Il vento soffia per portare aria nuova
Perché le amministrative hanno dimostrato che le persone contano più di partiti e ideologie.
di Elisabetta Grandi
Se il vento è cambiato, come auspicava Giuliano Pisapia nella sua lunga e defatigante campagna elettorale, il segnale più forte del cambiamento in arrivo andrebbe datato al 13 febbraio scorso, giorno di una grandiosa manifestazione di donne (e anche di molti uomini), che inondarono le piazze italiane non con parole d’ordine assertive o rabbiose, ma con una semplice domanda: «Se non ora, quando?».
LA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA. Alla domanda risposero in centinaia di migliaia, un’enorme folla di persone senza alcun intruppamento partitico, che desideravano soltanto esprimere il proprio disagio e la propria distanza da un premier vistosamente inadatto a rappresentare la società italiana, o almeno la gran parte di essa.
Il centrodestra reagì in modo sprezzante, definendo le manifestanti «un manipolo di signore radical chic», ma quel disagio diffuso e profondo è diventato l’onda che oggi travolge, pacatamente e democraticamente, l’assetto di potere del Cavaliere. E forse anche più di questo.
LA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA. Alla domanda risposero in centinaia di migliaia, un’enorme folla di persone senza alcun intruppamento partitico, che desideravano soltanto esprimere il proprio disagio e la propria distanza da un premier vistosamente inadatto a rappresentare la società italiana, o almeno la gran parte di essa.
Il centrodestra reagì in modo sprezzante, definendo le manifestanti «un manipolo di signore radical chic», ma quel disagio diffuso e profondo è diventato l’onda che oggi travolge, pacatamente e democraticamente, l’assetto di potere del Cavaliere. E forse anche più di questo.
Metamorfosi del consenso
Il voto delle amministrative 2011, soprattutto a Milano e a Napoli, mostra il compiersi di un processo di trasformazione più ampio, alla fine del quale le persone contano più dei partiti e il consenso non è più “organizzato” attraverso strutture intermedie, come accadeva una volta, dalle sezioni di partito ai sermoni dei parroci.
FOCUS SULLE PERSONE. Ognuno va da solo, decide in proprio e vota anzitutto persone, come è accaduto alle primarie di Milano, dove Pisapia risultò più convincente dell’architetto Boeri (e oggi ben più della petroliera Moratti), e come a Napoli, dove De Magistris prevale sul candidato del Pd Morcone. Ma anche a Torino, la vittoria di Fassino è più un successo personale dell’uomo che non del partito.
EFFETTO DEL BERLUSCONISMO. La prevalenza della persona in politica è certamente un effetto del berlusconismo, che ha manipolato il disorientamento successivo alla caduta del Muro di Berlino e alla tempesta di Mani Pulite.
Purtroppo, però, la persona era sbagliata, e gli italiani se ne stanno finalmente rendendo conto. Non solo. Oggi proprio lui appare come il vecchio, l’obsoleto, che ostacola il cambiamento e tiene imballata una società migliore della sua classe dirigente.
UN PO' PIÙ AMERICANI. Con queste elezioni, ci sentiamo un po’ più americani e festeggiamo i vari “Obama” che hanno conquistato le città con le loro facce e con le loro parole. A partire da Milano dove si prepar una riscossa civile prima ancora che politica. Gli effetti si vedranno a breve.
FOCUS SULLE PERSONE. Ognuno va da solo, decide in proprio e vota anzitutto persone, come è accaduto alle primarie di Milano, dove Pisapia risultò più convincente dell’architetto Boeri (e oggi ben più della petroliera Moratti), e come a Napoli, dove De Magistris prevale sul candidato del Pd Morcone. Ma anche a Torino, la vittoria di Fassino è più un successo personale dell’uomo che non del partito.
EFFETTO DEL BERLUSCONISMO. La prevalenza della persona in politica è certamente un effetto del berlusconismo, che ha manipolato il disorientamento successivo alla caduta del Muro di Berlino e alla tempesta di Mani Pulite.
Purtroppo, però, la persona era sbagliata, e gli italiani se ne stanno finalmente rendendo conto. Non solo. Oggi proprio lui appare come il vecchio, l’obsoleto, che ostacola il cambiamento e tiene imballata una società migliore della sua classe dirigente.
