PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

sabato 19 marzo 2011

19 MARZO: RASSEGNA STAMPA



TOSCANA: DOMANI A FIRENZE INCONTRO-DIBATTITO 'SE NON ORA QUANDO?'

(ASCA) - Roma, 17 mar - Si tiene domani a Palazzo Bastogi a Firenze, l'incontro-dibattito ''Se non ora quando?'', promosso da Politica e Societa'.it, presieduta da Vannino Chiti, in collaborazione con il gruppo consiliare PD della Toscana. Intervengono: Sandra Bonsanti, giornalista, presidente Liberta' e giustizia; Anna Romano, Cgil Regionale; Daniela Lastri, Consigliera Segr. Uff. Presidenza Consiglio Regionale Toscana; Patrizia Bernieri, Camera del LavoroMassa-Carrara; Vittoria Franco, Senatrice PD.

Spiegano gli organizzatori: ''Il 13 febbraio, in una Italia che sembrava assuefatta e rassegnata, si e' verificato un fatto nuovo, una vera sorpresa. Un soggetto sociale, variegato e composito, ha assunto in forma spontanea l'iniziativa di manifestare il proprio pensiero sul modo in cui sono rappresentate e considerate le donne oggi nella societa' italiana. Si e' trattato di una scintilla, dell'iniziativa di poche persone, che si e' immediatamente diffusa, perche' ha colto un bisogno profondo e ha permesso di dare voce ai moltissimi che vivono con rabbia e disagio questa brutta fase del nostro Paese. Non solo a Roma, ma in tutta Italia, le piazze si sono riempite di persone che hanno voluto testimoniare la loro lontananza dai modelli politici e culturali che vengono presentati come ormai dominanti''. Una manifestazione ''di grande 
valenza politica'', che ''ha ridato dignita' ad un popolo poco e male rappresentato dalla politica e dal Governo, che ha mostrato una realta' diversa e migliore di quella che domina i media e viene guardata con incredulita' all'estero''. Un evento ''che ha acceso nuove speranze sulla possibilita' di riprendere un cammino di progresso civile e sociale, guidato da ideali e sostenuto da una cultura di rispetto, di dignita' e riconoscimento del valore delle diversita'''.

