PER RIPRENDERCI LA NOSTRA DIGNITA'

mercoledì 16 marzo 2011

16 MARZO: RASSEGNA STAMPA





«Se non ora quando? Adesso!»

Il secondo appuntamento del Comitato Molfetta per la dignità della donna è stato un mix di musica e storie










Foto: © MolfettaLive.it
Madri, mogli, figlie, sorelle, fidanzate, amiche, amanti. In una parola: donne.

E proprio loro ritornano in piazza per far sentire la propria voce, raccontare il proprio essere e per ricordare agli uomini e alle nuove generazioni che le donne non sono solo quelle che la televisione ci mostra. Sono altre, tante altre, quelle che con il loro lavoro silenzioso in casa, nelle fabbriche, nelle scuole, nella ricerca, negli ospedali cercano di dare il loro costante contributo alla crescita del nostro Paese.

Le donne e gli uomini del 
Comitato Molfetta per la dignità della donna erano in prima linea il 13 febbraio come domenica scorsa nella Fabbrica di San Domenico, dove si è tenuto il secondo appuntamento di “Se non ora quando?”. 
Non una scelta voluta dal comitato quella di optare per il chiuso di una sala convegni piuttosto che una piazza, scelta determinata dal cattivo tempo. Infatti, l’appuntamento doveva partire dal Calvario, dove era terminato il corteo del 13 febbraio.
Non erano più in cinquecento come per il primo appuntamento, ma sempre comunque un nutrito gruppo che vuole continuare a manifestare il proprio dissenso contro la mercificazione del corpo e la mortificazione dell’animo.

Non più un’onda, ma la risacca, che con il suo movimento lento e costante continua a smuovere e a scalfire la roccia dalla indifferenza e dal torpore anestetizzante dei messaggi che arrivano sempre più spesso dai mezzi di comunicazione.

La manifestazione del 13 febbraio per il Comitato molfettese non vuole essere un evento sporadico, ma vuole continuare ad essere uno stimolo alle donne molfettesi ad essere protagoniste del loro futuro e di quello del loro Paese, fuori dai partiti e dalle strumentalizzazioni politiche. Il Comitato vuole dare continuità alla partecipazione spontanea di tante donne, uomini, ragazze e ragazzi della prima manifestazione, perché come hanno detto le responsabili, 
«è stata una festa di gioia e speranza. Ora questa città ha una speranza e non si può non coglierla». 
Il secondo appuntamento del Comitato Molfetta per la dignità della donna è stato un 
mix di musica e racconti di storie, che partendo da Molfetta con la definizione di donna di Rosaria Scardigno, hanno attraversato il mondo di internet con le perplessità delle mamme di figlie piccolissime sulle prospettive del loro futuro, senza dimenticare chi lavora in prima linea per togliere dalla strada tante donne costrette a prostituirsi contro la loro volontà. Il mondo femminile è un universo che racchiude mille sfaccettature.

Ancora un appuntamento che ha visto in prima linea anche giovanissime, insieme alle loro mamme e nonne, un appuntamento che sta rispondendo a quel:
 “Se non ora quando? Adesso!”



Viterbo - Il 17 marzo nella sede della CgilUnità d’Italia e percorso storico al femminileViterbo - 15 marzo 2011 - ore 16,00


Riceviamo e pubblichiamo - Il Coordinamento nato il 13 febbraio “…se non ora quando?” ripropone il tema del protagonismo delle donne in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Già in occasione delle manifestazioni del 13 febbraio, il coordinamento si era riproposto di non sfaldarsi ma anzi di essere presente e attivo anche in altri momenti. 
Ecco perché il 17 marzo giorno della festa d’Unità d’Italia la sede della Cgil è aperta e a disposizione del “comitato13febbraio ..se non ora quando?.” dalle ore 16, con musica, poesie, letture, video di interviste a giovani sul significato di questa festa rapportandolo all’attualità, storie di donne che si sono caratterizzate nel percorso storico dei 150 anni.
Non mancherà un approfondimento e discussione sul valore della Costituzione. L’iniziativa è aperta a tutti i cittadini che vorranno approfondire trascorrendo piacevolmente insieme a noi qualche ora ricordando il lungo cammino dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Non mancherà uno …spuntino.
Comitato Viterbo