UN PO' PIÙ AMERICANI. Con queste elezioni, ci sentiamo un po’ più americani e festeggiamo i vari “Obama” che hanno conquistato le città con le loro facce e con le loro parole. A partire da Milano dove si prepar una riscossa civile prima ancora che politica. Gli effetti si vedranno a breve.
Martedì, 17 Maggio 2011
Mea culpa di Berlusconi
"Ora sarò più defilato"
"Non dormo al pensiero che i centri sociali bivacchino a Palazzo Marino"
AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Sarà più defilato. Berlusconi ha capito la lezione di Milano, di avere spaventato i moderati. La sberla elettorale gli brucia, ma non è disposto a porgere l’altra guancia. Sa che la Moratti ha di fronte una montagna da scalare fatta di 70 mila voti persi per strada. Eppure «dobbiamo provarci con tutte le nostre forze, rimanendo uniti. Noi siamo persone che sanno compiere missioni impossibili. Non ci dormo la notte al pensiero che quelli del Leoncavallo bivacchino a Palazzo Marino». Come fare? Intanto riconoscendo gli errori di comunicazione, evitando i toni accesi da guerra civile, parlando soltanto dei problemi concreti dei milanesi e non dei suoi processi mentre i tifosi urlano davanti al tribunale di Milano. A fare questi ragionamenti è stato proprio il premier nei vari colloqui che ha avuto ieri a Milano e Roma. Riuscirà a mantenere la promessa e moderarsi? Intanto ha ammesso il danno per la Moratti, oscurandola, annegandola nel fiume delle sue dichiarazioni.
Questa volta la radicalizzazione non ha funzionato come le altre volte, non ha portato voti voti al centrodestra. Anzi, segno dei tempi, ha fatto fuggire un pezzo di elettorato fedele al Pdl e alla Lega. Il premier lo ha ammesso anche con la Moratti che ha consolato e incoraggiato durante un incontro nella saletta vip dell'aeroporto militare di Linate (c’era pure Mario Mantovani, il coordinatore regionale Pdl). Il Cavaliere ha usato il plurale: «Abbiamo sbagliato i toni. Abbiamo esagerato, abbiamo spaventato i moderati...».
Ora però non c’è tempo di guardarsi indietro, bisogna rimboccarsi le maniche e giocarsela tutta a Milano come a Napoli dove Lettieri ha dimostrato di essere debole, più debole delle liste che lo sostengono. A Napoli Berlusconi si impegnerà di più in campagna elettorale («non può vincere un ex pm che ha rovinato delle persone e non ha mai vinto un processo»), ma ancora non è stato deciso nulla sulla sua presenza ai comizi. Sicuramente sarà molto più defilato a Milano: al vertice Pdl di ieri sera ha detto che ci metterà la faccia solo se i sondaggi confermeranno margini sufficienti per ribaltare il risultato.
Ovviamente il timore dei vertici del Pdl è che Berlusconi non riuscirà a trattenersi di fronte alla minima provocazione. Per il momento la sua linea sarà di mantenere la calma e volare alto. A Milano in particolare dovrà emergere la persona, l’amministratrice Moratti, in giro per i mercati, tra le gente «per smentire - spiega Ignazio La Russa - un luogo comune che Letizia sia una persona gelida, algida: non è vero». Accanto a lei in questo rush finale verrà recuperato in battaglia l’ex sindaco Gabriele Albertini per recuperare i voti moderati persi dal Pdl e quelli andati al terzo polo. Sarà mobilitata Comunione e Liberazione che in questa prima tornata elettorale è rimasta in panchina. Dovranno essere rassicurati i cattolici infastiditi dal bunga bunga. Saranno chiamati a non disperdere voti quei leghisti che non amano la Moratti e che di Berlusconi sono stufi.