res-mpd/mau/rl
 
Contributo delle “25.11” (collettivo femminista composto da donne diverse per età e storia personale) all’assemblea delle donne della Lombardia in rete con “Se non ora quando” di lunedì 14 marzo 2011.
C’è fermento. L’8 marzo di quest’anno le piazze si sono riempite di donne, unite dal desiderio di modificare la quotidianità che ci troviamo a vivere.
Non siamo un corpo unico, le differenze ci sono e sono tante. Il dibattito successivo all’appello del 13 febbraio e le diverse modalità con cui siamo scese in piazza lo dimostrano. Ma siamo d’accodo con Lea Melandri quando afferma: “Abbiamo forti divergenze, siamo a volte conflittuali ma il conflitto non è la guerra. Il conflitto è la vita, è fonte di vitalità, di cambiamento, è la libertà di poter dire sono d’accordo o non sono d’accordo”.
Ecco perché noi, un collettivo femminista composto da donne diverse per età e storia personale, abbiamo condiviso a modo nostro le piazze del 13 febbraio e dell’8 marzo. C’eravamo per il grande desiderio di libertà, di parola e di autonomia che in sostanza ci accomunava tutte, ma portavamo con noi anche uno sguardo fortemente critico rispetto ad alcune “visioni” del femminismo che sono emerse in alcuni appelli e in alcune parole d’ordine.
Non vorremmo che il devastante imbarbarimento sociale, culturale e politico in cui stiamo precipitando finisse per sdoganare un retorico modello femminile legalitario, perbenista, addirittura “nazionalista”… Insomma, brave donne italiane ammantate di tricolore purché antiberlusconiane…
Si scende in piazza con la bandiera italiana, si invitano le cittadine “italiane”, si fa il gemellaggio tra l’8 marzo e l’unità d’Italia e si cela che noi, per essere nate in Italia, siamo dalla parte della barriera che crea oppressione e istituisce per legge l’alterità.
Noi non vogliamo legittimare questa barriera e cerchiamo pratiche quotidiane di relazioni che superino queste divisioni imposte. Vogliamo esplorare i nessi fra le politiche di contenimento che hanno consentito il nascere dei Centri di identificazione ed espulsione dove sono rinchiusi donne e uomini migranti privati dei diritti umani fondamentali e bollati come “illegali” e ciò che limita e ingabbia le nostre vite di cittadine cosiddette “legali”. Su questo vorremmo confrontarci.
Siamo andate in piazza appunto per dire che non accettiamo un sistema che divide le donne in legali e illegali, discrimina le immigrate, le rinchiude nei Cie. Non accettiamo confini e barriere legati alla nazionalità, al colore della pelle, al possesso dei documenti, alle condizioni sociali, al ruolo imposto, al moralismo sessista. Non accettiamo la violenza maschile e di stato nelle case, nelle strade, nelle caserme, nei lager chiamati Cie, in tutte le istituzioni totali.
La denuncia di queste barriere e di queste violenze secondo noi era poco presente nella manifestazione del 13, eppure si tratta di una verità tanto “scandalosa” da provocare immediatamente la reazione aggressiva delle forze dell’ordine appena la vedono scritta a chiare lettere su uno striscione, com’è accaduto l’8 marzo al nostro presidio di piazza Cordusio (regolarmente autorizzato), quando la polizia ci ha bloccato e ha tentato di portarci in Questura.
Senza dubbio, al di là delle differenze, quel che condividiamo con tante altre donne è il desiderio di cambiare questo sistema, ma come? Non vorremmo nemmeno che il femminismo critico e autonomo in cui ci riconosciamo, in questa assemblea largamente presente, si facesse una volta di più incantare dalle sirene della rappresentanza a uso dei vecchi partiti, delle quote, delle cooptazioni decise dall’alto. Le vicende degli ultimi decenni dimostrano che non basta protestare, chiedere “quote rosa”, pari opportunità, più rappresentanza, più diritti…
La logica politica di aggiustamento non serve perché questo sistema è impermeabile al cambiamento e alle profonde trasformazioni che le donne che combattono le oppressioni di classe, genere e razza vogliono mettere in atto.
È prioritario, per noi, sviluppare visioni nuove avendo chiara l’alterità del nostro punto di vista: vogliamo provare a percorrere un’altra strada per “uscire dal quadro dato” e aprire un altro immaginario, disidentificandoci dai codici maschili e di potere.
Cosa significa in pratica? Avere la pazienza di confrontarci su tutti i nodi di questo scenario per raggiungere una ricchezza di proposte, mettere in atto piccoli esperimenti di socialità urbana alternativi ai modelli dominanti e alla mentalità predatoria che tutto pervade, che pone i profitti sopra ogni cosa, mescolarci con le donne provenienti da altri paesi, inaugurare luoghi d’incontro e scambio di saperi ed esperienze, inventare forme di economia alternative rispetto al consumismo…
Piccoli esempi di trasformazione in atto per riprenderci almeno in parte il tempo della vita e delle relazioni.
leventicinqueundici

Il vero miracolo italiano non è stato il boom economico ma la nascita della Costituzione