Contraddizioni musicali? Il Va' pensiero non è di Bossi

immagine di separazione
Mi chiamo Anna De Martini e ho dato il via a questa iniziativa dei musicisti che sta prendendo il nome di Dies irae – Resistenza musicale permanente circa un mese fa, in occasione della manifestazione del 13 febbraio. L’idea nasce dalla frustrazione di vivere in un paese dove ogni regola sembra trasgredibile e ogni opinione assimilabile all’opinione di senso opposto; dove, in qualsiasi campo, si stanno scardinando, assieme al senso morale (eppure rimane ben saldo un bieco moralismo), le basi della logica del pensiero e del linguaggio. Il collegamento con il passato sembra facoltativo. Il Dies irae è ovviamente un preciso riferimento alla necessità che vengano fatti i giusti processi e senza mezzi termini chiediamo le dimissioni del Presidente del Consiglio. Personalmente considero questo un momento di vera emergenza politica, sociale e culturale. Alla manifestazione Senonoraquando eravamo centinaia di musicisti e ci hanno trattato quasi come provocatori perché cantavamo e suonavamo senza essere “in scaletta”. Alla manifestazione del 12 invece ci hanno dato spazio. Mi hanno proposto di cantare l’inno di Mameli e non ho voluto, perché lo ritengo bruttino sia nella musica che nel testo, e perché non mi piace la tendenza populistica con cui si rischia di andare avanti. Il mio interlocutore ha ribattuto: “purtroppo il Va’pensiero non si può più cantare, perché è di Bossi!” Ecco perché abbiamo cantato proprio il coro del Nabucco: NON è di Bossi. E’ un bellissimo brano e appartiene alla storia della musica; a questi signori che giocano in modo ignorante con i simboli bisogna contrapporre una resistenza intelligente. Non siamo noi a non sapere che "il Va' Pensiero è considerato dalla Lega Nord l'inno della Padania e che viene regolarmente suonato alla fine dei comizi elettorali, dei raduni, delle varie cerimonie ufficiali di tale partito". Piuttosto direi che è Bossi a non sapere che per il pubblico dell'epoca il Va' pensiero era considerato il simbolo dell'Italia unita.
Per darvi un’idea, ecco cosa scriveva Verdi a F.M.Piave nel 1848 : Tu mi parli di musica!! Cosa ti passa in corpo?… Tu credi che io voglia ora occuparmi di note, di suoni?… Non c’è né ci deve essere che una musica grata alle orecchie delli Italiani del 1848: la musica del cannone!… Io non scriverei una nota per tutto l’oro del mondo: ne avrei un rimorso immenso consumare della carta da musica, che …è sì buona da far cartucce.
15/03/2011
Anna De Martini

Antonio Ricci, l'addio alle veline e le accuse a Rai e "Repubblica"


POLEMICHE IN CORSO - Come un padrone di casa che si scopre ospite non desiderato, il 
sesso femminile è ancora protagonista di una'accesa diatriba in cui sembrano essere interpellati tutti tranne che le donne stesse. Dopo la manifestazione di piazza "Se non ora, quando?" dello scorso 13 febbraio e le numerose accuse di misoginia catodica, il patròn di Striscia la Notizia Antonio Ricci - spesso additato ad unica causa dell'abuso di tette-culi in tv - ha ieri colto la palla al balzo per l'ennesima provocazione.Quale? In sostanza la prossima edizione di Veline - che sarebbe dovuta andare in onda quest'estate per scegliere le due eredi di Federica Nargi e Costanza Caracciolo - non vedrà la luce; nella prossima edizione di Striscia dunque non ci saranno avvenenti ballerine sul tavolo di Greggio e soci. Ma in cambio Ricci vuole una contropartita: la Rai deve rinunciare a Miss Italia. "Che c'azzecca?" direbbe qualcuno parafrasando il signor Di Pietro. Semplice: nella giornata di ieri si è concluso ilbinomio storico tra Miss Italia e la città di Salsomaggiore. Il comune emiliano non avrebbe infatti abbastanza soldi da investire nella manifestazione, e l'annuncio dellospostamento di Miss Italia in un luogo ancora non precisato ha dato il pretesto a Ricci per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, chiedendo a mamma Rai di interrompere il legame con il concorso di bellezza più importante d'Italia, da lui considerato parimenti lesivo dell'immagine della donna che i tanto vituperati programmi Mediaset (in effetti, come dimenticare la geniale trovata del "Lato B"?). L'attacco di Ricci si è poi esteso ai giornali del Gruppo L'Espresso, che più volte lo hanno accusato di essere uno dei paladini della deriva televisiva italiana e dell'abuso mediatico di donne, iniziato con l'avvento di Drive-In. Il "diavolaccio" di Mediaset ha chiesto esplicitamente in un comunicato stampa che il gruppo editoriale rinunci "alle sue due veline: il settimanale D-La Repubblica delle donne e il mensile Velvet, dove la dignità delle donne è ridotta da sempre ad attaccapanni". Questo è solo l'ultimo capitolo della battaglia tra Ricci e la stampa di sinistra, che di recente era sfociato nel documentario di Striscia "Il corpo delle donne 2" - ispirato sin dal titolo all'omonimo documentario della furba Lorella Zanardo -  in cui veniva mostrato l'abuso di corpi femminili anche sulla stampa di sinistra. Nella polemica è entrata perfino l'Ansa, accusata da Ricci di aver censurato il suo comunicato stampa eliminando i nomi delle testate di sinistra da lui accusate. La conclusione della vicenda è semplice: la Rai non smetterà di trasmettere Miss Italia, Striscia avrà ancora le sue veline (come annunciato da Ricci, in caso verranno confermate quelle attuali), la stampa di ogni estrazione continuerà a pubblicare foto non sempre decorose e Ricci - nonostante tutto - resterà storicamente il primo ad aver sbattuto le tette in faccia agli italiani. In fin dei conti tutti si accusano vicendevolmente di essere causa di questo male, ma nessuno nega le sue colpe, proponendo magari un antidoto serio. E intanto, mentre le parti in causa si scannano sul campo di battaglia - il corpo delle donne, inteso stavolta non come corpo fisico di ogni singola donna ma come insieme delle donne italiane - chi ha davvero poca voce in capitolo è proprio l'altra metà del cielo. Roberto Del Bove