Sarà dura, anche perchè tra i berlusconiani della prima e della seconda ora si è insinuato il panico. Non sanno cosa farà la Lega se si dovesse perdere Milano. L’appuntamento di Pontida del 19 giugno è visto come un incubo: lì sul «sacro pratone padano» il carroccio potrebbe dare il ben servito al Cavaliere. La base è in subbuglio, molti amministratori e sindaci uscenti, costretti al ballottaggio in città ritenute sicure, vorrebbero staccare la spina. «Finchè c’è Bossi - spiegano nel Pdl - Berlusconi regge, ma se dovesse prevalere Maroni è finita: sarebbe lui il premier di un governo tecnico». Ma il premier ha cercato di rassicurare il suo stato maggiore. «Abbiamo una maggioranza compatta che ci consentirà di fare le riforme ed un governo la cui solidità non sarà messa in discussione nemmeno dall’esito dei ballottaggi». Certo, i continui distinguo di Bossi non gli sono piaciuti perché hanno danneggiato la coalizione. Ora però «ci sarà più condivisione nelle scelte tra me e il leader della Lega».
Il ragionamento di Berlusconi ha lasciato perplessi lo stato maggiore del pdl. Oltre al panico c’è una certezza che si è fatta largo tra molti i berlusconiani finora fedeli al capo: il ciclo di Berlusconi è finito, il fenomeno berlusconiano si è spento.
E allora sono in molti che cominciano a guardarsi intorno, a costruire il dopo per non trovarsi sotto le macerie, prima che la fortezza lesionata dalla cannonate di Milano crolli. Il “dopo” potrebbe cominciare proprio da Milano: ieri circolava con insistenza un’indiscrezione secondo cui Roberto Formigoni, che negli ultimi tempi sfoggia giubbotti, camice e magliette da ragazzo, starebbe preparandosi ad una imminente discesa in campo. In contropiede.
Sarà più defilato. Berlusconi ha capito la lezione di Milano, di avere spaventato i moderati. La sberla elettorale gli brucia, ma non è disposto a porgere l’altra guancia. Sa che la Moratti ha di fronte una montagna da scalare fatta di 70 mila voti persi per strada. Eppure «dobbiamo provarci con tutte le nostre forze, rimanendo uniti. Noi siamo persone che sanno compiere missioni impossibili. Non ci dormo la notte al pensiero che quelli del Leoncavallo bivacchino a Palazzo Marino». Come fare? Intanto riconoscendo gli errori di comunicazione, evitando i toni accesi da guerra civile, parlando soltanto dei problemi concreti dei milanesi e non dei suoi processi mentre i tifosi urlano davanti al tribunale di Milano. A fare questi ragionamenti è stato proprio il premier nei vari colloqui che ha avuto ieri a Milano e Roma. Riuscirà a mantenere la promessa e moderarsi? Intanto ha ammesso il danno per la Moratti, oscurandola, annegandola nel fiume delle sue dichiarazioni.
Questa volta la radicalizzazione non ha funzionato come le altre volte, non ha portato voti voti al centrodestra. Anzi, segno dei tempi, ha fatto fuggire un pezzo di elettorato fedele al Pdl e alla Lega. Il premier lo ha ammesso anche con la Moratti che ha consolato e incoraggiato durante un incontro nella saletta vip dell'aeroporto militare di Linate (c’era pure Mario Mantovani, il coordinatore regionale Pdl). Il Cavaliere ha usato il plurale: «Abbiamo sbagliato i toni. Abbiamo esagerato, abbiamo spaventato i moderati...».
Ora però non c’è tempo di guardarsi indietro, bisogna rimboccarsi le maniche e giocarsela tutta a Milano come a Napoli dove Lettieri ha dimostrato di essere debole, più debole delle liste che lo sostengono. A Napoli Berlusconi si impegnerà di più in campagna elettorale («non può vincere un ex pm che ha rovinato delle persone e non ha mai vinto un processo»), ma ancora non è stato deciso nulla sulla sua presenza ai comizi. Sicuramente sarà molto più defilato a Milano: al vertice Pdl di ieri sera ha detto che ci metterà la faccia solo se i sondaggi confermeranno margini sufficienti per ribaltare il risultato.
Ovviamente il timore dei vertici del Pdl è che Berlusconi non riuscirà a trattenersi di fronte alla minima provocazione. Per il momento la sua linea sarà di mantenere la calma e volare alto. A Milano in particolare dovrà emergere la persona, l’amministratrice Moratti, in giro per i mercati, tra le gente «per smentire - spiega Ignazio La Russa - un luogo comune che Letizia sia una persona gelida, algida: non è vero». Accanto a lei in questo rush finale verrà recuperato in battaglia l’ex sindaco Gabriele Albertini per recuperare i voti moderati persi dal Pdl e quelli andati al terzo polo. Sarà mobilitata Comunione e Liberazione che in questa prima tornata elettorale è rimasta in panchina. Dovranno essere rassicurati i cattolici infastiditi dal bunga bunga. Saranno chiamati a non disperdere voti quei leghisti che non amano la Moratti e che di Berlusconi sono stufi.
