PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

venerdì 4 marzo 2011

4 MARZO: RASSEGNA STAMPA


Le ragioni delle donne



Internazionale, 11 febbraio 2011
di Elisabetta Povoledo e Rachel Donadio, New York Times
Per tanti anni le italiane hanno trattenuto la loro rabbia contro una società maschilista. Dopo l’ultimo scandalo sessuale che ha colpito il premier hanno deciso di ribellarsi.

AIUTIAMO GLI UOMINI AD AVERE RISPETTO DELLA LORO DIGNITA’



di Federica Mogherini, l’Unità, 19 febbraio 2011
Viviamo tempi tristi e difficili. Triste è l’immagine di un uomo solo nella sua disperata arroganza, triste la paralisi di un governo tutto ripiegato sulla difesa di un indifendibile padrone, triste la sensazione che vendere e comprare persone sia una pratica comunemente accettata come inevitabile, se non normale o addirittura auspicabile. Difficile è spiegare ai nostri figli (ed alle figlie ancor di più) che invece c’è un’energia buona, una voglia di riscatto e di pulizia, in questo nostro paese che non si è ancora arreso.

La guerra sotterranea contro ogni donna

Inrassegna stampa su 3 marzo 2011 a 12:24
di Dacia Maraini, Corriere della Sera, 21 febbraio 2011
Colpiscono i dati: a Roma sono diminuiti gli scippi, le rapine, i furti, ma aumentano le violenze contro le donne. Come interpretare questo fenomeno, che non riguarda solo Roma ma tutta l’Italia? Non si tratta solo di città piu o meno sicure. Si tratta di un degrado culturale che le donne sono le prime a pagare.
Voglio ricordare che lo stupro è un’arma di guerra. Non lo dico io, l’ha stabilito l’Onu. Lo stupro non ha niente a che fare con il desiderio sessuale, ma con l’umiliazione di un corpo che si vuole punire. Colpendolo nel luogo più sacro e piu potente, il luogo dove prende piacere e dà la vita. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma perché un’arma di guerra in tempo di pace? La risposta è che dentro ogni pace pretesa covano delle guerre sotterranee che oppongono una cultura di genere che si ritiene minacciata nei suoi privilegi, contro l’altro genere. Lo stupratore è spesso il soldato inconsapevole che partecipa a un conflitto piu grande di lui.
Forse non se ne rende conto, ma violentando una donna dà sfogo a una diffusa e antica rabbia maschile che non sopporta la perdita delle gerarchie tradizionali e trova offensiva ogni insubordinazione femminile. Avvilire, mortificare, castigare una donna per quello che è, sta alla base dello stupro. Non a caso nelle guerre più antiche era considerato un diritto del vincitore abusare delle donne del vinto. Era un modo per sancire, anche simbolicamente, la propria superiorità. Sporcare il ventre femminile, lacerarlo, avvilirlo fa parte della strategia del dominio. Ma poiché oggi la guerra fra i sessi non è ammessa, anzi si opera in nome della parità di diritti, le tecniche di sottomissione si spostano dalla prigionia familiare, dall’esclusione dei mestieri, dall’uso delle punizioni corporali, alla continua e insistita svalutazione del pensiero e dell’autonomia femminile.
Nel momento che si dichiara libero il suo corpo, lo si relega al libertinismo: sei libera di spogliarti, di agghindarti, di venderti, ma non di camminare tranquillamente per strada di notte. La paura di un corpo indipendente, autonomo, che pretende di scegliere il proprio piacere, può fare impazzire chi, nonostante le pretese di parità, crede nella sottomissione di un sesso da parte dell’altro. Da lì alla violenza il passo è breve e molti lo compiono senza neanche rendersi conto della gravità di ciò che fanno. Un poco di sesso, che sarà? Dopotutto le donne vogliono questo no? «Vis grata puellis» , dicevano i latini: «la forza piace alle fanciulle» . Perfetta razionalizzazione di un atto di prepotenza. Ma lo stupro colpisce anche chi non lo subisce. È una ferita sociale che tocca tutti. Perché oltre a limitare le libertà femminili (quante ragazze avranno paura di uscire sole?) distrugge la fiducia nell’altro sesso, che è la base di ogni rapporto erotico e amoroso.