«Il sogno meridiano inizia qui»
Bari, delirio per l'eroe Saviano|

Un migliaio di fan da stadio nella Feltrinelli blindata
La star è l'autore di «Gomorra» e «Vieni via con me»

BARI - Sono le nove di sera quando, da un’entrata di servizio della libreria Feltrinelli di Bari, sulle note di Vieni via con me si materializza Roberto Saviano. I fan che lo aspettano - assiepati dentro e fuori la libreria, tanto da occupare un intero isolato interdetto al traffico - vanno letteralmente in delirio. Lo accolgono con un applauso lungo, lunghissimo, imbarazzante, con il giornalista-scrittore in piedi, sul palco, quasi impacciato, accarezzato solo da quell’onda di affetto e dalla voce terrosa di Paolo Conte e della sua musica.

«Il mio sogno meridiano - dice quando il pubblico si placa - quello di un’Italia migliore, deve partire della Puglia per estendersi a tutto il Paese. Questa è la prima tappa al Sud e non abbiamo scelto Bari per caso». La giornata di Saviano comincia, a Bari, alle 5 del pomeriggio, quando tre auto blu sfrecciano su via Piccinni a fortissima velocità, tanto da richiamare l’attenzione dei passanti. Pochi attimi e si inchiodano davanti all’hotel Palace, in pieno centro: per dieci minuti almeno nessuno esce dall’auto. Poi, dopo un accurato controllo delle guardie del corpo, scende un ragazzo un po’ ripiegato su se stesso, nascosto da un cappellino con visiera, felpa e jeans. Velocemente, coperto dai corpi di quattro uomini, raggiunge l’interno dell’albergo e si dilegua.
La dedica di Roberto
Vanno avanti così le giornate dello scrittore di «Gomorra» e di «Vieni via con me». A confessare lo scandire del suo tempo è lo stesso Saviano: «Mi sono rifugiato due volte qui, senza che i pugliesi lo sapessero». Dopo Milano, Pavia, Bologna il suo tour si è fermato ieri a Bari e farà tappa oggi a Roma per portare in giro il racconto di un’Italia diversa nella quale sperano decine di migliaia di ragazzi. Ieri, ad aspettarlo, per esempio, ce n’erano più di mille assiepati dentro la libreria Feltrinelli e fuori, davanti ad un maxischermo. Quasi tutti ragazzi dai 15 fino ai 25 anni, arrivati in tanti anche dalla provincia: da Acquaviva, da Gravina, da Barletta. Da Rutigliano c’è chi gli porta un fischietto in terracotta con la sua immagine. E c’è chi è lì «perchè su Saviano faccio la tesi di laurea». «Proprio come è successo per Vendola», osserva qualcuno. «Eccoli gli eroi del nostro tempo», commentano dal pubblico i ragazzi, rossi in volto per l’emozione, quando arriva anche il governatore della Puglia a salutare lo scrittore. Quasi tutti universitari o studenti di licei che conoscono a memoria i libri di Saviano e sono in fila per un suo autografo. Quei ragazzi hanno la faccia pulita, poco trucco, jeans e felpe con i cappucci e scarpe da tennis. Vestono come il loro eroe. C’è chi ha fatto una lunga coda fin dalle quattro del pomeriggio perchè, spiega, «lui è una speranza di cambiamento per l’Italia che nessun politico riesce ad offrirci».
Rossella dice anche che «Roberto ha il coraggio della verità e, quindi, della libertà». Si fotografano con i telefonini l’un l’altro per immortalare l’evento. «E’ record di partecipazione», fa notare Paolo Soraci, dell’ufficio stampa della Feltrinelli di Milano. «Questo è il Sud che ci piace vedere. Questo è un Sud che non sa cosa farsene delle mafie». E Carlo Feltrinelli, un po’ in disordine, introduce Saviano e osserva: «Questo Paese non è poi così narcotizzato come sembra, viste tutte queste persone che hanno voglia di discutere di un libro». All’ingresso un servizio d’ordine corposo (almeno dieci gli uomini della security) controlla le borse, mentre fuori il traffico sembra impazzito per il tratto di strada bloccata in pieno centro. Fuori c’è anche chi si avvicina incuriosito e chiede chi c’è in libreria. «Saviano chi? ah, quello di Scusa ma ti chiamo amore». Moccia e Saviano, quanta confusione giovanile. C’è chi nota che «c’è persino più gente di quando è venuta Emma».
La libreria resta chiusa per un’oretta intorno alle sette per permettere la bonifica, fuori si allestisce un banchetto per la vendita dei libri. Vive anche il lato commerciale. Ci sono Nunzia, Elisabetta e Maria Teresa, generazione 1960, venute da Ruvo, hanno partecipato anche alla marcia della pace e a quella delle donne Se non ora quando, «il percorso culturale è quello: azione cattolica, poi Pci, don Tonino Bello, Vendola, abbiamo ancora voglia di futuro». Domenico, studente di Agraria, arriva da Gioia ed è sicuro di sè: «Perchè sono qui? Saviano è l’eroe del nostro tempo. Uno dei pochi che si è opposto al sistema delle mafie. Se sappiamo qualcosa è grazie a lui». Quando termina la serata nessuno vuole mollarlo quell’eroe che, pazientemente, firma ogni copia e saluta ciascuno dei presenti. Poco più in là, ma sempre presenti, in vigile attesa, gli uomini della scorta lo aspettano.
Lorena Saracino
15 marzo 2011


