Tornano le donne della piazza
«A noi più dignità e diritti»
IMPEGNO IN ROSA. Tutto esaurito per la regista Comencini ieri sera al teatro Stimate dove è stato proiettato «Libere». Dopo il successo del 13 febbraio, il comitato «Se non ora quando?» invia a Napolitano una petizione per proteggere il lavoro femminile 23/05/2011
Verona. L'inizio della serata è annunciato per le 20,30, ma molti (anzi, molte) sono già davanti all'ingresso del cinema teatro «Stimate» con largo anticipo e quando finalmente si aprono le porte, nel giro di pochi minuti la sala si riempie: nemmeno un posto libero.
Il comitato «Se non ora quando?» ha fatto dunque centro un'altra volta: dopo la grande mobilitazione del 13 febbraio, che ha riempito le piazze di tutta Italia di donne animate dal desiderio di riaffermare la dignità e i diritti femminili e che a Verona ha portato migliaia di cittadini e cittadine in corteo e ha gremito tutta la Bra, ieri la sezione scaligera del comitato ha invitato la regista romana Cristina Comencini a spiegare, anche attraverso le sue immagini, come è nata quella mobilitazione e quali sono obiettivi e programmi per il prossimo futuro. La Comencini infatti ha realizzato il cortometraggio Libere, proiettato ieri sera, che costituisce una sorat di documento sul dialogo tra vecchie e nuove generazioni di donne, facendo il punto su conquiste, sconfitte, aspirazioni, difficoltà della donna oggi.
«Credo che il 13 febbraio sia stato un primo grande risultato, organizzato attraverso la Rete ma soprattutto sentito da tantissime donne come gesto necessario», ha spiegato la regista. «Oggi esistono 100 comitati "Se non ora quando?" in Italia. I temi delle prossime campagne sono due: la grande difficoltà della donna nel mondo del lavoro, e la strozzatura tra impiego e maternità e poi la rappresentazione femminile che oggi viene data e che ci umilia».
Insieme alla Comencini, ieri sono intervenute Maria Geneth, fondatrice del Filo di Arianna, Chiara Stella, Laura Sebastio e altre donne che hanno portato la loro testimonianza di esperienze di precariato, lavoro, maternità, discriminazione. L'incontro è stato anche l'occasione per spiegare nel concreto la nuova battaglia del Comitato 13 febbraio: una petizione al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere il ripristino delle norme contro le «dimissioni in bianco», che obbligano molte neoassunte a firmare una lettera di dimissioni priva di data, insieme alla firma del contratto di lavoro, da utilizzare se ad esempio la lavoratrice rimanesse incinta.
«Le donne sono le prime a pagare lo scotto della crisi e di una precarietà del lavoro che incide nelle relazioni familiari», ha notato Elisa La Paglia, componente del comitato veronese, «e che impone a molte di scegliere tra impiego e maternità».
Il comitato «Se non ora quando?» ha fatto dunque centro un'altra volta: dopo la grande mobilitazione del 13 febbraio, che ha riempito le piazze di tutta Italia di donne animate dal desiderio di riaffermare la dignità e i diritti femminili e che a Verona ha portato migliaia di cittadini e cittadine in corteo e ha gremito tutta la Bra, ieri la sezione scaligera del comitato ha invitato la regista romana Cristina Comencini a spiegare, anche attraverso le sue immagini, come è nata quella mobilitazione e quali sono obiettivi e programmi per il prossimo futuro. La Comencini infatti ha realizzato il cortometraggio Libere, proiettato ieri sera, che costituisce una sorat di documento sul dialogo tra vecchie e nuove generazioni di donne, facendo il punto su conquiste, sconfitte, aspirazioni, difficoltà della donna oggi.
«Credo che il 13 febbraio sia stato un primo grande risultato, organizzato attraverso la Rete ma soprattutto sentito da tantissime donne come gesto necessario», ha spiegato la regista. «Oggi esistono 100 comitati "Se non ora quando?" in Italia. I temi delle prossime campagne sono due: la grande difficoltà della donna nel mondo del lavoro, e la strozzatura tra impiego e maternità e poi la rappresentazione femminile che oggi viene data e che ci umilia».