8 marzo: nessuna spaccatura nel movimento delle donne



8 MARZO: FEMMINISTE, NESSUNA SPACCATURA NEL MOVIMENTO DONNE
CRITICATI I RESOCONTI DEI MASS MEDIA SULLE PRESUNTE DIVISIONI
8 MARZO: FEMMINISTE, NESSUNA SPACCATURA NEL MOVIMENTO DONNE
CRITICATI I RESOCONTI DEI MASS MEDIA SULLE PRESUNTE DIVISIONI
(ANSA) – ROMA, 3 MAR – Nessuna spaccatura o contrapposizione tra i collettivi femministi romani e il comitato “Se non ora quando”: lo afferma in una nota il gruppo di associazioni della capitale protagoniste tre giorni fa, in una conferenza stampa,di un vivace dibattito con le donne promotrici della manifestazione del 13 febbraio scorso.
Le femministe contestano certe interpretazioni dei mass media, come quella “del Tg1 del 1 marzo che nell’edizione delle 20.30 annunciava la spaccatura del comitato Se non ora quando e del fronte delle donne del 13 febbraio”. “Il servizio – spiegano nella nota Centro Donna Lisa – Donnedasud – le Facinorosse – Infosex-Esc – Lucha y Siesta Action-A – le Malefiche – la Meladieva – le Ribellule – SuiGeneris – faceva riferimento alla moltiplicazione di iniziative previste per il prossimo 8 marzo”. Non c’è alcuna volontà contrappositiva, sottolineano, tra il corteo organizzato dai collettivi romani e la piazza lanciata dal comitato Se non ora quando. “C’è la presa d’atto – spiegano – che la ricchezza espressa dalle donne il 13 febbraio sia la vera forza di questa mobilitazione, e che questa ricchezza non necessariamente debba trovare una sintesi o seguire delle linee guida per essere efficace. C’è la convinzione che il problema al fondo sia l’assenza di un confronto con la pluralità dei percorsi attivi da anni sui territori. Confronto che vorremmo rilanciare a chi vorrà raccoglierlo già nell’immediato dopo 8 marzo”.
“Parlare di spaccatura e contrapposizione – concludono – è un’affermazione arbitraria e infondata, che contraddice nella sostanza la realtà delle cose. Non siamo un fronte, tanto per cominciare, perchè non abbiamo obiettivi minimi ma l’ambizione di trasformare condizioni di vita sempre più misere e umilianti per le donne, italiane e straniere, che vivono in questo paese. per questo saremo di nuovo in corteo martedi 8 marzo”.


OVER 65, INCENSURATO QUINDI PRESCRITTO: CHI E'? GHEDINI FURIOSO: PROPOSTA VERRA' RITIRATA



Il reato, certi reati, ad esempio la corruzione, non sono più perseguibili dopo cinque anni se l’imputato ha 65 anni ed è incensurato grazie alle attenuanti generiche. L’atteso e annunciato disegno di legge sulla prescrizione breve pensato e realizzato su misura per il Presidente del Consiglio prende forma a metà pomeriggio. La quinta essenza della legge ad personam, la ventunesima, porta la firma dell’onorevole pidiellino Andrea Vitali che di recente, a gennaio, si era già distinto per un’altra mossa più realista del re (punire i magistrati che abusano delle intercettazioni).


Ma la regina delle salva-premier diventa subito ungiallo: l’onorevole avvocato Niccolò Ghedini, che pure in questi giorni l’ha più volte annunciata, ne prende le distanze. Dice che quel testo «non è concordato» e che è «solo l’iniziativa personale dell’onorevole Vitali» che la dovrà quindi «ritirare». Vitali, dietro il cui nome si muovono però anche altri onorevoli avvocati del Pdl, non replica alla precisazione di Ghedini e il testo di legge, a sera, resta dov’è. Nella guerra quotidiana tra il premier e i suoi processi, quattro tra cui Ruby, accadono cose che non potevamo neppure immaginare: il Parlamento piegato ogni giornodi più - ad esempio con il conflitto tra poteri dello Stato - alle bizze del premier e al suo definirsi «vittima e perseguitato delle toghe comuniste »; testi di legge che non è più sufficiente neppure definire «su misura»; l’agenda del governo di un paese pieno di problemi, soprattutto economici, costretta ad inseguire le date dei processi nel tentativo di offuscarli mediaticamente. Così giovedì prossimo (10 marzo) il Consiglio dei ministri approverà la riforma della giustizia e il giorno dopo il premier dovrebbe essere in aula a Milano per rispondere di corruzione in atti giudiziari nei confronti dell’avvocato inglese David Mills.


Ieri anche il giallo sulla prescrizione breve che ha tutta l’aria di nascondere il malcontento di una larga fetta di onorevoli-avvocati (nel Pdl, tra Camera e Senato, ce ne sono oltre 50 ) nei confronti proprio del più onorevole-avvocato di tutti, Niccolò Ghedini, il difensore del premier ma anche ministro della Giustizia ombra. Il testo Vitali prevede che il giudice, in presenza diunimputato incensurato o che abbia superato i 65 anni di età, «è obbligato ad applicare sempre ecomunquele attenuanti generiche. Con conseguente riduzione dei tempi di prescrizione del reato». La normaè perfetta per togliere di mezzoalmenodue dei processi che affliggono il premier: Mediaset-diritti tv e Mills. Ma spulciando tra i 44 articoli che riscrivono in buona parte codice penale e procedura, Donatella Ferranti, capogruppo del Pd inCommissione Giustizia, ne scopre uno che potrebbe affossare anche il processo Ruby, il vero incubo di Berlusconi.