Compagnia cantante

Nei giornali impazza l'artista che si atteggia a politologo.
di Bruno Giurato



Appena c'è bisogno di una testa si chiama un musico. Un paradosso tutto italiano, la presenza costante del cantante sui media: se c'è bisogno di un opinionista politico, il giornale di turno, di destra o sinistra o centro più o meno estremo, corre a chiamare l'ufficio stampa del cantante/cantantessa/cantautore. Il quale rilascia dichiarazioni, interviste, scrive editoriali e corsivi. Sarà colpa della cultura crossover, per cui un politico che parla di politica è noioso, un cantante che parla di canzoni pure: ci vuole il mix di generi. O sarà colpa della rarefazione dei cervelli, per cui spesso il filosofo intervistato risulta più frou froudel tronista.CHI CI PERDE È IL LETTORE. Fatto sta che oggi il cantante, o il gruppo rock impera come editorialista politico. Il che scontenta assai i cultori delle rockstar drogate, e solo genericamente pacifiste, di una volta (sesso droga e rock sono invece attributi della vita spericolata dei politici), e fa sembrare certi cantanti stranieri, Springsteen o Bono Vox, delle star teoretiche come Hegel. In breve i giornali (e i politici) hanno bisogno dei cantanti. I cantanti hanno bisogno dei giornali: l'incontro è perfetto. Chi ci perde quasi sempre è il lettore, o lo spettatore.

Fiorella Mannoia e il pasticciaccio futurista

L'esempio più surreale/futurista è il corsivo di Fiorella Mannoia su La Stampanell'ottobre 2009. Da molti fu preso per unendorsement a Gianfranco Fini come leader del Pd («da sinistra […] le daremo il benvenuto» c'era scritto). Seguì intervista riparatrice al (purtroppo) finito FareFuturo Magazine, in cui la Mannoia puntualizzava: non si trattava di una sconfessione di Bersani come leader del Pd.LA DELICATEZZA DI NICHI. Da allora la Mannoia sembra aver diradato le sue uscite politiche, molto opportunamente, salvo precisare in un'intervista al Fatto Quotidiano del settembre 2010 che alle primarie avrebbe votato per Nichi Vendola perché le piace «la delicatezza con cui parla di sé». Temi politici forti.

Quando Patty cantava per Silvio

Altrettanto curiosa una dichiarazione di Patty Pravo del dicembre 2010: «La cena di Natale la farei col presidente Napolitano per parlare di politica». Anche chi ama Strambelli non può non tremare al pensiero che l'anima prava passi dal la vita spericolata ai concerti a villa Certosa all'insegna di «ho cantato con Silvio e ne ho ricavato bei soldini» (2006), alla sala da pranzo del Quirinale. Forse meglio lasciare Giorgio a Clio, e Patty Pravo ai pensieri stupendi.