Sarà dura, anche perchè tra i berlusconiani della prima e della seconda ora si è insinuato il panico. Non sanno cosa farà la Lega se si dovesse perdere Milano. L’appuntamento di Pontida del 19 giugno è visto come un incubo: lì sul «sacro pratone padano» il carroccio potrebbe dare il ben servito al Cavaliere. La base è in subbuglio, molti amministratori e sindaci uscenti, costretti al ballottaggio in città ritenute sicure, vorrebbero staccare la spina. «Finchè c’è Bossi - spiegano nel Pdl - Berlusconi regge, ma se dovesse prevalere Maroni è finita: sarebbe lui il premier di un governo tecnico». Ma il premier ha cercato di rassicurare il suo stato maggiore. «Abbiamo una maggioranza compatta che ci consentirà di fare le riforme ed un governo la cui solidità non sarà messa in discussione nemmeno dall’esito dei ballottaggi». Certo, i continui distinguo di Bossi non gli sono piaciuti perché hanno danneggiato la coalizione. Ora però «ci sarà più condivisione nelle scelte tra me e il leader della Lega».
Il ragionamento di Berlusconi ha lasciato perplessi lo stato maggiore del pdl. Oltre al panico c’è una certezza che si è fatta largo tra molti i berlusconiani finora fedeli al capo: il ciclo di Berlusconi è finito, il fenomeno berlusconiano si è spento.
E allora sono in molti che cominciano a guardarsi intorno, a costruire il dopo per non trovarsi sotto le macerie, prima che la fortezza lesionata dalla cannonate di Milano crolli. Il “dopo” potrebbe cominciare proprio da Milano: ieri circolava con insistenza un’indiscrezione secondo cui Roberto Formigoni, che negli ultimi tempi sfoggia giubbotti, camice e magliette da ragazzo, starebbe preparandosi ad una imminente discesa in campo. In contropiede.
Pressing su Strauss-Kahn: lasci
Alessandro Merli
Sale anche da parte europea la pressione su Dominique Strauss-Kahn perché si dimetta al più presto dalla direzione del Fondo monetario, dopo il suo arresto sabato scorso a New York per l'accusa di violenza sessuale a una cameriera dell'hotel dove alloggiava. L'Europa è compatta nel chiedere che la poltrona di numero uno sia assegnata ancora una volta a un europeo, come è sempre avvenuto negli oltre sessant'anni di vita dell'Fmi, giustificando in questo caso la richiesta con la necessità di insediare qualcuno che abbia conoscenza diretta della crisi che ha investito la periferia dell'area euro e altre economie del Vecchio continente.
«La posizione di Strauss-Kahn è ormai insostenibile - diceva ieri una fonte vicina al Fondo - e gli europei sanno che il più rapidamente si procede alla sua sostituzione, maggiori sono le possibilità di far passare uno dei loro e mantenere lo status quo». Dalla riunione dell'Ecofin di Bruxelles, l'unica voce a difesa della posizione di Dsk è stata quella di Jean-Claude Juncker, il ministro lussemburghese presidente dell'Eurogruppo, secondo cui è «indecente» che si parli dell'avvicendamento del capo dell'Fmi prima che ne sia provata la colpevolezza. Il ministro austriaco Maria Fektel ha sottolineato però che Strauss-Kahn dovrebbe pensare ai danni che può provocare, con la sua permanenza, all'istituzione che dirige. E la spagnola Elena Salgado ha detto che, se i fatti saranno provati, la sua solidarietà va alla vittima dell'aggressione, e che tocca allo stesso Dsk decidere sulle proprie dimissioni, considerata la gravità delle accuse. Non è probabilmente un caso che, data la natura dello scandalo, le due voci più critiche nei confronti del capo dell'Fmi siano state quelle di due donne. Mentre in Francia tiene banco la discussione sull'ipotesi di un complotto ai danni di Dsk, legata alla sua candidatura per le presidenziali del 2012, a far propendere gli europei per una sua rapida uscita di scena sarebbe stato il rifiuto del giudice di New York di concedergli la libertà provvisoria, la decisione di trasferirlo nel duro carcere di Rikers Island, di farlo sorvegliare a vista e di mantenerlo in carcere fino a venerdì, prolungando forse per settimane l'incertezza sulla colpevolezza. Dall'Fmi un portavoce ha ribadito che l'immunità non si applica a questo caso.