Insieme alla Comencini, ieri sono intervenute Maria Geneth, fondatrice del Filo di Arianna, Chiara Stella, Laura Sebastio e altre donne che hanno portato la loro testimonianza di esperienze di precariato, lavoro, maternità, discriminazione. L'incontro è stato anche l'occasione per spiegare nel concreto la nuova battaglia del Comitato 13 febbraio: una petizione al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere il ripristino delle norme contro le «dimissioni in bianco», che obbligano molte neoassunte a firmare una lettera di dimissioni priva di data, insieme alla firma del contratto di lavoro, da utilizzare se ad esempio la lavoratrice rimanesse incinta.
«Le donne sono le prime a pagare lo scotto della crisi e di una precarietà del lavoro che incide nelle relazioni familiari», ha notato Elisa La Paglia, componente del comitato veronese, «e che impone a molte di scegliere tra impiego e maternità».
Alessandra Galetto
Esteri
Il “Se non ora quando” francese contro Strauss Kahn
23 maggio 2011
Le femministe francesi ieri hanno protestato ieri a Parigi contro il sessismo di alcuni politici e commentatori, che si sono schierati in difesa di Dominique Strauss Kahn. Hanno anche raccolto seimila firme per la loro petizione di condanna di questo atteggiamento maschilista, riferisce l’Indipendent.
quella stanza sabato 14 maggio.” Dice la petizione. “Siamo disgustate per le quotidiane dichiarazioni ispirate alla misoginia da parte di illustri figure pubbliche.” La petizione inoltre osserva come molti amici e alleati di DSK lo abbiano descritto come una vittima di linciaggio giudiziario, ignorando cosa possa essere accaduto alla ragazza di 32 anni che lui è accusato di aver tentato di violentare nella suite del Sofitel di Manhattan. Tali commenti, dichiarano le femministe, sono solo un riflesso di, a tutti i livelli della società, si possano esprimere impunemente commenti inopportuni e sessisti.
NESSUN MORTO - La petizione è stata portata avanti da tre gruppi femministi, “Osez le feminisme!”, “La Barbe” e “Paroles de Femmes” e a essa hanno aderito molte intellettuali e molte personalità pubbliche. I commenti a favore di Strauss Kahn che hanno tanto fatto infuriare le femministe provengono soprattutto dai commentatori e dai politici della sinistra, che di solito si presentano come fautori dei diritti delle donne. Per esempio l’ex ministro della cultura, Jack Lang, ha detto che bisognava subito concedergli la libertà su cauzione perché “in fondo non era morto nessuno”.
CHE VERGOGNA – Jean-François Kahn, commentatore e attivista della sinistra, carissimo amico di DSK, ha dichiarato che non si trattava di niente più che “una scappatella con una servetta.” Un altro amico, l’eurodeputato Gilles Savary, ha suggerito come Strauss Kahn fosse vittima di un’incomprensione cultural, visto che lui, in quanto francese, è più propenso alle “tentazioni della carne” rispetto agli americani. Insomma, un tentativo di stupro per questi signori è perdonabile, se a commetterlo è un francese di sinistra, noto per essere un libertino. Davvero?
MACHO SENZA CERVELLO - “Questo genere di linguaggio genera una confusione intollerabile tra la libertà sessuale e la violenza contro le donne”, sostiene la petizione. “si tende a minimizzare la gravità dello stupro e a creare un’area di tolleranza in cui lo stupro diventa più accettabile.” Il che non deve essere, ovviamente. Nathalie Kosciusko-Morizet, Ministro dello Sviluppo, ieri ha dichiarato che il sessismo è un problema non solo per i Socialisti, ma per tutti i francesi. “Una donna deve lottare per essere creduta e gli atteggiamenti da macho senza cervello esistono in tutti i livelli della società.” Parole sante, ministro. Donne di tutti i partiti e di tutto il mondo, unitevi.