Franco Battiato e le barricate per conto della borghesia

E ci sono casi in cui il cantante, cantautore, o guru smentisce se stesso. Vedi Franco Battiato in una puntata di Otto e mezzodell'ottobre 2010. Tra i richiami all'«indignazione morale», il «disappunto come cittadino» e il fatto che «non sono né di sinistra né di destra, sono in alto» il maestro della canzone e della meditazione (molto meno del cinema e della pittura) ha trovato modo di sconfessare la sua canzone storica e anarcoide Us patriots to arms: «le barricate in piazza/ le fai per conto della borghesia/ che crea falsi miti di progresso» diceva il classico del pop italiano. Ha precisato Battiato, riferendosi alle manifestazioni degli universitari: «questa volta è diverso». Le barricate non sono più borghesi.BATTIATO SUL TAPPETO VOLANTE. Sarebbe stato un atto politico clamoroso, sì, se Battiato fosse arrivato sul tetto della Sapienza come Bersani, Fini e Vendola (leggi l'articolo). Ma come minimo su un tappeto volante, e porgendo a Gianfranco Fini un tocco di fumello. Ma la famiglia Battiato vola più basso dei tetti. Il fratello di Franco, Michele, ex consigliere comunale milanese repubblicano, è tra gli intestatari di appartamento nella lista Golgi-Redaelli.

La passionaccia per la sinistra (e la febbraccia per la destra)

Si tratta quasi sempre di cantanti musicisti cantautori che appoggiano la sinistra, ma di esempi di cantanti di destra se ne trovano pochi. C'è Iva Zanicchi, che alla manifestazione delle mutande di Giuliano Ferrara ha detto: «mi sono sposata vergine a 27 anni. E poi ho recuperato».VAN DE SFROOS, IL PRESUNTO LEGHISTA. Cè Francesco Renga, quello che «dopo Berlusconi vedo il vuoto», e la pensa come tre quarti dell'opposizione. C'è Enrico Ruggeri, talmente berlusconiano che ha chiamato il figlio Pierenrico. Poi c'è lo strano caso Van de Sfroos. Sono anni che viene accreditato in quota leghista, sono anni che lui nega.

Quinte colonne nella carne viva del Pd

E per ultimo c'è una schiera di cantanti arruolati per la battaglia sempre meno finale (sembra) contro Silvio Berlusconi. Sulla questionne scuola pubblica/ scuola privata abbiamo letto un editoriale di Jovanotti l'1 marzo 2011. «Tra le persone che conosco e tra i miei parenti ci sono stati e ci sono professori di scuola, maestre, ho una cugina che è insegnante di sostegno in una scuola di provincia. Li sento parlare e non sono dei cinici, fanno il loro lavoro con passione civile tra mille difficoltà».
L'ultimo esempio è Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, che sull'
Unità del 9 marzo ha parlato della scuola pubblica, seppure «reduce da un intervento alle corde vocali». Un'intervista in cui si parla dell'«instancabile passione dei miei insegnanti»; che «la cultura è la base del progresso» e che «chi non investe nella cultura non investe nel proprio futuro».LA CANTANTESSA CITA VON METTERNICH. Non manca la cantantessa Carmen Consoli, che intervistata da Sky ha detto «Il nostro tricolore è giovane, deve ancora sostenere l'esame di maturità. Siamo una terra giovane e c'è già chi la vuole dividere. Metternich disse che siamo solo una espressione geografica». Il suo appoggio alla manifestazione Se non ora quando è recente e noto. E non manca Emma Marrone in testa alle classifiche nel dopo Sanremo, insieme a un altrettanto “politico” (ma molto più in Chiamami ancora amore che nelle interviste) Roberto Vecchioni.EMMA NONÈ UN PRODOTTO, DICE. Ad Annozero del 17 febbraio ha dichiarato: «Non sono un prodotto, ecco perché sono in piazza». Viene il dubbio che con tanta buona volontà e altrettanta genericità, tutti questi richiami alla civilizzazione e al valore della cultura diventino un magnifico boomerang.
Il parallelo perfetto a un superficiale Berlusconi che critica la scuola pubblica usando il verbo “inculcare”.
Il cantante che strologa di politica spesso non fa un buon servizio, insomma, e certe volte verrebbe da rimpiangere la risposta onesta di un attore come Hugh Grant: «Io in politica? Impossibile: non ho idee...».
E invece bisogna andare aventi così: c'è bisogno di teste.