L'Europa appare comunque determinata a conservare la direzione del Fondo. Alle dichiarazioni del cancelliere tedesco Angela Merkel di lunedì, si sono aggiunte quelle dei ministri di Belgio, Olanda, Svezia, Ungheria e Irlanda. In ambienti della diplomazia economica internazionale si sta facendo strada l'idea che una forte azione europea, con l'avallo degli Stati Uniti e la presentazione in tempi brevi di un candidato forte (il nome più ricorrente resta quello del ministro francese Christine Lagarde), possa ottenere il risultato. L'Europa a 27 controlla tuttora il 30% circa dei diritti di voto all'Fmi, gli Usa con il 17% hanno di fatto il potere di veto su ogni decisione importante (la maggioranza richiesta è dell'85%).
L'iniziativa europea dovrà confrontarsi seriamente, per la prima volta, con le aspettative dei Paesi emergenti, che hanno acquisito peso e, seppure marginalmente, nelle quote dell'Fmi. Una fonte brasiliana ha ammesso ieri che difficilmente il posto potrà essere tolto all'Europa in questa occasione. La Cina, che sarà a partire dal 2012 il terzo azionista dell'Fmi e che fa sentire sempre più spesso la sua voce nelle questioni economiche globali, ha puntualizzato ieri che il processo per la nomina dev'essere «corretto, transparente e basato sul merito», ripetendo parola per parola l'impegno preso dal G-20 a operare la futura scelta non più sulla base del passaporto. È possibile, secondo diverse fonti, che gli emergenti continuino a esercitare pressione per ottenere la guida del Fondo e presentino un loro candidato, ma che si accontentino in questa occasione di ottenere il posto di numero 2, che verrà lasciato libero, una volta definita la successione, dall'americano John Lipsky. Questi ha assunto per ora la guida dell'istituzione, ma aveva già annunciato di voler lasciare a fine agosto. Uno dei possibili candidati, il gestore di fondi obbligazionari Mohamed El-Erian, franco-egiziano, ha dichiarato di non essere disponibile e ha definito il metodo di scelta finora adottato «feudale».
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Caro Beppe, Pisapia non è la Moratti. E tu non sei Berlinguer
Pubblicato in: Il Rompiballe, Milano, Politica
– 17 maggio 2011Caro Beppe,
leggo che in risposta a Bersani, che ti chiedeva di scegliere da che parte stare, hai risposto sul tuo blog:
non siamo il terzo polo di nessuno, Casini, Fini, Rutelli, questi fantasmi… non ci aggreghiamo con nessuno, destra e sinistra sono la stessa cosa, che facciano Pisapia o Moratti sindaco, faranno sempre l’Expo e milioni di metri cubi di cemento, che ci sia Fassino, che è un dipendente di De Benedetti, sicuramente vorrà fare la Tav e fare degli inceneritori, quindi fanno finta di bisticciare poi sulle scelte sono identici, sul cemento, sul conflitto di interessi, sulla legge elettorale che non hanno detto niente che è una porcata vergognosa, sullo scudo fiscale.
Posto che si può concordare sui “fantasmi” Casini, Fini e Rutelli, se posso permettermi, io la differenza tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia la vedo, eccome. E sia chiaro: l’ho votato sindaco senza esitazioni alle primarie e l’altro ieri in cabina elettorale (pur avendoci aspramente litigato), ma la mia preferenza come consigliere è andata a Paola Bernetti, candidata 5 stelle aggredita una settimana fa da ciellini al mercato mentre distribuiva volantini, davanti al figlio di dodici anni. E al Consiglio di Zona ho votato Federazione della Sinistra.