Gay/ In Aula Camera testo omofobia ma Pdl-Lega-Udc preparano stop
"Promuove omosessualità come stile vita".Depositate pregiudiziali
Roma, 23 mag. (TMNews) - E' tutto in salita il percorso verso una legge contro l'omofobia: i toni della discussione generale, avviata e conclusa nel giro di poche ore questa mattina in una Aula della Camera semi-deserta, non promettono niente di buono per le norme fortemente volute dalla deputata del Pd Anna Paola Concia. Pdl, Lega e Udc si preparano infatti a bloccarle attraverso le pregiudiziali di costituzionalità, la stessa sorte che toccò al primo testo faticosamente approdato all'esame dell'Assemblea nel 2009.
Il testo in Aula non è quello su cui aveva lavorato la Concia con l'intento di arrivare a norme condivise. Quel testo è stato bloccato dal voto negativo della commissione Giustizia la scorsa settimana ma il Pd ha comunque voluto portare il tema all'esame dell'Assemblea con la proposta di legge a prima firma Antonello Soro che introduce nel codice penale l'aggravante dell'omofobia e della transfobia. Una proposta che la maggioranza non condivide e che, nonostante i toni più disponibili del relatore e capogruppo del Pdl in Commissione, Enrico Costa, sembra destinata a naufragare a sentire gli interventi in Aula di Giorgio Stracquadanio, del leghista Massimo Polledri e dei centristi Luisa Capitanio Santolini e Rocco Buttiglione.
Stracquadanio punta il dito addirittura contro il movimento 'Se non ora quando' che il 13 febbraio scorso portò in piazza migliaia di donne. E sono subito scintille con la vicepresidente di turno dell'Assemblea Rosy Bindi. Secondo il deputato del Pdl le aggressioni ai gay, infatti, sono sullo stesso piano di quelle subite "in questi giorni di campagna elettorale dalle nostre donne che vengono additate come 'puttane' e che sono state additate come 'puttane' da manifestazioni intere". Bindi lo riprende: "Siccome la parola l'abbiamo capita può usarla una volta in meno...". Pronta la replica di Stracquadanio: "La realtà brucia...". E Bindi di nuovo, togliendo la parola al deputato: "Non glielo consento. Il suo tempo è terminato, avrebbe potuto risparmiarlo anziché fare commenti impropri sulla Presidenza...".
Ma le armi più affilate in Aula contro la legge sull'omofobia sembrano essere quelle dell'Udc: per Santolini il rischio è che con un testo del genere si tutelino anche i pedofili perché come l'omosessualità, spiega, "è un orientamento sessuale". Per Buttiglione "l'effetto vero di questa legge è promuovere l'omosessualità come stile vita in Italia. Noi difendiamo la dignità della persona omosessuale ma non crediamo che l'omosessualità possa essere considerata come un bene giuridico meritevole di tutela. La famiglia è un valore costituzionale che va protetto, l'omosessualità ricade nella sfera privata". E insiste: "L'impressione è che parte del movimento omosessuale mira alla possibilità di intervenire nel momento di formazione della persona, nelle scuole, dell'identità omosessuale alla pari o addirittura come condizione vantaggiosa rispetto a quella eterosessuale. Ciò contrasta con il diritto naturale delle famiglie e con la Costituzione italiana". Ragioni che somigliano molto a quelle messe nero su bianco dall'allora deputato dell'Udc Michele Vietti nella pregiudiziale di costituzionalità che il 13 ottobre del 2009 affossò il primo testo sull'omofobia.
Concia non sembra avere perso le speranze però: per la democratica un testo condiviso è "raggiungibilissimo" perché "questa legge non è di destra né di sinistra, è una legge che argina l'odio e intorno a essa si deve riconoscere tutto il paese se è un paese civile. Uno Stato civile degno è quello che non umilia i suoi cittadini". La battaglia per ora è rinviata a giugno.
Viva Zapatero la Porta del Sol le donne e l’Italia e poi?