L’articolo 11, infatti, obbliga il pm ad iscrivere subito al registro degli indagati anche chi è appena e non del tutto coinvolto in un’indagine. Ritiene, Vitali, che l’iscrizione sia un momento di chiarezza da parte del pm e quindi di garanzia per l’indagato. Quindi basta con il decidere di volta in volta chi iscrivere e quando. Se la norma dovesse diventare legge, gli atti dell’inchiesta Ruby diventerebbero nulli visto che il premier è stato iscritto a dicembre (perchè solo in quel momento la procura ha avuto la certezza che il premier fosse realmente coinvolto) mentre Fede, Mora e Minetti a settembre.
LA RABBIA DI GHEDINI Quella che propone Vitali è una forzatura mostruosa. Che fa subito gridare allo scandalo Pd (Ferranti) e Idv (Di Pietro). E che, a quanto pare, fa inorridire lo stesso Ghedini. Il quale è costretto ad apprendere dall’agenzia di stampa Ansa la mossa dei colleghi parlamentari. E deve ricorrere alle stesse agenzie per bocciare la fuga in avanti di Vitali. C’è da chiedersi cosa stia succedendo nel Pdl se Ghedini, il king maker assoluto nelle questioni di giustizia, si ritrova superato a destra da un suo collega e senza neppure saperlo. Non è un mistero che nell’afflato padronale e nel desiderio di mettersi in luce per togliere il Capo dai guai, ognuno a modo suo nel Pdl cerchi di scovare una soluzione.


Ma il giallo della norma Vitali - tra l’altro un vecchio testo di riforma del processo penale a cui aveva lavorato Forza Italia nel 2001 - dimostra a che punto è arrivato il malessere e il disorientamento nel partito. Il testo Vitali non sarà probabilmente ritirato, questione di puntiglio, madi sicuro non troverà le condizioni per andare avanti. Detto questo Ghedini o chi per lui deve presentare il prima possibile, e possibilmente al Senato, la norma sulla prescrizione breve per risolvere almeno due processi su quattro. Il terzo, Mediatrade, è ancora in fase di udienza preliminare (ricomincia sabato) e c’è tempo per capire come renderlo inoffensivo. Resta il dibattimento Ruby, 6aprile, la data che assilla il premier anche se ostenta sicurezza e dice: «Sarò in aula, io voglio sempre andare, sono i miei avvocati che lo sconsigliano.


E più di tutti voglio fare il processo Rpotranno forse bloccare la sentenza. Ma non il prouby». Ma per questo processo il premier può contare solo sui suoi legittimi impedimenti istituzionali per posticipare qualche udienza. E sul doppio conflitto: quello tra poteri dello Stato che la Camera con ogni probabilità solleverà davanti alla Consulta; quello sulla competenza funzionale (Tribunale dei ministri) che gli avvocati solleveranno davanti alla 
Cassazione nella prima udienza. In ogni caso, potranno forse bloccare la sentenza. Ma non il processo.



Savona: il comitato “Se non ora quando” in piazza Sisto l’8 marzo
Savona. “Vogliamo che l’8 marzo sia come il 13 febbraio, il giorno di tutte le donne. Vogliamo un lavoro compatibile con la vita, un’informazione veritiera che dia conto di come le donne contribuiscono a costruire l’Italia”.
E’ il messaggio del comitato ”Se non ora quando” che ha organizzato un incontro in piazza Sisto a Savona per la festa della donna, martedì 8 marzo, a partire dalle 16.30″.