È probabile che già questo basti per te a inscrivermi nella cornice degli imbecilli, ma io ero uno di quelli che fin dall’inizio sosteneva che si dovesse tenere aperto un canale di comunicazione costante con i c.d. “grillini”, come dispregiativamente li chiamano, non solo perché il programma “minimo” è un buon programma, fattibile per giunta, ma perché il Movimento è seguito, appunto, da moltissimi giovani di vent’anni come me, che attualmente ad un partito non si iscriverebbero nemmeno per tutto l’oro del mondo.
E continuamente invito a fare una riflessione seria sull’argomento, aldilà dello sdegno e della contro-propaganda sull’antipolitica, che ho sempre detestato sin da quando ho cominciato ad occuparmi di politica sull’esempio di persone come Enrico Berlinguer e Sandro Pertini, ovvero a 18 anni, aprendo un blog “Orgoglio Democratico- per la Questione Morale”.
La tua affermazione però sul fatto che destra e sinistra sono la stessa cosa la trovo aberrante e, questa sì, da qualunquista dell’ultimo minuto. Perché se provi a chiedere alle mafie se tra destra e sinistra sono tutti uguali, ti diranno di no, infatti sanno chi andare a corrompere e avvicinare per fare i propri interessi; così come il sangue di gente come il Prof. Adolfo Parmaliana, ex-militante Pci, Pds, Ds, non verrebbe versato così spesso, se questa affermazione corrispondesse al vero.
Se c’è una cosa che ho sempre odiato è il pressapochismo, le analisi politiche spicciole, le mannaie per sciogliere i nodi. E affermare che “siamo tutti uguali” (sì, perché io ho 20 anni, sono di Sinistra e non me ne vergogno) è il più grande favore che si possa fare non solo a Berlusconi, ai corrotti, ai prepotenti che governano questo Paese (anche quelli che stanno a Sinistra), ma soprattutto è un regalo grandissimo alle mafie (Nando Dalla Chiesa te lo potrebbe ben dimostrare, ma probabilmente per te anche lui è un venduto).
Io non sono uguale ad uno di Destra. Non ho gli stessi valori. Sono abituato a ragionare con la mia testa, a fare profonda autocritica sugli errori della Sinistra, ma senza dimenticare che il vero avversario da abbattere, in questa emergenza democratica, è Silvio Berlusconi e tutto quello che lui rappresenta.
Più volte, per giustificare questa tua affermazione, hai detto che ti rifai ad Enrico Berlinguer e Sandro Pertini, che, guarda un po’, erano uno comunista e l’altro socialista. Ebbene, se avessi detto loro che Destra e Sinistra sono la stessa cosa, probabilmente Enrico ti avrebbe ricordato quanti giovani partigiani sulle montagne sono morti per la nostra libertà, mentre Sandro (per parafrasarti) “ti avrebbe preso a calci nel culo da un pezzo”.
Perché se c’è qualcosa che non sopporto è quando uno parla, senza informarsi. A maggior ragione se sei tu a farlo, visto che rimproveri a tutti che “esiste la Rete, potete informarvi da soli”. Esiste un sito web di Pisapia con l’intero programma, è anche ben schematizzato, forse farà pure schifo, ma io le differenze con quello della Moratti le vedo. Soprattutto, avendo conosciuto un po’ Giuliano in questi mesi, posso assicurarti che il suo modo di fare è completamente opposto a quello del nostro (si spera per poco) sindaco.
In questi anni hai scimmiottato la Questione Morale portata avanti da Berlinguer, eppure, a differenza sua, non hai fatto leva sulla diversità tra Noi e Loro, ma tra Te Stesso e gli Altri; Enrico stava in un partito con tanti difetti, ma parlava a nome di una comunità, aveva l’ambizione di cambiare profondamente la società. Agiva in un orizzonte politico, ideale, culturale che, sinceramente, tu non riuscirai mai a ricreare, con tutta la buona volontà di un buon programma fattibile. Diceva Berlinguer ad Eugenio Scalfari:
“Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.”
E quando gli fu chiesto proprio se aveva ancora senso, alla vigilia del 1984, parlare di socialismo, rispose:
“Quali furono infatti gli obiettivi per cui è sorto il movimento per il socialismo? L’obiettivo del superamento di ogni forma di sfruttamento e di oppressione dell’uomo sull’uomo, di una classe sulle altre, di una razza sull’altra, del sesso maschile su quello femminile, di una nazione su altre nazioni. E poi: la pace fra i popoli, il progressivo avvicinamento fra governanti e governati, la fine di ogni discriminazione nell’accesso al sapere e alla cultura. Ebbene, se guardiamo alla realtà del mondo d’oggi chi potrebbe dire che questi obiettivi non sono più validi?”