Il 15 aprile 2008, mi fecero il piacere di pubblicare sul loro sito, Giornalettismo, certe mie opinioni: Zapatero, le donne e l’Italia. Anche questa mattina mi sono svegliata e ho letto sull’Ansa che:”Spagna, Zapatero Ko a amministrative. Secca sconfitta per Psoe, che perde città chiave Barcellona”. Si da il caso che anche un altro sito, Megachip, mi fece il piacere di pubblicare il 16 maggio 2005: Al Social Forum Europeo di Atene…“ Ultimamente ho collaborato attivamente al sito italiano per il collettivo Bellaciao, www.bellaciao.org , mi è sembrato e sostengo che sia uno spazio libero e indipendente, dove poter comunicare e far circolare le proprie e altrui idee…Nasce ad opera di italiani residenti in Francia, si è allargato in Gran Bretagna, in Spagna, sembra, e lo spero tanto, anche in Grecia. E noi italiani, residenti in Italia? Resistenti. Il Collettivo aveva realizzato nell’ambito degli eventi culturali al Sfe la visione del film W Zapatero di Sabina Guzzanti, seguito da un dibattito che mi vedeva coinvolta http://www.bellaciao.org/it/article.php3?id_article=13414…Sui media nazionali, sui media indipendenti. Atene è rimasta una sconosciuta città in cui chi ha potuto, anche con grossi sacrifici è andato. Non sono emerse affatto grandi curiosità di relazioni, se non date ed appuntamenti per iniziative ufficiali in sedi ufficiali o date proposte per ulteriori manifestazioni. Panorama piatto.L’agitazione e il disagio sociale cresce,come la precarietà, anche autonomamente e spontaneamente, in forme diverse e sconosciute ai più. Noi quì in Italia, poco prima e poco dopo siamo stati forse presi da ben altro…Le elezioni politiche, ora quelle amministrative, poi il referendum sulla costituzione, poi il toto ministri, poi i funerali per i soldati morti, poi ora ci si organizza per il 2 giugno.Avevo titolato l’iniziativa di Bellaciao con: controllo informazione libertà espressione. Quattro parole determinanti per il nostro vivere. Per me sono rimaste parole, sopratutto per chi non sapeva nemmeno l’esistenza di questo appuntamento europeo.La protesta cresce nel mondo, si tenta di comunicare, si tentano delle strade in cui camminare insieme.”
E invece mò? C’ho Sette par de scarpe, tutti al mare
E invece mò? C’ho Sette par de scarpe, tutti al mare
OGGI, cosa abbiamo da proporre e cosa non propone MAI la sinistra? Della Destra non ne voglio parlare, l’hanno fatto costantemente i Media, non hanno fatto altro che spiegarci quanto male causa…Non hanno mai parlato di quello che ha FATTO Zapatero in Spagna, neanche in questi giorni. Ma i riflettori si sono accesi sulla Porta del Sol, come in certe Primavere, che quando mietono morti e feriti sono ben illuminate dalle propaganda “sinistra” e allora cosa rimane dei vari se non ora quando? Vengo presa a dir poco da dubbi. Pertanto vi invito a leggere quanto scrissi, poi mi fate sapere chi dovremmo delegare a fare e non le chiacchiere. Le Banche? “Le banche italiane hanno incrementato l’utile dell’1,5% a sette miliardi di euro nel 2010 ma, per effetto del perdurare della crisi, hanno visto una crescita delle sofferenze da 33,7 a 44 miliardi di euro con una diminuzione del Roe al 3,65% contro il 3,84% del 2009.” Eh già, loro aumentano i loro utili ma soffrono. Tra Oro Petrolio Danze e Cus Cus mi torna alla mente una certa Rumba Rave “banquero”
Segno cattivo che i bar sono affollati, come in Tunisia, e la storia ce la racconta Mounir Romdhani: continua a pedalare, anche se non è donna. Essendo umana , Fratello Sole Sorella Acqua, Voto 4 SI il 12 e 13 giugno, ai Referendum Popolari. E poi? Fuori o dentro quale Porta? A raccattare tra Destra e Sinistra le Palle e le Balle al centro? Ne convengo “Certe esperienze di Mujeres Libres, hanno sempre disturbato e continueranno a disturbare”.