Se non ora quando’,
il brand

Dal diario di Serenella Fonseca Strozzi, 2 marzo 2011 –Ancora ai Parioli. Ah, sembra passato un anno dalla gigantesca manifestazione del 13 febbraio e siamo appena a marzo. Mi hanno reinvitato in quella bella casa dei Parioli, la Comencini, Concita e tutte le altre. Invece è di pochi giorni fa e siamo tutte ancora emozionate. Dice Concita che ormai siamo un comando strategico. Tutti quegli invidiosi e invidiose della sinistra berlusconiana e della destra hanno masticato amaro: eravamo tante e tutte contro il Sultano. C’erano davvero tutte da Lidia Ravera a Emma senza i Modà, che ha parlato di sua mamma che la sostiene nella lotta contro quelle che “fanno le cazzate” che si  devono vergognare, e poi è andata così bene a Sanremo. Beh, ha vinto anche il marito di Daria, Roberto, con una canzone di quelle che fanno piangere come i discorsi di Vendola. Vorrà dire qualcosa.
Tante pippe prima della manifestazione: le vecchie femministe, tutti i distinguo, la differenza e il moralismo. Quel ciccione antiestetico di Ferrara con le mutande al vento. Anche no, scusate! Noi siamo moraliste e siamo orgogliose. Come aveva detto Flavia Perina “io sono moralista”, sennò che gli rispondo alle mie figlie. Però è più triste perché dice che quelli del Fli che se ne vanno sono tutti dei venduti e loro invece con Fini e Elisabetta Tulliani, che è stata infangata, resisteranno fino all’ultimo (oddio speriamo che non sia uno soltanto). Poi dice che sta pagando per le sue posizioni anche il Secolo d’Italia, perché quei venduti che non rispettano la libertà di informazione non gli vogliono dare i soldi che sono del Pdl. Che schifo, che venali. Basta che non ci levano la Repubblica e Concita.
Siamo donne ma non è stata una manifestazione contro gli uomini, ma contro il modello di donne e di uomini della destra, di Berlusconi che addirittura scherza sul bunga-bunga. Tutto è cominciato conDrive in… Driving? Boh! Che deve essere stata una cosa tipo stalking. Non lo so bene. Devo chiedere a mamma che ne parlava quando mio padre non si staccava dalla Tv e lo rimproverava dicendo che uno di sinistra non si doveva comportare da bavoso. Mah.
Siamo troppo generose noi donne, come le suore che ormai sono diventate star… Così tutti hanno cominciato a copiarci: “Se non ora quando” ha fatto furore. Micromega ci ha fatto un appello per paralizzare il Parlamento, che ormai è sempre più pagato da Berlusconi e bisogna bloccarlo, e poi una manifestazione il 12 marzo per difendere la Costituzione con  Camilleri, Flores d’Arcais, Fo, Hack, Rame, Spinelli e Tabucchi. Che forti, non mancano mai. Donne o no non se ne perdono una. Chissà se ci sarà Saviano? Concita dice che è un po’ troppo protagonista e toglie visbilità alle donne come lei. Poi hanno speculato pure su suo papà. Non si sa mai. Ma che vergogna la macchina del fango.
Ah, mi dimenticavo: se non ora quando sarà anche lo slogan dell’8 marzo e metteremo insieme la festa del 150 dell’Unità d’Italia contro quelli della Lega che sostengono Berlusconi. Il tricolore e il rosa, e le mimose. Vabbè sbattono un po’, ma è un bel pot-pourri. Ormai è diventato una specie di brand. Si porta: se non ora quando?
Da Frontpage






Otto marzo uno e due
"Le aderenti ai tradizionali movimenti femministi e le aderenti al nuovo movimento "Se non ora quando?" - è la notizia - non si sono trovate d'accordo su come festeggiare l' otto marzo e dunque, quest'anno, i cortei saranno due".
Supponendo allora che le femministe storiche decidano di sfilare alle 9, "Se non ora quando"? Già: se non a quell'ora, quando? Può darsi due ore dopo o, addirittura, tre. Tanto per dimostrare quanto i movimenti vecchi e nuovi non abbiano ancora capito la necessità di portare avanti uniti la battaglia per i sacrosanti diritti e per il pieno rispetto delle donne.


Da Abitare Roma Net





Si prosegue con il calendario "Rete centri antiviolenza"

Il mese di marzo si tinge di rosa
S'inizia col forum 'La politica delle donne'