Ecco, questa è la Sinistra, la Nostra Sinistra, che forse sarà diversa dalla Sinistra degli altri che a te (e anche a me) non piacciono, ma esiste, è viva. Tu forse puoi non essere d’accordo che Pisapia possa cambiare Milano da Sindaco, ma io ti dico che se nel primo caso c’è speranza (perché noi Pisapia non lo lasceremo mai solo), con la Moratti la speranza è già morta.
Un favore, quindi, Grillo. Fai pure i tuoi spettacoli, organizza pure le tue liste, ma equiparare la Destra e la Sinistra, questo no. Perché ogni volta che lo fai è come se sputassi in faccia a tutti i Berlinguer e Pertini che sono morti per un ideale ieri, e a tutti i giovani come me che li prendono ad esempio oggi.
E’ tutto grasso che non cola!
A Pesaro è comparso l’ennesimo cartellone pubblicitario stereotipato e sessista: una donna sovrappeso, nuda, e, tanto per cambiare, a gambe aperte. La donna tiene le braccia incrociate, coprendo il seno, e una bilancia tra le gambe. La scritta mette insieme tutti questi elementi, facendoci capire che si tratta della pubblicità di un centro di dimagrimento: ” Grasso che….cala! 3 sedute a 69 euro!”
Come potete leggere nell’articolo del Resto del Carlino, l’Udi di Pesaro ha prontamente segnalato al comune questa pubblicità in quanto offensiva delle dignità delle donne. Gloria Gambini e Mila della Dora, delle pari opportunità del comune, hanno a loro volta provveduto a mettersi in contatto con gli autori, Luca Petruzzelli e Fabrizio Aromatico dell’agenzia Diametro, per discutere di un eventuale ritiro dei cartelli, in via di diffusione anche a Fano e dintorni.
Che dire? La minestra da riscaldare non sembra anche a voi sempre la stessa?
Perché utilizzare una donna nuda, a gambe aperte, e l’ennesimo riferimento al dimagrimento come dovere e alla bilancia come strumento di martirio legato più all’ossessione di bellezza che a questioni di salute del corpo?
Il dibattito nato intorno a questa immagine tocca però sfumature nuove e interessanti; sono in molti, uomini e donne, fra blog e forum e commenti ad articoli, che nella rete dibattono discutendone animatamente. C’è chi la boccia con determinazione, definendola lesiva, ma c’è anche chi la difende. E perché mai? Perché, come si legge saltellando da un commento all’altro, la modella è una donna in carne, è bella, ha l’aria sana, felice, uno sguardo divertito; in molti si dichiarano stufi delle solite quattro modelle anoressiche a cui siamo assuefatti.
Un risvolto curioso, un capovolgimento di intenti e risultati per una pubblicità che sicuramente voleva fare leva al contrario sul disagio e l’inaccettazione del proprio corpo, per puntare al target di uno specifico pubblico di possibili clienti in carne e spingerle a correre in tutta fretta al centro di dimagrimento!
Un’ ulteriore polemica si è scatenata dopo le dichiarazioni di Margherita Mencoboni, vice presidente delle pari opportunità del Comune di Pesaro, che ha definito questa immagine “volgare”. Molte donne, offese da questo commento ma non dalla pubblicità, hanno ritenuto l’aggettivo volgare come inappropriato, e si sono chieste se se la volgarità dell’immagine per alcuni non stia tanto nella nudità o nella posizione, quanto più nel fatto che la modella sia una donna sovrappeso e non la solita belloccia di turno.
Personalmente ho l’impressione che i pubblicitari stiano sfruttando anche i nostri passaparola per diffondere furbescamente il loro lavoro, nello stesso tempo mi rattrista vedere come ancora una volta il corpo delle donne venga usato senza ironia e creatività, in un modo del tutto stereotipato.
Incitare al dimagrimento con un immagine come questa vuol dire passare un preciso messaggio: la donna fotografata è una donna grassa, e come tale non ha motivo di amare il proprio aspetto, quindi dovrà cercare di cambiarlo. Questo messaggio, semplice, diretto ed estremamente avvilente, ci ricorda quanto sia delicato e improprio forzare la dicotomia fra grasso e brutto e magro e bello, in una società assediata da problemi serissimi e purtroppo molto diffusi quali anoressia e bulimia.