Lunedì, 14 Marzo 2011

La pace è un valore eterno: assemblea dell'Associazione Partigiani

In vista del 15°  Congresso Nazionale dell'ANPI che si terrà  a Torino nei giorni 24-27 marzo 2011, l'Associazione dei Partigiani della Provincia di Campobasso ha promosso questa mattina una propria Assemblea Provinciale per ribadire il valore dei principi costituzionali e dell'antifascismo.
Il Presidente Provinciale dell'ANPI, Paolo Morettini partendo dalla bellissima manifestazione "Se non ora quando?" in difesa della Costituzione che si è svolta ieri a Roma, ha ricordato quando i primi partigiani scelsero la via della lotta e salirono sulle montagne per combattere il nazifascismo, offrirono la loro vita per affermare i principi sui quali costruire la convivenza civile, la libertà, l'uguaglianza, la giustizia e la democrazia. Da quella lotta che vide combattere e morire uomini e donne, operai e intellettuali contadini e liberi professionisti di diversa fede politica e religiosa nacque la nostra Costituzione che è ancora oggi tra le più avanzate al mondo.
All'iniziativa ha partecipato anche il Consigliere Regionale Michele Petraroia che ha ricordato come oggi i valori di libertà e giustizia, di solidarietà e di pace che hanno animato la lotta di liberazione e sui quali si fonda la nostra Costituzione siano messi profondamente in pericolo da una deriva populistica e autoritaria. Il Consigliere ha voluto ricordare anche due  figure molisane della resistenza, morte per la libertà, Mario Brusa Romagnoli e Giuseppe Barbato fucilati dai Nazi-Fascisti in Piemonte il 30.03.1945 ed il 30.09.1944.
Nel suo lucido intervento conclusivo, il Componente dell'ANPI Nazionale, Ivano Artioli ha ripercorso le tappe dell'antifascismo italiano sottolineando l'importanza e il ruolo che ancora oggi può e deve ricoprire l'ANPI coinvolgendo nella propria attività non solo coloro che hanno fatto la resistenza ma anche quelle forze, in primis i giovani, che vogliono affermare, difendere e diffondere la cultura dell'antifascismo in Italia.  



Un tricolore lungo 150 metri
Cologno festeggia l'Italia

Una Italia, cento Italie: questo lo slogan delle manifestazioni che animeranno il 150esimo dell'unità nazionale. L'invito dell'assessore Sarzarulo, promotore del programma: "Raccontanteci la vostra idea di Paese"
Il Tricolore
Cologno Monzese, 16 marzo 2011 - Conferenze, dibattiti e tavole rotonde. Il programma stilato dal Comune per celebrare a Cologno Monzese l’anniversario numero 150 dell’Unità d’Italia privilegia il confronto culturale e lascia poco spazio agli effetti scenografici. In tutto 150 metri, la lunghezza del tricolore che verrà issato alle 9 di domani mattina vicino al monumento ai caduti di via della Resistenza.
Un vessillo speciale, perché sarà cucito insieme alla bandiera della Pace. Per il resto, nel calendario di appuntamenti che copre tutta la primavera, villa Casati sarà al centro di un fermento intellettuale sul tema dell’Unità d’Italia in un via vai continuo di appuntamenti aperti alla cittadinanza insieme a intellettuali, giornalisti, vescovi e associazioni.
Il nome del programma di iniziative è «Cento Italie, un’Italia» ed è l’assessore all’Istruzione Donato Salzarulo a spiegarne il significato: «Da sempre l’Italia è il Paese delle cento città attraversate da rilevanti differenze culturali. Lo Stato unitario, nato molti secoli dopo la nazione italiana, le ha finalmente riunite nel 1861.
Il centocinquantesimo anniversario a Cologno non sarà un evento celebrativo, ma aprirà a una discussione reale alla quale sono tutti invitati a partecipare con le loro opinioni». Lo scopo della rassegna, distribuita nell’arco di tre mesi, è rappresentare le culture del Paese, per prepararsi ad accogliere i nuovi italiani, gli stranieri di seconda generazione.
Il primo ritrovo è oggi alle 21 in consiglio comunale aperto «per un bilancio di 150 anni di storia italiana», insieme al professore Maurizio Gusso e il sindaco Mario Soldano. Domani, giorno dell’anniversario, alle 17.30 nella sala Pertini del municipio ci sarà il concerto «L’Unità d’Italia in musica», musiche di Bellini e Mascagni con il coro Calicanthus con tre soprani, un baritono e un basso. Sono ancora liberi venti posti, a sei euro ciascuno. Poi, fino all’8 giugno una serie di sei convegni, chiusi da film o spettacoli teatrali a tema con professori universitari da Padova, Bergamo e Roma.
Le date sono: 30 marzo con «Dal fascismo alla Resistenza, nascita di una democrazia»; 13 aprile «Lavoro e capitale nella Storia d’Italia e oggi»; 20 aprile «Cultura e società dall’Unità a oggi», 27 aprile «Donne italiane» con la giornalista e partigiana Lidia Menapace; 18 maggio «Stato e Chiesa» con il vescovo di Ivrea, Bettazzi. Chiude il noto accademico Paul Ginsborg con una tavola rotonda sulla Costituzione, insieme a Soldano.
Questo il nucleo forte del programma del Comune, contornato dalle proposte delle associazioni. Il 20 maggio «Nel mezzo», una lettura musicale a cura di Scala minore napoletana; il 21 una «Storia della danza» con Il Fontanile. Poi mostre sulle monete italiane, concerti dell’associazione Monteverdi e l’Unità attraverso il cinema con l’Accademia per tutte le età. L’11 maggio è prevista addirittura una mostra fotografica e convegno sui «Terremoti d’Italia», che hanno avuto l’effetto di unire il Paese in una reazione di unione civile.
Non manca un concorso rivolto ai giovani: «L’Italia che mi piace di più». I ragazzi con meno di 35 anni potranno realizzare e montare videoclip sul tipo di Paese che vorrebbero. I filmati, da girare con telefonino, saranno valutati da una commissione presieduta dal regista Claudio Barca di Kobastudio. I migliori verranno premiati in una serata pubblica e pubblicati sul sito del Comune e della biblioteca.
di Daniele Monaco