Doriana Goracci
Zapatero, le donne e l’Italia
di Doriana Goracci
Per il secondo mandato a Zapatero, le donne al governo sono in maggioranza e come se non bastasse, la donna scelta per il Ministero della difesa è anche incinta. Ecco, non dovevamo saperlo oggi, avremmo dovuto saperlo dopo. Sarà ancora più triste votare, farlo senza entusiasmo ma con rassegnazione e con la nota paura latente, che l’Altro vinca. O non votare come chi scrive, con aggiunta profonda amarezza. E un vincitore invece c’è in assoluto, l’Antipolitica, la distanza sempre più grande tra chi governa e chi è governato, ancora senza rabbia, quella vera, quella primaria, incontenibile e furiosa.
Ero con altre donne ieri sera, e ci siamo chieste in modo diverso cos’è che non andava in noi, quale approccio sbagliato abbiamo con le istituzioni, per trovarci a raffrontare certi dati spagnoli con quelli italiani e ci siamo un po’ accusate e un po’ giustificate, come succede sempre; ci siamo confrontate con gli uomini.
Poi mi chiedo oggi, ora, nel giorno del Grande Diritto, se mai chi esercita e ha esercitato il potere si è chiesto privatamente e collettivamente e poi ha confessato pubblicamente le sue manchevolezze e se mai chi esercita e ha esercitato il potere, lungo l’arco del suo mandato, ha o avesse mai chiesto ai suoi rappresentati se erano d’accordo con il suo operato, se era possibile fare o non fare ciò che ha fatto, e perchè non hanno mai chiesto ragione, senza mai dire ho sbagliato, senza mai fare e non promettere soltanto, senza mai proporre lotte senza sbocco, senza mai chiedere senza dare. E così è finita, anche questa volta.
La Destra si è fatta tutta la sua legislatura e non solo, promette ma ha anche il coraggio di dire “ho fatto”. Quel fare per chi è a Sinistra, appare come un disastro, ma la Sinistra non ha fatto tutta la sua legislatura e promette solo se sarà nuovamente al potere che farà, ciò che non ha fatto ma sopratutto eviterà che la Destra ritorni.
E le italiane, rimangono quì come me a fare i loro conti, quelli che non fanno a sinistra, a farsi le domande, quelle che che non si fanno a sinistra, a cercare donne che governino per la loro determinazione, quelle che non hanno messo a sinistra e allora scoprono che ce ne sono di donne che parlano e fanno, si espongono e lottano ma sono dove si conta pochino, dove se le voti, butti il voto, sono donne che avranno un bel rilievo per un po’ di giorni , donne che dovranno presto abituarsi, se già non l’hanno fatto a fare i conti non con l’elettorato, ma con
questi contabili dell’Italietta del malaffare.
Come nei postriboli di antica memoria, alcune donne i soldi li amministravano, stando alla cassa od offrendo i loro “saperi” .
Un ruolo delle donne , che pare gli uomini non abbiano mai messo in discussione, donne “competenti” che erano solite relazionarsi con gli uomini. E intanto ci ritroviamo ancora divise, nel voto e nell’astensionismo, nel voto al centro e un po’ più a sinistra, nel raccattare le palle, nel fare da spettatrici dei gol e degli autogol, dei campionati del cattivo governo, dei primati da dimenticare, nell’apparire isteriche lanciatrici di uova o icone del pensiero femminista, milioni di donne e basta, senza essere cittadine, senza partecipazione alcuna.
Quelle donne spagnole , che hanno vissuta la dittatura e l’anarchia, la chiesa e il laicismo, quelle donne sull’orlo di una crisi di nervi…non stanno più sull’orlo della Depressione ma continuano a sottoporsi ad esami e ad essere ampiamente votate, come chi ha reso possibile tutto questo.
Continuo a pensare che non dovevano dircelo ieri, ma poi forse nulla cambierà il corso delle cose, e anche questa è una banalità da farci sentire ammalate e cretine per sempre.