Per concludere queste riflessioni vi riporto uno dei commenti che ho preferito. Un certo Cruz scrive infatti:
“La trovo bella signorina, non dimagrisca!”.
E devo dire che lo penso anche io, ben vengano le modelle in carne, apriti cielo!
Ma proprio per questo motivo non accetto di vederla ridicolizzata, fotografata come un prosciutto da cucinare, sottoposta al pubblico ludibrio.
Terzo Polo decide su voto Governo ko alla Camera
Battuto quattro volte sulle mozioni sulle carceri nella prima votazione dopo la tornata elettorale
18 maggio, 13:21ROMA- Maggioranza subito in tensione alla Camera nelle prime votazioni dopo le ammnistrative. Il Governo e' stato battuto nell'aula sulla mozione di Fli sulla situazione delle carceri. Il testo, su cui il governo aveva espresso parere contrario, e' passato con 254 no e 264 si'. Il governo e' stato poi battuto altre tre volte alla Camera nelle votazioni sulle mozioni riguardanti la situazione delle carceri. L'assemblea di Montecitorio ha approvato con 269 si' e 255 no la parte dalla mozione Pd su cui c'era il parere contrario del governo; subito dopo e' stata bocciata una parte della mozione del pdl su cui c'era invece il parere favorevole dell'esecutivo: in quest'ultima votazione i si' sono stati 255,i no 268. Infine e' stata approvata con 269 voti favorevoli e 257 contrari una parte della mozione dell'Idv su cui il goerno aveva dato parere contrario.
AL VIA ALLA CAMERA INCONTRO TERZO POLO - E' iniziata a Montecitorio la serie di incontri del Terzo Polo con i propri candidati alle amministrative, che si concluderà con un vertice a tre fra Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. Tra i presenti i candidati del Terzo Polo a Napoli, Raimondo Pasquino, e quello di Milano, Manfredi Palmeri. Il vertice tra Casini, Fini e Rutelli dovrebbe tenersi in tarda mattinata.
NAPOLI, TERZO POLO ORIENTATO A NON SCHIERARSI - Il Terzo Polo è orientato a non schierarsi al ballottaggio per le comunali di Napoli; è quanto emerso al termine di una serie di riunioni a cui hanno preso parte, tra gli altri, Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. "Perché ci dovremmo schierare? - si è domandato parlando con i giornalisti Ciriaco de Mita, coordinatore campano dell'Udc - E' come se ci si chiedesse di cambiare nome; noi abbiamo già detto chi siamo". Alle 13 circa ci sarà una nuova serie di riunioni su Milano e alle 16 Casini, Fini e Rutelli terranno una conferenza stampa.
BERLUSCONI: GOVERNO SOLIDO Silvio Berlusconi assicura: il governo è solido, a prescindere dall'esito delle elezioni amministrative. Il premier non si dà per vinto e ancora ci crede nella possibilità di far girare il risultato del primo turno a favore del Pdl. La strategia su Milano, esposta da Berlusconi ieri sera in un vertice a Palazzo Grazioli, sarebbe quella di mostrare come Giuliano Pisapia sia sostenuto dai centri sociali e la sinistra estrema. Ma la faccia il premier ce la metterà solo se i sondaggi parleranno di margini di successo. Rispetto ai rapporti con la Lega, Berlusconi avrebbe indicato la strada di decisioni da ora in poi più condivise, mentre slitta a giugno la verifica.
Prima del vertice il Cavaliere ha visto la Moratti che ha fatto autocritica: 'Sbagliati toni campagna'. Calderoli: 'Tutta la Lega impegnata su secondo turno'. Sull'andamento del primo turno sminuisce il Pdl con Verdini: 'A parte Milano, è pareggio'. Secco il leader Pd: 'Hanno preso una scoppola, cambiamento ci sarà'. A Milano e Napoli lavoro su alleanze, ma Terzo Polo cauto e anche i grillini non daranno indicazioni. Al ballottaggio 13 città e 6 province; 13 comuni e 3 province già al centrosinistra, al centrodestra 4 comuni e 2 province
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