Scritto da Giuseppe Basile   
Mercoledì 02 Marzo 2011 - 23:25
Siracusa - A breve distanza dalla manifestazione "Se non ora quando", organizzata in ogni angolo d'Italia che ha visto una grande partecipazione spontanea di cittadine, e non solo, accomunate dal desiderio di rivalsa nei confronti del diffondersi di una certa cultura discriminante oltre che retrograda, le donne replicano nel mese che è loro più congeniale. In occasione della ricorrenza della Festa della Donna, giornata simbolo delle conquiste sociali, politiche ed economiche ottenute negli anni, l'assessorato alle pari opportunità del Comune di Siracusa ha infatti organizzato un forum dal titolo “La politica delle donne” che si terrà sabato 5 marzo alle 18,00 nella sala Athena dell’hotel Roma.
Il forum, che è aperto alla partecipazione della cittadinanza, vedrà confrontarsi da una parte la deputazione nazionale e regionale della provincia, capitanata dal ministro Stefania Prestigiacomo che concluderà i lavori, e dall’altra giornaliste della carta stampa, dell’emittenza radio televisiva e dell'editoria on-line. “Un modo diverso ed una tematica diversa per un giorno particolare” ha detto l’assessore alle Pari opportunità, Mariella Muti, che introdurrà la serata. A moderare il forum, nel corso del quale sarà presentato l ostudio "Rapporto Italia" dell'Eurispes, sarà il segretario provinciale dell’Assostampa Aldo Mantineo.
Ma il mese nel segno della donna, proseguirà con gli appuntamenti calendarizzati dalla Rete dei Centri antiviolenza: la mostra fotografica "Così non fan tutte", lo spettacolo teatrale "I monologhi della vagina" e il cineforum "Donne come l'Acqua", "Ipazia una martire del pensiero libero" e "Tre vite allo specchio", costituiranno il programma d’iniziative per ricordare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti delle donne, l’educazione di genere e tutte le tematiche lagate alle discriminazioni di cui ancora oggi, sono vittima molte donne.






'Se non ora quando', la protesta

Manifestazioni in molte piazze italiane e nel mondo per 'Se non ora quando?'



Domenica 13 febbraio una marea di più di un milione di persone "indignate" è scesa in piazza, in Italia e nel mondo, per dire basta a una cultura che nega la dignità delle donne e per chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi. Ha superato le più rosee aspettative la mobilitazione nata intorno all'appello "Se non ora quando", che in pochi giorni e con il fondamentale ausilio di Internet ha scatenato, con un effetto-valanga, manifestazioni in 230 città in Italia e una trentina all'estero. Roma in primo luogo, ma anche Milano, Torino, Napoli e così via in giro per l'Italia e per il mondo fino all'altra parte del globo, a Honolulu e Auckland: un grido si è levato dalle piazze: "ora basta!". Piazze enormi come quella del Popolo a Roma si sono riempite di donne e di uomini "amici delle donne", tutti arrivati senza bandiere di partito ma solo con qualche tricolore e tanti cartelli, tutti contro il premier: "Berlusconi indegno", "Io donna cattolica dico basta! B vai via", "Napolitano: una Clio tutta la vita - Berlusconi: una escort tutte le notti" e anche "Dimettiti! Grande capo culo flaccido". E contro Berlusconi si è levato l'urlo della folla prima dell'inizio della manifestazione romana: "Dimettiti!". La rabbia della gente in piazza è infatti più esplicita e diretta di quella delle donne sul palco, che quasi mai pronunciano il nome di Berlusconi e puntano invece sui temi della dignità delle donne e della rivendicazione di un nuovo ruolo.
Star applauditissime della kermesse romana, la leader della Cgil Susanna Camusso e la deputata finiana Giulia Bongiorno. "La misura è colma" ha detto dal palco Camusso, che ha definito quella di oggi "una rivoluzione culturale che si muove dal basso", che parte "non dalle gerarchie ma dal popolo: é davvero un Paese che non ne può più". E per Bongiorno "siamo e dobbiamo essere protagoniste, non comparse. L'unico contesto in cui vedo le donne protagoniste sono le barzellette, soprattutto se le barzellette provengono da Arcore". In piazza anche le prostitute - il Movimento per i loro diritti aveva annunciato l'adesione - che si sono presentate con un ombrellino rosso e un gruppetto di loro ha sfilato per le strade del centro di Roma con uno striscione che recitava "Sul nostro corpo nessuna strumentalizzazione, diritti e welfare per tutte". E c'é stato anche un piccolo, festoso blitz di circa duecento manifestanti che si sono recati davanti a Montecitorio per chiedere le dimissioni di Berlusconi e lasciare regalini ironici ai parlamentari.
TANTI STRISCIONI - "Vogliamo un Paese che rispetti le donne tutte". Lo striscione rosa viene srotolato dalla terrazza del Pincio quando piazza del Popolo è già gremita. E fa da sfondo alla manifestazione "Se non ora quando?". Una protesta senza bandiere di partito, con qualche tricolore, ma soprattutto con tantissimi striscioni, cartelli, adesivi con slogan orgogliosi, irriverenti, a tratti rabbiosi. Per rivendicare con tutte le sfumature possibili "la dignità delle donne".
DA NORD A SUD, PROTESTA RIEMPIE PIAZZE - La protesta delle donne per rivendicare la propria dignità ha riempito le piazze di tutta Italia. Al di là di quella della capitale, manifestazioni colorate e scandite da balli, cartelli fantasiosi, cori e slogan anche per sollecitare le dimissioni di Silvio Berlusconi, si sono tenute da Nord a Sud del Paese e hanno visto anche la partecipazione di tanti uomini e intere famiglie. Ed è stato "pienone" nelle principali città, a cominciare da Milano e Torino, dove secondo gli organizzatori i partecipanti sono arrivati a quota 100mila. "Tutto esaurito" dunque a Milano. Ma a scaldare la folla sono stati soprattutto le parole del premio Nobel Dario Fo e di sua moglie Franca Rame.
Torino ha visto piazza San Carlo affollata come nelle storiche manifestazioni del Primo Maggio e i portici di via Roma impercorribili. "Siamo partiti in 50 mila, ora siamo diventati 100 mila", hanno detto gli organizzatori a un'ora dall'inizio della manifestazione. Un cordone formato dalle donne che si tenevano per mano ha aperto invece la manifestazione di Bologna. Cinquantamila persone anche a Napoli. Altrettanti partecipanti a Genova, dove "in galera" è stato uno degli slogan più gridati dai presenti, tra i quali c'era anche il comitato 'Le graziose', che rappresenta le prostitute del centro storico. In trentamila hanno sfilato a Firenze; mentre a Venezia la manifestazione è stata anche l'occasione per esprimere solidarietà a Nicoletta Zago, operaia che da tre giorni su una torre di Marghera a 150 metri d'altezza, è in sciopero della fame per il posto di lavoro.
Un momento della manifestazione "Se non ora quando?" a Genova