15 aprile 2008
Contro le decisioni ministeriali ed i loro effetti anche nel Sannio
"L'impossibilità a 'fare scuola' si combatte con il ricorso al Tar"
“Cosa rispondere ai Dirigenti Scolastici, agli Amministratori locali, al personale della scuola, ai genitori che chiedevano cosa fare dopo lo scempio perpetrato per il terzo anno consecutivo dai provvedimenti del Governo che ha voluto “essenzializzare” la scuola pubblica anche a Benevento?”: questa la domanda che si pone il segretario provinciale dell'Flc Cgil, Vincenzo Delli Veneri, in avvio della nota diffusa agli organi di informazione, cui ovviamente la parte sociale risponde che “che questo era il momento della protesta “Se non ora quando”.
Assemblee in tutte le scuole, gazebo informativi, fino allo sciopero generale del 6 maggio che assumeva come centrali i temi della conoscenza e il disastro che l’azione della Gelmini stava realizzando sulla pelle dei nostri giovani ipotecando il loro futuro.
Tutto nel silenzio degli altri sindacati che hanno sostenuto l'impossibilità di intervenire evitando qualsiasi forma di protesta con la promessa (elettorale?) della Ministra prima di 30.000 immissioni in ruolo, poi di 60.000, infine di 65.000. Ma se questo era l’obiettivo nobile della Gelmini perché – si chiede Delli Veneri con chiaro riferimento alla realtà locale - consentire, contro le sue stesse leggi, di determinare classi con 31 alunni, anche in presenza di alunni disabili e in quartieri difficili, chiudere plessi scolastici di campagna, da cui non è facile raggiungere la scuola del capoluogo, non garantire il tempo scuola richiesto dai genitori, soprattutto per il tempo pieno?.
Cos’altro rimane della scuola beneventana?
E questo è solo l’anticipo di quello che succederà con gli Istituti superiori che vivranno la “riforma” (…riordino?) con un ulteriore taglio di 1.081 posti per la sola Regione Campania. Meno ore laboratoriali per tecnici e professionali, in dubbio il conseguimento della qualifica professionale triennale, netta separazione tra i percorsi liceali e quelli tecnico-professionali.
Preoccupante la situazione della sicurezza: non è possibile riempire in questo modo le classi di scuole che, nella maggior parte dei casi, non ha aule idonee ad ospitare un tale numero di alunni.
Ci saremmo aspettati che, come in altre regioni, fosse lo stesso Ufficio scolastico Regionale e quello Provinciale a denunciare questa impossibilità “a fare scuola” con i numeri imposti dalla Gelmini. In altre regioni il “Provveditore” non esclude che si debba, in qualche caso, far sloggiare dirigenti e segreterie per allocarli nei corridoi e ricavare quindi aule più capienti.
Da noi c’è silenzio e distanza da questi problemi.
A settembre 2011 verranno tagliate 19.700 cattedre. Per la FLC CGIL si tratta di tagli illegittimi.
L’ufficio vertenze della CGIL ha impugnato avanti al TAR del Lazio la Circolare ministeriale 21/2011 e gli atti adottati dagli Uffici Scolastici Regionali per dare effettività a questi tagli.
Il ricorso comprende la domanda di sospensione urgente degli atti fino ad ora adottati dal Miur e dagli Uffici scolastici regionali.
Il Miur, nonostante sia stato già pesantemente censurato con riferimento alla determinazione degli organici degli anni passati, ha seguito di nuovo lo stesso iter, già dichiarato illegittimo dalla magistratura amministrativa che sulla base dei ricorsi ha accolto le richieste presentate dalla FLC.
Ma perché qualcosa cambi non si può aspettare ci si deve mobilitare tutti”, conclude Delli Veneri.
Assemblee in tutte le scuole, gazebo informativi, fino allo sciopero generale del 6 maggio che assumeva come centrali i temi della conoscenza e il disastro che l’azione della Gelmini stava realizzando sulla pelle dei nostri giovani ipotecando il loro futuro.
