e' tornata tranquilla, anche grazie all'intervento di altri manifestanti. Un gruppetto di studenti universitari ha successivamente deciso di abbandonare il corteo, prima di raggiungere piazza del Gesu'. "Non ho insicurezze - racconta Andrea, uno dei ricercatori dell'universita' Federico II -, nei prossimi 3 anni non guadagnero' nulla e paghero' 800 euro di tasse".
  Seimila persone partecipano alla manifestazione di Ancona, in piazza del Plebiscito. Sul palco numerosi rappresentanti di studenti universitari, dei lavoratori delle fabbriche in crisi di tutte le Marche, della scuola pubblica e del comitato 'Se non ora quando'. "C'e' un rapporto stretto tra l'interruzione e la discontinuita' nei contratti di lavoro e il ritorno alla legalita' nel nostro paese. Questo perche' se non invertiamo la tendenza attuale alla precarizzazione totale, ci sara' l'ingresso della criminalita' organizzata nel mondo del lavoro, criminalita' che lo usera' per infiltrarsi e crescere sapendo che il governo non sta intervenendo in questo settore e anzi sta lasciando che la societa' si laceri e si divida sempre di piu'". Lo ha affermato oggi ad Ancona, Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, concludendo la manifestazione contro il precariato che si e' svolta in piazza del Plebiscito.
  "Occorre tornare presto alla trasparenza dei contratti e alla certezza del diritto - ha spiegato Camusso - oltre ad una loro giusta durata e all'ampliamento di ammortizzatori sociali che intervengano fra un tempo e l'altro di ogni rapporto. In una parola serve responsabilita' nelle scelte per il futuro del paese, con la classe dirigente politica nuova che affronti veramente i grandi problemi sul tappeto. La Cgil in questo caso - ha proseguito Camusso - fara' la sua parte per costruire una nazione piu' unita e solidale di quanto sia ora". (AGI) PRECARI: BERSANI, PADRI E FIGLI CHE LAVORANO SONO TUTTI NEI GUAI "Padri e figli, quelli che lavorano, sono tutti nei guai, i padri e i figli": lo ha dichiarato il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, interpellato in relazione alle manifestazioni dei precari che si svolgeranno oggi in tutta Italia. Per Bersani, e' meglio "che il governo conosca un po' piu' da vicino la realta' che sta vivendo questo Paese". Il leader del Pd ha poi definito "una stupidaggine particolare" quanto detto ieri dal ministro Giorgia Meloni, sul fatto che i giovani fanno bene ad andare in piazza ma senza chiedere i privilegi dei padri. "Meta' della gente che e' a casa adesso, o in cassa integrazione o licenziata - ha concluso Bersani - meta' sono i garantiti, quelli di cui parla la Meloni". (AGI) .

Chi sta con Montezemolo?