La necessità di un confronto aperto fra i soggetti che hanno abitato la piazza il 13 febbraio
Centro Donna Lisa, Donnedasud, le Facinorosse, Infosex-Esc, Lucha y Siesta Action-A , le Malefiche. la Meladieva, le Ribellule, SuiGeneris rispondono al servizio del tg1 (1/03/2011 edizione 20,30) sulle spaccature del "fronte del 13 febbraio" e rilanciano l’appuntamento per l’8 marzo a Roma: corteo notturno h 18 da piazza Bocca della verità.
Nell’edizione delle 20,30 del tg1 del 1/03/2011 andava in onda un servizio che annunciava la spaccatura del comitato "se non ora quando" e del "fronte" delle donne del 13 febbraio. Il servizio faceva riferimento alla moltiplicazione di iniziative previste per il prossimo 8 marzo. in particolare al corteo indetto a Roma (h 18 piazza Bocca della verità) dalla rete di donne, studentesse, precarie, migranti, femministe, lesbiche, che lo scorso 13 febbraio hanno attraversato Piazza del Popolo e il centro di Roma in corteo selvaggio fino a palazzo Montecitorio.
Un milione di donne, migliaia di collettivi, laboratori, singole, gruppi informali, progetti territoriali hanno partecipato le piazze del 13 febbraio e in molte stanno progettando come dare continuità allo spazio che tutte insieme abbiamo aperto.
Non c’è alcuna volontà contrappositiva tra il corteo e la piazza lanciata dal comitato romano Se non ora quando. C’è la presa d’atto che la ricchezza espressa dalle donne il 13 febbraio sia la vera forza di questa mobilitazione, e che questa ricchezza non necessariamente debba trovare una sintesi o seguire delle linee guida per essere efficace. C’è la convinzione che il problema al fondo sia l’assenza di un confronto con la pluralità dei percorsi attivi da anni sui territori.Confronto che vorremmo rilanciare a chi vorrà raccoglierlo già nell’immediato dopo 8 marzo.
Parlare di spaccatura e contrapposizione è un’affermazione arbitraria e infondata, che contraddice nella sostanza la realtà delle cose. Non siamo un fronte, tanto per cominciare, perchè non abbiamo obiettivi minimi ma l’ambizione di trasformare condizioni di vita sempre più misere e umilianti per le donne, italiane e straniere, che vivono in questo paese.
Per questo saremo di nuovo in corteo martedi 8 marzo. Per portare di nuovo nelle strade di Roma la nostra indignazione per le politiche del governo contro le donne, ribadite dal pacchetto Sacconi; la nostra rabbia contro le politiche securitarie e anti-immigrati della giunta Alemanno che ancora una volta usa gli stupri con cinico opportunismo, dimenticando che l’80% delle violenze si consumano nelle case nell’indifferenza delle istituzioni; la nostra gioia di vivere che da una sponda all’altra del Mediterraneo costruisce ponti.
buon 8 marzo a tutte!
Centro Donna Lisa – Donnedasud – le Facinorosse – Infosex-Esc – Lucha y Siesta Action-A – le Malefiche – la Meladieva – le Ribellule – SuiGeneris




La regina è nuda: chi glielo dice?