Quei 139 articoli racchiudono lo spirito della nazione. Sono i veri pilastri della democrazia e tutti dovrebbero conoscerli
    di Carla Bassu *Il vero miracolo italiano non è avvenuto con il boom economico degli anni Sessanta ma risale al dopoguerra, quando settantacinque saggi riuniti in Assemblea Costituente hanno stabilito i 139 pilastri dell’Italia repubblicana, La Costituzione italiana. La nostra Carta fondamentale esprime una sintesi felice di ideologie e culture politiche differenti ma accomunate dalla condivisione dei principi del costituzionalismo moderno. In questo marzo così ricco di ricorrenze, alla celebrazione delle donne e ai festeggiamenti per l’Unità di Italia, si aggiunge una giornata dedicata alla difesa della Costituzione. Lasciando da parte le considerazioni di ordine politico, il pregio di una manifestazione come quella di sabato 12 marzo è quello di attirare l’attenzione sulla nostra Carta Costituzionale, che è molto più di un documento formale. La Costituzione, questa sconosciuta: un testo che racchiude lo spirito della Nazione ma che resta ignoto ai più. Un contenuto prezioso, quello della Carta del 1948 su cui si fonda la nostra realtà istituzionale, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) - senza riuscire sempre a evitare le sperequazioni - che favorisce lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, salvo poi assistere all’esodo dei cervelli in fuga. Centotrentanove articoli che dovrebbero rispecchiare un’immagine fedele del nostro Paese ma che spesso, purtroppo, rappresentano solo un ideale, un’aspirazione, un voler essere. L’Italia dei costituenti è la Repubblica democratica, una e indivisibile, che riconosce e promuove l’espressione delle autonomie locali (art. 5); che è fondata sul lavoro (art. 1) e riconosce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità delle prestazioni svolte e comunque sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. L’ordinamento che agevola la famiglia e protegge la maternità (art. 31), che prevede che le condizioni di lavoro debbano consentire alle donne l’adempimento della essenziale funzione familiare e garantire a madre e figli una speciale e adeguata protezione. La democrazia in cui tutti sono chiamati a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Ma l’Italia scritta in Costituzione non è il Paese in cui viviamo. La Costituzione esprime un patrimonio comune e condiviso, che prescinde dagli orientamenti politici. Ben venga la ribalta conquistata dal dibattito sulle riforme, se serve a gettare luce sugli elementi caratterizzanti la nostra Repubblica. La Costituzione rappresenta la base della piramide della conoscenza di un popolo e dovrebbe essere conosciuta da tutti. Così come non si può fare a meno di conoscere i dati personali segnalati nei nostri documenti di riconoscimento, si dovrebbe avere coscienza dei principi e dei valori indicati nella Costituzione, che è la Carta di identità della nostra democrazia. Nell’Italia dei tanti campanili si stenta a trovare parametri unificanti e le polemiche attorno alla festa nazionale del 17 marzo mettono in luce una reviviscenza di particolarismi localistici irragionevoli. Proprio la policromia delle differenze che colorano il nostro territorio è riconosciuta dalla Costituzione come una ricchezza da favorire, nell’ambito della condivisione di valori di base. L’unità nella diversità non solo è consentita ma viene promossa dalla nostra Costituzione che dovrebbe essere riscoperta per dimostrare alla collettività che c’è almeno una cosa che accomuna e identifica tutti gli italiani ed è una cosa per cui essere fieri.
    * Docente di Diritto pubblico all’università di Sassari

DONNE- ITALIANE ALL'ESTERO- A MONACO DI BAVIERA IL COMITATO "SE NON ORA QUANDO" IN PIAZZA IL 19 MARZO 2011 PER CELEBRARE LE DONNE E L'UNITA' D'TALIA

(2011-03-18)
    Il Comitato SE NON ORA QUANDO,  nato in occasione della Mobilitazione Nazionale delle Donne del 13 febbraio 2011 a  Monaco di Baviera, si ritroverà in piazza per il prossimo 19 Marzo 2011 a Karlsplatz – Stachus insieme al DGB e all'Ufficio Pari opportunità della città di Monaco di Baviera, e di fianco all'ASF, in occasione del 100° anniversario della festa internazionale della Donna.

    " La comunità italiana a Monaco di Baviera- si legge in una nota-  le donne, gli uomini di oggi e di domani partecipano alla manifestazione per la celebrazione della Festa Internazionale della Donna del 19 marzo 2011 sotto il motto "Se non ora quando" lanciato dal comitato 13 Febbraio, che ha organizzato in Italia e nel mondo già numerose manifestazioni per la difesa della dignità delle donne, delle persone, di un intero popolo, quello italiano, vogliamo in questo importante giorno esprimere la nostra distanza da ogni forma di banalizzazione".

  "Il comportamento oltraggioso della dignitá della persona, delle Istituzioni e della Democrazia, del nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi- prosegue la nota- fomenta ed alimenta i sempre più numeroasi pregiudizi e stereotipi delle comunità internazionali rispetto agli Italiani".

  "Non ci piace lo stereotipo "Italiani, brava gente", come nemmeno quello "Italia = Mafia" nè tantomeno "Tutti gli Italiani votano Berlusconi". Il popolo italiano è un popolo che sa ancora e vuole ricordare a se stesso e al mondo cosa siano sobrietà e serietà, laboriosità e semplicità, affezione alla Democrazia, alle Istituzioni, alla Patria e all'Unità d'Italia, alla Costituzione Italiana".

  " La banalizzazione demolisce tutto ciò, i nostri valori essenziali. Per questo oggi vogliamo portarli in piazza, tutti insieme per la dignità di un popolo, del NOSTRO popolo! Tutti, uomini e donni, giovani, anziani, bambini siamo invitati a partecipare e festeggiare insieme". (18/03/2011-ITL/ITNET)

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