150 anni di Italia, l'omaggio del Procuratore Motta

MARTEDÌ 15 MARZO 2011 16:30




Lecce – Un dvd che raccoglie alcuni dei documenti che riguardano la storia dell'Italia nei suoi 150 anni di unità è l'omaggio del Procuratore Cataldo Motta.
L'iniziativa del dvd, che sarà distribuito ai magistrati e al personale della Procura della Repubblica di Lecce e agli studenti delle scuole medie negli incontri con il Procuratore, è stata adottata nell’ambito delle manifestazioni connesse alla ricorrenza del 17 marzo 2011, 150° anniversario dell’Unità d’Italia, dichiarato giorno di festa nazionale con la legge n. 100 del 2010.
È quello che sinteticamente mi è sembrato di poter esprimere nella intestazione della raccolta con la preoccupazione di tornare ad essere “calpesti e derisi”, per dirla con le parole di Mameli, qualora fossimo nuovamente “divisi” e non fossimo più quel popolo, quella nazione che Manzoni auspicava già nel marzo del 1821, nell’omonima ode” - dichiara il Procuratore.
Ho ritenuto, quindi, - continua Motta - di raccogliere pochi ma essenziali momenti della nostra storia, partendo dai più recenti interventi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, garante dell’Unità nazionale e della Costituzione, e di quell’equilibrio tra i poteri dello Stato che in maniera superba essa realizza, unica nel contesto mondiale e forse anche per questo tanto apprezzata nella società internazionale (interventi in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia alla cerimonia della Giornata Nazionale della Bandiera, il 7 gennaio 2011 a Reggio Emilia, e all’incontro su “La lingua italiana fattore portante dell’identità nazionale”, il 21 febbraio 2011 al Palazzo del Quirinale: documenti 1 e 2 tratti dal sito web del Quirinale, come gran parte degli altri). Gli interventi del Capo dello Stato, densi della sua passione istituzionale e ricchi di conoscenza e di esperienza, esprimono sentimenti di esaltazione dei valori profondi legati alla unificazione dell’Italia e di quelli che ispirarono, poi, i padri costituenti; e rappresentano insegnamento prezioso, nella condivisione e nel rispetto dei principi fondamentali della nostra Carta, di impegno costante per l’attuazione di essi”.
Ho poi inserito la lirica di Alessandro Manzoni “Marzo 1821” (documento 3), dedicata alla memoria di Teodoro Koerner, poeta e soldato della indipendenza germanica, morto nel 1813 combattendo contro l’oppressione napoleonica, nome caro a tutti i popoli che si battono per la difesa della patria. Il documento 4 contiene il testo ed un breve commento della Legge del Regno di Sardegna n. 4671 del 17 marzo 1861 con la quale Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d’Italia, atto di proclamazione ufficiale del Regno d'Italia nato dall’unificazione di sette Stati, che fa séguito alla seduta del Parlamento del 14 marzo 1861, nella quale era stato votato il relativo disegno di legge. Il 21 aprile 1861 la legge divenne la n. 1 del Regno d'Italia. Vi è poi la lettera del 20 marzo 1861 con la quale, tre giorni dopo, il Presidente del Consiglio dei Ministri Camillo Benso conte di Cavour comunicava a Vittorio Emanuele II le dimissioni di tutti i Ministri, rassegnate al solo fine di consentire la costituzione “per la prima volta di un Ministero che abbracciar deve tutte le parti d’Italia” (documento 5, particolarmente significativo per il Meridione d’Italia, specie in un momento storico in cui non appare inutile sottolineare il valore dell’unità nazionale)”.
Il documento 6 è la storia del Tricolore nazionale, oggi bandiera della Repubblica, “verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”, così descritto dall’articolo 12 della Costituzione. Seguono l’inno nazionale, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro (documento 7), la sua storia ed il suo testo (documento 8). Il documento 9 è costituito dalla registrazione dello storico, appassionato discorso sulla Costituzione tenuto a Milano il 26 gennaio 1955 da Piero Calamandrei, ricco di passaggi emozionanti anche per l’impegno entusiasta del giurista e uomo politico, che nel corso del dibattito per la Costituzione aveva pronunciato alcuni dei più mirabili discorsi parlamentari”.
In chiusura della rassegna, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano racconta i principi fondamentali della Costituzione (documento 10) “tavola dei valori delle istituzioni e delle regole cui è ancorata la convivenza democratica nell’Italia repubblicana” tradotta nei primi 12 articoli della Costituzione”.
