Scritto da Maurizio Bonanno | PDF | Stampa | E-mail






Se non ora, quando?
Ci sono voluti giorni e giorni per riprendermi dal moto di profonda commozione che mi ha letteralmente sopraffatto nel vedere questa marea di donne manifestare in piazza in difesa delle loro dignità. E con loro tanti maschietti, a testimoniare il profondo rispetto che provano per l’altro sesso, che giammai giudicheranno in base all’avvenenza del rispettivo corpo, che giammai si lasceranno andare a pensieri boccacceschi sopraffatti dal desiderio, da quell’infernale anelito alla concupiscenza: loro sì che la donna la toccherebbero semmai con un fiore!
Sarà che sono di un’altra generazione. E, forse, questo ha provocato in me un simile sbandamento: vedere una suora sul palco a rivendicare con la dolcezza propria del suo mandato la dignità femminile, affiancata da attempate femministe d’antan ancora cariche di grinta come ai tempi in cui in quelle stesse piazze gridavano “col dito, col dito l’orgasmo è garantito”!...
Ai miei tempi, come si direbbe, ho imparato a rispettare l’altro sesso confrontandomici a muso duro, quando, sbattendomela in faccia sornionamente, le compagne (politiche e d’avventura) mi ricordavano che quella cosa tanto desiderata era una conquista dall’impegno titanico: perché è “mia e la gestisco io!”; erano gli anni del referendum sull’aborto e di “Porci con le ali”; erano anche gli anni in cui Cicciolina abbandonava i teatri e le sue esibizioni hard per vestire i panni (e lo ha fatto con grande dignità e serietà ed impegno) di parlamentare, a testimonianza e conferma che essere donna è dignitoso sempre, qualunque sia il mestiere ed il ruolo sociale, addirittura superando l’incredibile assioma in base al quale se sei bella sei oca o comunque non puoi arrivare in alto perché vuol dire che hai utilizzato – come dire? – “mezzi impropri”.
Perché, ingenuamente ancorato alle mie esperienze giovanili, credo ancora che sia vergognoso che esistano certi stereotipi, al punto che si arriva al paradosso di creare una discriminante inversa: se sei donna e pure di bella presenza non puoi avere cervello sufficiente per esprimere opinioni e fare addirittura politica. Oppure, se in un periodo della tua vita ti sei esibito in pubblico, non hai titolo ad avere una tua opinione; poi, se pure hai mostrato parte del tuo corpo…
E così, grazie al “Rubygate” un nuovo femminismo riporta in piazza le donne. E se un tempo in testa ai cortei c’era Carla Corso ed il suo movimento per i diritti alle prostitute, oggi a salire sul palco è la suora in abito talare: se non ora, quando?
Siamo alla svolta? È giunto finalmente il tempo di porre una “questione femminile” in Italia?
E sì, perché non sono pochi i motivi di riflessione che i rilevamenti statistici e le analisi socioeconomiche forniscono quotidianamente.
Siamo all’ultimo posto in Europa per l’occupazione femminile. Siamo in una posizione infima, nella graduatoria mondiale e non più solo europea, superati persino da alcuni stati africani, riguardo la presenza femminile nei luoghi di potere, siano essi politici, economici, gestionali, pubblici o privati. La disparità salariale, a parità di incarico, fra uomo e donna, oscilla in Italia tra il 25 ed il 30%  (dati del Ministero delle Pari Opportunità).
La carenza endemica di strutture e servizi sociali volti a sostenere le donne lavoratrici è un altro aspetto fallimentare di questo nostro paese, che, mentre s’indigna per il Rubygate” dimentica che ancora oggi per una donna ottenere un part-time è difficilissimo – anche perché così com’è concepito finisce per rivelarsi un danno tanto per chi lo chiede quanto per chi lo concede – dove gli orari di asili e scuole sono del tutto svincolati da quelli degli uffici mettendo le madri che lavorano in condizioni di costante emergenza sulla gestione dei figli dopo la scuola, e dove soprattutto viene ancora richiesto alle donne di farsi interamente carico di ogni aspetto legato alla famiglia, sia quella di origine che quella propria, compresa l’assistenza agli anziani malati e non autosufficienti.
Ed allora, ti aspetti che da quelle piazze si alzi forte il grido di denuncia per questo atavico malessere femminile, si elevi forte l’invito alla mobilitazione per esercitare una straordinaria pressione sulle istituzioni al fine di ottenere provvedimenti legislativi concreti ed incisivi a sostegno delle donne, che tutti – e soprattutto quegli uomini che sono lì al loro fianco a manifestare con loro e per loro – ribadiscano che sì, la donna è una risorsa indispensabile ed irrinunciabile per la crescita del nostro paese.
Invece.
Invece, neomoralisti pronti a fare tardi la notte, ma solo perché impegnati nella lettura di Kant, una volta indossato il mantello delle pubbliche virtù sono risoluti a stilare la lista delle cattive ragazze da convertire alla morale collettiva, mentre condannano le escort, buone però per qualche talk show televisivo, evitando comunque di scandalizzarsi per quella prostituzione intellettuale, che, invece, è il vero cancro che divora questo paese.
Poi, mentre si riprende il solito tran tran e, dopo la giornata di mobilitazione, si torna alle questioni quotidiane, all’impegno, questo sì titanico, di sbarcare il lunario, capita che – come in quell’antica e saggia favola - nel bel mezzo della lezione, una bambina della scuola elementare Pezzani di Milano, così raccontano le cronache, punta il dito contro la finestra e urla alla maestra: «Ma quella ha il sedere di fuori»!
«Quella» è la modella gigantesca di un gigantesco poster che fronteggia la scuola e reclamizza una gonna, splendida e degna di quel “made in Italy” che è l’orgoglio di tutti noi perché con la moda si esporta il buon nome dell’Italia; bella, anche se è così corta che non arriva a scaldare neppure le chiappe della ben dotata modella. Certo, c’è poco da discutere, gli autori della pubblicità hanno spiegato dottamente che si tratta di «espressione artistica» e di fronte all’arte, si sa, l’uomo sensibile, l’intellettuale serio, i critici accreditati non possono che inchinarsi.
Nel frattempo, noi tutti ci facciamo l’abitudine, smettiamo di stupirci, nemmeno ci facciamo più caso, con tutto quel che ne consegue.
Ma ora, dinanzi a quella semplice, banale, ovvia esclamazione della bimba, le maestre e le mamme della scuola non hanno potuto fare altro che dichiarare guerra alla chiappa, non importa se frutto di «espressione artistica».
Finora non l’avevano notata: una più, una meno!
Ci voleva una bambina per gridare che la regina è nuda. Intanto, continuiamo pure a manifestare sdegnosamente e ad andare a letto tardi solo perché ci si è dedicati ad una sana lettura di Kant.
E se, invece, Kant lo si leggesse il pomeriggio conservando la notte, ripensando a quegli antichi consigli dei nostri vecchi, per qualche sana “coniugale” trasgressione, ché sentimenti e desiderio troppo spesso ormai sono sostituiti da surrogati televisivi o computerizzati?
Se non ora, quando?