Sindacati e opposizione in piazza: anche il presidente di Italia futura scalda i motori del programma
Dire che sia il manifesto preparatorio della discesa in campo è forse troppo. Perché è a tre firme (in ordine alfabetico?) e la prima non è quella del sospettato futuro autocandidato premier Luca Cordero di Montezemolo, ma di un senatore dem e giuslavorista come Pietro Ichino (la terza è del dimissionario Nicola Rossi). E perché il presidente di Italia Futura non ha ancora fatto la sua scelta, forse anche in ragione dei tempi e delle modalità con cui la situazione politica si evolverà, se si evolverà.
Ma certo, sul testo pubblicato contemporaneamente sul Corriere della sera e sul sito della fondazione montezemoliana ci sarà chi ricamerà e ipotizzerà scenari a medio termine.
Soprattutto alla luce di un altro evento annunciato per giovedì prossimo: la presentazione di WeThink, un luogo virtuale lanciato dall’associazione ItaliaCamp in collaborazione con numerose fondazioni e centri di ricerca di diverso orientamento politico e culturale: oltre a Italia Futura, ci sono Democratica di Veltroni, FareFuturo di Adolfo Urso, Italianieuropei tendenza Giuliano Amato, Magna Carta del vicecapogruppo Pdl al senato Gaetano Quagliariello, Svimez (istituto che si occupa del Mezzogiorno), Symbola di Ermete Realacci e altre sigle più e meno note tra cui la Fondazione Rosselli. «L’obiettivo – recita il comunicato di ItaliaCamp, associazione nata nel 2010 con il patrocinio della presidenza del consiglio dei ministri e presieduta dal direttore della Luiss Pier Luigi Celli – è quello di superare l’emergenza quotidiana per ragionare su prospettive di medio e lungo termine».
Forse davvero è tutto prematuro, ma è comunque di un certo interesse la convergenza o semplicemente lo stabilirsi di piattaforme comuni di lavoro tra personaggi e associazioni così diverse. La proposta Ichino sul contratto unico o prevalente fu acquisita da Veltroni e rilanciata al Lingotto 2, mentre, come si sa, Nicola Rossi è da tempo così insofferente nei confronti della linea del Pd da aver presentato le dimissioni che il senato gli ha respinto (e infatti ha firmato il documento come “Università di Tor Vergata”).
Ieri il responsabile economico dem Stefano Fassina, in un articolato commento affidato a Facebook, ha ribadito le proposte elaborate e votate dal partito nelle sue assemblee nazionali, ravvisando nel testo del Corriere un «paradigma ideologico neo-liberista» che contrappone inutilmente i padri ai figli. E il segretario Pier Luigi Bersani, in un video indirizzato ai precari che manifesteranno oggi, ha sottolineato che «un’ora di lavoro precario non può costare meno di un’ora di lavoro stabile».
«Le questioni sono tre – spiega l’ex ministro Tiziano Treu a Europa – la prima è che molti rapporti precari nascono già in contrasto alla legge e quindi non c’è bisogno di riformare nulla, vanno repressi e basta; la seconda è che l’arma più efficace è quella di parificare o elevare i costi dei contratti precari rispetto a quelli a tempo indeterminato, come accade negli altri paesi europei; l’ultima è che ha senso promuovere una solidarietà intergenerazionale non in modo banale: diciamo che si può pensare a un allungamento dell’età pensionabile anche in questa ottica».
Oggi alla manifestazione “Il nostro tempo è adesso” ci saranno Pd, Idv, Verdi, Sel, Pdci-Federazione della sinistra, Cgil e Comitato “Se non ora quando”.


Brindisi, 08/04/2011

Giornata di mobilitazione contro la combustione dei rifiuti


Il Movimento No al Carbone, Medicina Democratica, Rinascita Civica Brindisina, Senonoraquando, Associazione Mamadù, A.N.P.I invitano tutta la cittadinanza sabato 16 aprile alle 18,00 in Piazza Vittoria ad un pomeriggio di mobilitazione contro la combustione dei rifiuti nel nostro territorio, già fortemente compromesso dalla combustione del carbone.
Il pericolo è di creare un'altra centrale a CDR (Combustibile Da Rifiuti), con emissioni di diossine furani sostanze tra le più cancerogene, in un territorio che ospita già numerosi impianti con forte impatto sull’ambiente e la salute.
Il capro espiatorio per questa nuova emergenza è l’imminente scadenza delle proroghe per il conferimento dei rifiuti in discarica un problema che doveva però essere affrontato per tempo. La raccolta differenziata che si svolge in città è insufficiente per raggiungere l’obiettivo “RIFIUTI ZERO”, ma “bruciare la spazzatura” non è certo la soluzione più conveniente per la città.
Per questo abbiamo deciso per il giorno 16 Aprile alle ore 18,00 in piazza Vittoria a Brindisi di organizzare una mobilitazione di protesta che vedrà la partecipazione di medici e scienziati per spiegare i pericoli di questo tipo di combustione e le incoerenze economiche che ne scaturirebbero. L’invito, come sempre, è esteso a tutta la cittadinanza desiderosa di informarsi ,o di protestare, sulle scelte sciagurate che l’aspettano.
Partecipiamo in tanti per manifestare tutta la nostra contrarietà a questa ennesima svendita del nostro territorio.

COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO:
MOVIMENTO NO AL CARBONE, MEDICINA DEMOCRATICA, RINASCITA CIVICA BRINDISINA, SENONORAQUANDO, ASSOCIAZIONE MAMADÙ, A.N.P.I