150 anni Unità d'Italia, Notte tricolore

inserito da: Letizia Russomando pubblicato il: 16/03/2011 13:36





IAMM) Nella notte tra il 16 e il 17 marzo si festeggia la Notte Tricolore, con iniziative ed eventi per celebrare l'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia. La capitale romana sarà il centro delle celebrazioni per l'Unità d'Italia con una lunga kermesse cittadina: concerti, bande, teatro, letture, animazione di strada, spettacoli di luce, proiezioni, lezioni magistrali, fuochi d'artificio sotto le stelle. Sono previste per tutta la notte, fino al mattino, aperture di spazi culturali e aree pubbliche, per finire con il "Nabucco" all'Opera diretto da Riccardo Muti. La Camera dei Deputati sarà aperta dalle 20 alle 2 e una diretta da Piazza del Quirinale con la trasmissione di RaiUno '150'.

Anche il Fai, nelle Giornate di Primavera il 26 e 27 marzo, dedica spazio a beni architettonici e culturali risorgimentali. Su un totale di 660 luoghi aperti, ben 150, come i 150 anni dell'Unità italiana, sono i luoghi dedicati al Risorgimento italiano per consentire agli italiani di scoprire e riscoprire gli eroi che hanno fatto la nostra Patria. Solo per fare qualche esempio, sarà possibile scoprire a Reggio Emilia il luogo dove nacque la bandiera nazionale o visitare a Savona la Fortezza Priamar dove Giuseppe Mazzini, imprigionato, ideò la Giovine Italia. 

Festa 150 anni Unità d'Italia: quando quella di Internet?



L’Unità d’Italia non si è ancora compiuta. Il digital divide non è stato azzerato. Le infrastrutture di rete non sono al passo coi tempi. L’articolo 21 bis della Costituzione non esiste.

Stanotte, dalla piazza del Quirinale, partirà la Maratona Tricolore, che idealmente attraverserà tutta l’Italia per festeggiare i 150 anni dell’Unità nazionale. Sarebbe davvero utile se la Maratona Tricolore toccasse ogni angolo del territorio italiano, perché si avrebbe, purtroppo, la conferma che l’Unità d’Italia non si è ancora compiuta.
L'Unità d'Italia non è ancora compiuta

E non tanto e non solo per una questione di localismi e campanilismi e di spinte secessioniste, quanto, piuttosto, per la situazione in cui versano le infrastrutture deputate a fornire ai cittadini connettività a banda larga – e ultralarga – tramite tecnologia ADSL, fibra ottica e protocolli mobili. «Chi non si collega, non festeggia l’Unità», ha scritto Giuseppe Civati. E ha ragione. Chi risiede in un’area a digital divide come può festeggiare l’Unità d’Italia con un click del mouse, navigare online, sfruttare i servizi web messi a punto dalla Pubblica Amministrazione, inviare tramite la Rete il modello 730, condividere pensieri, informazioni, immagini e video attraverso le piattaforme e gli strumenti sociali e via dicendo?
No, l’Unità d’Italia non è affatto compiuta. Perché «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale», recita l’articolo 21 bis della Costituzione proposto da Stefano Rodotà.
Perché l’Italia deve svegliarsi, perché il Wi-Fi deve essere libero di fatto e non solo su carta, perché le reti di nuova generazione, le cosiddette NGN, devono essere concretamente realizzate, perché il Governo deve mantenere fede agli impegni assunti e non dirottare altrove le risorse economiche destinate alla banda larga. Perché Internet, in Italia, non deve fare schifo.
Autore: Marcello Tansini


150 anni Unità d’Italia: Benigni insegna l’Inno di Mameli

16/03/2011 17:36 

© GettyImages
In occasione dell’anniversario dell’Italia unita, vi proponiamo il video dell’intervento di Roberto Benigni a Sanremo dedicato all’Inno di Mameli o ‘Fratelli d’Italia’. Scarica il testo dell’Inno
L’Inno di Mameli, quelFratelli d’Italia che spesso ci ritroviamo a cantare in occasione di qualche evento sportivo, ma di cui (ammettiamolo) non conosciamo ancora tutte le strofe e, in alcuni casi, il significato che queste portano con sé. In occasione dei festeggiamenti per l’Unità d’Italia, la redazione di Businesspeople.it ha deciso di proporvi l’appassionante esegesi dell’Inno offerta da Roberto Benigni a Sanremo 2011: una lezione di Storia d’Italia raccontata con serietà (ma anche con un po’ di umorismo) da un artista di fama internazionale (scarica il testo dell’Inno di Mameli). Ma prima un po’ di storia. Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria.
L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso 
Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana.






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