Tutto nel silenzio degli altri sindacati che hanno sostenuto l'impossibilità di intervenire evitando qualsiasi forma di protesta con la promessa (elettorale?) della Ministra prima di 30.000 immissioni in ruolo, poi di 60.000, infine di 65.000. Ma se questo era l’obiettivo nobile della Gelmini perché – si chiede Delli Veneri con chiaro riferimento alla realtà locale - consentire, contro le sue stesse leggi, di determinare classi con 31 alunni, anche in presenza di alunni disabili e in quartieri difficili, chiudere plessi scolastici di campagna, da cui non è facile raggiungere la scuola del capoluogo, non garantire il tempo scuola richiesto dai genitori, soprattutto per il tempo pieno?.
Cos’altro rimane della scuola beneventana?
E questo è solo l’anticipo di quello che succederà con gli Istituti superiori che vivranno la “riforma” (…riordino?) con un ulteriore taglio di 1.081 posti per la sola Regione Campania. Meno ore laboratoriali per tecnici e professionali, in dubbio il conseguimento della qualifica professionale triennale, netta separazione tra i percorsi liceali e quelli tecnico-professionali.
Preoccupante la situazione della sicurezza: non è possibile riempire in questo modo le classi di scuole che, nella maggior parte dei casi, non ha aule idonee ad ospitare un tale numero di alunni.
Ci saremmo aspettati che, come in altre regioni, fosse lo stesso Ufficio scolastico Regionale e quello Provinciale a denunciare questa impossibilità “a fare scuola” con i numeri imposti dalla Gelmini. In altre regioni il “Provveditore” non esclude che si debba, in qualche caso, far sloggiare dirigenti e segreterie per allocarli nei corridoi e ricavare quindi aule più capienti.
Da noi c’è silenzio e distanza da questi problemi.
A settembre 2011 verranno tagliate 19.700 cattedre. Per la FLC CGIL si tratta di tagli illegittimi.
L’ufficio vertenze della CGIL ha impugnato avanti al TAR del Lazio la Circolare ministeriale 21/2011 e gli atti adottati dagli Uffici Scolastici Regionali per dare effettività a questi tagli.
Il ricorso comprende la domanda di sospensione urgente degli atti fino ad ora adottati dal Miur e dagli Uffici scolastici regionali.
Il Miur, nonostante sia stato già pesantemente censurato con riferimento alla determinazione degli organici degli anni passati, ha seguito di nuovo lo stesso iter, già dichiarato illegittimo dalla magistratura amministrativa che sulla base dei ricorsi ha accolto le richieste presentate dalla FLC.
Ma perché qualcosa cambi non si può aspettare ci si deve mobilitare tutti”, conclude Delli Veneri.
Sei mamma? Ti licenzio
Inrassegna stampa su 24 maggio 2011 a 12:15Quasi un milione di donne costrette alle dimissioni perché stavano per avere un figlio
di Flavia Amabile, La Stampa 24/05/2011
Quasi un milione di donne è stata licenziata o costretta a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Lo denuncia l’Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010 insieme a molti altri dati molti chiari su che cosa significhi essere madri in Italia. Una madre su 3 ha dovuto lasciare il lavoro per motivi familiari. Nella metà dei casi l’abbandono è dovuto alla nascita di un figlio, per un totale di oltre 800 mila donne. Una donna su cinque fra quelle che lavorano e hanno meno di 65 anni hanno lasciato il lavoro per il matrimonio, la gravidanza o per altri motivi familiari.
Non c’è molto da fare, figlio e lavoro sono ancora troppo spesso inconciliabili: l’uno esclude l’altro. Le donne di cui stiamo parlando infatti non hanno scelto di non lavorare: sono state costrette a non farlo, come sottolinea anche l’Istat.
Più si è in avanti con gli anni, meno si è esposte a rischi. Le interruzioni imposte dal datore di lavoro, infatti, «riguardano più spesso le donne più giovani: si passa infatti dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1% di quelle nate dopo il 1973». Per queste ultime generazioni, le dimissioni in bianco quasi si sovrappongono al totale delle interruzioni a seguito della nascita di un figlio».