8 MARZO- CGIL E SE NON ORA QUANDO INSIEME "PER RIPRENDERSI L'8 MARZO" CON UNA COCCARDA ROSA

(2011-03-03)
    La CGIL si unisce al comitato 'Se non ora quando?'  per  "riprendersi l'8 marzo" proprio con lo slogan “riprendiamoci l'8 marzo”: una festa laica del lavoro delle donne e un momento per rivendicare la propria dignità, è questo il senso che le donne del comitato vogliono dare quest'anno a quella che è una data storica  per i movimenti femminili. L'8 marzo quest'anno sarà anche la prosecuzione di ciò che ha preso vita il 13 febbraio scorso con le manifestazioni organizzate dal comitato 'Se non ora quando?' in tutta Italia".  E' quanto si legge in una nota della CGIL.

  " La novità - si legge ancora - è che quest'anno sarà una coccarda rosa, e non la classica mimosa, il simbolo della Giornata mondiale della donna. Un fiocco “virtuale”, spiega il gruppo di donne, attrici, registe, politiche, storiche e giornaliste, con cui “legarsi tutte, nel 150° dell'Unità d'Italia, per una rinascita del nostro Paese”.

    "Infatti per l'occasione il comitato ha lanciato una piattaforma di richieste dal titolo 'Rimettiamo al mondo l'Italia', rivolta all'universo femminile. La piattaforma rivendica la 'libertà di scelta' per tutti, evidenziando alcuni punti cardine necessari per riconquistarla, come: il congedo di maternità obbligatorio e l'indennità di maternità; il congedo obbligatorio di paternità e norme che impediscano il licenziamento 'preventivo' come le dimissioni in bianco". “Bisogna tornare a considerare la maternità a carico della fiscalità generale” ha sottolineato Valeria Fedeli, Vice Segretario Generale della FILCTEM CGIL e membro del comitato, aggiungendo che è necessario porre al centro il tema della precarietà che “colpisce in modo massiccio le donne e soprattutto le ragazze”.

  "Tuttavia- conclude la nota-  la scelta del comitato è stata quella di non organizzare manifestazioni, ma di dare priorità alle attività di informazione sui contenuti della mobilitazione, per questo sono stati organizzati momenti di visibilità nelle piazze e diverse iniziative nei territori". (03/03/2011-ITL/ITNET)
da Italian Network

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