Il lavoro lasciato, spesso non si riconquista più. «Solo quattro madri su dieci tra quelle costrette a lasciare il lavoro, ha poi ripreso l’attività, ma con valori diversi nel Paese: una su due al Nord e soltanto poco più di una su cinque nel Mezzogiorno».
Le donne descritte dall’Istat nel rapporto 2010 sono il pilastro del welfare. Sono loro a reggere il carico maggiore nella rete d’aiuto familiare fondamentale per l’economia e la società. Ma «questo sistema è in crisi strutturale – avverte l’Istat – le donne non reggono più e non può essere più questo il modello che sostiene il welfare italiano».
In un anno due terzi degli aiuti arrivano da loro. Prestano «2,1 miliardi di ore d’aiuto a componenti di altre famiglie, pari ai due terzi del totale erogato». Tuttavia la situazione si sta modificando, senza che nessuno le sostituisca. Questo vuol dire che «la catena di solidarietà femminile tra madri e figlie – conclude l’Istat – su cui si è fondata la rete d’aiuto informale rischia di spezzarsi. Le donne occupate con figli sono sovraccariche per il lavoro di cura all’interno della famiglia e le nonne sono sempre più schiacciate tra cura dei nipoti, dei genitori anziani non autosufficienti e dei figli adulti».
L’occupazione femminile rimane stabile nel 2010, ma peggiora la qualità del lavoro e rimane la disparità salariale rispetto agli uomini, il 20% in meno. L’occupazione qualificata, tecnica e operaia, è scesa di 170 mila unità, mentre è aumentata soprattutto quella non qualificata (+108 mila unità). Si tratta soprattutto di «italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere».
Un secondo fattore di peggioramento è dato dalla crescita del part-time (+104 mila unità rispetto a un anno prima), «quasi interamente involontaria e concentrata nei comparti di attività tradizionali» (commercio, ristorazione, servizi alle famiglie e alla persona) che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita. Non è chiaro il perché ma il part-time è molto più diffuso tra le donne, il 14,3% contro il 9,3% degli uomini.
In preoccupante aumento le donne sovraistruite, ovvero quelle con un lavoro che richiede una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta». Fra le laureate, il fenomeno della sovraistruzione interessa il 40% delle occupate contro il 31% tra gli uomini, e abbraccia tutto il ciclo della vita lavorativa.
La partecipazione delle donne al mercato el lavoro, confrontata con il resto dell’Europa, continua a essere «molto più bassa». Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è attestato al 46,1 per cento, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. L’indicatore è al 55,6 per cento per le madri (68,2 il corrispondente tasso europeo). Quando il minore ha un’età compresa tra i sei e i dodici anni il tasso di occupazione è pari
rispettivamente al 55,8 e al 71,4 per cento.
rispettivamente al 55,8 e al 71,4 per cento.
La difficile situazione del Mezzogiorno spiega buona parte delle distanze tra Italia ed Europa: sono circa 3 su 10 le donne occupate nel Mezzogiorno contro le quasi 6 nel Nord; il tasso di inattività si attesta al 63,7 per cento (39,6 per cento nel Nord) e il tasso di disoccupazione è oltre il doppio di quello delle donne del Nord (15,8 ispetto a 7,0).
Rispetto agli altri paesi resta inoltre notevole il divario sull’utilizzo del part time, nonostante la forte crescita registrata in Italia negli ultimi anni. Nel 2009 la quota di lavoratrici a tempo parziale (25-54 anni) oscilla fra il 21,6 per cento delle donne senza figli al 38,3 di quelle con tre o più figli; nell’Ue dal 20,9 al 45,9 per cento. Le distanze sono ancora più estese se il confronto è ffettuato con Paesi Bassi, Germania e Regno Unito. Inoltre, la quota
dei donne italiane con part time involontario è più che doppia di quella dell’Ue (nel 2009, 42,7 contro 22,3 per cento).
dei donne italiane con part time involontario è più che doppia di quella dell’Ue (nel 2009, 42,7 contro 22,3 per cento).
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